René Guénon Lo Zodiaco e i Punti Cardinali |
In un libro sulle caste, A.M. Hocart segnala il fatto che «nell'organizzazione della città, i quattro gruppi sono situati ai diversi punti cardinali all'interno della cinta quadrangolare o circolare»; d'altronde questa ripartizione non è propria solo dell'India, ma se ne trovano numerosi esempi fra i popoli più disparati; e il più delle volte ogni punto cardinale è messo in corrispondenza con uno degli elementi o una delle stagioni, oppure con un colore emblematico della casta che vi era situata [Les Castes, pp. 46 e 49]. Nell'India, i Brahmani occupavano il nord, gli Kshatriya l'est, i Vaishya il sud, gli Shudra l'ovest; si aveva così una divisione in «quartieri» nel senso proprio della parola, che, all'origine, designa evidentemente un quarto della città, per quanto nell'uso moderno questo significato preciso sembri esser stato più o meno completamente dimenticato. Va da sé che questa ripartizione è in stretto rapporto con la più generale questione dell'orientazione, che, per l'insieme della città come per ogni edificio in particolare, svolgeva notoriamente un'importante funzione in tutte le antiche civiltà tradizionali.
Tuttavia, Hocart si trova imbarazzato a spiegare la collocazione propria di ciascuna delle quattro caste [Ibid., p. 55]; quest'imbarazzo, in fondo, proviene unicamente dall'errore che egli commette considerando la casta regale, cioè quella degli Kshatriya, come la prima; partendo quindi dall'est, egli non può trovare nessun ordine regolare di successione, e, in particolare, la collocazione dei Brahmani a nord diviene in questo modo del tutto inintelligibile. Al contrario, non c'è alcuna difficoltà se si osserva l'ordine normale, cioè se si comincia dalla casta che è in realtà la prima, quella dei Brahmani: bisogna partire allora da nord, e, girando in un senso di “pradakshina”, si trovano le quattro caste in una successione perfettamente regolare; non rimane quindi altro che comprendere in maniera più completa le ragioni simboliche di questa distribuzione secondo i punti cardinali.
Tali ragioni si fondano essenzialmente sul fatto che la pianta tradizionale della città è un'immagine dello Zodiaco; e si ritrova qui immediatamente la corrispondenza dei punti cardinali con le stagioni: infatti, come abbiamo spiegato altrove, il solstizio d'inverno corrisponde al nord, l'equinozio di primavera all'est, il solstizio d'estate al sud e l'equinozio d'autunno all'ovest. Nella divisione in «quartieri», ciascuno di essi dovrà naturalmente corrispondere all’insieme formato da tre dei dodici segni zodiacali: uno dei segni solstiziali o equinoziali, che si possono chiamare segni «cardinali», e i due segni adiacenti a esso. Vi saranno dunque tre segni compresi in ogni «quadrante», se la forma della cinta è circolare, o su ogni lato, se è quadrangolare; quest'ultima forma è d'altronde più appropriata a una città, poiché esprime l'idea di stabilità che conviene a una costruzione fissa e permanente, e anche perché non è dello Zodiaco celeste in se stesso che si tratta, bensì di un'immagine e quasi di una sorta di proiezione terrestre di esso. Ricorderemo incidentalmente a questo proposito che, per ragioni senza dubbio analoghe, gli antichi astrologhi tracciavano i loro oroscopi in forma quadrata, nella quale ogni lato era parimenti occupato da tre segni zodiacali; ritroveremo d'altronde questa disposizione nel corso delle considerazioni che seguono.
Da quel che si è detto, si vede che la distribuzione delle caste nella città segue esattamente il cammino del ciclo annuale, che normalmente inizia col solstizio d'inverno; è vero che certe tradizioni fanno cominciare l'anno in un altro punto solstiziale o equinoziale, ma allora si tratta di forme tradizionali che sono più particolarmente in relazione con determinati periodi ciclici secondari; il problema non si pone per la tradizione indù, che rappresenta la continuazione più diretta della tradizione primordiale, e inoltre insiste in modo del tutto speciale sulla divisione del ciclo annuale nelle sue due metà, ascendente e discendente che si aprono rispettivamente alle due «porte» solstiziali d'inverno e d'estate, il che costituisce in effetti il punto di vista, si può dire, propriamente fondamentale a tal riguardo. D'altra parte, il nord, essendo considerato il punto più elevato (uttara), e segnando anche il punto di partenza della tradizione, conviene nel modo più naturale ai Brahmani; gli Kshatriya si pongono al punto che segue nella corrispondenza ciclica, cioè a est, lato del sol levante; dal confronto di queste due posizioni, si potrebbe inferire abbastanza legittimamente che, mentre il carattere del sacerdozio è «polare», quello della regalità è «solare», ipotesi confermata anche da molte altre considerazioni simboliche; e forse questo carattere «solare» è da mettere in relazione con il fatto che gli Avatara dei tempi «storici» sono usciti dalla casta degli Kshatriya. I Vaishya, che vengono in terzo luogo, prendono posto a sud, e con loro termina la successione delle caste «due volte nate»; per gli Shudra rimane soltanto l'ovest, considerato dappertutto il lato dell'oscurità.
Tutto ciò è dunque perfettamente logico, alla sola condizione che non ci siano errori sul punto di partenza che conviene assumere; e, per giustificare più completamente il carattere «zodiacale» della pianta tradizionale delle città, citeremo ora alcuni fatti i quali mostrano che, se la divisione di esse rispondeva principalmente alla divisione quaternaria del ciclo, vi sono dei casi in cui era chiaramente indicata una suddivisione duodenaria. Ne abbiamo un esempio nella fondazione delle città secondo il rito che i Romani avevano ricevuto dagli Etruschi: l'orientazione era segnata da due strade ad angolo retto: il “cardo”, che andava da sud a nord, e il “decumanus”, che andava da ovest a est; alle estremità di queste due strade erano le porte della città, che si trovavano così situate esattamente ai quattro punti cardinali. La città era divisa in tal maniera in quattro quartieri, che tuttavia non corrispondevano precisamente ai punti cardinali come nell'India, ma piuttosto ai punti intermedi; va da sé che bisogna tener conto della differenza delle forme tradizionali, che esige adattamenti diversi, ma il principio della divisione è comunque lo stesso. Inoltre, ed è il punto che importa presentemente sottolineare, a questa divisione in quartieri si sovrapponeva una divisione in «tribù», vale a dire, secondo il senso etimologico della parola, una divisione ternaria; ciascuna delle tre «tribù» comprendeva quattro «curie», ripartite nei quattro quartieri, di modo che si aveva così, in definitiva, una divisione duodenaria.
Un altro esempio è quello degli Ebrei, fornito da Hocart stesso, benché egli non sembri notare l'importanza del duodenario: «Gli Ebrei» egli dice [Les Castes, p. 127] «conoscevano la divisione sociale in quattro quartieri; le loro dodici tribù territoriali erano ripartite in quattro gruppi di tre tribù, di cui una principale: Giuda era accampata a est, Ruben a sud, Ephraim a ovest e Dan a nord. I Leviti formavano un cerchio interno attorno al Tabernacolo ed erano anch'essi divisi in quattro gruppi posti ai quattro punti cardinali; il gruppo principale era posto a est» [Numeri, II e III]. A dire il vero, non si tratta qui dell'organizzazione di una città, ma inizialmente di quella di un accampamento, e, più tardi, della ripartizione del territorio di un intero paese; ma, evidentemente, non c'è alcuna differenza dal punto di vista in cui noi ci poniamo. La difficoltà a stabilire un paragone esatto con ciò che esiste altrove proviene dal fatto che pare non siano mai state assegnate funzioni sociali definite a ciascuna tribù, il che non permette di assimilarle a caste propriamente dette; tuttavia, su un punto almeno, si può osservare una nettissima somiglianza con la disposizione adottata in India, giacché la tribù regale, che era quella di Giuda, si trovava ugualmente posta a est. D'altra parte, c'è anche una notevole differenza: la tribù sacerdotale, quella di Levi, non annoverata fra le dodici non aveva posto sui lati del quadrilatero, e, di conseguenza, non doveva esserle assegnato alcun territorio; la sua ubicazione all'interno dell'accampamento può spiegarsi col fatto che essa era espressamente assegnata al servizio di un unico santuario, che era originariamente il Tabernacolo, e la cui posizione normale era al centro. Quel che comunque ora ci importa, è la constatazione che le dodici tribù erano ripartite a tre a tre sui quattro lati di un quadrilatero, lati situati rispettivamente nelle direzioni dei quattro punti cardinali; è abbastanza risaputo che esisteva effettivamente una corrispondenza simbolica fra le dodici tribù d'Israele e i dodici segni dello Zodiaco, il che non lascia alcun dubbio sul carattere e il significato della ripartizione; aggiungeremo soltanto che la tribù principale di ciascun lato corrisponde manifestamente a uno dei quattro segni “cardinali», e le altre due corrispondono ai due segni adiacenti.
Se ora ci si riferisce alla descrizione apocalittica della «Gerusalemme celeste», è facile vedere che la sua pianta riproduce esattamente quella dell'accampamento degli Ebrei; e, nello stesso tempo, questa pianta è pure identica alla figura oroscopica quadrata che abbiamo sopra menzionato. La città, costruita effettivamente in forma quadrata, ha dodici porte, sulle quali sono scritti i nomi delle dodici tribù d'Israele; e queste porte sono ripartite allo stesso modo sui quattro lati: «tre porte a oriente, tre a settentrione, tre a mezzogiorno e tre a occidente». È evidente che queste dodici porte corrispondono anch'esse ai dodici segni zodiacali, mentre le quattro porte principali, cioè quelle che sono in mezzo ai lati del quadrato, corrispondono ai segni solstiziali ed equinoziali; e i dodici aspetti del Sole che si riferiscono a ciascun segno, cioè i dodici Aditya della tradizione indù, appaiono sotto la forma dei dodici frutti dell”“Albero della Vita», il quale, posto al centro della città, «dà il suo frutto ogni mese», cioè precisamente secondo le posizioni successive del Sole nello Zodiaco nel corso del ciclo annuale. Infine, questa città «che discende dal cielo in terra» rappresenta abbastanza chiaramente, per lo meno in uno dei suoi significati, la proiezione dell’“archetipo” celeste nella costituzione della città terrestre; e pensiamo che tutto quel che abbiamo ora esposto mostri a sufficienza come questo «archetipo» sia simboleggiato essenzialmente dallo Zodiaco.