René Guénon
La Montagna e la Caverna

 

Esiste dunque uno stretto rapporto fra la montagna e la ca­verna, in quanto sono entrambe prese come simboli dei centri spirituali, come lo sono del resto, per evidenti ragioni, anche tutti i simboli «assiali” o «polari», tra cui la montagna è appunto uno dei principali. Ricorderemo, a tale riguardo, che la caverna dev'essere considerata situata sotto la montagna o al suo interno, in modo da trovarsi anch'essa sull'asse, il che rinsalda ulterior­mente il legame esistente fra questi due simboli, che sono in qualche modo complementari l'uno dell'altro. Per «situarli” esat­tamente l'uno in rapporto all'altro bisogna comunque notare an­che che la montagna ha un carattere più «primordiale» della caverna: ciò risulta dal fatto che essa è visibile all'esterno, che è anzi, si potrebbe dire, quel che c'è di più visibile da tutte le parti, mentre invece la caverna è, come abbiamo detto, un luogo essenzialmente nascosto e chiuso. Si può facilmente dedurne che la rappresentazione del centro spirituale tramite la montagna corrisponde propriamente al periodo originario dell'umanità ter­restre, periodo durante il quale la verità era integralmente acces­sibile a tutti (donde il nome di Satya‑Yuga, e la vetta della mon­tagna è allora Satya‑Loka o «luogo della verità»); ma quando, in seguito al cammino discendente del ciclo, questa stessa verità fu ormai solo alla portata di un’“élite” più o meno ristretta (il che coincide con il principio dell'iniziazione intesa nel suo senso più stretto) e diventò nascosta alla maggioranza degli uomini, la caverna fu un simbolo più appropriato al centro spirituale e, quindi, ai santuari iniziatici che ne sono l'immagine. A causa di tale cambiamento, il centro, si potrebbe dire, non abbandonò la montagna, ma si ritirò soltanto dalla cima verso l'interno; d'al­tra parte, questo cambiamento è in qualche modo un «capovolgi­mento», per cui, come abbiamo spiegato altrove, il «mondo cele­ste» (al quale si riferisce l'elevazione della montagna al di sopra della superficie terrestre) è divenuto in un certo senso il «mondo sotterraneo” (per quanto in realtà non sia stato esso a cambiare, ma le condizioni del mondo esterno, e di conseguenza il suo rapporto con questo); e tale «capovolgimento» è raffigurato dai rispettivi schemi della montagna e della caverna, che esprimono nello stesso tempo la loro complementarità.

Come abbiamo detto precedentemente, lo schema della mon­tagna, come quelli della piramide e del tumulo che ne sono gli equivalenti, è un triangolo con il vertice rivolto verso l'alto; quello della caverna, invece, è un triangolo con il vertice volto verso il basso, quindi invertito rispetto al precedente. Il triangolo rovesciato è anche lo schema del cuore [Si può riferire a questa raffigurazione il fatto che il nome arabo del cuore (qalb) significa propriamente che esso si trova in posizione “rovesciata» (maqlub) (cfr. T. Burckhardt, “Du Barzakh”, in “Etudes Traditionnelles», dicembre 1937)], e della coppa che gli viene generalmente assimilata nel simbolismo, come abbiamo mostrato in particolare per quanto concerne il Santo Graal [Nell'antico Egitto, il vaso era il geroglifico del cuore. La «coppa» dei Tarocchi corrisponde anch'essa al «cuore «delle carte comuni]. Aggiungiamo che questi ultimi simboli e quelli a essi simili, da un punto di vista più generale, si riferiscono al principio passivo o femminile della manifestazione universale, o a qualche suo aspetto [In India, il triangolo rovesciato è uno fra i principali simboli della Shakti, come anche delle Acque primordiali], mentre quelli schematizzati dal triangolo diritto si rife­riscono al principio attivo o maschile; si tratta quindi di una vera e propria complementarità. D'altra parte, se si dispongono due triangoli uno sotto l'altro, il che corrisponde alla posizione della caverna sotto la montagna, si vede che il secondo può essere considerato il riflesso del primo (fig. 12); e quest'idea del riflesso conviene benissimo al rapporto fra un simbolo derivato e un simbolo primordiale, secondo ciò che abbiamo appena detto sulla relazione tra la montagna e la caverna in quanto rappresentazioni successive del centro spirituale delle diverse fasi dello sviluppo ciclico.

Qualcuno potrebbe meravigliarsi che noi raffiguriamo qui il triangolo rovesciato più piccolo del triangolo diritto, poiché, dal momento che ne è il riflesso, sembrerebbe che debba essergli uguale; ma tale differenza nelle proporzioni non è una cosa eccezionale nel simbolismo: così, nella Cabala ebraica, il «Ma­croprosopo» o «Grande Volto» ha come riflesso il «Microprosopo” o «Piccolo Volto». Inoltre, c'è, nel presente caso, una ra­gione più particolare: abbiamo ricordato, a proposito del rap­porto fra la caverna e il cuore, il testo delle Upanishad in cui è detto che il Principio, il quale risiede al «centro dell'essere», è «più piccolo di un grano di riso, più piccolo di un grano d'orzo, più piccolo di un grano di senape, più piccolo di un grano di miglio, più piccolo del germe che si trova in un grano di mi­glio», ma anche, nello stesso tempo, «più grande della terra, più grande dell'atmosfera (o mondo intermedio), più grande del cielo, più grande di tutti questi mondi assieme» [Chhandogya Upanishad, 3° Prapathaka, 14° Khanda, shruti 3]; ora, nel rap­porto inverso fra i due simboli che stiamo considerando, l'idea di «grandezza» corrisponde qui alla montagna, e quella di «pic­colezza» alla caverna (o cavità del cuore). L'aspetto della «gran­dezza» si riferisce d'altronde alla realtà assoluta, e quello della “piccolezza» alle apparenze relative alla manifestazione; è dun­que perfettamente normale che il primo sia qui rappresentato dal simbolo che corrisponde a una condizione “primordiale» [È noto che Dante situa il Paradiso terrestre in cima a una montagna; questa posizione è dunque proprio quella del centro spirituale nello «stato primordiale» dell'umanità], e il secondo da quello che corrisponde a una condizione succes­siva di «oscuramento» e di «avviluppamento» spirituale.

Se si vuol rappresentare la caverna situata proprio all'interno (o nel cuore, si potrebbe dire) della montagna, basta trasportare il triangolo rovesciato all'interno del triangolo diritto, in modo da far sì che i loro centri coincidano (fig. 13); esso deve allora essere per forza più piccolo per potervi essere contenuto tutto intero, ma, a parte questa differenza, l'insieme della figura così ottenuta è manifestamente identico al simbolo del «Sigillo di Salomone», in cui i due triangoli opposti rappresentano allo stes­so modo due princìpi complementari, nelle diverse applicazioni di cui sono suscettibili. D’altra parte, se si tracciano i lati del triangolo rovesciato uguali alla metà di quelli del triangolo dirit­to (li abbiamo fatti un po' minori perché i due triangoli appaiano completamente staccati l'uno dall'altro, ma, di fatto, è ovvio che l'entrata della caverna deve trovarsi alla superficie stessa del­la montagna, quindi che il triangolo che la rappresenta dovrebbe realmente toccare il contorno dell'altro) [Si potrà notare, dallo stesso schema, che se la montagna è sostituita dalla piramide, la camera interna di questa è l'esatto equivalente della caverna], il triangolo piccolo dividerà la superficie di quello grande in quattro parti uguali, una delle quali sarà lo stesso triangolo rovesciato, mentre le al­tre tre saranno dei triangoli diritti; quest'ultima considerazione, come pure quella di certe relazioni numeriche che vi si riallac­ciano, non rientra direttamente, a dire il vero, nell'argomento che stiamo trattando, ma avremo probabilmente occasione di riprenderla in seguito nel corso di altri studi.

 

   

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