Ulisse e le Sirene

di Vito Foschi

 

 

   

                                                                                                                                                                                                                                                                         

L’immagine della sirena si è stratificata nel tempo assommando miti diversi e racconti moderni, rendendola completamente diversa dalle origini greche ed oggi, provandola ad immaginare, viene in mente l’immagine di splendide donne-pesce che attirano i naviganti che si trovano nei paraggi con un canto seducente: insomma un personaggio a forte carica erotica completamente diverso dal mito originario.

 

L’opera più antica che cita le sirene è l’Odissea, opera che potrebbe essere una trascrizione di racconti orali e risalire quindi ad un periodo molto antico. Dal punto di vista antropologico è una molto probabile testimonianza del passaggio da un sistema agricolo-matriarcale ad uno mercantile-patriarcale con il viaggio di Ulisse antico ricordo di migrazione delle popolazioni indoeuropee che si vanno ad innestare in una cultura mediterranea agricola e matriarcale.

 

Per quanto l’Odissea è il racconto delle avventure di Ulisse, ad un esame meno superficiale non si può non notare che il motore immobile della storia è Itaca con la sua regina Penelope. Tutto inizia e finisce lì. La tessitura e ritessitura della tela da parte di Penelope allude al dipanarsi dei vari fili della storia rimandando al famoso filo delle Parche. Non è un caso che il ritorno di Ulisse coincide con l’impossibilità da parte di Penelope di portare avanti l’inganno del telo: il filo della storia è terminato ed è ora che la fine si approssimi.

La tessitura ricorda il mito di Aracne, la fanciulla che sfidò la dea Atena, e per punizione fu trasformata in ragno. Atena è la grande protettrice di Ulisse quasi che il suo viaggio non sia altro che un susseguirsi di prove per conquistare Penelope e il trono di Itaca.

 

Ulisse spesso viene interpretato come un personaggio moderno, diverso dagli altri eroi come Achille o lo stesso Ettore. Da un lato un furbacchione, un mercante quasi e dall’altro il curioso per antonomasia, quasi antesignano dell’uomo di scienza, sperimentatore e sempre inquieto ricercatore. Ulisse è personaggio polivalente e sicuramente moderno ma in un preciso senso: testimonianza del passaggio da un sistema agricolo chiuso ad un sistema aperto ai commerci in cui lo scambio con gli altri popoli non è solo la razzia.

Anche la curiosità quasi scientifica di Ulisse è più legata al suo essere marinaio che non a interessi scientifici. Nel peregrinare in cerca di conoscenza è ravvisabile il cavaliere errante alla ricerca delle avventure o il pellegrino alla ricerca del divino, una ricerca spirituale e non semplice curiosità.

 

Ricordiamo brevemente l’episodio delle sirene: Ulisse è messo in guardia dalla maga Circe del pericoloso canto delle sirene e si premura di tappare le orecchie dei suoi compagni con della cera, mentre lui deciso ad ascoltare, si fa legare strettamente all’albero della nave senza tappi. La seduzione del canto delle sirene è basato sulla promessa di rilevare la conoscenza, e non su un richiamo sessuale. Le sirene non sono descritte nelle loro fattezze, e ciò porta ad ipotizzare che la loro immagine era patrimonio comune di chi leggeva l’Odissea. Per farci un’idea delle loro forme possiamo esaminare le  rappresentazioni pittoriche su ceramiche e vedremo qualcosa di completamente diverso dalla donna pesce: un essere metà donna e metà uccello, molto simile alle arpie e ben lontano dall’immagine comune. Dopotutto, se la caratteristica delle sirene è il canto è naturale aspettarsi una creatura cha abbia caratteristiche d’uccello e non di pesce.

 

Il racconto pone delle interessanti questioni: che significato ha il canto? Ulisse è incatenato, mentre gli altri hanno i tappi alle orecchie. I tappi sono reali? O semplicemente i marinai non sono in grado di udire o meglio di capire? Perché Ulisse è legato? Perché non ha il controllo di sé? Le sirene promettono la conoscenza ed Ulisse ne è rapito, ma si è fatto legare. Cosa c’è di così seducente e mortale? L’episodio è obiettivamente di difficile interpretazione.

 

Le sirene, come abbiamo specificato, sono degli esseri metà uccello e metà essere umano e il loro canto non può che rimandare al linguaggio degli uccelli ovvero alla lingua degli angeli. Esempio di ciò sono le civette legate al culto di Atena o i corvi che raccontano cosa succede nel mondo a Odino orbo di un occhio.

Il canto delle sirene causa il naufragio dei marinai la cui barca rappresenta il vascello che attraversa le acque. La morte è simbolica: muore chi non è preparato, chi si azzarda ad un livello superiore che non ha raggiunto. Le acque sono anche l’abisso e la morte. Le sirene rappresentano una prova da superare e chi non la supera finisce nell’abisso e muore definitivamente.

Ulisse affronta la prova e la supera apparentemente sempre alla sua maniera. Tappa le orecchie ai suoi uomini e si fa legare all’albero della nave per poter ascoltare il canto della sirena. Questo è l’episodio che lo qualifica come inguaribile curioso. Ma è questo il vero significato? Si potrebbe pensare che i suoi uomini non hanno una preparazione adeguata e quindi è meglio che non ascoltino, mentre lui che ha una preparazione può ascoltare ma con delle precauzioni. Ulisse non sembra una persona salda in questo episodio: è un curiosone che si fa legare pur di ascoltare il canto proibito.

Proviamo ad esaminare in un’altra ottica. Abbiamo la nave e i marinai con le orecchie tappate e Ulisse legato all’albero maestro della nave. E se la nave rappresentasse l’anima di Ulisse? I marinai sono i suoi istinti che domina, mentre Ulisse è il suo Ego vincolato all’albero maestro del Sé. Le corde rappresentano la volontà del Sé di sottomettere l’Ego. La prova è quella di sottomettere l’Ego nonostante le tentazioni che risvegliano gli istinti-marinai e l’Ego impazzito. Ulisse supera la prova.

 

Nell’alto medioevo le sirene greche si confondono con le nereidi di origine germanica e la sirena diventa una più modesta tentazione della carne adattandosi al rinnovato clima cristiano. Nel XI secolo troviamo rappresentazioni di sirene-pesce nei mosaici di Ravenna e di Otranto, e possiamo dir concluso il processo di trasformazione della sirena. Se si riflette, in qualche modo i significati si equivalgono; il peccato ti mette nella condizione di un difetto di spiritualità, di offendere Dio interrompendo la comunicazione con i piani superiori. Il peccato della carne è comunque un dominio degli istinti, un perdere un controllo, con l’Ego che prevale sul Sé.

 

L’unico mito greco che si avvicini all’idea della donna-pesce è quello di Tritone figlio di Poseidone che aveva la parte inferiore del corpo a forma di pesce, in particolare veniva rappresentato con due code e descritto con un forte appetito sessuale. Il passaggio dal cielo al mare non è così casuale. Dietro la scelta di un animale piuttosto che un altro c’è una precisa scelta simbolica; gli uccelli partecipano della natura del cielo e in qualche modo della natura divina e ciò coerentemente con le sirene dispensatrici di conoscenza. Il mare rappresenta il pericolo e le sue creature possono avere la natura di esseri dispensatori di disgrazia o di salvezza, ma oltre a ciò rimanda all’abisso primordiale e i suoi abitanti conservano un che di primitivo e selvaggio. Tritone è descritto con un forte appetito sessuale e così la sirena medievale, simbolo di lussuria diventa una creatura marina.

 

   


Articolo pubblicato nella rivista LexAurea43, si prega di contattare la redazione per ogni utilizzo.

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