La Tomba di Ildebranda:un viaggio fra gli Etruschi
a cura di MilleNomi
La
Tomba di Ildebranda, il nome dato dagli scopritori non ha nessuna
relazione con il sito archeologico, si trova fra le colline di Sovana,
al termine della via Cava del Cavone. Il luogo è un'enorme realizzazione
dell'ingegno umano, che grazie al lavoro di abili artigiani, ha dato
forma ai propri sogni nella viva roccia, a perenne memoria della cultura
e del popolo che lo hanno espresso. Questo complesso monumentale, è
stato scoperto in epoca relativamente recente nel 1924, e i vari studi
compiuti, le incisioni, le iscrizioni le tecniche di lavorazione della
pietra, portano ad una sua collocazione risalente al III°-II° secolo a.C.;
quindi in epoca definita ellenistica. Osservando i fregi salvati
dall'usura del tempo, e dall'incuria dell'uomo privo di memoria e
dignità, e la realizzazione ad anfiteatro è ben difficile non credere a
tale ipotesi. Per l'importanza archeologica che riveste, e per la
memoria simbolica e culturale che permane nel luogo, è considerata il
più importante monumento etrusco.
Una
spianata accoglie il viaggiatore, che si trova innanzi ad una
realizzazione a gradoni, la cui sommità è occupata dal tempio, posto
lungo una direttrice solstiziale. Il carattere Solare del sito
archeologico, è altresì comprovato dai resti di dodici colonne, che
reggevano gli architravi del Tempio, e oggi testimoniate da un'unica
superstite. Tre scalinate si snodano alla vista di colui che è posto in
posizione frontale al corpo del sito. La prima, in corrispondenza della
porta del Tempio scende nelle viscere della terra, ricordando, per uno
strano moto dell'animo, la discesa negli Inferi, le altre due sormontano
l'ultimo gradone portando nello spazio dove i sacerdoti svolgevano i
pubblici riti. Tutta la struttura induce a ritenere che in occasione
delle cerimonie, una grande folla si radunasse a tributare onore agli
Dei, deputati a preservare la ciclicità del Tempo, e che libagioni
accompagnassero i riti. Quanto sormonta le colonne le incisioni
sottostanti l'architrave, il pronaos, si manifesta come con
soffitto a cassettoni, formato da forme rettangolari racchiuse l'una
nell'altra, come a rappresentare un perenne glifo della dimensione umana
(microcosmo), della natura (mesocosmo), e della dimensione ontologica
(macrocosmo).
Dei fregi, che si presume, dovessero adornare le arcate del tempio, dalla furia degli elementi oggi si salva solamente un frammento (immagine a lato) collocato lungo lo sviluppo sinistra della sommità dell'edifico. E' possibile notare una varietà di figure mitologiche ( Sirena a due code, Ippogrifi, Dragoni ), le quali seppur nell'apparente diversità presentano un tratto comune la poliedrica composizione, e quindi si possono annoverare nella categoria delle chimere. Tale parto della feconda capacità immaginifica dei nostri Antichi Padri, è tesa a rappresentare un essere ( sia umana, e animale ), che in se raccoglie le qualità di creature presenti in natura.
Se ragionevolmente possiamo supporre che siamo alla presenza di realtà poste al confine fra il mondo del sensibile, e quello del sovra sensibile ( guardiane della soglia che separa il conscio dall'inconscio ), e quindi mediatrici fra noi uomini e il mondo delle divinità, in altri termini creature psicopompe (
Dal greco psychopompós, composto da psychee pompós che conduce ), che conducono l'uomo nei meandri dell'intimo, non è altrettanto lecito esaltare una di queste figure, per potere determinare la valenza operativa ( i riti di cui era sede ) del tempio. Questo perchè non molto si è salvato, come detto, e quindi non sappiamo le rappresentazioni che erano presenti sulle altre volte, e certo la posizione laterale di questo sopravvissuto fregio non ci è d'aiuto alcuno, per considerazioni aventi carattere generale. Per concludere l'esame del fregio, un'attenzione particolare merita la Sirena a due code, che sorregge, presumibilmente dei fiori (simbolo ricorrente in alchimia: ciò che è bello e nasce dalla terra), che può essere relata alla Melusina gnostica, simbolo della capacità di ri.:.unificare ogni coppia di opposti, all'interno di una sfera ontologica per sua stessa natura non scindibile, ma anche archetipo della rinascita dalle acque, e della trasmutazione di quello stesso elemento: l'Uomo Nuovo che risorge dalla precedente condizione bestiale.
Si sbaglierebbe a credere che il Tempio, si sviluppa solamente in
superficie, e che il paziente lavoro dei scalpellini si sia arresto alla
nuda roccia di tufo che dalla terra si staglia quasi a lambire il cielo.
In quanto le sorprese sono riservate anche a chi ha la pazienza e la
ventura ( nei giorni di pioggia tale luogo è impraticabile ) di visitare
anche il sottosuolo. Dal piano in superficie, una non modesta gradinata
ci conduce nel ventre della terra, dove abilmente è stata realizzata una
stanza che si mostra su pianta che ricorda una croce dalle braccia
eguali. Ufficialmente gli accademici, sono concordi nel considerare
questa essere una tomba, di qualche illustre personaggio ( sacerdote o
potente regnante ), ma la storia non fornisce nessun indizio suffragante
tale ipotesi. Non sono ritrovati resti, non vi sono altre camere
funerarie poste ai lati, come da tradizione etrusca, e il viatico che
conduce al luogo è ben visibile, e nessuna pietra è stata trovata ad
ostruire in nessun modo l'ingresso. Ci troviamo quindi in quel luogo
d'ombra dove ogni ipotesi è valida, ed un approccio monocorde deve
cedere innanzi ad una visione omnicomprensiva, che tenga in debito conto
l'aspetto storico, religioso e magico.
La forma della stanza, la posizione della stessa, perfetto sviluppo
occulto del Tempio manifesto, portano a ritenere che più di una tomba,
siamo in presenza di un luogo dove, lontano dagli occhi dei profani,
venivano celebrati riti di iniziazione, così come in uso nella Grecia, e
di cui tutta l'architettura del luogo serba evocativo ricordo. Quale
luogo migliore se non quello posto in posizione intermedia fra il ventre
della Terra, e il Cielo, dove il Tempio di superficie, con le sue dodici
colonne, svolgeva funzione di enorme catalizzatore, se non la cripta
sotterranea per abbandonare durante la discesa la vita comune, e
risorgere alla luce solstiziale come nuovi uomini, conoscitori di quanto
si cela nelle profondità dell'animo umano, e nei impervi e perigliosi
meandri della mente ? L'unico interrogativo che si apre,
all'uomo di conoscenza, non è tanto credere che questa fosse la funzione
del Tempio, ma quanto il sapere che tipologia di riti, di cerimonie
venissero ivi svolte: se a completamento di un'iniziazione manifesta e
solare, ve ne fosse un'altra, complementare, lunare o dionisiaca, anche
se personalmente propendo per questa seconda soluzione.
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