L'Asino
di Alessandro Orlandi
“Il bue conosce il proprietario e l’asino
la greppia del padrone” (Isaia I,3)
Nell’antico testamento l’asino non ha necessariamente una funzione negativa. Ad
esempio il profeta Baalam cavalca un’asina che ha il potere di parlare e vedere
le cose invisibili, che lo avverte delle presenze angeliche che gli ostacolano
il cammino. Nella tradizione cristiana Gesù nasce in una grotta riscaldato
dall’alito di un asino e di un bue. Anche se la tradizione non è attestata prima
del 350 dopo Cristo, è difficile non accostare questa immagine a un “passaggio
di testimone” con il preesistente culto isiaco. Il bue- toro era infatti un
animale sacro ad Api e
In relazione a quanto detto a proposito del romanzo di Apuleio, è impossibile
non pensare ad almeno due favole universalmente note, nelle quali la pelle di
asino è il rivestimento che cade di dosso al protagonista al momento del suo
riscatto e della sua trasformazione: Pelle d’asino[5]
e Pinocchio. A proposito dell’asino e del potere di Mida di trasformare tutto in
oro è invece utile citare la favola contenuta nella raccolta dei fratelli Grimm,
che narra di un padre che lascia ai suoi tre figli altrettanti doni, uno dei
quali è un asino i cui escrementi sono monete d’oro.
I greci ritenevano che l’asino fosse un animale in stretto rapporto con Saturno
e con Tifone, con l’aldilà e col mondo ctonio, il che non deve stupire se si
pensa che i tamburi sciamanici, il cui suono spalanca allo sciamano le porte del
mondo ultraterreno, sono spesso rivestiti proprio con la pelle di questo
animale. Forse dobbiamo l’immaginario cristiano del diavolo proprio a una
reminiscenza del modo in cui veniva rappresentato Tifone dai greci, un dio
mostruoso e spaventevole, con la testa di asino e le ali di pipistrello.
I Romani festeggiavano il dio Saturno in prossimità del solstizio invernale,
durante le feste appunto denominate Saturnalia. Era il periodo del volgere
dell’anno, concepito come argine tra un ordine antico, in disfacimento, e un
nuovo ordine, non ancora instaurato. Era ammesso che durante quelle feste ogni
inversione di ruolo fosse possibile: i servi potevano improvvisarsi padroni e
trattare i loro veri padroni come servi, ci si poteva mascherare ed erano
ammessi scherzi e lazzi di ogni genere.
Veniva persino eletto per burla il “re per un giorno”, di solito il
membro più sfortunato e dileggiato della comunità. Nel medioevo questa
tradizione proseguì con le cosiddette “Feste dei folli”[6],
la più nota delle quali è la festa dell’Asino. Un asino veniva trascinato in
chiesa, i preti indossavano un cappello sormontato da finte orecchie d’asino e
una coda posticcia e venivano recitate preghiere ridicole e grottesche, mentre i
più umili prelati impersonavano importanti vescovi o addirittura il papa.
Evidentemente un rituale di rovesciamento, un sovvertimento dell’ordine
costituito, una “liberazione temporanea”, controllata, da quell’ordine[7].
Allo stesso ordine di idee appartengono tutte le rappresentazioni del “Mondo
alla rovescia” (l’asino che suona la lira, simbologia approfondita anche dal
musicologo Marius Schneider, l’asino in piedi con gli occhiali che insegna agli
studenti) studiate da Giuseppe Cocchiara.[8]
Giordano Bruno dedicò all’asino (e al cavallo) un intero libello, intriso di
quella sublime vis polemica che lo caratterizzava: la “Cabala del cavallo
pegaseo”. In questa invettiva satirica l’asino rappresenta, come avviene nel
senso comune, l’ignoranza e l’ignavia.
Nel sonetto “In lode dell’Asino” Bruno scrive:
“
O sant'asinità, sant'ignoranza,
Santa
stolticia e pia divozione,
Qual
sola puoi far l'anime sì buone,
Ch'uman
ingegno e studio non l'avanza;
Non
gionge faticosa vigilanza
D'arte
qualunque sia, o 'nvenzione,
Né de sofossi contemplazione
Al
ciel dove t'edifichi la stanza.
Che
vi val, curiosi, il studiare,
Voler
saper quel che fa la natura,
Se
gli astri son pur terra, fuoco e mare?
La
santa asinità di ciò non cura;
Ma
con man gionte e 'n ginocchion vuol stare,
Aspettando
da Dio la sua ventura.
Nessuna cosa dura,
Eccetto
il frutto de l'eterna requie,
La
qual ne done Dio dopo l'essequie.”
E’ evidente che il nolano vuole qui contrapporre alla ricerca della sapienza e
delle cause remote che determinano il nostro destino, la ottusa devozione che
non si cura di comprendere né il mondo, né l’universo, ma solo di seguire i
precetti comandati dalla chiesa e dalla comunità di cui si fa parte.
Quest’ultimo atteggiamento incarna l’asinità, così gradita alla chiesa, agli
occhi di Bruno.
Al contrario gli alchimisti videro nell’asino un princìpio sapienziale: un
involucro dentro in quale è necessario entrare perché la trasformazione possa
avvenire, proprio come nella fiaba di “Pinocchio” e in quella di “Pelle
d’asino”.
[1]
Sfidò Marsia a suonare il suo strumento
rovesciandolo, cosa evidentemente possibile con
la lira, ma non con l’aulos. E’ interessante
ricordare che l’aulos, il flauto di Pan,
fu inventato dalla dea Athena.
[2]
Scrive Franco Cardini sul suo blog che: “Presso
i popoli indoeuropei le orecchie lunghe
dell’asino erano un simbolo regale e
sapienziale, collegato alla sacralità stessa
dell’orecchio…che anche secondo il buddhismo è
sede del brahman e l’organo attraverso cui si
accede alla conoscenza del mondo invisibile”
[3] A volte
nel mito, invece di Marsia, figura il dio Pan
[4] Nelle
“Rane” di Aristofane la servitrice di Dioniso si
rivolge al dio, che le ha deposto un fardello
sulla schiena, dicendo: “Io
sono l’asino che porta i Misteri”, il che fa
supporre che durante la celebrazione dei Misteri
il compito di trasportare gli oggetti del culto
fosse affidato a un asino.
[5] Scrive
l’alchimista Canseliet: “La
focaccia di Pelle d’asino è simbolo della stessa
sostanza in seno alla quale si aviluppa
lentamente e pazientemente l’embrione minerale”
[6] Cfr. ad
esempio J. Herres, “Le feste dei folli”, ed.
Guida, Napoli 1990 oppure M. Taddei: “Rituali di
rovesciamento: l’esempio delle feste dell’asino
nel medioevo”
http://www.ctonia.com/pagine/Scritti/patiboli/rituali_di_rovesciamento.htm.
Delle feste dei folli e della festa
dell’Asino parlano anche Fulcanelli nel Mistero
delle cattedrali (ed. Mediterranee, Roma 2005) e
R. Guenon nei “Simboli della scienza sacra
(Adelphi, Milano, 1975)
[7] Il
riferimento all’onagro contenuto nel
“Fisiologo”, un testo gnostico del III secolo
d.C., allude invece all’asino/onagro come
animale in rapporto col demonio, che annuncia
con i suoi ragli che le ore di buio stanno per
superare quelle di luce: “Ha
detto il Fisiologo che l’Onagro si trova nelle
regge e che nel venticinquesimo giorno del mese
di Famenòth si può riconoscere dall’Onagro che è
l’equinozio. Infatti quand’esso ulula dodici
volte il re e la corte riconoscono che è
l’equinozio. L’Onagro è il demonio, quando la
notte, cioè il popolo dei Gentili, è divenuta
eguale al giorno, cioè ai fedeli profeti: allora
ha ululato l’Onagro, cioè il demonio.”
[8] Cfr. G.
Cocchiara, “Il mondo alla rovescia”, Boringhieri,
Torino 1981
Articolo pubblicato nella rivista
LexAurea43,
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