Keplero e gli Abitanti della Luna
di Francesca Fuochi
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Johannes
Keplero. Astronomo e matematico tedesco, principe della speculazione matematica
a sfondo metafisico.
Uno dei fondatori dell’astronomia moderna e dei principali propugnatori della
teoria eliocentrica all’inizio del Seicento.
E sostenitore dell’esistenza di vita extraterrestre.
Già, proprio quel Keplero, eminente studioso e scienziato, che cambiò per sempre
il modo di guardare il sistema solare e rimise al giusto posto l’uomo (non al
centro dell’universo!), sostenne che la Luna poteva essere abitata da esseri
viventi estranei alla specie umana.
Egli, guidato da un’antica passione per il satellite terrestre, come evidenziano
i carteggi giovanili con il maestro Micheal Maestlin, iniziò l’esplorazione
telescopica della Luna grazie ad un
perspicillum (il telescopio dell’epoca), osservò i mari e crateri seleniti e
cominciò ad abbozzare le sue prime teorie.
Parte di queste andarono poi a confluire nella grande opera delle
Harmonices Mundi sul sistema
planetario; altre, specificatamente legate proprio alla Luna, furono esposte in
prima battuta nella Dissertatio cum
Nuncio Sidereo del 1610.
In questo libretto, l’astronomo tedesco travalica la sobrietà galileiana, con un
entusiasmo interpretativo a tratti vertiginoso: non solo la Luna è un mondo come
la Terra, ma vi sono chiari indizi che possa essere abitata, nonostante le
proibitive condizioni superficiali.
Il passo sul cratere centrale del nostro satellite (riprodotto con bella
evidenza sulle mappe di Galileo) è esplicito e rivelatore:
"Non posso evitare di stupirmi riguardo a quella larga cavità circolare (…). E’
un prodotto di natura o dell’arte? Supponiamo che ci siano esseri viventi sulla
Luna. Ne segue sicuramente che il carattere degli abitanti debba accordarsi con
quello del luogo in cui vivono. Dal momento che la Luna ha montagne e valli
molto più grandi di quelle della nostra Terra, essi hanno senza dubbio corpi più
massicci, e costruiscono progetti giganteschi. Durante il loro giorno, della
durata di quindici dei nostri, essi sopportano un caldo intollerabile. Forse,
mancando di pietre per costruire protezioni contro il Sole, lo fanno invece con
il suolo fangoso. Forse scavano enormi arene e, quando portano fuori la terra,
la ammonticchiano in un cerchio allo scopo di prosciugare l’umidità del terreno.
Così si nascondono all’ombra dei tumuli da loro scavati e, al muoversi del Sole
nel cielo, si spostano in modo da restare sempre coperti. Essi realizzano poi, a
tutti gli effetti, una città sotterranea, e vivono all’interno di cave nel
terrapieno circolare".
Nasce così il germe dell’idea che la Luna possa essere popolata da strane
creature diverse dall’uomo, pensiero ripreso nel
Somnium, sive de astronomia lunaris
pubblicato nel 1634 (quattro anni dopo la morte di Keplero, benché da tempo
circolasse nell’ambiente praghese e non solo), saggio che oggi oseremmo definire
quasi un’opera fantascientifica.
La luna e i suoi abitanti non erano fino ad allora una novità, ma la logica, la
matematica e la fisica applicate all’indagine teorica sulla loro natura, la
stessa possibilità di una verificabilità sperimentale della loro esistenza e
della loro attività architettonica, irruppero per la prima volta nella storia
della scienza.
Il “sogno” di Keplero è, infatti, un sofisticato quanto fantasioso trattato
scientifico che aspira a dimostrare in base a “esperimenti concettuali” come
apparirebbero i fenomeni terrestri ad un osservatore collocato sulla Luna.
“Mi addormentai profondamente e nel sonno
immaginai di leggere con attenzione un libro preso alla fiera”, narra lo
scienziato nelle prime battute del
Somnium. L’anno in cui si svolge il racconto è il 1608, quando lo scienziato
tedesco era alla corte di Rodolfo II, nella Praga “Magica” di allora.
Protagonista
dell’opera è il bambino Duracoto, nato nella misteriosa terra d’Islanda che gli
antichi chiamavano Thule. Costui, orfano di padre, vive con la madre Fiolxhilde,
una donna capace di parlare con dèmoni in grado, durante le eclissi, di
trasportare un mortale sulla Luna. Keplero qui spiega il vero significato della
parola dèmone, ovvero richiama la parola greca "daimon"
(divinità minore), "colui che conosce", e che nel caso specifico è metafora che
sta per la scienza dell’astronomia. Il dèmone, quindi, appare a Duracoto ed
inizia ad erudirlo sulla nuova fisica dei cieli sulla base degli studi di
Copernico, di Galileo e dello stesso Keplero, nonché a raccontare come si può
dislocare un uomo sulla Luna, superando gli inconvenienti della forte velocità
iniziale, del freddo intenso e della mancanza d’aria. Inoltre, gli descrive
quale spettacolo attende l’avventuroso esploratore.
L’opera fu scritta, riveduta e modificata più volte nel corso degli anni,
farcita di note fisico-astronomiche e autobiografiche, fino a dar luogo a un
labirinto letterario visionario in anticipo di secoli su strutture letterarie
contemporanee.
Da sottolineare che per Keplero il
"Somnium Lunae" non era un semplice
racconto fantasioso o un gioco letterario-scientifico, bensì esponeva teorie
nelle quali egli credeva fermamente, come risulta chiaro dalle veementi note
apposte al testo nelle ultime versioni e dal fatto che più di una volta si fosse
rammaricato che proprio quest’opera sarebbe stata principale responsabile delle
persecuzioni che egli subì (le torture inflittegli a seguito dell’accusa di
stregoneria).
Che l’ardita ipotesi di Keplero non sia passata inosservata dai contemporanei è
fuor di dubbio e abbondantemente testimoniata dalla produzione letteraria del
tempo.
Si trovano dei riferimenti in alcuni testi poetici di Jonne Donne, Ben Jonson
(che fa annunciare in una sua commedia: "Un nuovo mondo. E nuove creature in
quel mondo. Nell’orbe lunare. Che si è scoperto essere un mondo abitato. Con
mari e fiumi navigabili"), William Drummond ("qualcuno afferma ci sia un altro
mondo di uomini e creature dotate di sensi, con città e palazzi sulla Luna").
Nel
1640 il vescovo inglese John Wilkins propose uno studio degno di nota, dal
titolo Scoperta di un nuovo mondo nella
Luna, in cui prospettava la possibilità di utilizzare un "carro volante" nel
quale gli uomini avrebbero preso posto per raggiungere la Luna e fondarvi delle
colonie. La stessa idea di un viaggio alla scoperta della Luna fu ripresa da
Cyrano de Bergerac, non senza ironia, nel suo romanzo
L'altro mondo o
Gli stati e gli imperi della luna
(pubblicato postumo nel 1657).
Keplero, dunque, oltre ad essere uno dei padri della scienza moderna, in qualche
modo è anche un capostipite della speculazione scientifica applicata al campo
dei misteri nascosti nell’universo.
religiose)
Articolo pubblicato nella rivista
LexAurea37,
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