Le Costellazioni nello Zodiaco: Il CapricornoAlessandro Orlandi |
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“Prajapati
è invero l’anno, due sono le sue vie: una verso il Sud, l’altra che
volge a Nord.Coloro i quali considerano come atto il compimento dei
sacrifici e dei doveri religiosi, costoro conseguono il mondo lunare e
di nuovo ritornano quaggiù. Questo è il motivo per il quale i saggi che
desiderano prole procedono sul cammino che mena a sud. La fruizione del
mondo dei sensi è infatti la via dei Padri. Coloro i quali, invece,
avendo ricercato per la via del Nord il proprio Sé mediante ascesi,
studio, fede, conoscenza, conseguono il sole; costoro invero non
ritornano più quaggiù perché hanno raggiunto la sede dei soffi vitali
che è l’immortalità, la non-paura, il fine supremo.
Prasna Upanishad, I,9 e I,10
“Senza
uscire dalla porta, conoscere il mondo! Senza guardare dalla finestra,
vedere la Via del cielo! Più lontano si va, meno si conosce.Perciò il
Santo conosce senza viaggiare; egli nomina le cose senza vederle; egli
compie senza azione.”
Tao Te Ching, XLVII
Abbiamo detto che nel segno del Sagittario i ruscelli confluiscono nei
fiumi e nei mari, le forme-pensiero si aggregano negli eggregori, i
pensieri e le osservazioni sul mondo si organizzano in un sistema
filosofico, mille piccole cause determinano un grande effetto. Il
Capricorno è simbolo della méta ultima a cui tende ogni cosa, della
vetta a cui aspirano lo scalatore e l’ambizioso e dell’abisso nel cui
fondo si accumula tutto ciò che tende verso il basso. Per questo il
Capricorno ha la parte superiore di una capra e quella inferiore di un
pesce. E’ del Capricorno anche la consapevolezza del significato
profondo del detto ermetico “ciò
che è in alto è come ciò che è in basso”, non solo perché una
polarità non può esistere senza l’altra, ma anche perché nel Capricorno
la natura panica e l’abbandonarsi agli istinti non è in contraddizione
con la pratica ascetica, la spiritualità con il materialismo, il
distacco con l’attaccamento, l’inesperienza della giovinezza con
l’esperienza della vecchiaia, la nascita con la morte, la salute con la
malattia, perché tutto ciò appare come qualità dell’Io, come epifenomeno
generato dall’attrito col mondo, mentre qui si tratta del Sé, che si
trova al di là di queste determinazioni particolari, di queste qualità.
Ogni individuo, abbiamo detto, piega e deforma secondo le proprie
esigenze le direzioni universali che costituiscono la trama sottile con
cui è intessuto l’universo. Nel Capricorno queste direzioni si mostrano,
a chi può e sa riconoscerle, nella loro trama e, a chi ha compiuto in
precedenza un cammino di conoscenza, le “direzioni individuali” appaiono
per ciò che sono: i tentativi e le imitazioni di una scimmia
ammaestrata. Dopo lo smembramento che abbiamo descritto nel segno dello
Scorpione, quello subìto dalle energie di chi ha seguito un percorso
profano, ogni porzione di energia raggiunge, nel Capricorno, l’“anima
esterna” che le era destinata. Così si conclude il processo di
corruzione ed ha inizio quello di generazione.
Il Capricorno è anche simbolo dell’Anima mundi, che può apparire fredda
e impersonale a chi non abbia stabilito un contatto con lo Spirito del
Tempo, quello che i tedeschi denominano Zeitgeist, ma che è la fonte del
senso e del significato di ogni esistenza individuale. L’Anima del mondo
è infatti la risultante delle azioni, del “karma”, di tutti gli esseri
che agiscono sulla terra e di tutti gli esseri che agirono in passato.
Come uno specchio fedele, non fa che riflettere il risultato finale di
tutti quei singoli riflessi, riconducendo l’effetto di ogni azione a ciò
che gli è affine, alla sua essenza. Infine, nella trasmigrazione di
energia che abbiamo descritto tra Vergine e Scorpione, nel Capricorno
c’è la possibilità che il Doppio, il corpo di luce, relegato nel mondo
del sogno, dell’inconsapevolezza e della morte, si animi e prenda
coscienza di se. Anche l’alchimia orientale aveva come obiettivo finale
questa “animazione del corpo di luce”, attraverso un lavoro paziente sui
soffi vitali dell’uomo e sulla sua energia interna, il Ch’i. Nella
natura saturnina e nello spirito “puer-senex” del Capricorno c’è quindi
il seme dell’immortalità, la possibilità che la consapevolezza, invece
di venire risucchiata delle dimore di Ade e quindi annientata, riesca a
“trasmigrare” in un involucro immortale. Così come la cuspide della
decima casa di ogni oroscopo individuale dovrebbe aiutare a comprendere
quali sono gli obiettivi di quella persona, nell’attivare la
costellazione simbolica del Capricorno saremo spinti a chiederci perché
siamo nati, cosa siamo chiamati a portare a compimento e qual è la méta
della nostra vita. Chi avrà seguito il cammino del raggio di sole,
dall’Ariete al Sagittario, non potrà che intendere questa méta come un
operare al servizio dello Spirito. Avrà sviluppato nei segni della
Bilancia, dello Scorpione e del Sagittario il potere di vedere ciò che è
invisibile agli altri e avrà sviluppato, magari, i poteri che Patanjali
attribuisce agli yogin che sono molto avanzati nella pratica dello yoga.
Si comprende così come mai lo stesso Patanjali prescriva la rinuncia a
quei poteri come condizione imprescindibile per poter proseguire in un
cammino evolutivo: se ci si è messi al servizio del Sé non si possono
coltivare qualità che ci riportino all’Io. Infine il Capricorno è la
porta del solstizio di inverno, la porta dalla quale la “vera luce”
entra nel mondo ed è la porta, come si evince dal passo delle Upanishad
riportato all’inizio, da cui escono le anime di coloro che sono
destinati a non ritornare mai più sulla terra. Si può pensare all’Anima
mundi come a un gong che venga percosso passivamente dal percussore
costituito dagli effetti karmici delle azioni. Al colpo di gong
corrisponerà un suono che verrà irradiato di nuovo nel mondo (nel segno
dell’Acquario), determinando una inversione di tendenza, un suono che
raggiungerà ognuno in modo diverso. Nel punto più basso, là dove la luce
sembra essere stata sconfitta dalle tenebre, essa inverte la tendenza e
ricomincia a crescere. In questa inversione si cela il segreto più
importante della “legge di enantiodromia”: gli egiziani lo applicavano
al carro del Sole, che ogni giorno si inabissa nell’Ade per poi
invertire il cammino e dirigersi di nuovo verso la superficie a
mezzanotte in punto. Questo momento dell’anno era celebrato nel rito
mitraico con la festa del Sol Invictus e nel culto dionisiaco
rappresentava il momento in cui il dio rimetteva in moto nel mondo le
forze della rigenerazione e della rinascita[1].
Passiamo ora ad esaminare la fase alchemica descritta nei due
bassorilevi del Capricorno.
In quello superiore, a Notre Dame è raffigurata una donna seduta che
reca nel cartiglio un animale che è una via di mezzo tra un gallo e una
volpe. Ad Amiens una donna seduta reca nel cartiglio un agnello e a
Chartres la donna reca l’emblema di un cinghiale.
Nel bassorilevo inferiore, a Notre Dame una donna allontana con un
calcio un valletto[2].
Ad Amiens la donna allontana il valletto con un calcio e respinge con
una mano la sua offerta: una pisside con coperchio.
Infine, a Chartres[3],
il bassorilievo è molto rovinato.
Fig. 24 e 25
Fulcanelli identifica nel Gallo-Volpe una delle fasi più avanzate della
cottura del “compost”, quello stadio di unione tra fisso e volatile, tra
zolfo e mercurio, che termina con la fissazione dello zolfo filosofico.
Il gallo, che annuncia il sorgere del sole è, tra l’altro, sacro a
Mercurio. L’Agnello ricorda invece la nascita del Bambino Filosofico,
ricordando che per gli alchimisti la Pietra era assimilata al Cristo: “Ecce
Agnus Dei, ecce qui tollit peccata mundi”. Si manifesta qui il
potere risanatore della Pietra sui mali esterni. Il cinghiale, invece,
animale forastico e scostante, sembra in rapporto più stretto con la
condizione spirituale descritta nel bassorilievo della donna che calcia
il valletto.
Fulcanelli si abbandona a una lunga digressione, polemizzando con
l’alchimista Sabine Stuart De Chevalier e non è chiaro se rigetti come
“non pertinente” l’operazione descritta dal bassorilievo inferiore. Se il valletto rappresenta Mercurio, come sembra evidente, esso va inteso come mercurio volgare, i cui doni in questa fase vanno respinti da parte dell’adepto. Si tratta quindi di un’allusione alla chiusura ermetica del vaso, sigillato per la buona riuscita dell’Opera, almeno fino al segno zodiacale successivo. Dice l’antico libro cinese dei Ching, a proposito dell’esagramma “La Dissoluzione”, in una delle linee mutevoli: “Egli si discioglie dalla sua schiera. Sublime salute! Mediante dissolvimento segue accumulazione. Questa è una cosa alla quale la gente comune non pensa”. Ebbene, “rifiutare i doni del mercurio volgare” significa anche operare la rinuncia suprema, rinunciare a farsi un’immagine mentale interpretativa del mondo e attendere umilmente che la luce si faccia strada in noi. Se si vuole giungere all’Anima mundi, all’essenza sottile delle cose, bisogna saper rinunciare persino alla mente.
Acquario
“Il mio cuore si è aperto a tutte
le forme: è un pascolo per le gazzelle, un chiostro per i monaci
cristiani, un tempio per gli idoli, la Kàba del pellegrino, le tavole
della Torah e il libro del Corano. Io seguo la religione dell’Amore: in
qualunque direzione avanzino le sue carovane, la religione dell’amore
sarà la mia religione e la mia fede.”
Muhyi’d Din Ibn Al’Arabi
“Che fare, dunque, oh musulmani,
che io me stesso non conosco? Non sono giudeo, né cristiano, né
zoroastriano o musulmano. Né orientale, né occidentale, né terrestre, né
marino, né impastato di terra, né venuto dal cielo. Non di Terra, non di
Acqua, non di Vento, non di Fuoco, non di Empireo, non di Trono, non di
Essere o di Essenza. E non di India, non di Cina, né di Sassonia o
Bulgaria, non di Persia o Babilonia, né del Korashan. Non di questo
mondo, non dell’altro, né di Inferno o Paradiso. Non d’Adamo, non di
Eva, non di eterei giardini. Il mio luogo è oltre lo spazio, il mio
segno è senza segno, non è anima, non corpo: sono solo dell’Amato.
Cacciai via da me ogni dualità, dei due mondi io ne vedo uno solo. Uno
cerco, uno conosco, uno canto, uno contemplo. Egli è l’Ultimo, egli è il
Primo, egli è l’Interno, egli è l’Esterno.”
Jalalluddin Rumi
Il segno dell’Acquario, come quello del Leone, è caratterizzato dal
potere di irradiare energia. In questo caso tuttavia non è il Sole
interiore ad irradiarla, ma si tratta di Saturno, un pianeta freddo e
lontano, collegato all’elemento piombo. La sfida dell’alchimista, come
tutti sanno, è trasformare il piombo in oro: potremmo prenderla come
metafora dell’animare e risvegliare Saturno, collegato alle ossa, al
sonno e al sogno, al Doppio, al distacco e alla morte, al ridurre ogni
cosa alla sua essenza. Senza un lavoro interiore Saturno è destinato a
subire il destino del corpo di Osiride, smembrato da Seth e di Dioniso[4],
dilaniato dai Titani. Il cammino di consapevolezza che abbiamo delineato
fin qui con la metafora del seguire un raggio di sole nel suo percorso
attraverso i 12 segni dello zodiaco, è analogo all’opera di Iside, che
raccoglie per tutto l’Egitto i pezzi in cui Seth ha smembrato suo
fratello Osiride e li ricostituisce in una unità, risvegliandolo dal suo
sonno di morte[5].
Quando ogni forma pensiero ha raggiunto l’eggregore a cui era destinata,
quando l’attività individuale si è commisurata con quella collettiva e
con il mondo, l’uomo inconsapevole di sé verrà dilaniato dalle forze
sovraindividuali con cui si è messo in rapporto. Infatti ogni eggregore
(pensiamo agli eggregori “profani” che accompagnano le sette religiose e
politiche), utilizzando le forme-pensiero che lo legano ai singoli
individui, si serve degli uomini come di strumenti inconsapevoli per
realizzare gli obiettivi che lo caratterizzano[6].
Cogliamo l’occasione (l’aver citato Dawkins) per sottolineare che gli
eggregori, le forme-pensiero, l’Anima del mondo, sono entità invisibili
e, per certi versi, astrazioni concettuali, “fantasmi” di cui la scienza
non potrà mai occuparsi, mancando ogni presupposto di osservabilità,
riproducibilità e di falsificabilità. Eggregori e forme-pensiero sono
solo idee, possono diventare entità concrete solo dopo un lavoro su se
stessi. Per questo, al negativo, il segno dell’Acquario è legato
all’ideologia applicata senza tener conto del contesto e del sentire
altrui, all’essere dominati da una “visione” imponendola acriticamente
al mondo. Chi, invece, nel Capricorno, è riuscito a stabilire un
rapporto con l’Anima del mondo, chi si è messo consapevolmente al
servizio di forze sovraindividuali, del proprio Sé, costui diverrà un
agricoltore destinato a seminare sulla terra i semi del Futuro. Davanti
ai suoi occhi egli potrà contemplare lo spettro energetico dei fenomeni,
degli eventi, delle persone e degli oggetti al di là del visibile,
cogliere gli aspetti sottili della realtà e, quindi, anche intervenire
su di essi. Attivare, animare, risvegliare Saturno, significa aiutare
questo Sole di mezzanotte a dispensare i suoi doni, riproiettando sul
mondo il riflesso e il suono dell’Anima del mondo. Nel senso più alto
l’Acquario viene dunque associato all’idea di Fratellanza universale,
alla capacità di scorgere in ognuno la scintilla dello Spirito al di là
delle differenze di censo, razza, religione, idee, posizione nel mondo.
In alchimia la fase che corrisponde a questo segno zodiacale sembra
essere quella della Proiezione: l’alchimista può finalmente aprire il
suo Vaso, finora tenuto ermeticamente sigillato, e utilizzare la Pietra
(o la polvere ottenuta da essa) per trasformare il mondo, per guarire le
malattie, può servirsi del potere della Pietra per percepire quegli
aspetti del mondo che sono invisibili al profano.
Veniamo ora ai bassorilievi delle cattedrali gotiche. A Notre Dame e ad
Amiens (nella cattedrale di Chatres purtroppo il bassorilievo è troppo
rovinato per poterlo interpretare) nel bassorilievo superiore è
raffigurata una donna che reca un toro nel cartiglio. In quello
inferiore le tre cattedrali presentano lo stesso soggetto: un uomo e una
donna si fronteggiano, l’uomo ha in mano un libro e sembra illustrarne
il contenuto, la donna ha in mano una spada, che punta contro l’uomo.
Fig. 26 e 27[7]
Per ciò che riguarda il bassorilievo superiore, Fulcanelli ci dice che
il Toro indica la definitiva stabilizzazione dello zolfo filosofico.
Il vaso ora può essere aperto e il suo contenuto può essere utilizzato,
l’alchimista può servirsene nel suo rapporto col mondo e benefica di
tutti i doni che la tradizione attribuisce alla Pietra:
Dispone di una Medicina Universale che guarisce tutte le malattie e
prolunga la vita umana al di la dei limiti naturali, ha accesso a ogni
sapere ed ha il potere di comandare alle forze celesti, ha il dono
dell’invisibilità, può animare l’inanimato, dispone di un Solvente
Universale che ha il potere di dissolvere qualsiasi Forma-pensiero, ha
il potere palingenetico di far risorgere le cose morte dalle loro
ceneri, sa riprodurre nel Microcosmo (cioè in se stesso) ciò che Cristo
operò nel Macrocosmo (cioè nel mondo)[8].
L’Opera è anche descritta come salvezza e liberazione della luce della
Sapienza Divina imprigionata nella materia, come riscoperta di una
Parola Perduta o di un nome segreto o di un linguaggio dimenticato, che
dona a chi lo conosce potere su tutte le cose.
A questo proposito, gli alchimisti ricorrono spesso alla cosiddetta
cabala fonetica o “linguaggio degli uccelli”, consistente nel nascondere
un arcano o un segreto alchemico dietro l’etimo di un nome o nel suono
di una parola, o nel doppio senso di un lazzo osceno. Un’altra immagine
che ricorre sovente è quella dell’“Agricoltura Celeste”, consistente nel
seminare e raccogliere frutti dagli alberi del Sole, della Luna e degli
altri pianeti. Ricordiamo infine la stretta analogia che i costruttori
di cattedrali del medioevo, le confraternite di liberi muratori
(antenate della moderna massoneria), avevano stabilito tra il compimento
dell’Opera Alchemica e l’edificazione di un Tempio sulla terra che fosse
costruito ad immagine e somiglianza della Gerusalemme Celeste. Il Tempio
(di solito dedicato alla Vergine Maria), aveva le stesse caratteristiche
paradossali della pietra degli alchimisti: corporificare, tradurre in
viva esperienza soggetta all’azione del tempo, ciò che era invisibile e
immateriale. Simultaneamente un simile tempio, una volta edificato,
doveva diventare la soglia e il veicolo per condurre gli uomini verso
l’invisibile e l’immateriale, l’immutabile e l’eterno.
Nel bassorilievo inferiore la spada, come spesso avviene in alchimia,
rappresenta il fuoco segreto dell’alchimista, che finalmente può essere
proiettato all’esterno, mostrandoci la vera essenza del mondo. Il libro
è il libro della Natura[9],
che, da questo momento, rivela all’alchimista tutti i suoi segreti più
riposti.
Pesci
“Chi crede in me, non crede in
me, ma in colui che mi ha mandato, chi vede me vede colui che mi ha
mandato. Io come luce sono venuto nel mondo perché chiunque crede in me
non rimanga nelle tenebre.”
Giovanni, 13,9
“E Dio disse: “Facciamo l’uomo a
nostra immagine e somiglianza e domini sui pesci del mare e sugli
uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su
tutti i rettili che strisciano sulla terra.” Dio creò l’uomo a sua
immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò.”
Genesi 1,28
“Voi sapete che coloro che sono
ritenuti i capi delle nazioni le dominano ed i loro grandi esercitano su
di esse il potere. Fra di voi però non è così; ma chi vuol essere grande
tra voi si farà nostro servitore e chi vuol essere il primo tra voi sarà
il servo di tutti. Il Figlio dell’Uomo infatti non è venuto per essere
servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”
Marco 10,41
“Il seminatore uscì a seminare la
sua semente. Mentre seminava parte cadde lungo la strada e fu
calpestata, e gli uccelli del cielo la divorarono. Un’altra parte cadde
sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di umidità.
Un’altra cadde in mezzo alle spine e le spine, cresciute insieme con
essa, la soffocarono. Un’altra cadde sulla terra buona, e fruttò cento
volte tanto. Detto questo esclamò: “Chi ha orecchi per intendere,
intenda.”
Nel segno dell’Acquario il “Sole nero”, Saturno, irradia verso il mondo
i semi del Futuro e la ruota del Karma, girando, mostra, a chi sa
riconoscerla, la legge inesorabile della causa e dell’effetto. Nello
Scorpione, nel Sagittario e nell’Acquario le Forme-pensiero si uniscono
agli eggregori che loro corrispondono e le azioni individuali si
mescolano a quelle collettive, determinando effetti macroscopici, così
come in una tornata elettorale un singolo voto contribuisce con migliaia
di altri a determinare l’elezione di un deputato. Nel segno dei Pesci
quegli effetti, le energie liberate nel segno dell’Acquario, si dirigono
di nuovo verso ogni essere individuale, raggiungendolo secondo la sua
specificità e le sue caratteristiche peculiari. Per questo i due pesci
che raffigurano il glifo del segno, dirigendosi verso direzioni opposte,
mostrano una oscillazione tra la dimensione individuale e quella
collettiva, tra l’Io e il Sé, tra il sacro e il profano, tra la santità
e il vizio. Anche in questo caso dovremo operare una distinzione tra il
caso in cui il percorso dello zodiaco sia stato attraversato da un
viaggiatore inconsapevole e quello in cui, tra il Cancro e il Leone, sia
stato messo in atto “l’artificio” di cui abbiamo parlato e il viaggio
sia quindi stato consapevole.
In ogni caso il segno dei Pesci caratterizzerà i messaggeri
dell’infinito e dell’invisibile e le loro qualità saranno la
medianicità, il servire il prossimo nel senso più alto (nel senso di
percepirne il destino e di prenderlo sulle proprie spalle), il
misticismo, lo spirito di sacrificio, ma anche la passività, il vizio,
l’ignavia, la follia. Infatti i messaggi che provengono dall’Inconscio o
dal mondo sovrapersonale degli eggregori possono generare una grave
confusione tra l’Io e il Sé, un delirio di onnipotenza e una ipertrofia
dell’Io, fino a distruggere la psiche che non sia pronta
ad assimilarne il contenuto. A chi abbia compiuto il viaggio che
abbiamo descritto in uno stato di consapevolezza, il segno dei Pesci
indica invece come portare i doni raccolti nel segno dell’Acquario nel
mondo, come distribuirli, è il segno in cui appare chiara la disciplina
dell’azione, la via per coniugare i propri desideri individuali con le
leggi cosmiche, la propria volontà col servire il prossimo. Nel
cristianesimo il segno dei Pesci è proprio dei santi, nell’induismo
caratterizza gli Avatar, le anime consapevoli uscite dalla Ruota delle
esistenze che tornano quaggiù volontariamente, sacrificandosi per
portare la luce nei piani più bassi dell’esistenza. (Avatar sono
considerati Krishna, Buddha, Cristo e Maometto e i primi cristiani
avevano adottato il pesce come simbolo del Cristo, anche perché il
termine greco che lo indicava,
ἰχθύς,
era l’acrostico
di Ιesous Christοs Τheou Yios Soter, Gesù Cristo Figlio di Dio
Salvatore). In alchimia l’operazione di proiezione, che ha avuto inizio
in Acquario con l’apertura del vaso, viene portata a termine e
l’alchimista sceglie i propri obiettivi, non in modo arbitrario, ma in
modo impersonale, è la voce del Sé, che egli adesso sa e può ascoltare,
ad indicaglieli. Profeti e veggenti traggono ispirazione da quella
stessa voce, ma anche, come dicevamo, i pazzi, chi non è né profeta, né
veggente, ma ha scambiato la voce del Sé con quella dell’Io. Si realizza
in questo segno, fino in fondo, l’archetipo della Forza, Boaz, la
seconda colonna del tempio di Salomone. Infatti la vera forza non
consiste nel potere di imporre la propria volontà, né nella forza
fisica, né nel poter contare su un forte carisma o su una posizione
sociale particolarmente favorevole. La vera forza sta nell’aver
armonizzato la propria vita individuale, le proprie aspirazioni, il
proprio agire con le leggi cosmiche, nel saper ascoltare la voce sottile
del Sé. “L’uomo vuole ciò che gli accade e accade ciò che egli vuole”.
Nessun timore, nessun ostacolo, né la sofferenza, né la morte, potranno
più scalfire chi possiede questo tipo di forza. Osserviamo infine che
questa forza misteriosa non è conseguibile come una conquista
individuale, ma viene conferita in Acquario dalle emanazioni dell’Anima
mundi, di cui nel segno dei Pesci si è solo latori, è quindi naturale
associarla alla Parola Perduta, al dono delle lingue e alla discesa
dello Spirito di cui si parla nella Pentecoste, a un ritrovato potere
universale del linguaggio.
Esaminiamo ora i bassorilievi che corrispondono al segno dei Pesci.
Nelle tre cattedrali di Notre Dame, di Amiens e di Chartres nel
bassorilievo superiore è raffigurato un guerriero seduto che ha in una
mano una spada e nell’altra un cartiglio con l’emblema di un leone. In
quello inferiore sulla destra c’è un albero tripartito e su uno dei rami
si è posata una civetta. A
destra un uomo fugge lasciando cadere la spada ed è voltato
all’indietro, verso l’albero. Ai piedi dell’albero una lepre[10]
sembra inseguirlo[11].
Fig. 28 e 29
Nel bassorilievo superiore il Leone rappresenta la forza che
l’alchimista ha ottenuto applicando il fuoco (la spada) nel modo
corretto all’Opera. Egli ha conseguito l’Opera al rosso, può ora
utilizzare le proprietà salvifiche della Pietra Filosofale, ha
riscattato lo Spirito dalla bruta materia che lo imprigionava e l’ha
dotato di un “corpo glorioso”, degno del suo splendore. Nel bassorilievo
inferiore, l’albero tripartito da cui fugge l’uomo potrebbe indicare
l’albero della conoscenza del Bene e del Male, o l’albero della Vita, o
entrambe gli alberi. Se interpretiamo la tripartizione come verticale,
allora i tre arbusti indicheranno i tre piani dell’esistenza: il mondo
infero, il mondo della percezione “ordinaria” e quello relativo ai piani
sottili dell’essere. Se invece la interpretiamo in senso orizzontale,
essa indicherà la fittizia suddivisione che operiamo tra l’interno
dell’uomo, il suo esterno e l’intelletto che li commisura. La civetta
appollaiata sul ramo di mezzo è un animale mercuriale, capace di “vedere
nelle tenebre”, e indica l’acquisita capacità dell’alchimista di
scorgere tutti e tre i piani che abbiamo indicato come parti di se
stesso. L’alchimista lascia cadere la spada in terra, segno evidente che
l’Opera è terminata e il fuoco ha compiuto il suo dovere, ma anche del
fatto che quel fuoco adesso può essere riproiettato sul mondo, sulla
materia. La lepre è anch’essa un animale mercuriale, potrebbe indicare
qui il mercurio volgare, da cui adesso l’alchimista rifugge: conseguita
l’Opera egli deve “uscire dal mondo”, abbandonando per sempre il suo
nome e la sua identità profana, qualsiasi sia la loro rilevanza,
avviandosi infine verso il proprio destino iniziatico.
Segnaliamo qui una curiosità. Come è noto gli alchimisti si servivano
spesso della “cabala fonetica” per indicare materie, fasi e segreti
della loro Opera. Ebbene, il bassorilievo inferiore potrebbe essere
visto anche come un una indicazione ricavata per omofonia o come un
“rebus”. In francese arcaico, infatti, civetta e lepre,
chouette et lievre, si diceva
anche choute et lievre, che
suonava come chute est l’Oeuvre,
ossia “L’Opera è terminata”. Interpretando invece il bassorilievo come
un rebus ed evidenziando il fatto che la civetta è raffigurata
esattamente sopra la lepre diremmo
chute sur lievre, che per
omofonia dà chut sur l’Oeuvre,
ossia “taci sull’Opera”. [1] Ho trattato ampiamente questo argomento nei capitoli 7,8 e 9 in Dioniso nei frammenti dello specchio, op. cit. [2] Secondo la tradizione qui il vizio rappresentato è l’asprezza, la virtù la dolcezza. [3] A Chartres, per ciò che riguarda Capricorno ed Acquario, il bassorilievo superiore e quello inferiore sono scambiati rispetto alle altre cattedrali gotiche. [4] Cfr. A. Orlandi, Dioniso nei frammenti dello specchio, op. cit. [5] Un dettaglio interessante della palingenesi di Osiride è che uno dei quattordici pezzi del dio, il fallo, non può più essere ritrovato da Iside, in quanto è stato mangiato dal piccolo pesce del Nilo noto come Ossirinco. Sarà l’unico frammento “artificiale” del dio, che Iside dovrà ricostruire in legno. Osserviamo esplicitamente che il fallo è collegato all’energia creativa dell’uomo, al segno dello Scorpione e alla capacità di proiettare le proprie energie all’esterno. [6] Pur avendo una cultura strettamente scientifica e non servendosi di concetti come “forme-pensiero” ed “eggregori”, lo scienziato Richard Dawkins ha espresso molto bene l’idea che idee collettive e sistemi di pensiero possano servirsi degli individui, realizzare i loro scopi ed auto-conservarsi, come fossero organismi viventi, trasmettendosi e propagandosi da un uomo all’altro. Dawkins, a questo proposito, ha introdotto l’idea dei “memi”, idee contagiose che possono trasmettersi, come le epidemie, da mente a mente. Cfr. Susan Blackmore, La macchina dei memi, Torino 2002,in cui l’idea di meme viene liberata da ogni analogia con la genetica. [7] Nel numero 48 di Lex Aurea la fig. 27 è stata pubblicata per errore come fig. 21, relativa al segno dello Scorpione. La fig. 21, come da descrizione, mostra invece un giovane che chiede consiglio a un alto prelato. A Nostre Dame questa figura è molto rovinata, tanto che Fulcanelli non la prese in considerazione nel “Mistero delle cattedrali”. [8] Cfr. Gentili A. e Orlandi A., Cristianesimo e alchimia, periodico Appunti di viaggio n° 40, 41, 42, 1999 [9] Un’altra interpretazione che è stata data alla spada-fuoco e al libro si ispira all’invito di alcuni alchimisti (cfr. ad esempio M. Mayer nell’Atalanta fugiens) “Brucia i libri e imbianca Latona”, in cui la parola e lo scritto vengono infine riconosciuti come forme inferiori di espressione e fonti di corruzione. Fissare lo zolfo filosofico significa quindi andare oltre la lettera, che uccide, verso lo Spirito, che vivifica. [10] Curiosamente Fulcanelli scambia, contro ogni evidenza, la lepre per un ariete. [11] Tradizionalmente la virtù rappresentata nel bassorilievo superiore è la forza, il vizio raffigurato in quello inferiore è la codardia. |
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