Golem di J.L.Borges Traduzione di Valeria Noli
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V
Golem
Se (come afferma il Greco nel Cratilo) il nome è un archetìpo della cosa, la
rosa sta nel nome della rosa e un fiume scorre dentro il nome "Nilo".
Fatto di consonanti e di vocali, vi è un Nome terribile e un'essenza che di
cifra Divina e Onnipotenza conservano la cabala nel Suono.
Da Adamo e dalle stelle conosciuto dentro il Giardino. Il dolo del peccato
(secondo i cabalisti) lo ha perduto noi, da generazioni, l'abbiamo scordato.
Dell'uomo
gli artifici e l'innocenza sempre non hanno fine. Eppure un giorno il popolo di
Dio cercava il Nome
dentro le insonni veglie, dentro il ghetto.
Diverso da chi si proietta, breve, con ombra corta sulla vaga storia, sempre
permane viva la memoria di quel Giuda Leon, rabbino in Praga.
Con sete di saper quel che sa Dio compie Giuda Leon permutazioni tra lettere in
complesse variazioni e infine dice il Nome, che è la Chiave, la Porta e l'Eco e
l'Ospite e il Palazzo, sopra un fantoccio che con rozze mani plasma, per
insegnargli quegli arcani: le Lettere ed il Tempo e poi lo Spazio.
Il simulacro apre i sonnolenti occhi, vede le forme ed i colori che non
comprende, sparsi tra rumori, poi accenna timorosi movimenti. Poco per volta
cade (come noi) stretto all'interno della trama sonora di Prima, Dopo, Ieri,
Intanto, Ora Destra, Sinistra, Io, Tu, Loro, Voi.
(Il cabalista che gli fu da nume alla creatura pose nome Golem; questi racconti
li racconta Scholem dentro un dotto passaggio in un volume.)
Gli spiega il suo rabbino l'universo "questo il mio piede, questo il tuo, la
corda." e bene o male come una prigione accorda, la sinagoga al passo del
Perverso. Forse fu la grafia non bene intesa fu male articolato il Sacro Nome:
l'auspicio d'uomo dopo vana attesa a dir parola non impara come.
Gli occhi, meno d'uomo che di un cane e ancor meno di cane che di cosa,
inseguono il rabbino per le arcane penombre di quella prigione annosa.
Qualcosa di brutale è dentro il Golem ed al suo passo il gatto del rabbino fugge
lontano. (Non si trova in Scholem però, attraverso il tempo lo indovino).
Alzando verso Dio mani filiali, le devozioni del suo Dio imitava e, sciocco e
sorridente, si inchinava in curve smancerie mezze orientali.
Lo ammira il suo rabbino con dolcezza e con timore "Per crearti (penso) ho
abbandonato e fu un errore intensola mia inazione, cioè la mia saggezza."
"Perché alla serie eterna eppure vana volli accostare un simbolo ulteriore?
Perché causa ed effetto e anche un dolore alla matassa eterna che già si
dipana?"
Nell'ora dell'angustia a luce vaga, sopra il suo Golem il suo sguardo è posato.
Chi ci dirà le cose che ha provato Dio, al rimirare il suo rabbino in Praga?
Articolo pubblicato nella rivista
LexAurea37,
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