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Strumenti di Paola Magnani |
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“Qui non si tratta di imporre un punto di vista
ma di comunicare un metodo di cui ognuno
si avvarrà a suo piacere come di uno strumento.”
Goethe
Le Tecniche esistono da quando esiste l’uomo, ed ogni aspetto della vita
trova disponibile una serie di tecniche per la sua miglior gestione. Pur
sembrando “artifici”, in realtà le tecniche sono produzioni spontanee di
supporto, nate dall’esperienza di uomini desiderosi di semplificare o di
ottimizzare un processo, rendendolo poi disponibile ad altri.
Ormai siamo abituati ad essere forniti di tecniche. Fin dall’infanzia ci
viene insegnato il “metodo migliore per ...” e meccanicamente facciamo
nostri procedimenti e scorciatoie. In breve tempo otteniamo risultati
che - prima che la tecnica venisse ideata - richiedevano ben altro
impegno.
A prima vista, questo modo di procedere sembra rendere schiavi della
fretta e del risultato, con conseguente perdita della creatività e
cecità alla ricchezza dei particolari. Parlare quindi di Tecniche a
favore della consapevolezza può sembrare contraddittorio.
La consapevolezza è uno stato naturale, solo che l’uomo, per la maggior
parte del tempo, tende a farsi catturare dalle meraviglie del mondo
esterno, ignorando se stesso fin quando non sente la necessità di
tornare a conoscersi.
Amo definire le Tecniche come specchi, strutture e catalizzatori: dove
questi tre aspetti si legano strettamente in un unico insieme.
Tralasciando l’elencazione di tecniche e caratteristiche, parto dal
presupposto che chi legge abbia una qualche concreta esperienza in
merito e, di conseguenza, ben sappia cosa e perchè stia praticando, o
cosa e perché abbia smesso di praticare.
Un aspetto che ritengo importante è l’uguaglianza del valore delle
Tecniche: non c’è una Tecnica migliore di un’altra. La qualità del
risultato è in mano al praticante. Questo può sembrare scontato ma non
lo è, perchè non tutte le Tecniche sono per tutti. Con questo non
intendo le abilità personali (migliorabili) o la difficoltà intrinseca
(superabile), ma proprio la “compatibilità” tra praticante e pratica:
avere delle preferenze significa conoscere, rispettare e valorizzare il
proprio “essere”.
A prescindere dalle classificazioni - fisiche, mentali, psicologiche,
energetiche o quant’altro -, la pratica di una tecnica coinvolge in
realtà tutti gli aspetti della persona. Questo perchè l’uomo è sempre
nella sua totalità, frammentato solo perchè in tal modo vuole
considerarsi. Le nuove scienze stanno ora scoprendo (con strumentazioni
sofisticate e sensibili) le sottilissime ma forti interconnessioni
mente-emozione-corpo-emozione-mente-corpo, circolo ininterrotto di
scambi e comunicazioni. Aspetti sinora ignorati o sottovalutati che
riserveranno notevoli sorprese in futuro.
TECNICHE E FILOSOFIA: PASSATO - PRESENTE - FUTURO
Molti arrivano a praticare delle Tecniche perchè hanno abbracciato una
Scuola di Pensiero. Se vogliamo analizzare, anche chi pratica aerobica e
body-building sta abbracciando una filosofia.
Chi ha avuto modo di girare di scuola in scuola, di palestra in
palestra, ha una chiara idea della diversità-uguaglianza delle tecniche
proposte. A volte ci si trova di fronte a tecniche che di nuovo hanno
solo il nome, oppure definite innovative solo per piccoli differenti
particolari, quando poi non sono altro che miscellanee di diversa
provenienza e cultura.
Questo variegato mondo di proposte lascia in genere perplessi e fa
scaturire interrogativi, dubbi ed aspettative: funzionerà? - farà male?
- sarà più efficace? - avrà controindicazioni? - sarò capace? - che
garanzia ho che ... ? - aumenterà la mia energia? - diventerò
telepatico? - vedrò l’aura?, e così via ... Come districarsi? A chi
chiedere o credere?
Ogni Tecnica è nata in un luogo e in un’epoca: chi l’ha ideata è figlio
del suo tempo e fratello dei suoi contemporanei. Sono prodotti di-e-in
“quel presente”. Quello che ha senso ed efficacia in un contesto,
variate le variabili - le condizioni spazio/tempo - può anche differire
nella sua espressione ...
Non penso che gli uomini siano “sempre uguali” a se stessi e,
soprattutto, non c’è un uomo uguale ad un altro. C’è chi crede che
quello che si è acquisito può esser dimenticato ma non perduto, e la
scienza conferma quanto siano differenti la mente ed il fisico dell’uomo
attuale rispetto a pochi decenni fa: non ultimi per gli stimoli
ambientali e sociali con cui ci confrontiamo, e per la differente
concezione di sè che l’uomo moderno occidentale vive. Le modifiche, più
che opportune, sono spesso indispensabili.
La tecnica funziona non per la filosofia da cui è scaturita, ma perchè
agisce concretamente su alcune leve dello strumento umano. Ed è pur vero
che le convinzioni personali sulla sua efficacia o non efficacia
influiscono parimenti sul risultato. L’energia segue il pensiero
portandone il colore, quindi la tecnica contiene un valore sensibile
“attivato” o “disattivato” dal praticante e, parimenti, il praticante
detiene quel valore sensibile - il pensiero - che attiva o disattiva la
tecnica. L’intensa convinzione personale sulla correttezza della
filosofia in cui è inserita la propria pratica è per molti garanzia di
successo. Ed infatti, così è.
TECNICHE: STRUTTURE FUNZIONALI
Le Tecniche possono essere considerate delle strutture funzionali, in
quanto nascono per uno scopo. Intendendo con questo che sono un mezzo e
non un fine.
L’esecuzione della tecnica porta dei risultati “dentro” la persona, e
questi risultati si riconoscono quando manifestati “fuori”. Lo scopo non
entra nel merito di quanto bravi si è “a fare”, ma in ciò che “si
sviluppa” nel fare. Le Tecniche sono strumenti di cui l’uomo dispone non
per diventare qualcosa ma “per manifestare chi già è e cosa già ha”.
L’esercizio può solo portare alla luce le potenzialità più o meno
espresse della persona. Praticare pensando di “diventare come ...” è un
pre-concetto limitante che può generare frustrazione, disaffezione e,
infine, senso di fallimento o incapacità: esattamente il contrario di
quanto ci si era preposto. Le tecniche correttamente utilizzate portano
piacere, serenità e fiducia in se stessi.
Da qui nasce la necessità di trovare o scegliere una serie di tecniche
che permettano lo sviluppo naturale ed armonico delle caratteristiche
individuali. Attraverso la pratica una persona impara essenzialmente a
conoscersi: conosce i non-limiti del proprio corpo, le potenzialità
sotto-utilizzate della propria mente e la forza motrice delle proprie
emozioni. Proprie, e non di altri. Praticare una o più tecniche,
simultaneamente o ciclicamente, permette di entrare in confidenza con il
proprio essere più profondo, e scoprirlo immenso e stupefacente.
Le Tecniche si presentano con uno scopo principale manifesto diramandosi
poi in molteplici realizzazioni “secondarie” - spesso non valorizzate o
persino ignorate. Nulla che viene fatto rimane isolato, ma si riverbera
- come un’eco nello spazio - colpendo di riflesso molte pareti. Chi
pratica tecniche fisiche ne scopre i benefici in termini di maggiore
lucidità e presenza mentale, rilassatezza e disponibilità verso il
prossimo. Lo stesso vale per chi ama meditare e visualizzare:
scoprendosi fisicamente rilassato ed attivo, emotivamente equilibrato. E
non è raro, affrontando tecniche di stampo psicologico, ritrovare la
scioltezza del corpo.
La struttura è sempre funzionale a ciò che deve supportare. Per quanto
il termine ‘struttura’ tenda ad essere associato all’idea di rigidità,
deve prevedere invece una certa flessibilità, diversamente mancherebbe
lo scopo. Lo scopo della struttura non è di bloccare ma favorire, cioè
sostenere o impostare qualcosa che ha una necessità temporanea per
potersi sviluppare correttamente e poi auto-reggersi. Una casa ben
costruita non conserva indefinitamente ponteggi ed impalcature; così
pure la pianta inizialmente sorretta da un tutore giunge, prima o poi, a
svellerlo.
Senza negare la sempre più sottile efficacia di molte tecniche con il
passare del tempo, entrare in confidenza con la propria tecnica,
significa anche avere una così intima conoscenza del processo interiore
da sentirsi liberi di adattarla o sostituirla alle nuove esigenze che
vanno proponendosi. Infatti, poichè alla pratica consegue un
cambiamento, il lavoro può solo procedere riconoscendo il nuovo stato e,
con questo e su questo, continuare ed affinare. Anche qui, come sempre,
il discernimento individuale è la misura per ogni cambiamento.
PRATICA: INDIVIDUALE E DI GRUPPO
Molte tecniche si possono fare sia individualmente che in gruppo. C’è
chi predilige un modo, chi l’altro. E’ differente la sensazione o
l’espressione che se ne può avere. Una modalità non è meglio dell’altra
e ciascuna offre e rivela differenti opportunità e auto-percezioni ai
praticanti. La preferenza rimane un fattore individuale.
E’ sensazione comune che il gruppo potenzia l’espressione acuendone
l’intensità. Ci sono molti modi per osservare il tipo di energia che si
sviluppa in un gruppo, ma trovo bello il senso di unità e di concretezza
che tale lavoro lascia. Per esempio, nel gruppo si crea una maggior
energia della somma delle parti, energia che permane nei singoli per il
lavoro individuale anche a distanza di tempo: è per questo che il
ritrovarsi periodico tende a favorire il successivo lavoro personale.
Inoltre, con quelle tecniche che prevedono la condivisione
dell’esperienza, tra i partecipanti emergono incredibili coincidenze e
similarità, denominatori comuni che si riflettono all’elaborazione di
ciascuno.
Gli stessi effetti sono spesso percepiti, da chi è più sensibile ed
aperto, anche quando il gruppo non si ritrova fisicamente nello stesso
luogo, ma si dà un “appuntamento nel tempo” ignorando lo “spazio”. Così,
chi non ha l’opportunità di ritrovarsi in un gruppo definito, può sempre
sintonizzarsi con tutti quelli che al momento stanno praticando quella
tecnica. Il mondo è pieno, giorno e notte, di gente che pratica: una
percezione consapevole riconosce il non esser mai soli.
La pratica individuale ha dalla sua una maggiore libertà di risposta.
Può apparire meno coinvolgente e a volte risulta essere più faticosa, ma
lavora sull’esatta vibrazione dell’individuo. E’ un rapporto 1:1, dove
la persona è circondata dalla sua energia e si permette di gestire in
autonomia i propri stati e tempi interiori, lasciando affiorare
sensazioni più direttamente collegate all’essenza personale.
Nel lavoro individuale a volte si tende a giudicare criticamente
l’esperienza effettuando paragoni vari. Sono giudizi inutili: non ha
senso standardizzare le aspettative o i risultati. Le tecniche agiscono
su dei livelli così sottili e profondi da risultare inavvertiti alla
consapevolezza ordinaria. Spesso chi ha avuto in prima battuta la
sensazione di una pratica poco soddisfacente, nota in seguito l’emergere
“a scoppio ritardato” di un’esperienza inattesa.
L’esercizio della tecnica è per sua natura nuovo ed originale ogni
volta, perchè è la persona ad essere ogni volta differente. Ed è con
tale predisposizione al nuovo che ci si apre alla scoperta e
all’apprezzamento delle differenze oltre che delle somiglianze; è con
questa attenzione libera da condizionamenti che diventa visibile ciò che
tende a scivolare nell’inosservato.
AUTO-CONOSCENZA ED AUTO-SVILUPPO
Le tecniche hanno la funzione di catalizzatore della presa di coscienza
individuale e sono come specchi interiori che rimandano all’osservatore
la sua immagine. Non c’è nulla che sia aggiunto o tolto all’essere della
persona. La tecnica contribuisce all’auto-riconoscimento, cioè il
riconoscimento di sè. Il confronto tra ‘quanto si fa e quanto ritorna’
non deve essere visto come indice di successo o di fallimento, ma di una
comprensione di se stessi che va ampliandosi.
Non si tratta di trovare motivazioni - per esempio: “perchè la tecnica
con me non funziona?” o “perché non mi riesce di …?”-, ma di osservare
la risposta mediata dalla pratica, sia durante la tecnica stessa sia
durante l’attività quotidiana. Qualsiasi tecnica si basa e prende come
oggetto di lavoro un aspetto già presente in noi e nella nostra vita -
in altre parole, si può lavorare solo su qualcosa che già c’è. E in
realtà c’è già tutto, basta rendersene conto.
L’auto-riconoscimento porta in modo naturale all’auto-sviluppo perchè
viene spontaneo agire, a fronte di precise comprensioni, come detta la
nuova visione.
Il prendere coscienza di sè è un momento particolarmente delicato ed
importante, e proprio per questo può creare timori e turbamenti. Questa
presa di coscienza prevede una tale assunzione di responsabilità nei
confronti di se stessi, della propria vita e del proprio cammino, che
molti preferiscono a questo punto abbandonarsi, affermando di non essere
ancora pronti.
L’auto-sviluppo prevede la responsabilità e l’autonomia, impegni che
spesso si assumono più verso l’esterno che verso l’interno, più nei
confronti di altri che nei propri. Lo sviluppo armonico non prevede
uni-direzionalità, ma espansione equilibrata ed equilibrante.
LE TRE CONSAPEVOLEZZE DELLA PRATICA
Le Tecniche hanno principalmente come scopo la scoperta della
consapevolezza. Costantemente gli istruttori dirigono l’attenzione su
cosa si sta facendo, come si sta facendo, quali parti sono interessate -
il respiro, il movimento, il pensiero, l’emozione. Eseguire una pratica
consapevolmente è un raggiungimento non da poco, pur essendo spesso solo
un attimo fuggevole.
Volendo definire tale consapevolezza, la si potrebbe esprimere come
meccanica - consapevole - applicata.
La Consapevolezza Meccanica: l’automatismo, la correttezza formale,
l’abitudine, il dover o voler fare: l’orologio.
La Consapevolezza Consapevole è altrettanto chiara: quella che viene in
genere richiesta ed auspicata, percezione delle parti e del tutto -
l’insieme : l’orologiaio.
Ci si accontenta, o si mira semplicemente, all’essere orologiaio (già
apprezzabilissimo risultato) perchè la terza consapevolezza è quella che
generalmente sfugge: la Consapevolezza Applicata. Usare l’orologio per
leggere l’ora.
Lo scopo della tecnica è realizzare qualcosa di pratico. Che senso ha
sviluppare i muscoli mancando poi di aiutare a portare un peso? Che
senso ha osservare il respiro, il pensiero, le emozioni in mezz’ora di
meditazione o in una seduta di rebirthing, se quella stessa attenzione
si spegne come la lampada nell’uscire dalla stanza?
Tutte le pratiche, tutte le tecniche, sono attrezzi usati per
sperimentare e allenare il riconoscimento di quella consapevolezza che
già c’è nella vita di tutti i giorni: ed è nella vita di tutti i giorni
che l’essere consapevoli ha la sua ragione d’essere.
Praticare una tecnica è solo un frammento di spazio/tempo che ferma il
riflesso di quello che “già sono-già ho”, è un momento di riconoscimento
che ci si prende per abituare “noi a noi stessi”, sono attimi per
staccarci dall’automatismo ed allenarci a gestire aspetti di noi di
solito trascurati, e nell’esperienza di questi preziosi istanti
riconoscerci, apprezzarci, rivalutarci e trarre l’energia per vivere la
consapevolezza che già abbiamo, perché è questo il tipo di
consapevolezza, o di coscienza, che ci distingue.
UN PASSO OLTRE
Chi pratica le proprie tecniche con piacere e libero dai rigidi dettami
dell’aspettativa propria o altrui, prima o poi giunge a scoprire
qualcosa che neppure sapeva di avere/essere. Ci sono sfumature,
nell’esperienza umana, che valicano di molto la semplice fisicità. Ci
sono aspetti che non toccano la vita quotidiana, ma che cambiano la
visione che se ne ha. Una pratica costante e rilassata, non rigida e
forzosa, col tempo regala sensazioni più sottili ai cinque sensi, al
pensiero e all’emozione, trasformando la percezione che si ha del
“solito mondo” in un “mondo speciale”.
E’ ormai accertato che molte tecniche inducono a degli stati di
coscienza definiti “alterati”. Chi non ha avuto un’esperienza diretta, a
volte li suppone come una sorta di intontimento e vacuità: nulla di più
estraneo, è esattamente l’opposto. Lo stato di coscienza che va
sviluppandosi prevede maggiore sensibilità agli stimoli più sottili ed
evanescenti, ma senza perdere il contatto con il mondo fisico definito ‘materiale’.
Per esempio, le intuizioni avvengono in questo stato parallelo
all’attività della veglia.
CONCLUDENDO
Riprendendo i tre termini che mi sono sembrati meglio sintetizzare i
loro molteplici aspetti, le Tecniche sono:
*specchi - che rimandano in mille riflessi immagini di noi stessi nelle
nostre differenti forme, capacità e potenzialità, permettendo
all’osservatore di osservare e conoscere se stesso.
*strutture - funzionali con il potenziale dello sviluppo e
dell’adattamento.
*catalizzatori - che stimolano risposte inespresse giacenti nella
totalità dell’essere Essere Umano.
Nell’esercizio si va a ri-svegliare l’essere percettivo, in quanto
l’osservazione degli stati fisici, emotivi e mentali, fa scattare anche
il riconoscimento di chi sta percependo tali stati.
Parlare delle Tecniche è parlare dell’Uomo, perchè sono nate dall’uomo e
per l’uomo. Come l’uomo sono sempre uguali e nel contempo diverse, si
adattano all’ambiente e alle necessità, si sviluppano e migliorano, si
moltiplicano e caratterizzano, si mettono alla prova e correggono, si
trasformano e si inventano.
Praticare delle Tecniche è un atto creativo su molti piani di coscienza
e livelli di comprensione, e permette di vivere ed ammirare più
profondamente le meraviglie anche di quella parte della Creazione che
siamo Noi.