Antonio D'Alonzo

Unità e Dualismo

 

Se al profano è concesso credere alla molteplicità del mondo della manifestazione, l’Iniziato deve essere in grado di ricondurre la pluralità degli enti ad Unità. Noi vediamo molteplici oggetti, molteplici fenomeni, molteplici situazioni, soltanto perché analizziamo separatamente ciascuna determinazione con la Ragione. La ratio separa, analizza minuziosamente il dettaglio: l’Intelletto Spirituale (Nous) riconduce tutto ad Unità. I filosofi idealisti tedeschi- come ad esempio Hegel- invertono spesso i due termini: per cui l’intelletto separa e la Ragione Dialettica riunisce nella sintesi. In ogni caso, l’Intelletto di cui parlo in questa sede non è certamente la facoltà intuitiva dell’intelligenza, ma un Organo Spirituale (il Nous neoplatonico, il Buddhi indiano, da cui deriva il termine sanscrito «Buddha», l’«Illuminato», il «Risvegliato»). Quindi è preferibile mantenere la distinzione pre-idealistica, definendo come «Ragione» l’organo che analizza separatamente i dati, e come Intuizione Intellettuale (Spirituale) ciò che riunisce, riporta all’Uno gli enti apparentemente separati. Anche il Pavimento a Scacchi (che analizzeremmo in seguito) con l’alternanza tra il Bianco ed il Nero rinvia al dualismo insito nell’esperienza fenomenica. La percezione del mondo della manifestazione è dualistica, in quanto la Coscienza per conoscere ha necessariamente bisogno di contrapporre un soggetto conoscente ad un oggetto conosciuto. Ben prima della celebre dicotomia (= contrapposizione dualistica) di Descartes tra anima e corpo, io e mondo, Eraclito, agli arbori della civiltà greca, definiva l’esperienza vitale come un gioco di contrapposizioni: nascere-morire, giovane-vecchio, maschile-femminile, bene-male, ecc. il Cosmo per Eraclito era un Fiume in eterno scorrimento, nel quale non era possibile bagnarsi neanche una volta perché da una polarità si passava immediatamente all’altra: alla giovinezza subentrava la vecchiaia, al bene il male, alla temperanza l’ira e l’incontinenza. Un gioco cosmico privo di regole, scansionato dalla sola alternanza dei contrapposti. Ma la presa di coscienza del dualismo fenomenico deve essere superata e ricondotta ad unità dall’Iniziato, da colui che- avendo «occhi per vedere»- riesce a trascendere la dicotomia in una nuova sintesi. Il pensiero occidentale ha elaborato diversi sistemi per ricondurre la contrapposizione ad Unità, che non è possibile ricapitolare in questa sede. Il superamento del dualismo da parte dell’Iniziato non deve essere una mera sintesi idealistica o storicistica, ma uno realizzazione spirituale, uno stato metafisico. L’Iniziato alla Libera Muratoria, una volta percepita l’illusoria natura della contrapposizione dualistica, deve ricondurre il Tutto (la summa delle dicotomie) ad Unità, all’Uno (o, ancora meglio, alla Non-Dualità, alla Vacuità), mediante un atto di pura Intellezione. La trascendenza altro non è che il superamento della dualità- e può essere innescata dall’Immaginazione Creatrice, che opera come un ponte, un mesocosmo, in grado di unire la percezione sensibile alla presa di coscienza spirituale. Per capire l’illusione fenomenica, valga il seguente aneddoto. Una studentessa americana confessò ad un Illuminato che non riusciva a capire il significato di maya (= il termine indiano con cui si indica l’illusione della molteplicità). L’Illuminato rispose alla ragazza, di rifare la domanda tra venti anni, quando il suo mondo di ventenne si sarebbe inevitabilmente dissolto nell’età adulta.                                                                                                                                               

   

 

   

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