Antonio D'Alonzo

Afrodite


Afrodite, nata dalla spuma, è la dea greca della Bellezza. Nasce dalla spuma del mare, fecondata dai genitali recisi di Urano. Dall’Unione tra Afrodite e Efesto, dio del fuoco, nascono Eros, Antero, Armonia, Deimo e Fobo; dall’unione con il mortale Anchise, nasce Enea. Dall’unione di Afrodite e Hermes nasce Ermafrodito; da Poseidone nasce Erice; da Dioniso nasce Priapo; da Adone un bambino e una bambina mortali. Nella versione romana di Venere, la dea originariamente presiede i giardini e protegge la vegetazione, ma una volta realizzata l’identificazione con la sua omologa greca, diventa la dea della Bellezza. A Roma Venere era adorata come dea dell’Amore durante la festa della Vinalia. Giulio Cesare costruì un tempio in onore di Venere Genitrice e istruì dei giochi in suo nome. Venere era anche la protettrice della famiglia con il nome di Venere Verticordia. Era questa immagine di Venere che veniva adornata di fiori ad ogni primavera dalle donne appartenenti ai ceti sociali più elevati. Nella letteratura sono numerosi, ovviamente, i riferimenti ad Afrodite/Venere. È citata nelle Metamorfosi di Ovidio, nei Racconti di Canterbury di Chaucher, nell’Epithalamion di Spenser, nella Tempesta e nel Venere ed Adone di Shakespeare, in Comus di Milton. Venere compare anche nel mito nordico del Tanhäuser, messo in opera da Wagner. Tra gli attributi di Afrodite vi sono due colombe e due cigni che tirano il suo carro, la conchiglia di mare da cui nasce, una cintura magica, la torcia fiammeggiante dell’amore, la pianta sempreverde del mirto. Il primo di aprile era il giorno sacro di Venere. La dea era adorata dalle donne insieme a Fortuna Virilis, dea della prosperità nelle relazioni tra uomini e donne. Insieme a Concordia, Venere era adorata come la già citata Verticordia, la dea che cambia i cuori delle donne in castità e modestia; ma in altre feste era adorata anche come dea delle prostitute sacre. Venere Urania era il titolo che le veniva assegnato come dea della castità, distinguendola da Venus Pandemos, dea dell’amore passionale. La Venus Vulgaris è ancora la dea dell’amore carnale, mentre Venus Caelestis rinvia all’Amore Spirituale. Per Platone, l’iniziato ai misteri di Eros deve ascendere dall’iniziale bellezza dei corpi alla bellezza delle anime, per proseguire verso la bellezza che è nelle attività umane e nelle leggi, salendo ancora alla bellezza delle scienze. Il culmine è costituito dalla contemplazione del Bello «in sé», considerato come manifestazione suprema dell’idea del Bene. Il richiamo alla Bellezza compare nella formula rituale con cui il Primo Sorvegliante apre e chiude i Lavori: «Che la Bellezza lo irradi e lo compia», «Che la Luce della Bellezza resti nei nostri cuori». Per l’Iniziato non si tratta della bellezza sensuale, ma della Bellezza Spirituale (la Sophia gnostica) che i Fedeli d’Amore hanno nascosto sotto le spoglie dell’Amor Cortese. Non è certamente un caso, che Dante- iniziato all’esoterismo dei Fedeli d’Amore- abbia «cantato» così la sua Beatrice.

                    

   

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