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La Teurgia Ambelain
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La Teurgia (dal
greco theos = dio e ergon = opera) è l’aspetto più elevato, più puro
ed anche più sapiente, di ciò che l’uomo qualunque chiama Magia.
Definire la seconda, per poi prenderne in considerazione solo
l’essenza e l’aspetto più puri, vuol dire conseguire la prima.
Ora, secondo Charles Barlet «La Magia Cerimoniale è una operazione
con la quale l’Uomo cerca di costringere, con il gioco stesso delle
Forze Naturali, le Potenze invisibili dei diversi Ordini ad agire
secondo ciò che da esse richiede. A questo scopo, le afferra, le
sorprende, per così dire, proiettando (con l’effetto delle
“corrispondenze” analogiche che implica l’Unità della Creazione)
delle Forze di cui egli stesso non è padrone, ma alle quali può
aprire delle vie straordinarie, in seno stesso della Natura. Donde
Pentacoli, sostanze speciali, condizioni rigorose di Tempo e di
Luogo che occorre osservare pena i più gravi pericoli. Poiché, se la
direzione ricercata è un pochino imperfetta, l’audace è esposto
all’azione delle “Potenze” nei cui confronti non è che un granellino
di polvere... » (Charles Barlet: l’«Initiation», numero di
Gennaio 1897).
Dunque, la Magia, come abbiamo visto, non è che una Fisica
trascendente.
Di questa definizione, la Teurgia considera solamente una
applicazione pratica: quella della legge delle «corrispondenze»
analogiche, che sottintendono:
1° l’unità del Mondo, in tutti i suoi componenti;
2° l’identità analogica del Piano Divino e dell’Universo materiale,
il secondo creato «a immagine» del primo e suo riflesso, inferiore e
imperfetto;
3° un rapporto permanente tra i due, rapporto che deriva da questa
identità analogica e che può essere espresso, e contemporaneamente
stabilito, da una scienza secondaria, detta Simbologia.
In quanto al «dominio» nel quale si esercitano questi principi
secondari, la Teurgia si distingue nettamente dalla Magia.
Questa non mette in azione che delle Forze Naturali, terrestri o
cosmiche, in quanto si esercita solo in quel dominio puramente
materiale che è l’Universo e, di conseguenza, non sono neanche Cause
Secondarie, tutt’al più «intermediari» delle «Cause terze». Di
conseguenza, l’azione della Magia perturba l’intenzione delle Cause
Seconde, che esprimono, a loro volta, quella della Causa Prima,
esercitandosi con uno dei suoi «possibili». Da ciò il ristabilirsi
inevitabile dell’equilibrio spezzato, detto «choc di ritorno», che
segue ogni realizzazione magica; la violenza di questo effetto
contrario è proporzionale all’ampiezza ed alla durata della
realizzazione ottenuta. Poiché è legge imprescrittibile che il Mago
debba pagare nel dolore le gioie che la sua Arte avrà strappato alle
«Immagini Eterne», uscite dall’ASSOLUTO, poi orientate e fissate
dalle Cause Seconde.
Altra cosa è il dominio della Teurgia e dei fattori che mette in
gioco, fattori puramente metafisici del resto, e mai cosmici o
iperfisici. Poiché in seno all’Archetipo, nei «possibili» che
passano — immagini fuggitive — nella INTELLIGENZA PRIMORDIALE, la
Teurgia opera. Definiamo, dunque, questo campo.
Il Mago crede necessariamente nell’esistenza di un solo ESSERE,
Unico, Eterno, Onnipotente, infinitamente Saggio, infinitamente
Buono, Fonte e Conservazione di tutti gli Esseri emanati e di tutte
le Creature passeggere. Egli designerà questo ESSERE unico, con
molteplici NOMI, esprimenti ogni volta uno dei «Raggi» della Sua
Gloria e che chiamiamo qui semplicemente Dio.
Perché Dio è infinito in potenza e in possibilità, il Bene e il Male
coesistono e si equilibrano eternamente in Lui. Ma, poiché Egli è
pure infinitamente Saggio ed è il Bene Assoluto, considera
eternamente, nella Sua Onniscienza, tutti i possibili futuri, opera
tra noi, in eterno, e con la Sua Onniscienza, una Discriminazione,
anch’essa eterna. Questa eterna Discriminazione dispone, quindi,
l’uno di fronte all’altro, il Bene e il Male.
Ciò che Dio ammette, ritiene, desidera, realizza e conserva,
costituisce un Universo Ideale, o Archetipale. È il «Mondo
dell’Alto», il Cielo. Ciò che Egli rifiuta, rigetta, riprova e tende
a cancellare, costituisce il «Mondo di Quaggiù», l’Inferno. E
l’Inferno è eterno come il Male che esprime, ora lo comprendiamo.
Poiché Dio è eterno e contiene in Sé tutti i «possibili», anche il
Male è Eterno ed Egli non può distruggerlo. E poiché è
infinitamente Buono, Egli non lo vuole.
Allora, poiché è anche infinitamente Saggio, Dio lo trasforma
in Bene...
Ma, poiché anche il Male è eterno in quanto «principio», eterna è
anche l’Opera di Redenzione degli elementi respinti, come è eterno
il Bene che essa manifesta e realizza.
L’UOMO, come ogni creatura, porta in sé una scintilla divina, senza
la quale non potrebbe esistere. Questa scintilla, è la VITA stessa.
Questo «Fuoco» divino porta in sé tutti i possibili, come il Fuoco
INIZIALE da cui emana. I buoni come i cattivi. Poiché non ne è che
il riflesso; e tra il braciere e la scintilla, non esiste differenza
alcuna in natura!
Questo «fuoco» è, dunque, suscettibile di «riflettere» il Bene o di
«riflettere» il Male. Quando l’Uomo tende ad avvicinarsi a Dio,
soffia e anima in lui il «fuoco chiaro», il fuoco divino, il «fuoco
di gioia». Quando tende ad allontanarsi da Dio, soffia e accende
in lui il «fuoco scuro», il fuoco infernale, il «fuoco della
collera». Così, egli genera in se stesso, come fa Dio nel grande
TUTTO, il Bene o il Male, il Cielo o l’Inferno. In noi portiamo la
radice dei nostri dolori e delle nostre gioie.
A questa Opera della Redenzione Universale e comune, che fa
dell’Uomo il collaboratore di
Dio, la Teurgia avvia
l’Adepto.
Forse non farà miracoli apparenti e forse ignorerà sempre il Bene
che avrà realizzato. Ma, in questa stessa ignoranza, la sua opera
sarà cento volte più grande di quella del mago nero, anche se
quest’ultimo riesce a realizzare stupefacenti prestigi.
Poiché questi ultimi non esprimeranno che la realtà del Male
archetipo collaborandovi. Nessuno dubita di questa realtà; e questa
collaborazione gli è del tutto inutile...
La Magia ci mostra che niente va perduto, che tutto si ritrova e
riprende il proprio posto. «Ciascuno semina ciò che raccoglierà e
raccoglie quel che ha seminato» ci dice la Sacra Scrittura.
In definitiva, il mago nero è un ignorante che recita la parte dello
zimbello!
I suoi desideri o i suoi odi gli avveleneranno i giorni che saranno
tempo perso ai fini della Vera Conoscenza. Al tramonto della vita,
tirerà le somme. Amore, Fortuna, Gioventù, Bellezza, non saranno al
suo capezzale per giustificare le ore sprecate. Non gli resterà che
una sola cosa: un debito da pagare, in questa o in un’altra vita,
che nessuna creatura al mondo potrà saldare in sua vece.
Poiché, volendo piegare delle «Forze», così potenti e sconosciute
come misteriose e temibili, ai suoi desideri ed alle sue fantasie
effimere, si sarà fatto loro schiavo incosciente, mai loro
maestro! Senza volerlo, le avrà servite...
«Quando mentiamo ed inganniamo, dice Mefistofele, diamo ciò che è
nostro!...». Attraverso la voce di Goethe, la folla anonima degli
Iniziati d’ogni tempo ci avverte!
Quei «principi»
che Dio custodisce, perché li desidera, eternamente, Egli li
emana. Essi si individualizzano, poi si esprimono, a loro
volta, secondo la propria natura che è l’Idea Iniziale divina.
L’insieme di queste «Emanazioni» costituisce il Piano Divino o
Aziluth. Ciascuna di esse è un Attributo Metafisico. Così si hanno
la «Giustizia», il «Regno», la «Misericordia», la «Dolcezza», la
«Forza», la «Saggezza», ecc..
Poiché sono di essenza divina, si capisce perché i metafisici
orientali, dopo di averle elencate e dotate di nome proprio, vi
abbiano aggiunto i suffissi «El» o «Iah», che significa Dio,
femminile o maschile. Si hanno in tal modo le denominazioni
convenzionali: «Giustizia di Dio», «Rigore di Dio», «Misericordia di
Dio», ecc..
Ciascuna di queste Emanazioni essendo parte costituente della
DIVINITÀ UNA, emana a sua volta delle modalità secondarie della sua
essenza. E così via.
Si costituiscono in tal modo degli esseri particolari che chiamiamo
Angeli, Geni o Dei, esseri che la teodicea ha raggruppato in dieci
divisioni convenzionali. Sono i nove cori angelici a cui va aggiunto
quello delle «anime glorificate» della Teologia ebraico-cristiana e
della Cabala.
Nel «Mondo inferiore» che Dio respinge (le Quliphoth o «scorze»
della Cabala), ciascuno di essi ha la propria antitesi, un essere
del tutto opposto, emanato da uno degli Attributi-Contrari, che Dio
tende a far evolvere verso il Meglio ed il Bene.
Si hanno perciò l’«Ingiustizia», la «Debolezza», la «Crudeltà», la
«Durata» e l’«Errore» e aggiungendovi i suffissi complementari El o
Iah, otteniamo i Nomi Demoniaci: «Ingiustizia Suprema», «Debolezza
Suprema», «Crudeltà Suprema», ecc..
Tutti i «possibili», respinti «in basso», sono destinati a diventare
«creature» e, emergendo dall’Abisso per Grazia ed Amore di Dio,
costituiscono il Mondo della Prova e della Necessità, la «Terra», in
ebraico Aretz, solo riflesso superiore dell’Abisso.
Tutti gli Esseri che non sono gli «Dei-Attributi» dell’ASSOLUTO,
nascono in seno all’Abisso, complesso di ciò che l’Eterna Saggezza
respinge eternamente. Similmente, gli esseri venuti dal Basso devono
pervenire, infine, tutti «in alto», nel «Palazzo del Re», collegati
ad una delle Dieci Sfere precipitate, ma migliorate, evolute,
diventate infine tali e quali Dio eternamente desiderava, ricche
della totalità dei ricordi e delle esperienze passate.
Tutti questi esseri si innalzano, dunque, prima attraverso tutte le
«forme» possibili e immaginabili della Vita, in questo vasto
caleidoscopio che è la NATURA ETERNA; forme successive visibili o
invisibili, minerali o vegetali, animali o ominali. Giunti a questo
ultimo stadio, luogo di incontro in cui li attendono la Libertà
morale e la sua Responsabilità, essi costituiscono quel Mondo di
Prova e di Fatalità che è la «Terra», precursore dei «Cieli»
simbolici.
In virtù di questa Libertà e di questa Scelta, finché si trovano nel
piano di Aretz («Terra»), sottomessi all’Esperienza, dunque alla
sofferenza ed alla morte trasmutatile, gli Uomini possono, con
l’accettazione o con il rifiuto, con la scelta intelligente o
sragionevole, elevarsi o discendere sulla Scala, la scala del
«divenire».
Si osservi che la Cabala da lo stesso valore numerico alla parola
Sinai come alla parola Sulam, che vuoi dire scala (130). La Gematria
ci rivela in ciò una delle chiavi principali della metafisica
cabalistica. Infatti, questa «scala» è legata alla leggenda del
patriarca Giacobbe, parola che significa «colui che soppianta».
Ciò che per un’anima è salire, per un’altra è discendere (cfr.
nei «Mabinoggion» o «Racconti per il Discepolo» l’insegnamento
bardico a questo proposito, nel racconto di Peredur a Ewrach). Sulla
Ruota Eterna, tutte le anime passano successivamente per tutti gli
stati (vedi la «Rivoluzione delle Anime» del rabbino Isacco Luria).
In questa salita sulla scala, un’anima è il «soppiantatore»,
un’altra è lo scalino...
Poiché, giunto una prima volta, nel «Palazzo Celeste», mondo della
Pienezza, dove ritrova infine l’insieme dei suoi ricordi e delle sue
facoltà, l’Essere può ridiscendere volontariamente sulla «Terra», in
Aretz, reincarnandosi, sia per nuove esperienze a beneficio proprio,
sia per lo scopo alchemico di aiutare gli altri esseri a liberarsi
dall’Abisso, a uscire dallo Sheol («Sepolcro»). E ciò ogni volta che
lo desidera, protetto dall’Oblio.
Possiamo concepire l’inferno mentale che sarebbe la nostra vita se
potessimo ricordarci di tutto quel che siamo stati? Possiamo
immaginare il nostro sé immortale che anima, per esempio, un ragno?
Ci vediamo, grossi come un ragno, nascosti in un buco infetto,
danzare sulla tela, ricettacolo di marciume e di polvere, mordendo a
quattro ganasce i cadaveri decomposti delle mosche?... «L’Oblio
delle precedenti vite è un beneficio di Dio...» ci dice la
tradizione lamaista!
Poiché l’Eternità e l’Infinità divine fanno sì che l’ASSOLUTO resti
sempre inaccessibile all’Essere, sia pure pervenuto nel «Palazzo dei
Cieli», eterne in durata, infinite in possibilità, sono le
«esperienze» della Creatura, e così la Saggezza e l’Amore divini la
fanno partecipe d’una eternità e d’una infinità relative,
immagini e riflessi dell’eternità e dell’infinità divine e in tal
modo generatrici d’un eterno divenire.
Ma, in ogni caso, non si dovrebbe mai confondere gli Esseri in corso
di evoluzione verso il Piano Celeste e gli Attributi del Divino,
parti costituenti di Dio.
Grazie all’onnipotenza del Verbo, che si esprime attraverso la
Preghiera e le sante Orazioni, con una vita che si avvicina, nella
misura consentita all’Uomo, alle loro perfezioni, il Teurgo
risveglia e mette in azione gli Attributi divini e ciò
elevando gli occhi ad essi...
Con la Simbolica che permette di canalizzare e di condurre
questa azione, «ponendola» nel Tempo e nello Spazio, il Teurgo
agisce, allora, indirettamente sugli Esseri dell’Universo materiale.
Dato che, partendo dal principio iniziatico universale che la
«parte» equivale al «Tutto», e che «ciò che è in basso è come ciò
che è in alto», questa Simbolica gli consente di realizzare un
microcosmo realmente in rapporto di Identità analogica
con il Macrocosmo. Ritroviamo questa teoria, degradata, nel
principio del Sortilegio e della fissazione del suo «voult».
Con la Simbolica, il Teurgo realizza, sul suo altare, sui suoi
pentacoli o nei Cerchi operatori, veri «voult» del Mondo Celeste,
dell’Universo materiale, degli Esseri che in essi risiedono, delle
Forze che vi sono racchiuse.
Ma, al contrario del praticante della comune Magia, realmente legato
alle particolari virtù dei suoi oggetti, dei suoi ingredienti, ai
riti (diventati formule superstiziose) del suo Sacramentario,
proprio come il Fisico o il Chimico sono legati agli apparecchi di
laboratorio, ai corpi che usano, alle formule del loro codice, il
Teurgo non ha tale servitù superstiziosa. Utilizza la
Simbolica solo come mezzo di espressione, complementare
del suo verbo, esso stesso espressivo del suo pensiero.
Poiché la Simbolica completa (nel dominio delle cose inanimate)
il Gesto del Teurgo, il suo Gesto completa la Parola, la sua Parola
esprime il Pensiero e il suo Pensiero esprime la sua Anima. E
questo è il segreto delle «Nozze feconde del Cielo e della Terra».
Così, nella Trinità Divina e nella Trinità Umana:
Dio - UNO Padre Figlio Spirito Santo |
ANIMA - UNA Pensiero Parola Gesto |
Infine, il Teurgo non pretende di sottomettere, bensì di
ottenere: il che è molto diverso! Per il Mago, il rito
piega inesorabilmente le Forze alle quali si rivolge.
Possedere il «nome», conoscere gli «incantamenti» è poter incatenare
gli Invisibili, affermano le tradizioni magiche universali.
La logica non ammette, a questa pretesa, che tre ipotesi
giustificative:
a) o le Forze assoggettate lo sono solo perché inferiori in
potenza allo stesso Mago. Allora, non c’è merito alcuno
nell’asservirle e nessun beneficio da ottenere. Poiché la Scienza
ufficiale con la pazienza e il tempo, vi arriva ugualmente...
b) oppure si prestano per un momento al gioco, accettando solo in apparenza una servitù momentanea, nell’attesa di una fatale conseguenza che sfugge all’uomo, ma che deve logicamente essere utile ad esse. In questo caso, il Mago è ingannato, la Magia è pericolosa e come tale deve essere combattuta...
c) queste Forze sono incoscienti, dunque
inintelligenti e di conseguenza naturali. In questo caso,
la pretesa del Magista di sottomettere le «potenze» dell’Aldilà è
solo una chimera. Il suo rituale, noioso, irregolare negli effetti,
imprevedibile. Nelle conseguenze ultime, deve essere sostituito da
uno studio scientifico di questi fenomeni, nell’attesa di
incorporarle nel campo delle Arti e delle Scienze profane. Da questo
momento non c’è più Magia...
In quanto al Teurgo non ha da temere alcuna «spiegazione» che
diminuisca i suoi poteri poiché egli scarta di primo acchito ogni
fattore materiale dotato di una qualsiasi virtù occulta, ogni forza
racchiusa o infusa con dei riti nei suoi supporti materiali. Solo la
Simbolica deve unirlo al Divino con lo slancio della sua
anima, per veicolo. Subito si pone il problema: rivolgendosi a Dio
attraverso il canale dello Spirito e del Cuore, non
v’è da temere alcuna deflorazione del grande arcano, e, qualsiasi
cosa accada nelle varie realizzazioni, il Mistero di queste ultime
rimane integro.
Ciò che il Mago pagherà alla fine con dolore, il Teurgo lo
completerà in gioia. Come dice la Sacra Scrittura, il Teurgo ammassa
inalterabili tesori, mentre il Mago fa un cattivo investimento.