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LA VITA, IL PENSIERO, Brano tratto dal libro "Il Filosofo incognito", Pietro Turchetti, Arktos edizioni |
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Louis-Claude de Saint Martin fu
un uomo vero che riuscì a contemplare e sondare profondamente gli abissi del
mondo sottile attraverso quella pratica interiore che egli definì «apertura del
centro spirituale». Nacque ad Amboise il 18 gennaio del 1743, quarto figlio del
nobile Claude-François de Saint Martin de la Borie et de Buisson e da madame
Louise Tournyer. Rimasto orfano della madre a poco più di tre anni, fu allevato
dalla seconda moglie del padre. Studiò al collegio de Point-Levoy, dedicandosi a
letture di carattere meditativo e prediligendo, tra queste, “L’arte del
conoscersi da se stesso” dell’Abadie ed è alla lettura di quest’opera ch’egli,
in seguito, attribuì il suo distacco dalle manifestazioni di questo mondo.
Per obbedire al padre, frequentò la facoltà di giurisprudenza a Parigi, tra il
1759 e il 1762, divenendo in seguito avvocato del Re al seggio presidenziale di
Tours, ma dopo solamente sei mesi rinunziò alla professione per dedicarsi alla
carriera militare come ufficiale nel reggimento di Foix di stanza a Bordeaux. È
qui che nel 1769, molto probabilmente, conobbe il suo maestro ed iniziatore, il
nobile Jaques de Livron de la Tour de la Case Martines de Pasqually, che egli
venerò sempre come sommo maestro ed insieme al quale elaborò il rituale dei tre
gradi azzurri, desunto dai tre gradi della Massoneria Universale, e il rituale
del Grande Architetto dell’Universo.
Della dottrina del Maestro, di cui in seguito ne divenne anche il segretario,
Saint-Martin ce ne ha lasciato un saggio, sia pur velato, nella sua opera
TABLEAU NATURE DES RAPPORTS ENTRE DIEU L’HOMME ET L’UNIVERSE. Nel 1771 abbandona
l’esercito per dedicarsi interamente alla sua vita interiore. Due anni dopo si
trasferisce a Lione presso jean Baptiste Willermoz, anch’egli allievo di
Pasqually, ove porterà a termine il suo primo importante lavoro che verrà
pubblicato nel 1775: DES ERREURS ET DE LA VERITÈ. Qui egli mostra come, nella
natura dell’uomo, risieda la conoscenza sensibile di una causa attiva e
intelligente, sorgente di allegorie, misteri, istituzioni e leggi. Combatte
l’ateismo filosofico, come un giorno condannerà il materialismo rivoluzionario,
confutando gli errori che la scienza profana sin d’allora andava accumulando nel
vano intento di dare delle risposte agli infiniti quesiti che il mondo sensibile
ha sempre posto all’uomo. Affronta inoltre il problema dell’origine del bene e
del male. Saint-Martin come ELUE COHEN partecipò alle operazioni teurgiche di
REAUX CROIX, ottenendo però risultati meno eclatanti di Duroy d’Auterive;
comprese allora di non essere adatto alla via esteriore, scegliendo così di
percorrere quella interiore, che gli avrebbe in seguito permesso di percepire le
manifestazioni divine all’interno di se stesso.
Non rinnegò mai la sua iniziazione Cohen, ma anzi affermò: «vi era in tutti noi
un fuoco di vita e di desiderio che ci proteggeva e ci faceva progredire con
molta grazia e armonia». Non contestò neanche il valore dei disvelamenti
ottenuti grazie a quella via feconda ed esteriore, limitandosi a precisare: «ho
tuttavia sempre sentito una inclinazione così intensa per la via interiore e
segreta, che la via esteriore non mi ha mai veramente attratto, neppure nella
prima giovinezza». Nel 1778 l’Ordine degli Elue Cohen cessa le sue operazioni
dopo la partenza per Santo Domingo di Martines de Pasqually che vi morirà l’anno
successivo; di conseguenza, i Cohen in parte confluiranno nei Gran Professi dei
CAVALIERI BENEDICENTI DELLA CITTÁ SANTA, in parte prenderanno altre strade.
Anche Saint-Martin fu invitato al convento dei FILALETI, ma egli declinò
l’invito reputando, giustamente, che coloro i quali si sarebbero riuniti poco
dopo avrebbero parlato solamente da massoni e non da iniziati uniti al loro
Principio.
Si trasferisce quindi a Parigi, ove soggiorna sia presso madame de Lusignan che
presso la marchesa de la Croix. La sua raffinatezza, il suo fascino melanconico
gli aprirono i salotti di Parigi e ricevette la protezione del Cardinale de
Richelieu, ma nonostante il fascino che esercitava sulle signore, Saint-Martin
rimase celibe. Il Barone di Gleichen, che lo frequentò, lasciò scritto di lui:
«non aveva affatto l’aspetto di un filosofo, sembrava invece un giovane santo,
la sua devozione, la profonda riservatezza e la castità della sua vita
sembravano eccessive per un uomo della sua età», ed ancora: «aveva delle forme
di reticenza intollerabili; nel momento in cui si aveva l’illusione di scoprire
finalmente uno dei suoi pensieri segreti, egli si interrompeva bruscamente,
chiudendosi in un silenzio impenetrabile». È a Parigi, durante questo soggiorno
e non a Lione, come scrive qualche autore, che compone il suo TABLEAU NATURE DES
RAPPORTS QUE EXISTENT ENTRE DIEU L’HOMME ET L’UNIVERSE con l’epigrafe: STUDIARE
LE COSE ATTRAVERSO L’UOMO E NON L’UOMO ATTRAVERSO LE COSE. In quest’opera egli
postula nell’uomo l’esistenza di facoltà superiori a quelle puramente
sensoriali. L’uomo dipende sì dal mondo fisico da cui elabora le idee
determinate dall’impressione esercitata sui suoi sensi, ma nello stesso tempo,
conserva in sé idee di legge, di ordine, di unità e di giustizia, la sua vita
interiore ed esteriore si forma sia dalle sue idee intellettuali ed archetipe,
sia dalle idee elaborate attraverso l’esperienza sensibile. La sua dipendenza da
queste ultime è stata causata da un disordine inferiore che si è opposto ad una
legge superiore, determinandone la caduta. Il suo principio superiore si è così
“sensibilizzato” e sono apparsi gli effetti dell’ordine e del disordine, del
bene e del male, che non sarebbero certamente apparsi se l’uomo si fosse
uniformato all’ordine dato da Dio. Ma poiché tutto tende a ritornare all’Unità
che tutto ha emanato, l’uomo con il suo DESIDERIO può reintegrarsi nell’unità
primitiva attraverso il sacrificio del Riparatore.
Negli anni successivi viaggia molto, stringendo legami di profonda amicizia a
Londra con il principe Galitzine e compie anche un breve viaggio in Italia. Nel
giugno 1778 si reca a Strasburgo, allora città tedesca, incontrandovi sia
Rodolphe de Salzmann che madame Charlotte de Boeclin, che divenne per lui
«un’amica impareggiabile» che gli fece scoprire il mistico tedesco Jacob Böhme
(1575-1624) e lo aiutò a tradurne le opere in francese. Saint-Martin pur essendo
attratto dalla visione metafisica di Böhme, aveva ormai strutturato il suo
sistema filosofico e la visione del mistico Goerliz confermò al Saint-Martin sia
la visione dottrinaria di Martines che la struttura del suo personale sistema
divinista.
Nel 1789 inizia a scrivere il suo RITRATTO STORICO E FILOSOFICO che costituisce
per noi una giuda sicura alla conoscenza del mondo spirituale ed intellettuale
del Filosofo Incognito. Siamo ormai nel clima di quella rivoluzione del quarto
stato che egli definisce: «un’immagine in miniatura del giudizio universale».
L’assemblea costituente in un primo tempo pensò di nominarlo precettore del
Delfino prigioniero alla Conçirgerie, ma non potendo attuare il progetto, lo
nominò commissario per la redazione di un catalogo nazionale di libri.
Successivamente, sospettato per la sua corrispondenza con il colonnello
Kirchberger del consiglio sovrano di Berna, fu colpito da mandato di cattura e
fu costretto a fuggire così da Parigi anche per causa del decreto contro la
nobiltà.
Nel 1780 pubblica L’HOMME DE DESIR: la sua opera fondamentale e che costituì il
manifesto del successivo Martinismo e che ricevette la sua veste definitiva
solamente nel 1802. quest’opera è strutturata in trecentouno cantici che
riecheggiano nella loro forma i Salmi, tanto che ad una prima lettura non è
facile comprenderne il significato, solamente dopo successive e meditate
letture, vengono alla luce i suoi luminosi principi, proponendosi al lettore
DESIDEROSO con una ricchezza straordinaria. Egli parla dell’intenso desiderio di
rigenerazione che da sempre anima l’uomo, da così lungo tempo decaduto. La
REINTEGRAZIONE è possibile solamente grazie ad una intensificazione della
spiritualità: «dal momento in cui la vita spirituale ha inizio nell’uomo, tutta
la sua esistenza si trasforma in un susseguirsi ininterrotto di azioni vive e
consequenziali». Per raggiungere questo obiettivo, l’uomo ha bisogno dell’aiuto
divino, poiché continuamente esposto alle sollecitazioni più pericolose: «l’uomo
è un universo compiuto in cui tutte le forze di tutti i mondi agiscono per
ottenere la realizzazione della loro specifica legge» ed ancora: «lo spirito
deve discendere nell’uomo come un torrente, facendogli violenza per purificarlo
da tutto ciò che ne ostacola la rigenerazione». Lo strumento principe della
nostra rigenerazione è quella preghiera interiore adombrata dall’Alchimia
spirituale insieme a quella preghiera esteriore, realizzata sotto forma dei
nostri atti giornalieri volti verso il mondo metafisico: «nuota costantemente
nella preghiera, come in un vasto oceano in cui non riesci a individuare né la
riva né il fondo ed in cui l’infinita immensità delle acque ti consenta in ogni
istante una evoluzione libera e priva di turbamenti».
Nel 1793 inizia a propagare il suo sistema divinista, dopo essersi assonnato da
tutte le organizzazioni massoniche con la famosa lettera del 4 luglio del 1790,
riprendendo così la tradizione classica della trasmissione iniziatica diretta e
personale da maestro ad allievo, da bocca a orecchio. Da questo momento, si
formerà ufficialmente quel cenacolo di amici ed allievi, che mai fu un Ordine,
detto degli INTIMI DI SAINT-MARTIN e che viene citato in una lettera del
professor Koestner del 1795.
Nel 1792 pubblica, su suggerimento del cavalier Silverhielm, elemosiniere del
Re di Svezia e nipote di Emanuel Swedemborg, LE NOUVELLE HOMME, ove parla del
deposito divino insito nell’animo umano a cui le azioni della vita dovrebbero
uniformarsi, perché lo spirito dell’uomo è ab-initio un pensiero di Dio:
pertanto, per raggiungere la reintegrazione nella sua vera natura, l’uomo deve
pensare con il proprio principio, usando i propri pensieri come altrettanti
organi per operare questo rinnovamento .nel 1792 esce HECCE HOMO ove contesta
“la mania per il meraviglioso di ordine inferiore” che già sin da allora
catturava gli uomini superficiali e che si è accentuata oggi in maniera abnorme,
con la caduta delle effimere certezze ideologiche.
Assistiamo oggi in effetti ad una enorme fioritura di riviste e pubblicazioni
che si occupano di bassa magia, occultismo, parapsicologia, teosofismo ed
aumenta il novero di coloro che chiamiamo “i professionisti dell’occulto”, segno
di questi tempi di decadenza della religiosità autentica e di tutto ciò che si
rifà a quanto non è umano. Ben diceva Huysmans quando affermava che l’imperio
del materialismo fa risorgere la magia mantica e controiniziatica. Da
un’infinità di sintomi possiamo veder emergere l’abissale crisi spirituale che
attanaglia l’umanità. In questo Saint-Martin precorre il grande metafisico
moderno Renè Guénon che nelle sue opere, bolla come “diaboliche e
controiniziatiche” queste espressioni di seconda religiosità.
È del 1799 la sua opera LE CROCODILE OU LA GUERRE DU BIEN CONTRE LE MAL, poema
epico-magico in centodue canti in prosa ed in versi. Insieme a questo, vi
troviamo un saggio scritto in risposta alle tesi di Joseph Dominique Garat,
professore di analisi dell’Intendimento Umano all’École Normale di Parigi, il
uqale sosteneva l’anteriorità delle sensazioni sulle idee; tesi confutata da
Saint-Martin nel celebre dibattito, ove dimostra incontestabilmente il
materialismo di Garat che pretende di ridurre tutta l’attività intellettuale
alle sensazioni e alle loro trasformazioni, mentre è necessario riconoscere che
«noi siamo spiriti e come tali abbiamo il nostro motivo (di essere) in noi
stessi». L’Adamo primordiale, ESSENZA DIVINA UNIVERSALE, infatti, rifletteva le
proprietà del Principio Primo, ma per la caduta dello spirito, perdette la
possibilità di una diretta comunicazione con Dio, tanto che l’uomo decaduto è
ormai costretto a decifrare la verità attraverso ciò che lo circonda. Riprendere
il contatto con il Principio Supremo è possibile solamente attraverso la
reintegrazione e questo bisogno di unità si manifesta soprattutto attraverso IL
DESIDERIO E LA VIVIFICAZIONE DELLA VOLONTÁ che possono portare l’uomo ad un
ordine intellettuale superiore a quello che propriamente possiede per la sua
origine. Alla radica dell’uomo troviamo dunque IL DESIDERIO, mentre Garat
sosteneva, di contro, che il più bell’attributo dell’uomo fosse L’INTENDIMENTO.
Per il FILOSOFO INCOGNITO si desidera qualcosa solo se abbiamo già in noi una
parte di quel che desideriamo, come del resto afferma Sant Agostino quando dice
che chi cerca il Signore lo ha già trovato. Conoscere allora non sarà più
un’intuizione intellettuale o metafisica, ma una consustanzialità gnostica con
l’oggetto desiderato.
L’anno successivo pubblica a Parigi DE L’ESPRIT DES CHOSES, ove afferma che
l’uomo ha nel suo intimo “uno specchio vivente ove tutto si riflette” e che lo
porta ad intuire ed a conoscere l’eterna natura di cui parla Böhme ne L’AURORA
NASCENTE. Pubblicherà infine nel 1802 a Parigi LE MINISTÉRE DE L’HOMME-ESPRIT
ove ci dice che è compito dell’uomo-spirito “restituire la parola” all’uomo per
la propria ed altrui rigenerazione. Le rivelazioni sulla natura divina si
rivelano al centro dell’uomo-spirito poiché «l’unica iniziazione cui anelo e che
cerco con tutto l’ardore del mio animo è quella che ci consente di entrare nel
cuore di Dio e di far entrare il cuore di Dio in noi… non esistono misteri per
conquistare questa sacra iniziazione, l’unico mezzo è penetrare sempre più
profondamente negli abissi del nostro essere sino ad individuare la viva e
vivificante radice». Quest’ultima opera ci presenta così il Filosofo Incognito
come un esistenzialista mistico, precursore di Kierkegaard.
Le sue pagine sulla sofferenza che ritroviamo già nel 1771 in una lettera a
Willermoz, e quelle sull’ANGOSCIA raggiungono accenti particolarmente moderni:
«la vera parola nasce sempre e ovunque dall’angoscia e noi non possiamo ricevere
né realizzare nulla se non attraverso l’angoscia… perché solo le parole nate
dall’angoscia favoriscono l’evoluzione dell’uomo, sono ricche di simboli e
feconde in quanto sono l’espressione della vita e dell’amore». Questo sentimento
è pertanto ontologico: «il cuore dell’uomo è scelto per divenire il depositario
dell’angoscia di Dio». La visione conoscitiva di Saint-Martin non può essere
però compresa se non la si colloca nell’ottica della reintegrazione individuale.
Egli non fu mai incline alla teurgia Martinezista, pur avendola praticata,
purtuttavia non ha mai del tutto sconfessato la dottrina del suo Maestro. La
riflessione sulle motivazioni di fondo della sua scelta sarà ripresa in LE
CROCODILE ove Eleazar (Martines) spiega che è per la sua corruzione che l’uomo è
costretto a mettere in opera dei mezzi sensibili anche se la semplice verità
basterebbe per l’indagine umana. L’uomo però non riesce a vedere la verità
poiché gli è troppo vicina sin dall’inizio, il mondo dei cieli è come un
granello di senape… infatti non lo percepiamo, al pari delle ciglia così vicine
ai nostri occhi.
Sentendo avvicinarsi la sua fine ed avendo avuto degli avvertimenti della
stessa malattia che aveva causato la morte del padre, si ritira ad Aunay nei
pressi di Sceaux nella casa di campagna del conte Lenoir La Roche. Il giorno
precedente la sua fine, grazie all’interessamento del suo allievo Grence,
incontra l’insigne matematico Roussel, profondo conoscitore di quella
aritmosofia della quale il Filosofo Incognito era tanto interessato da farne
oggetto di un bellissimo volumetto LE SIMBOLOGIE DES NOMBRES, scritto
nell’ultimo periodo della sua vita e che uscì postumo, tanto che non poté essere
rivisto e lascia talvolta a desiderare nella forma. Fu presentato in Francia nel
1913, con una prefazione di Sédir e successivamente ebbe una seconda edizione
nel 1946 con una prefazione di Orletz. Con quest’opera egli ci indica alcuni
aspetti della via iniziatica, visti attraverso la meditazione sul simbolismo dei
numeri, perché il numero può suggerire meglio di altri simboli le idee
metafisiche.
Il 13 ottobre 1803, colpito da ictus muore pregando, senza agonia e senza
dolore.