L’INFANZIA E L’EDUCAZIONE DI

L.C. DE SAINT-MARTIN
 

Tratto da “L’Esprit des Choses” - vol. 9 - Anno 2000 - n° 25 e 26, a cura di Jean-Louis RICARD

Con questo lavoro di ricerca attorno e sulla gioventù di Saint-Martin, cercheremo di capire e di analizzare quali hanno potuto essere le influenze del suo ambiente e della sua educazione che avranno suscitato una sua attrazione verso la letteratura, la filosofia e l’estetica.

Per ritrovare le fonti ci appoggeremo sulla ricerca di Robert Amadou al capitolo, Calendrier de la vie et des écrits de Saint-Martin, nel quale egli cita «date, fatti, testi, riferimenti», e aggiunge, «Ecco cosa il lettore vi troverà. Non abbiamo registrato che i fatti esteriori, socialmente reperiti… che hanno costituito l’esistenza di Saint-Martin. In quanto al progresso interiore di Saint-Martin, non è mai stato l’oggetto immediato della nostra ricerca».

Robert Amadou ha intrapreso un vero lavoro archeologico di cui ci serviremo per cercare di capire il percorso interiore di Louis-Claude de Saint-Martin, e la sua evoluzione verso la genetica letteraria.

Questo studio si dividerà in tre parti:

L’universo familiare ed infanzia del giovane Saint-Martin, con una riflessione su di un elemento traumatico della sua infanzia;

Nobiltà ed immaginario di Saint-Martin;

Educazione e formazione del giovane Saint-Martin.

 

I.Universo familiare ed infanzia del giovane Saint-Martin

 

Il quadro genealogico determinato da Robert Amadou permette di situare Louis-Claude come terzo figlio di quattro.

La sorella maggiore, Louise Françoise è nata nel gennaio del 1741. Viene poi François Elisabeth nato il 31 dicembre 1741, che morirà a 9 anni ossia nel 1750. Louis-Claude è così il terzo figlio nato il 18 gennaio 1743, ed avrà 7 anni quando il fratello maggiore François Elisabeth morirà. Giunge infine Jean Anne nato nel luglio del 1744 e che morirà «in tenera età».

Certamente, Philippe Ariès nel suo studio sulla Histoire de la population française, ci descrive un tasso di mortalità elevato per i bambini di quell’epoca, e questo faceva parte della norma, ma osserveremo che i due fratelli di Louis-Claude sono scomparsi quando egli aveva tra uno e sette anni. Oltre al trauma del decesso dei suoi due fratelli, la madre Louise Tournyer morirà il 17 ottobre 1746, quando Louis-Claude aveva quasi quattro anni.

Non sappiamo nulla circa le circostanze dei decessi, ma la scomparsa e la morte di queste persone vicine in un’età così giovane non sarà senza conseguenze sulla psicologia e l’immaginario di Louis-Claude. Secondo i dettami psicologici, la psicologia del bambino si struttura tra zero e tre anni ed il giovane Louis-Claude avrà dunque potuto integrare l’immagine materna. Questa madre scomparsa sarà «rimpiazzata» tre anni dopo nel 1749 da un’altra donna di nome Marie-Anne TREZIN che in quello stesso anno sposerà Claude-François de Saint-Martin, il padre di Louis-Claude. Nel 1749, Marie-Anne ha ventisei anni, e Louis-Claude sei.

Dall’unione di Claude-François e di Marie-Anne, nascerà nel 1750 un altro giovane fratello che morirà anch’egli molto presto, in «tenera età».

Non sono più due, ma tre i fratelli che scompaiono. Eccolo dunque con suo padre, sua sorella e la sua matrigna per la quale avrà una venerazione particolare, come scriverà lui stesso, «ho una matrigna a cui devo forse tutta la mia fortuna, in quanto è stata lei a darmi i primi elementi di quella educazione dolce, attenta, e pietosa che mi ha fatto amare Dio e gli uomini. Mi ricordo di aver sentito nella sua presenza una grande circoncisione interiore che mi è stata molto istruttiva e molto salutare. Il mio pensiero era libero con lei, e lo sarebbe sempre stato se non avessimo avuto che noi per testimoni; ma ve n’era uno da cui eravamo costretti a nasconderci se avessimo voluto fare del male».

Robert Amadou, durante un incontro che abbiamo avuto il 30 luglio 1999 a Parigi, sottolineava con insistenza l’importanza di questa citazione, che secondo lui evocava una conversione spirituale votata ad un culto della madre, la signora o la Sophia.

Così Robert Amadou scrive, «l’incesto incorporale con la matrigna, il fallimento dei progetti matrimoniali, l’altalena di esitazioni davanti alle donne è composto con la generazione del verbo, su di un vettore unico. Il suo desiderio gli lascia un’orma, che deve trasformarsi in volontà contro i desideri, contro delle volontà».

La circoncisione in questione equivale ad una castrazione sessuale determinante, tanto che ogni generazione futura diventa intellettuale, spirituale. Una interpretazione psicoanalitica potrebbe peraltro trovare il legame tra il transfert di una sessualità anelante verso un’altra espressione quasi corporale, la scrittura, la penna. L’inchiostro costituisce così un’altra forma di secrezione corporale sostituendosi allo sperma, una generazione in certo qual modo intellettuale.

Questa circoncisione pare un avvenimento essenziale del suo destino, in quanto la ritroviamo menzionata a più riprese nel suo Portrait, opera autobiografica nella quale dà libero corso al suo pensiero e alla sua penna.

Così rammenta, «l’indomani della terza decade del mese di Fruttidoro, l’anno secondo della Repubblica Francese che corrisponde al 21 settembre del vecchio stile o all’equinozio d’autunno, mi sono trasferito da Amboise alla mia casa di Chandon… Nella casa ho preso come studio la camera dove vent’anni prima ricevetti nel cuore la circoncisione» (n° 496 del Portrait).

La circoncisione interiore o del cuore, secondo l’espressione tipica di Saint-Martin, ha una parte realmente legata alla sessualità di quest’ultimo, che trasferisce il suo desiderio in altri campi, «l’altrove» che esploreremo più avanti. Saint-Martin stesso, toglie ogni specie di ambiguità circa la sua sessualità con i seguenti elementi, «e benché abbia avuto la dabbenaggine di lasciarmi andare ad ostacolare questo destino, si è voluto per forza farmi nuovamente eunuco, tanto la legge superiore è immutevole nei suoi piani. Ed il mio stesso secondo modo di essere eunuco sarà molto più bello del primo» (n° 1034 del Portrait).

Questa matrigna ideale che Saint-Martin descrive, alla cui presenza aveva sentito una grande circoncisione interiore», supplisce ad una madre scomparsa tre anni prima, e si rivela così con maggior forza l’ardore, ossia il desiderio nell’immaginario di Louis-Claude. L’immagine della madre si distingue così in due profondità, la presenza dell’una integra la presenza dell’altra in una stessa impressione. Questa ridondanza e questa metafora della profondità, accompagna l’immaginario di Saint-Martin verso una permanente vertigine, ed una sete di assoluto. Peraltro, i temi dell’angoscia e della morte sono quasi onnipresenti nell’opera di Saint-Martin, e citiamo un passaggio interessante che rivela la profonda attrazione dell’autore verso il «sepolcro», «amo condurre i miei passi nell’asilo dei morti. Là, abbandonando la menzogna, mi occorrono meno sforzi per capire la loro lingua e cogliere il loro pensiero… Affronto in quei momenti il tempio funerario: O morti, consolatemi nella mia amara tristezza; non posso che a voi soltanto confidare le mie pene».

Non abbiamo altre informazioni circa le scomparse intorno a Saint-Martin, ma i pochi elementi forniti da Robert Amadou ci appaiono molti rivelatori.

Comunque, il trauma legato a queste scomparse esiste e condiziona certamente ed in una certa qual misura, l’epopea letteraria dello scrittore.

Questo trauma legato alla scomparsa dei fratelli, e soprattutto della madre può anche essere considerato sotto un aspetto clinico di analisi, che apre più ampiamente il campo di comprensione a questa problematica.

 

Analisi sul trauma della sua infanzia

 

Nel corso di un incontro con Payen de la Garanderie, pedopsichiatra ed autore in particolare di articoli sul trauma del bambino, quest’ultimo mi confidò che la disperazione del bambino dovuta alla scomparsa della madre farà emergere due possibili tappe successive.

Il bambino così abbandonato dall’esistenza si interrogherà in un primo tempo sul perché della sua sofferenza.

1 - Perché devo tanto soffrire, e perché sono stato scelto dalla sofferenza?

Si genera così un sistema di difesa, in grado di razionalizzare prematuramente un mondo esistenziale generante un supersviluppo della ragione specifica di colui che si denominerà il Filosofo Incognito, per cui può tranquillamente affermare, «ho ricevuto sin dalla giovane età nozioni e sviluppi che per loro natura parevano non dover appartenere che ad una età più avanzata» (n° 1028 del Portrait). Questa strutturazione del pensiero è un fenomeno compensatorio noto.

Inoltre, Louis-Claude non avrà altri riferimenti materni dai tre ai sei anni dopo la scomparsa della madre. Si pone così in atto tutto un sistema di autodifesa che proseguirà anche dopo la comparsa della matrigna supplente.

La seconda tappa di questa costruzione ci è descritta nella tesi di Boris Cyroulnik, che tratta della dinamica della restaurazione attraverso la trascendenza della problematica.

2 - Come può allora il soggetto superare questo vettore di angoscia?

La sovra-elaborazione del meraviglioso supplisce così l’assenza materna nel bambino. Anche Carl Gustav Jung afferma che la psiche crea i propri riferimenti quando questi vengono meno per un principio di autodifesa, ma anche per necessità di auto-elaborazione. La scomparsa dei genitori non significa l’assenza del genitore, in quanto la psiche ricrea la presenza simbolica del genitore scomparso, in una ricerca di equilibrio e di coerenza dell’universo psichico. Questa cultura del meraviglioso è un vettore essenziale nell’elaborazione dell’immaginario di Louis-Claude. La fantasticheria è da quel momento uno spazio di libertà dove si elabora una poetica mistica meditata sin dalla sua infanzia, e svilupperanno così malgrado la forte razionalizzazione del filosofo, un gusto per l’incognito, l’irrazionale dove il mondo occulto che gli conosciamo, in particolare durante la sua adesione all’Ordine Massonico dei Cavalieri Eletti Coën dell’Universo, fondato da Martinez de Pasqually che avremo occasione di studiare ulteriormente.

Infine, il superamento finale del trauma di L.C. de S.M., avviene nell’esorcismo della sofferenza attraverso la scrittura, sofferenza onnipresente nelle sue opere, ed in particolare in quella pubblicata nel 1792, Ecce Homo, nella quale risaltano i riferimenti legati al trauma e all’angoscia come, «patimenti», o «sofferenza ed espiazione». Questo manoscritto è senza dubbio quello che esprime maggiormente la metafisica dell’angoscia cara al Filosofo Incognito, tuttavia questo tema è onnipresente nella sua opera e persino nella sua ultima fatica, Il ministero dell’uomo-spirito .

In psicanalisi, l’angoscia ha un legame con la morte, e questa morte il giovane Saint-Martin la conosce, tanto che nel suo Portrait ci rivela, «vi vedevo la camera in cui sono nato, quella che ho condiviso con mio fratello fino ai suoi otto anni quando ha concluso la sua esistenza, quella in cui mio nonno è morto; (oltre quel giardino c’è la collina dove riposano le ceneri di mio padre)… non ho visto tutti questi oggetti con indifferenza, e questi quadri non sono inutili alla saggezza» (Portrait n° 454).

La morte degli altri, ci ricorda Jankelevitch, ci rinvia alla nostra morte, così, le successive scomparse delle persone vicine e care hanno lasciato la loro impronta profonda nell’anima di Louis-Claude che si ricorda dei suoi vicini conviventi che un tempo ha conosciuto, e la cui memoria si confonde ormai con l’immaginario.

Nella nostra ricerca relativa alla genetica dell’immaginario Saint-Martiniano, ci soffermeremo un poco sulla cultura nobiliare dei Saint-Martin, sulla loro ascendenza e filiazione e sul simbolismo del loro blasone.

 

II. Nobiltà ed immaginario di Louis-Claude de Saint-Martin

 

La famiglia di Saint-Martin è stata nobilitata nel settembre del 1672 da Luigi XIV nella persona del «soldat aux gardes», bisavolo di Louis-Claude. La copia dell’atto di registrazione conservata alla Cour des Aides degli Archivi Nazionali, è stata ritrascritta nella Thèse di Robert Amadou già citata, pag. 21:

«Luigi per grazia di Dio Re di Francia e di Navarra; … ed avendo una particolare conoscenza dei fedeli e raccomandabili servigi che sono stati resi… dal nostro caro e beneamato Jean Saint-Martin, sieur de la Borie e du Buisson, primo brigadiere delle Guardie del nostro corpo… assedio e presa delle città di Hesdin, Quiers, Torino, Ivrea,…, battaglia di Carignano, …, ferito a Gravelines da un scoppio di granata alla testa… ed al servizio della guerra interna presso il Re, sommossa di Poitiers, Cognac… battaglia Faubourg Saint-Antoine,…, città di Arras, ferito da un moschetto nell’assedio di Douai… Olanda, e quel famoso passaggio del Reno che le nostre truppe attraversarono a nuoto: in tutte queste occasioni il signore de Saint-Martin ha dato segni di autentico valore, coraggio, esperienza militare, saggia e prudente condotta, fedeltà e particolare attaccamento al nostro servizio… Abbiamo nobilitato il detto Jean de Saint-Martin, signore di Borie e del Buisson, e del titolo e qualifica di nobile e gentiluomo decorato… (e che la sua posterità possa) assumere la qualifica di scudiero e possa pervenire ai gradi cavallereschi ed altri riservati alla nostra nobiltà… ed inoltre gli abbiamo concesso ed ai suoi figli e discendenti di porter les armoiries timbrées… dunque con le presenti la carica di vivere nobilmente senza derogare alle suddette qualità…

Rilasciato a Versailles nel mese di settembre dell’anno di grazia 1672, e trentesimo del nostro regno.

Firmato Luigi ed elargendo la somma di 150 livres».

Questa copia ci sembrava importante per la famiglia di Saint-Martin, in quanto ci consente di capire meglio lo spirito familiare, nonché la filiazione eroica e guerriera collegata allo stesso nome.

«Les armoiries timbrées» sono infatti trasmesse da un’ascendenza paterna proveniente da Jean Saint-Martin, diventato Jean de Saint-Martin, poi da François de Saint-Martin, ed infine da Claude-François padre di Louis-Claude.

Ricordiamo che il giovane Saint-Martin è il solo sopravissuto maschio della famiglia, ereditando così direttamente le insegne. Beninteso anche la sorella Louise Françoise può fregiarsi delle stesse insegne, ma per noi si tratta di capire l’universo familiare che influirà sull’immaginario dello scrittore, per identificazione con la filiazione paterna. Ricordiamo dunque gli elementi della lettera di nobilitazione precisando che «la posterità (può) assumere la qualifica di scudiero e (può) pervenire ai gradi della cavalleria».

Ebbene, Louis-Claude de Saint-Martin prova una certa attrazione verso gli Ordini militari, ossia cavallereschi, in particolare impegnandosi in qualità di sottotenente nel reggimento del Roy de Foix, ma anche ed in minor misura aderendo alle due strutture aventi una caratteristica cavalleresca, ossia:

- L’Ordine dei Cavalieri Massoni Eletti-Coën dell’Universo, nel 1765 secondo Robert Amadou;

- Al Regime Scozzese Rettificato, erede di un sistema cavalleresco nato da una filiazione neo-templare, ispirata dalla Stretta Osservanza Templare (S.O.T.).

Certamente, Saint-Martin riceve l’investitura cavalleresca in questo regime, al fine di qualificarsi per entrare nella Società degli Iniziati di Lyon su richiesta dell’agente sconosciuto nel 1785, nondimeno si piega alle esigenze dell’Ordine Rettificato per cinque anni, e adotta un blasone ed una parola d’ordine, in qualità di Chevalier Bienfaisant de la Cité Sainte. Viene anche accolto nella classe segreta del Regime Rettificato dal suo amico Jean-Baptiste Willermoz, ossia Professo e Gran-Professo, il 24 ottobre 1785.

Il suo nomen da Cavaliere (C.B.C.S.) che distingue il suo blasone, ci appare dei più interessanti.

Eques a LEO SIDEREO, che significa il leone con la stella, come ci dice Robert Amadou. Infatti il blasone rappresenta un leone vicino ad una stella.

Gérard Encausse sotto lo pseudonimo di Papus pubblica i «cachets de Saint-Martin», o araldica familiare che riproduciamo.

La cronologia familiare a partire dall’antenato Jean de Saint-Martin si trova nell’Armorial général d’Hozier. «Anne Le Franc e. de Jean de Saint-Martin, comandante per il Re al forte di Blain, a Salins. Anta d’Azzurro col leone sorgente d’oro da un’onda d’argento».

Louis-Claude de Saint-Martin, riprendendo il blasone familiare e modificandolo leggermente in occasione dell’investitura, si riallaccia agli usi di una nobiltà familiare che egli non rinnega. Integra ed incorpora l’immagine del leone familiare, segno che egli si colloca nella continuità del lignaggio in particolare del suo antenato Jean, nobilitato per coraggio «e fatti d’arme». Saint-Martin non subisce questa eredità, ma se ne appropria consciamente e deliberatamente, in quanto secondo lui la Provvidenza accompagna gli elementi del suo destino, che da quel momento diventano simboli creanti un legame e che danno un senso a tutte le tappe della sua esistenza, per cui, nel lignaggio del suo antenato Jean, egli è «il quarto virgulto del soldato delle guardie, il più antico capo noto della famiglia. Da questo albero fino a me siamo sempre stati figli unici per quattro generazioni; è probabile che queste quattro generazioni non andranno oltre a me. Ho avuto nella mia vita numerosi esempi di rapporti quaternari».

Adottando ed integrando il simbolo del leone, Saint-Martin rivendica pienamente la sua eredità. Nell’immaginario popolare il leone per la sua aria superba e la sua forza simboleggia il re degli animali. Certo, la rappresentazione di un animale originario dell’Africa o dell’Asia era un po’ inusuale all’epoca, ma tutte le letterature sacre hanno mitizzato questo animale.

Infatti, «Krishna della Gîtâ è il leone tra gli animali (10,30); il Budda è il leone dei Shakya. Alì, genero di Maometto, magnificato dagli Sciiti, è il leone di Allah, motivo per cui la bandiera iraniana riproduce un leone incoronato. Lo Pseudo-Dionigi l’Aeropagita spiega perché la teologia dà a certi angeli l’aspetto di un leone: la sua forma lascia intendere l’autorità e la forza invincibile delle sante intelligenze».

Non è impossibile che il teosofo Saint-Martin come lo denomina Robert Amadou, abbia letto le opere dello Pseudo-Dionigi l’Aeropagita. Ad ogni modo, lasciar intendere «l’autorità delle sante intelligenze», sarà uno degli attributi del Ministero dell’uomo-Spirito.

Infine, il Cristo dei Vangeli è chiamato il leone di Giuda, ed il Dizionario dei Simboli precisa che nell’«iconografia medievale, la testa e la parte inferiore del leone corrispondono alla natura divina del Cristo».

Gli emblemi familiari come il blasone di Louis-Claude non lascia scorgere che la parte anteriore del leone - anta d’Azzurro con leone sorgente d’oro-

La parte posteriore dell’animale che crea contrasto per la sua relativa debolezza, rappresenterebbe la parte umana. Infatti, il blasone di Saint-Martin simboleggia la parte divina dell’uomo che fissa la stella, emblema del luminare celeste, ricordando certamente «la stella fiammeggiante» della Massoneria che guida il pellegrino nel corso dei cinque viaggi iniziatici all’accesso al secondo grado detto di Compagno, dell’iniziazione Massonica.

L.C. de Saint-Martin, ha così ben integrato l’eredità culturale e spirituale del suo ascendente paterno inserendosi pienamente in una continuità, anche se le sue relazioni col padre sono infinitamente complesse, e questo malgrado i periodi di freddezza che hanno potuto esistere tra padre e figlio, in particolare al momento delle dimissioni dall’ultima delle sue funzioni di ufficiale dell’esercito del Roy.

Tuttavia, Saint-Martin non portò mai il titolo ereditario di «Signore della Borie e del Buisson», ci informa Robert Amadou, in quanto suo padre che ne fu «l’ultimo detentore, morì nel 1793» durante gli anni del «terrore» sotto la Rivoluzione Francese.

Ci è sembrato importante soffermarci sui rapporti che il giovane Saint-Martin poteva avere con suo padre, il modo in cui viveva il suo ambiente familiare e la sua eredità paterna, in quanto questo ci consente di meglio comprendere il suo universo psichico.

E, per meglio percepire la sfera esistenziale della gioventù di Saint-Martin, dovremo anche tener conto dell’educazione in cui suo padre ha desiderato che evolvesse.

 

III - Educazione e formazione del giovane Saint-Martin

 

Saint-Martin ha beneficiato di un precettore fino a dodici anni, data in cui entra in collegio.

Il suo precettore è un abate e si chiama Deverelle, ma ignoriamo per quanto tempo egli si occupò di Louis-Claude. Saint-Martin non sfuggì per niente alla sua epoca ed alla sua condizione di nobile. Infatti, impara dal suo precettore a leggere e scrivere, il latino e senza dubbio il greco, nonché gli argomenti religiosi. Nel suo Portrait (n° 249) Saint-Martin ci descrive un amico dell’abate, che era a pensione presso quest’ultimo e che «amava la lettura, si esprimeva con spirito, ed è a lui», ci confida Saint-Martin «che devo i miei primi piaceri per la letteratura».

A dodici anni, entra dunque nel collegio «Pont-le-Voy, oggi Pontlevoy» dipartimento dello Cher, collegio retto da religiosi. Certamente vi perfeziona la sua formazione in latino e greco e vi sviluppò il suo gusto per la letteratura come cita, «nei miei studi in collegio, e nel mio legame con la Sardelle a Tours, il mio stile ed il mio gusto per la letteratura si era un po’ indirizzato verso la pompa e le immagini. Questo mi è forse stato utile nelle mie prime tre opere» (Portrait n° 249).

Le proprie riflessioni e meditazioni in collegio favoriscono lo sbocciare di una coscienza filosofica, grazie in particolare a delle opere di supporto come quella di Abadie intitolata L’arte di conoscersi, alla quale deve il suo «distacco dalle cose di questo mondo, lo leggevo in gioventù al collegio con grande piacere», confida. «Ed è a Burlamaqui… che devo la mia inclinazione per le basi naturali della ragione e della giustizia dell’uomo» (Portrait n° 418).

Questa cultura e questa educazione da aristocratico educato sotto l’Ancien Régine, impregna realmente le sue conoscenze intellettuali e la sua formazione spirituale. Infatti, la sua opera Il Coccodrillo nella quale confessa di essersi divertito scrivendola, è zeppa di allusioni di origini mitologiche sia latine che greche, che abbiamo tutte verificate una dopo l’altra nel nostro studio su Il Coccodrillo, e siamo rimasti colpiti dalla precisione e dall’esattezza dei dettagli.

Lasciato il Collegio di Pont-le-Voy, Saint-Martin si indirizza verso gli studi di Diritto. Non ha scelto il Diritto ma La Mardelle, procuratore del Re ed amico di suo padre, era in grado di introdurlo in una professione giudiziaria, e quest’ultimo ritenne fosse il momento buono. Inoltre, il padre ambiva ad una carriera prestigiosa per il figlio, come dimostra il suo atteggiamento in occasione della ripresa dei lavori giudiziari nel 1764, dove Louis-Claude de Saint-Martin è nominato avvocato a Tours. «Il padre è presente all’insaputa di Saint-Martin che riempie di lacrime il suo cappello». Ma intanto, Louis-Claude passerà tre anni a studiare Diritto dove otterrà in un primo tempo con successo la maturità in diritto canonico, ed al termine del terzo anno ottiene il diploma in diritto canonico; nonché il diploma in Diritto «civile».

L’influenza del padre sulla carriera di suo figlio è fortemente presente, ed è proprio grazie al suo appoggio che Saint-Martin si occupa e beneficia di uno studio di avvocato del Re a Tours, in veste di Sostituto. Gli viene accordata una dispensa di tre anni e dieci mesi in quanto Louis-Claude non ha che ventun’anni, mentre per occupare l’incarico occorreva avere almeno venticinque anni.

Riproduciamo qui un estratto della registrazione del teso, da parte del Parlamento di Parigi:

«Luigi per grazia di Dio Re di Francia e di Navarra, a tutti quelli cui perverranno le presenti lettere, salve. Facciamo sapere che per la piena e completa fiducia che abbiamo nella persona del nostro caro e beneamato Louis-Claude de Saint-Martin, avvocato in Parlamento, e nei suoi sentimenti, sussiego, probità, capacità, esperienza, fedeltà ed attaccamento al nostro servizio, gli abbiamo assegnato… l’incarico di nostro Consigliere avvocato per nostro conto nella sede di Tours.

Consegnato a Parigi il quattordicesimo giorno di marzo, anno di grazia 1764, e quarantanovesimo del nostro regno. Per il re: TINET».

Ma la carriera di Saint-Martin non durerà che sei mesi, ossia dall’autunno del 1764 all’aprile del 1765.

Perché Saint-Martin interromperà così rapidamente la sua carriera di avvocato, per immaturità di fronte ad incarichi che si prospettavano troppo importanti?

Si sente forse prigioniero di una struttura troppo oppressiva, lui, dallo spirito così libero?

Fatto sta che prova una terribile angoscia, e ha «per due volte la tentazione di suicidarsi». Si dimette.

Questa doppia tentazione di suicidio può lasciarci perplessi sull’equilibrio psicologico del giovane Saint-Martin, che aveva allora esattamente ventuno anni. Queste tentazioni di punto senza ritorno possono anche essere sintomatiche di un’eredità culturale di una casta nobiliare, di cui Saint-Martin faticava a disfarsi. Notiamo anche nel Mon portrait historique et philosophique, un appunto curioso riguardo alle sue dimissioni ed avrebbe abbandonato la carica «per non avere l’imbarazzo e la vergogna di comparire in ghingheri davanti al reggimento di Chartres che arrivava in guarnigione a Tours». Sicuramente, in quel periodo Saint-Martin non si sentiva per niente bene nella sua pelle, ma dietro questo appunto suscettibile di svariate interpretazioni, già si delineava un’attrazione per la carriera militare.

E, sempre su intervento del padre, o meglio di un amico di suo padre il Duca di Choiseul, Sindaco di Amboise, Saint-Martin ottiene il brevetto di sottotenente dei granatieri al Reggimento di Foix, in data 26 luglio 1765. Si può dire che questa carriera si confà a Saint-Martin, poiché vi aderì per sei anni e non l’abbandonò che per dedicarsi quasi a tempo pieno alla carica di segretario presso Martinez de Pasqually nell’Ordine degli Eletti-Coën, e forse anche per meglio dedicarsi alla carriera di filosofo scrittore. Durante il servizio militare il filosofo incognito svolge bene le sue mansioni a sentire gli apprezzamenti dei suoi superiori che lo promuovono al grado di tenente il 23 luglio 1749:

«Eccellente soggetto sotto tutti gli aspetti», o nel rapporto del Marchese di Lugeac dopo la sua ispezione nel luglio del 1770, alla Compagnia dei fucilieri di Bayeux, «Monsieur de Saint-Martin, è un uomo di livello. Buon soggetto sotto tutti gli aspetti. È molto saggio».

Il sistema militare appare dunque confacente alla struttura psicologica di Saint-Martin nella sua veste di ufficiale gentiluomo, che nei suoi scritti non si è mai lamentato di questo sistema, e che al contrario loderà i benefici di questa gerarchia.

Non si può parlare di incostanza da parte di Saint-Martin, nonostante la sua prima disavventura professionale nella veste di avvocato supplente. Le due dimissioni non sono peraltro identiche, e si possono invece trovare delle similitudini ed una coerenza tra queste due carriere. Infatti, Saint-Martin è un gentiluomo proveniente dalla nobiltà, e riceve una sicura influenza da suo padre, «signore della Borie e del Buisson», che gode della sua notorietà nell’ambiente mondano di Amboise. Peraltro, la tradizione della magistratura di toga, e quella dell’esercito reale in veste di ufficiale, derivano entrambe dalla pura tradizione aristocratica, ed erano un tempo riservate esclusivamente a questa casta, che si distingueva così per i suoi privilegi onorifici.

Inoltre, anche se Saint-Martin non ha egli stesso scelto l’orientamento dei suoi studi, ne è stato veramente completamente estraneo?

Infatti, la componente del Diritto nasconde una particolare struttura e comporta un insieme di regole, di regolamenti ed induce al rispetto per questi ultimi, che non è un riferirsi alla struttura militare dove il dovere essenziale è l’obbedienza.

Infine, il fascino per «l’epopea militare», è in diretta risonanza con le prodezze eroiche del suo bisavolo, Jean de Saint-Martin nobilitato dal Roy per i leali servigi e per fatti d’arme.

Conclusione

Questa prima ricerca sulla poetica dell’interiorità e sull’immaginario del giovane Louis-Claude de Saint-Martin che diventerà il Filosofo Incognito è una tappa essenziale del nostro studio, in quanto condiziona in parte il prosieguo dei nostri lavori. Tuttavia, certamente l’universo familiare, la scomparsa dei fratelli e della madre di Saint-Martin, hanno provato la struttura psicologica di quest’ultimo, generando delle reazioni compensatrici favorevoli ad un avvio di auto-riparazione, ossia di trascendenza attraverso una dinamica rigeneratrice e creativa, cioè la scrittura, sviluppando anche un retrogusto di assoluto; certamente l’ascendenza nobiliare, l’educazione e l’influenza del padre hanno strutturato lo spirito di Saint-Martin, in particolare nel suo percorso letterario, ma, in nessun modo sono la causa diretta del suo genio letterario, ossia filosofico dello scrittore.

Infatti, tutti i bambini vittime di un trauma primitivo non tramandano necessariamente il loro nome ai posteri.

Per contro, le piste che abbiamo cercato di esaminare ci sembrano molto reali e spero che sapremo orientarci tra ciò che si avvicina alle cause determinanti della sua infanzia, della sua educazione e della sua condizione, e ciò che si avvicina all’intuizione, all’ispirazione ed al genio letterario.

Questo primo capitolo ripercorreva in certo qual modo il tirocinio del giovane Saint-Martin verso la carriera letteraria che gli riconosciamo. Per completare l’insieme, ci soffermeremo sul secondo risvolto del suo tirocinio, cioè la sua istruzione ed educazione presso scuole massoniche, ed in particolare quella degli Eletti-Coën, e dell’influenza di un certo Martinez de Pasqually, che Saint-Martin riconosce essere stato il suo primo maestro.

   

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