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LA DONNA E LA SUA POSIZIONE NELL'ORDINE
MARTINISTA Gastone Ventura
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In un mio romanzo esoterico, narrando di una maliarda, regina di un
popolo primitivo, scrivo: «Pensai inorridendo che nei tre giorni di
lussuria trascorsi con la regina delle montagne, potevo aver
fecondato il suo grembo e deposto in esso il germe di vita dal quale
poteva nascere la futura regina di quel barbaro paese, che avrebbe
regnato governando con quelle leggi inumane. Mi rintronavano nelle
meningi le parole della sacerdotessa dal tragico nome: “Che è mai
l’amore degli uomini, se non l’attimo fuggente di una necessità di
vita, di fronte all’incommensurabile potenza conservatrice della
natura femminile?”. E tremavo pensando alla tremenda semplicità di
questa enunciazione, che condannava tutti gli esseri maschi a un
destino di schiavitù e di morte. Era la logica della mantide
religiosa, la legge degli animali inferiori senza spirito e
senz’anima, la condanna dell’Umanità, di quell’Umanità che i miei
antenati, gli Uomini Rossi caduti dal sole sul lago di Fert, avevano
redento con la loro scienza, quella della Conoscenza e del sapere,
trasmessa loro dalla Suprema Intelligenza che manovra il Caos, ne
trae il Tempo e lo Spazio che il Caos distruggono, e posseggono la
natura.»
Credo che ben riflettendo su queste poche righe ci si possa render
esatto conto di quali siano le possibilità della natura femminile in
campo iniziatico. Dicendo iniziatico intendo dire Martinista.
Vorrei qui divulgarmi su alcune considerazioni in materia ma penso
che coloro che dovranno svolgere il tema in modo particolare lo
faranno per me. Qualora la mia opinione fosse discorde lo dirò nel
corso della discussione o in via di conclusioni del dibattito.
È certo che questo problema è ben lungi dall’essere risolto,
probabilmente non lo risolveranno i maschi, ma le femmine stesse
quando avranno preso il sopravvento sugli uomini che hanno perduto
la loro virilità spirituale. Inutile e sciocco il pronosticare, ma
molto facile il constatare l’attuale stato del problema.
La degenerescenza delle associazioni iniziatiche in consorterie
occultistiche in cui la femmina - mezzo ben noto per le operazioni
magiche di ogni genere - è assurta ad «operatrice» e spesso a
Maestra, ha aperto la porta (con il concorso delle contingenze
politiche legate al suffragio universale ed ai cosiddetti diritti
della parità) alle possibilità iniziatiche della donna. Ma, vale
ricordare (a conferma di queste degenerescenze) che,
tradizionalmente e fin dalle più remote civiltà, la donna aveva
diritto ad alcuni tipi di iniziazione ma non poteva trasmettere i
poteri iniziatici.
Troppo lungo sarebbe, qui, enumerare — facendo un sia pur breve
«excursus» nella storia delle religioni, della magia e dell’esoterismo
— questi tipi di iniziazione e la loro genesi.
Ma vale sottolineare un argomento fondamentale senza del quale ogni
discorso risulterebbe vano e che, nella sua semplicità, risolve
definitivamente (almeno quel che riguarda il settore della
metafisica che a noi interessa) il tanto «moderno» e «sociale»
problema dell’eguaglianza fra i sessi e della superiorità di un
sesso sull’altro. Tutte le discussioni, e vorrei dire le
elucubrazioni che si fanno a questi propositi discendono da
un’errata interpretazione di ciò che sta alla base: l’enunciazione
del problema. Ognuno mi insegna che è inutile proporre e impostare
un problema su dati sbagliati. Ad esempio è del tutto inutile
chiedersi in quanto tempo un getto d’acqua del volume di cinque
metri cubi al secondo potrà riempire un recipiente della stessa
capacità di cinque metri cubi il quale non abbia fondo. L’acqua vi
entrerà ma non ci sarà tempo che permetta di riempirla. Ancor meglio
è del tutto inutile far calcolare ad una nave il giorno in cui, con
una rotta che conduce sulle montagne rocciose, potrà qui dar fondo.
È ovvio che quella nave non giungerà mai, via mare, sulle montagne
rocciose, né potrà dar fondo su di esse. Lasciati da parte gli
esempi, torniamo a noi: affermare che una femmina è uguale ad un
maschio è affermazione vana, sciocca e fuor di ogni realtà. Tutto
quel che può seguire ad una simile affermazione non può essere che
un errore.
I dati sui quali si impostano i problemi devono essere reali: così
un recipiente potrà essere colmato d’acqua se ha il fondo; così una
nave potrà dar fondo sulle montagne rocciose quando il mare ci sarà
giunto; così, infine, per porre il problema dei diritti del maschio
e della femmina e delle rispettive capacità iniziatiche, è
necessario partire dalla inconfutabile realtà che fra maschio e
femmina esistono differenze profonde ed essenziali che agiscono non
solo sul campo fisico ma anche in quelli psichico e spirituale.
Va anche considerato che, quale controparte di queste diversità -
che erroneamente si considerano diversità gerarchiche - sta un fatto
reale e incontrovertibile: cioè che maschio e femmina sono ambedue
indispensabili ed occupano, in funzione dei rispettivi valori
sostanziali, due piani diversi che è impossibile trasferire in
valori gerarchici.
Purtroppo la necessità del vivere sociale, l’organizzazione che ne
deriva nei settori politico ed economico sui quali l’umanità ha
impostato le varie civiltà, hanno determinato gerarchie dello stesso
tipo che erroneamente vengono scambiate per gerarchie di ordine
iniziatico o addirittura metafisico. Così, nelle associazioni
occultistiche si tende oggi a sovvertire, non le gerarchie umane
(Gran Maestranze, cariche amministrative eccetera) ma quelle di
carattere iniziatico. Infatti, non ci sarebbe alcunché di strano e
neppure di antitradizionale che una donna saggia sedesse al mio
posto e governasse l’Ordine in via amministrativa. Lo strano,
irrituale e antitradizionale, sarebbe che essa pretendesse di
governarlo iniziaticamente nel senso di sovrintendere o dare essa
stessa le iniziazioni.
Esempi di questo genere se ne sono avuti: ma la Regina aveva sempre
al suo fianco un consigliere, un ministro o un consiglio di saggi
(sempre maschi) che provvedevano a sanare la sua incapacità
iniziatica di «trasmettere».
Molti equivocano. Così si equivoca sullo Spirito Santo che secondo
alcuni sarebbe di natura femminile; sulla Sophia, sull’Ennoia e via
dicendo, senza rendersi conto che maschile e femminile sono termini
presi a prestito dalla lingua per potersi esprimere (es.: la luna,
femminile, in tedesco è di persona maschile, Der Mund), e che tutto
si basa su una questione fondamentale: la generazione: generazione
di uomini, di pianeti, di costellazioni, di cieli, di Boni, di
Angeli, di Dei. E, per renderlo comprensibile agli uomini, si sono
scelti due simboli: il phallus e il cteis. Laddove entra in giuoco
la partenogenesi (all’inizio) si rappresenta l’incomprensibile
all’umana natura con l’unione dei due organi della mascolinità e
della femminilità in un unico organismo: l’Androgine.
Sta di fatto, però, che una lotta esiste tra le due forze della
vita: tra la femminilità e la mascolinità. La femmina vuol sottrarre
al maschio il suo seme che è la sua potenza, e con esso legarlo a
lei attraverso il frutto che ne sorge. Sottraendo al maschio il suo
seme la femmina acquista la di lui potenza. Ma, peraltro, non può
sottrargli la sua facoltà di seminatore. Può soltanto possedere
(poiché in realtà è lei che possiede e non il maschio), mantenere e
conservare, ma non può seminare.
Concludendo, mi pare che la posizione della donna nell’Ordine
Martinista sia molto chiara: può essere iniziata ma non può
iniziare. Come iniziata è pari all’uomo, ma sorella, e da all’ordine
tutti i frutti della sua sensibilità, della sua istintiva
chiaroveggenza ed è strumento efficacissimo e indispensabile per
determinate operazioni (se si fanno); come iniziatore non potrebbe
portare che male: ogni rito da Lei diretto sarebbe un sacrilegio.