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DOCETICA, DIDATTICA, ISTRUTTORI Francesco Brunelli www.martinismo.it |
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Insegnare agli altri è compito così arduo che neppure le
università hanno ancora trovato il bandolo della matassa... hanno però coniato
una serie di parole atte a confondere le idee dei non addetti ai lavori ed a
mostrare che in realtà si fanno molte cose. Noi che siamo fuori dalle
università, ma dentro a molte altre cose, cominciamo con l’affermare che la
prima regola da seguire è quella di aver chiaro il fine e lo scopo
dell’insegnamento. E già a questo primo passo avviene un crollo perché la meta
che ci prefiggiamo in realtà è quella di far sì che i propri allievi
percepiscano che esiste in tutti gli uomini la possibilità di superare la sfera
della umanità operando una mutazione che li renda divini. La frase ridurre il
piombo in oro non è una chimera, ma non deve esser detta senza sapere ciò che si
dice ed in genere si dice e si pensa a qualche cosa di psicologico e si danno
chiavi meramente psicologiche cominciando così a creare i primi guai. La
psicologia ed il linguaggio psicologico è una chiave interpretativa ma attiene
alla psiche, serve appunto per una didattica meno astrusa (ma poi serve?) ma è
estremamente dannosa se tutto resta e si limita a quel campo. In realtà Jung si
è occupato risolutamente di alchimia, ma solo dal punto di vista psicologico,
non da quello iniziatico e trasmutatorio secondo la pura accezione dei termine
alchemico. In realtà l’opera - quella della deificazione intendo - non può
assolutamente avvalersi di una didattica né quanto meno dei metodi usati per le
discipline profane. Il Martinismo, come del resto tutte le scuole iniziatiche
non è, né deve essere aperto a tutti. Qualche Iniziatore, equivocando, afferma
di non poter negare la Luce a chiunque la chieda. La Luce va concessa nel
Martinismo agli uomini di desiderio, ad una categoria di uomini molto rari a
trovarsi nella massa, uomini e donne cioè che hanno raggiunto un certo sviluppo
interiore, intellettuale e spirituale, che sono in possesso dello strumento
mentale atto alla intuizione o quanto meno in grado di svilupparla. Il desiderio
che qualifica il candidato al Martinismo è un qualche cosa di speciale su cui
non si può assolutamente equivocare. Non basta che il bambino chieda la
caramella perché l’adulto (se tale è divenuto) gli dia la caramella perché essa
in questo caso sarà sicuramente una patacca. Né vale il discorso della
provvidenza... iniziamoli e poi si vedrà, resteranno fermi per anni se non
comprenderanno... No, l’Iniziatore deve saper pesare i metalli, deve poter
discernere chi è in grado o chi non è in grado di percorrere un iter iniziatico,
deve essere sicuro che quando risveglia la luce latente dentro il profano, essa
sia in grado di superare le stratificazioni esistenti in ogni essere umano sotto
la spinta dei desiderio. Una volta riconosciuto ed ammesso, l’uomo di desiderio
dev’essere portato a comprendere l’insegnamento occulto favorendo lo sviluppo di
quelle facoltà e di quelle forze che sono latenti in lui. Porre in attività
queste forze e queste energie significa far sì che i simboli potranno essere
letti ovunque essi sono - non mediante la cultura solamente, si noti bene - ma
mediante la lettura intuitiva che dà il possesso degli arcani, vale a dire della
materia con la quale si opera la trasmutazione dell’uomo animale in uomo
dio. Per questo è necessario che l’istruttore o il Maestro o la guida o
l’Iniziatore sia lui stesso in condizioni di aver compiuto la lettura ed in
condizione di aver scoperto la materia ed infine di aver cominciato la
sperimentazione, ottenendone dei primi risultati. Altrimenti il Maestro è
fasullo e vive o di cultura o di prosopopea o dando credito al sogni suoi
laddove il sogno prende la piena significazione di una fuga da una realtà non
accettata o comunque non positivamente vissuta entro i limiti della propria
individuale realtà. È chiaro quindi che, nelle nostre cose, non basta essere
maestri di vita e neppure psicoterapeuti e neppure maghetti... occorre che
l’Istruttore abbia realmente praticato (dopo averla scoperta) la realtà
dell’arcano. In caso contrario - anche se in buonissima fede - è un pataccaro. E
per lui il tocco della verità gli può venire solo dalla pratica dell’umiltà e da
una continua catarsi. Non per nulla la spoliazione è il primo atto richiesto al
candidato martinista. Lo stesso discorso vale per quella innumerevole schiera di
organizzazioni sedicenti iniziatiche che non possiedono i veri nella sacra Arca
dei proprio deposito iniziatico. Sia ch’esse vantino una antichità, sia che
siano contemporanee, sia infine quelle che si inventeranno in futuro. Ed ecco -
per noi che siamo al di fuori della cultura ufficiale - che emerge un’altra
didattica, il ricorso alla tradizione. Prendiamone una a caso. Nel mezzo del
cammin della sua vita il Dante aveva smarrito la via e brancolava per la selva
oscura di scolastica memoria. L’omino cerca, ha il desiderio della ricerca,
della scoperta dei veri e trova allora un Maestro perché quando il discepolo è
pronto (vedi sopra chi può essere considerato pronto) il Maestro si presenta. Al
nostro Dante si presenta Virgilio, un Istruttore di vaglia, molto al di sopra
degli Istruttori a nostra portata di mano... un Istruttore che scrive la mai
compresa Eneide nella sua grande magicità e le non comprese Georgiche...
Virgilio, un grande Maestro! E Virgilio lo accompagna giù giù dapprima nei
gironi infernali salvandolo dalle multiformi manifestazioni della bestialità
umana indi, operando un rovesciamento, una inversione, lo conduce verso le
purgazioni, verso le purificazioni al termine delle quali scompare. Ora Dante è
solo, ma continua l’ascesa (che è ascesi) e viene guidato da Beatrice (uno stato
di coscienza particolare, oppure la Maria, oppure...) sino ad assurgere alla
visione suprema, alla glorificazione suprema, liberandosi delle forze
heimarmeniche nel suo ascendere su, oltre le sfere dei pianeti, oltre il cielo
delle stelle fisse sino all’Empireo. Badate bene: non da morto, ma vivente. E
vivente la vita del quaternario scriverà allora quella Commedia Divina che
nasconde ai pronti quella dottrina che s’asconde sotto il velame delli versi
strani. A proposito! Il suo Maestro Virgilio, il suo grande Maestro, un Grande
Maestro per tutti, è scomparso alle soglie del Paradiso. Il Maestro scompare
quando il suo compito terreno è finito, quando l’allievo è stato condotto fuori
della selva, fuori degli interessi umani, sulla via della purificazione. Il
Maestro non può fare di più... È la legge. È Beatrice poi che guida, il
discepolo ha modificato sé stesso, acquisisce uno stato mentale differente, ed
allora scopre gli arcani, intellige, parla con Beatrice e Beatrice parla a
lui. Didattica quindi sino a quale punto? Didattica per che cosa? Cosa possiamo
aggiungere alla Tradizione? L’iniziazione è antica quanto l’uomo ed è propria a
tutte le tradizioni. Andiamo in Egitto ricordando che tutti sono passati da lì,
almeno per un certo periodo storico. Mosè il padre di Israele era instruito su
tutta la saggezza degli egiziani, Egli che era anche di sangue egizio,
altrimenti non poteva essere abbandonato nel Nilo, si chiamava Orarsiph e fu
istruito nel tempio di Heliopoli. Dobbiamo ricordare i più grandi
dell’antichità, i padri della cultura occidentale? Sofocle, Eschilo, Solone,
Pitagora, Talete, Erodoto, Apuleio, Giamblico, Plutarco, Platone, Cicerone e via
dicendo, tutti furono iniziati nei templi egizi. E lo stesso Cristo dove
trascorse la sua infanzia? La fuga in Egitto è cosa nota anche al più incolto
dei cristiani. Per gli egiziani l’uomo era costituito, semplificando alquanto,
da: un corpo fisico o Kath dal Ka, una specie di corpo eterico (lunare direbbero
gli ermetisti) dal Ba, una specie di conscio e di inconscio insieme da un Kohu o
corpo di gloria. Quest’ultimo corpo nasceva - secondo gli iniziati dei templi
egizi - dal Khat o corpo fisico - mediante una pratica fisica che costituisce il
piccolo arcano dei filosofi. Questa nascita per endogenesi è la resurrezione
iniziatica dell’uomo vivente tuttora nel piano dei quaternario e non dopo la
morte. Non spenderemo molte parole per dire che l’arcano viene rivelato non dal
Maestro o dall’Iniziatore, ma da una entità non quaternaria che richiede uno
stato di coscienza simile a quello della Beatrice dantesca e tanta, tanta
purezza magica. Solo dopo la purgazione l’occulto parla. L’Iniziatore a questo
punto può solo confermare la scoperta del segreto o non confermarla in caso
contrario. Ma per far ciò egli deve conoscerlo. E questa è la pietra di tocco e
del Maestro e del gruppo a cui appartiene. Qualunque deviazione da questo passo
obbligato potrà portare al massimo ad una buona integrazione psicologica, mai -
ricordatelo bene - alla resurrezione, all’immortalità, scopo questo e fine
ultimo di qualsiasi iniziazione tradizionale. Questo è quanto occorreva dire.
Leggi, rileggi, medita, apriti in umiltà e la Luce illuminerà la tua coscienza
purificata. La docetica è tutta qui!