Sullo stato attuale della Massoneria
a cura di A. D'Alonzo
Uno degli errori che più
frequentemente può commettere il neofita, o il semplice curioso delle dottrine
tradizionali, è quello di dimenticare, o ignorare completamente, le condizioni
cosmologiche in cui versa l’età moderna. Si tende ad obliterare, tout court, che
cosa siano i cicli cosmici, e come inevitabilmente comportino delle limitazioni
e delle restrizioni sulle possibilità individuali. Si decontestualizzerebbero
così le forme tradizionali superstiti, sopravvissute al destino della
tecnoscienza moderna, pretendendo che esse fossero ancora prodighe
d’insegnamenti segreti e di brividi esoterici da regalare ai propri affiliati.
L’errore alternativo a questo stesso atteggiamento, si presenta come un rifiuto
della forma tradizionale regolare- ma degenerata – che induce a cercare
affiliazioni spirituali in conventicole che di iniziatico non hanno
assolutamente niente. Sto parlando di tutti i circoli che non possono vantare un
autentico ricollegamento tradizionale, e che perciò professano teorie
pseudo-esoteriche, o peggio ancora contro-iniziatiche. Oltre agli indubbi
pericoli di plagio e manipolazione psichica e fisica, chi cade nella rete di
queste sette, o nuovi culti (per dirla come Introvigne), deve sapere che sul
piano spirituale non otterrà alcunché. Sarebbe preferibile allora limitarsi a
professare la propria forma exoterica, vale a dire la religione di nascita,
piuttosto che cadere nelle braccia di chi fa dello pseudo-esoterismo o della
contro-iniziazione. Del resto nell’iniziazione non vi sono autodidatti, perché
per diventare iniziati, bisogna ricevere da altri, ciò che l’individualità
profana non può possedere, ossia la trasmissione di un’influenza spirituale. Ma
perché vi possa essere la possibilità di farsi ricettacolo della trasmissione
spirituale, deve esserci a sua volta un membro dell’organizzazione iniziatica,
regolarmente autorizzato a trasmettere il rito d’iniziazione. Ma è palese che
l’influenza spirituale risiede nel rito, non nell’officiante che è solo un
anello della catena iniziatica, più o meno cosciente o preparato. Sono cose che
dovrebbero ormai essere chiare a tutti quelli che s’interessano della dottrina
perennialista: Guénon le ha ripetute a iosa. Ma evidentemente risultano ancora
oscure alla maggior parte dei critici moderni delle forme tradizionali
occidentali: o meglio dell’unica forma rimasta superstite nell’Occidente
contemporaneo, la Massoneria.
È il rito che trasmette l’influenza spirituale, non colui che lo celebra, sia
quest’ultimo cosciente o no, di quello che sta trasmettendo. È l’influsso
non-umano che si serve come di un medium, di colui che ha le qualificazioni per
trasmettere l’iniziazione. Chi officia un rito tradizionale è solo un
trasmettitore, che come ricorda Guénon, non può non effondere l’influenza
spirituale che si serve di lui come anello passivo (che poi sia più o meno
conscio, o addirittura completamente nesciente, questo non ha alcuna importanza
dal punto di vista dello Spirito, che è il solo che importa). Nel caso
contrario, la perfetta erudizione su di un rito basterebbe ad assicurarne la
legittimità: è un paradosso evidente, perché se così fosse allora basterebbe un
qualsiasi egittologo per iniziare dei profani, per esempio, al culto di Iside.
Colui che effettua un rito, purché regolarmente investito della sua funzione,
può non capire nulla di quello che sta facendo, ed il rito sarà comunque
legittimamente trasmesso. Allora per quanto i membri di un’Organizzazione
Iniziatica, possano non comprendere più il senso dell’appartenenza tradizionale
al loro Ordine, il ricollegamento con lo Spirito è assicurato dalla trasmissione
rituale. Guénon citava, a questo proposito, l‘allegoria dell’“asino che porta le
reliquie”, per ricordare come anche qualora un’Istituzione Iniziatica avesse tra
le sue fila solamente degli iniziati virtuali, la trasmissione spirituale non
per questo verrebbe meno, o si estinguerebbe.
È necessario farsene una ragione: finché vi saranno dei riti ed il simbolismo
tradizionale, la Massoneria, pur certamente degenerata grazie all’ignoranza
collettiva dei suoi membri, continuerà ad essere un’Organizzazione Iniziatica.
L’ultima dell’Occidente.
Desidero ribadire ancora il punto. L’iniziazione virtuale è il seme gettato nel
terreno dell’individualità: se questa feconderà in un albero, allora il lavoro
interiore del neofita avrà realizzato un’iniziazione effettiva. Se così non
avverrà, l’individualità si fermerà allo stato dell’iniziazione virtuale, pur
mantenendo però, la possibilità di trasmettere lo stesso seme o germe ad altre
individualità. Proprio perché fecondato dal seme iniziatico, l’iniziato
virtuale, che non ha potuto o saputo realizzare i “Piccoli Misteri”, può
trasmettere l’inseminazione o la germinazione ad un terzo. Ci si pensi un
attimo. È qualcosa che avviene anche nell’ambito fisico del mondo grossolano con
la distinzione tra i malati ed i portatori sani. O se si preferisce restare sul
piano sottile tra l’amante preda dell’ebbrezza d’amore e l’amato che però non
corrisponde il sentimento di cui è oggetto.
Ne consegue che bastano due iniziati virtuali a impedire che la degenerazione-
ossia la Caduta Verticale in asse però con i Principi metafisici – diventi
deviazione. Quando la degenerescenza si trasforma in deviazione, allora è tutto
finito, e lo Spirito si ritrae dalla “lettera morta” dei vuoti cerimoniali, come
il mare dalle sponde nella bassa marea.
Abbiamo visto che la trasmissione dell’influenza spirituale è assicurata dalla
continuità ortodossa dei riti tradizionali, a prescindere dal valore e dalle
capacità intellettuali dell’officiante, ma non dalle sue qualificazioni
particolari ad eseguire i riti. Lo Spirito non sempre richiede autocoscienza,
soprattutto a livelli elementari: si pensi ad esempio, a tutti quei mistici
“produttori” di fenomeni, che non sanno spiegarne le dinamiche sottese
all’apparire. Ciò nonostante, chi recalcitrerà ad effettuare il lavoro interiore
successivo all’iniziazione virtuale, non potrà aspirare a nulla di più che a
ricoprire un ruolo di mero trasmettitore dell’influenza spirituale, ad essere
semplicemente l’anello inconsapevole di una catena.
La crescita iniziatica è nelle mani del singolo. L’influenza spirituale una
volta ricevuta va vivificata, altrimenti lo stato sottile dell’iniziato rimane
semplicemente un terreno arido e incolto, un terreno che non ha fruttificato. La
responsabilità è allora individuale, la via solitaria. Ovviamente come avevo
detto all’inizio, non si può ignorare quali siano le condizioni cosmiche in cui
versa l’era moderna, che limitano oltremodo gli aneliti spirituali. Nel
Kali-yuga si assiste ad una degenerazione collettiva di tutte le forme
tradizionali, non solamente di quella massonica (si pensi ad esempio alla
commistione del Buddhismo con la Newage, o all’integralismo talebano).
Oltretutto per le tradizioni artigianali o di mestiere, le possibilità sono in
partenza assai più limitate che per le altre forme tradizionali, rimanendo
circoscritte al conseguimento dei “Piccoli Misteri”. Anche se proprio nel Rito
Scozzese si dovrebbe presentare, alla fine del cammino di reintegrazione nello
“Stato dell’Uomo Primordiale”, un incipit che permetta di passare ai “Grandi
Misteri” (tuttavia non con la Libera Muratoria, che si arresta alla conoscenza
dei “Piccoli Misteri”).
Ma se le possibilità dell’iniziazione massonica, sono già in partenza più
limitate di quelle, per esempio del Tasawwuf, come del resto quelle di tutte le
altre iniziazioni di mestiere, allora lo stato generale della Massoneria nel
Kali-yuga non deve sorprendere. Ma quali sono le cause storiche di questa
degenerescenza, tenuto presente che quello che accade sul piano diacronico,
altro non è che un mero riflesso dell’ordine cosmologico? In altre parole, come
si concretizzano “fattualmente”, le leggi cosmiche all’opera nel Kali-yuga?
Jean Baylot, nel suo La Voie substituéè, fa risalire, giustamente, la
degenerescenza della Massoneria, all’infiltrazione all’interno di essa di idee
progressiste e utopiste, che mal si armonizzerebbero con gli assunti di una
Società Iniziatica. Le idee di uguaglianza ed evoluzione, in particolare sono in
assoluto contrasto con la Tradizione iniziatica. Responsabili di questa
corruzione della purezza originaria, sarebbero stato gli Illuminati di Baviera e
il Carbonarismo.
Patrick Geay, nel suo Tradizione e Massoneria, fa risalire la corruzione
all’influenza nefasta della Rivoluzione Francese, che aveva tutto l’interesse ad
appropriarsi dei simboli massonici in funzione del suo progetto utopico,
incentrato sull’edificazione umanista (non spirituale) di una società nuova.
All’origine della caduta c’è quindi l’incipit della laicizzazione massonica da
parte del razionalismo illuminista-giacobino.
Ma l’idea illuminista della storia è assolutamente antitetica con quella che ne
ha la Tradizione Iniziatica. Vediamo il perché.
1) Nella filosofia dei Lumi, all’origine vi è la barbarie ed il cammino storico
dell’uomo è rischiaramento (aufklarung) e dominio delle forze cieche della
natura. Nella Tradizione iniziatica all’origine c’è la verità (età dell’oro), e
la storia è corruzione e decadenza.
2) Nell’Illuminismo l’azione del rischiaramento progressivo condurrà tutta
l’umanità alla saggezza, alla felicità, e ad una società giusta ed egalitaria.
Nella Tradizione il sapere è elitario, e non potrà mai essere raggiunto e
penetrato dalle masse profane.
3) La ratio illuminista eleva se stessa ad unico paradigma teoretico in grado di
svelare gli arcani della natura. Nella Tradizione la ragione discorsiva è
subordinata all’intuizione intellettuale, la sola in grado di penetrare l’ordine
metafisico.
4) Nell’Illuminismo il cammino storico progressivo non è opera di alcuna legge
divina, ma solo della ragione umana. Nella Tradizione, si parla di leggi
cosmiche immanenti alla storia, che rivelano la Mente divina nelle vicende
umane. Ne consegue che per i Lumi l’uomo è libero e padrone del suo destino,
mentre per la Tradizione l’uomo può solo conformare il suo operare a ciò che
accadrà comunque.
Abbiamo visto dunque perché la Via Iniziatica si contrapponga, senza alcuna
armonia di sorta, alla filosofia dei Lumi. I capisaldi del pensiero illuminista
rimandano, in sintesi, ad una concezione umanista della storia, che è quanto di
più profano si possa immaginare in relazione ad un’organizzazione iniziatica,
quale la Massoneria dovrebbe essere.
Ma le aporie non si fermano certamente alla concezione della storia. Si prenda
per esempio i tre principi fondamentali della Rivoluzione, “uguaglianza,
fraternità, libertà”, che la Massoneria ha fatto propri, fino ad inciderne le
effigi nel Tempio. La sentenza rivoluzionaria non è altro che un ossimoro: il
concetto di “uguaglianza” presuppone il livellamento delle differenze
individuali, mentre la “libertà” rimanda al diritto ad essere diversi. Si tratta
di un equilibrio difficile, quello tra queste due opposte polarità. I programmi
politici che hanno enfatizzato l’uguaglianza sulla libertà, hanno storicamente
prodotto il totalitarismo bolscevico. Viceversa, l’elevazione del valore della
libertà a paradigma assoluto, ha generato i germi della Germania hitleriana.
Al di fuori di queste considerazioni meramente etiche, ci si dovrebbe chiedere
come possa un’organizzazione iniziatica appellarsi al valore dell’uguaglianza,
quando poi essa stessa dovrebbe esercitare un ruolo di guida elitaria, nei
confronti del resto della società profana. Ed ancora, come si possa giustificare
il richiamo all’uguaglianza, quando proprio nel suo interno, vige una gerarchia
iniziatica. Lo stessa cosa può essere affermata qualora s’intenda cercare di
privilegiare il valore della libertà: quale libertà in una struttura dove al
neofita è interdetta la facoltà d’espressione, la possibilità di parlare?
Ma anche lo stesso concetto della fraternità illuminista, non può essere
equiparato ipso facto alla fratellanza massonica. Il primo è un richiamo alla
distruzione di ogni distinzione spirituale e materiale fra tutti i membri di una
società profana. La seconda si richiama ad un sentimento di solidarietà
spirituale tra affiliati ad uno stesso Ordine, in vista di un comune cammino di
perfezionamento interiore, che però è élitario.
Come si può facilmente notare dall’analisi delle idee sopra esposte, non si
trova un solo elemento che accomuni la Via iniziatica con lo spirito
illuminista-razionalista. Se si accetta in toto l’ideologia dei Lumi, allora
bisogna abdicare dalla Via tradizionale. Non si sfugge a questo aut-aut: le due
vie sono assolutamente incompatibili. È da notare che queste considerazioni
oltrepassano il discorso che sarebbe lecito fare sulla perdita di “potere”
iniziatico, conseguente al passaggio dalla Massoneria Operativa a quella
Speculativa. È ovvio che sarebbe auspicabile in vista di un raddrizzamento
tradizionale dell’Ordine, il ritorno alla Massoneria Operativa. Purtroppo la
situazione attuale è ben più grave, e almeno per il momento, quest’ obiettivo
non è percorribile, perché la realizzazione va ben al di là delle più rosee ed
utopiche aspettative. È necessario, quindi, mantenere i piedi per terra, e
cercare di salvare il possibile, dallo spettro che ci minaccia. Infatti, il
pericolo che corre un ordine iniziatico, quando degenera e cade verticalmente
lungo l’asse dello Spirito, è quello di deviare in controiniziazione. Si
rammenti che solo gli ordini iniziatici possono deviare nella controiniziazione,
la ciarlataneria dello pseudo-esoterismo è destinata a rimanere tale e quale: un
niente prima ed un niente dopo. Ma per chi ha radici tradizionali che affondano
nella linfa dello Spirito, il pericolo della controiniziazione è tangibile: lo
Spirito non si può convertire nel nulla, deve per forza tramutarsi nella sua
antitesi, la controtradizione. Si rammenti che nella tradizione apocalittica
Lucifero, emblema della controiniziazione, prima della caduta è l’angelo più
splendente. L’Avversario non sorge dagli inferi, precipita dal Regno dei Cieli.
Chi non ha raggiunto il grado di adepto, o anche semplicemente non ha realizzato
un’iniziazione effettiva, corre sempre grandi pericoli. Si pensi alle tentazioni
di sant’Antonio del deserto, o alle figlie di Mâra che tentano il Buddha.
Per fortuna il pericolo controiniziatico nella Massoneria sembra, per il
momento, scongiurato. Finché rimarranno iniziati virtuali e riti ortodossi, il
pericolo non sussiste. Voglio però lanciare un appello a quei pochi Massoni che
hanno “occhi per vedere” e “orecchie per sentire”, perché continuino a non
abbassare la guardia.
Conseguente alla laicizzazione illuminista della Massoneria, si presenta un
altro fenomeno essenzialmente correlato con il primo. Sto parlando del
discutibile approccio “culturale” di molti esegeti ed interpreti della
tradizione massonica, incentrato sulle scienze umane e sulla storiografia
accademica.
Intendiamoci, in quest’ultimo caso non c’è nulla di particolarmente biasimabile
nel voler offrire ad un pubblico, più o meno profano, delle sommarie
ricostruzioni sulle vicende storiche della Massoneria, formata da uomini che
esplicano la loro azione essenzialmente nel tempo. Solo che occorrerebbe fare
dei distinguo tra il Massone che diventa soggetto storico del cambiamento
sociale, ma non procede oltre sulla Via iniziatica, ed il Massone che,
viceversa, ottiene risultati spirituali, ossia realizza la reintegrazione nello
Stato Primordiale.
I successi e la celebrità che un affiliato ottiene nel mondo profano, possono
regalare lustro ad un’istituzione iniziatica, ma rimangono qualcosa di
sostanzialmente estraneo alla sua essenza. Garibaldi può anche essere
un’individualità estremamente interessante per la storiografia moderna, ma in
rapporto al punto di vista tradizionale rimane uno dei tanti, perché non è
progredito granché nella sua realizzazione iniziatica. Il successo militare
della sua azione politica, proprio perché determinato da concause contingenti e
limitate alla sfera della praxis, è meno importante, sempre dal punto di vista
tradizionale, di quello di qualunque Massone che abbia realizzato l’iniziazione
effettiva.
Questo perché negli stati molteplici dell’essere tutto è correlato, ed il piano
karmico, o della praxis, è subordinato e derivato rispetto a quello metafisico.
L’eccessiva importanza che la Massoneria moderna attribuisce al successo nel
mondo profano di alcuni dei suoi rappresentanti, è quindi già una deformazione
della prospettiva iniziatica, la sola che dovrebbe essere presa in
considerazione.
Ma la stessa cosa può essere ribadita anche per chi esercitò un’influenza
decisiva sullo spirito del proprio tempo con opere filosofiche e letterarie,
anziché con la forza degli eserciti, com’è il caso di Voltaire. Il pensatore
francese fu iniziato, inoltre, piuttosto tardi rispetto all’età media, e
certamente – come nel caso di Garibaldi – la sua influenza fu piuttosto
exoterica, in senso letterale, che esoterica, rivolta al pubblico profano,
piuttosto che all’Istituzione di cui faceva parte.
La stessa cosa si potrebbe dire per tanti altri esponenti illustri della
Massoneria tedesca dell’epoca: Goethe, Lessing, ecc.
Lo stesso Fichte scrisse, come recita testualmente il titolo, un’opera sulla
filosofia della Massoneria, non sulla Massoneria in quanto Organizzazione
iniziatica. Si tratta di un’opera intrisa di soggettivismo idealistico, che
analizza la Massoneria da un punto di vista filosofico, e non tradizionale.
Un’opera che tralascia del tutto la prospettiva iniziatica, per fare proprie
delle riflessioni discorsive, che qualsiasi filosofo, anche estraneo all’Ordine,
avrebbe potuto benissimo mettere su carta.
Questo nesso con la filosofia di Voltaire e di Fichte, ci conduce all’altro tipo
di approccio moderno alla Massoneria, mutuato dalle scienze umane, in
particolare dalla psicoanalisi e dall’antropologia.
Premetto subito che non è mia intenzione disconoscere l’esistenza e l’importanza
dell’Inconscio Collettivo junghiano, ma piuttosto di denunciarne l’abuso in
relazione al tentativo, compiuto da alcuni saggisti moderni, di elevarne le
valenze ad unico paradigma interpretativo. Ridurre tutto il mondo
dell’iniziazione al dominio dell’Immaginario, significa non limitarsi più a
teorizzare che esiste una dimensione esistenziale ed inconscia del simbolo, che
prima ancora di raggiungere qualsiasi realizzazione spirituale, deve
preoccuparsi di produrre un equilibrio psico-somatico nell’individuo. Non si
tratta più di limitarsi a sostenere che la spiritualità “alta”, ha per
corrispettivo e conditio sine qua non, il raggiungimento del processo
d’individuazione tra Es ed Io, quindi tra le diverse parti dell’anima (e che
senza questa risultato, all’anima squilibrata è precluso qualsiasi cammino
iniziatico).
Non ci si vuole richiamare all’idea che lo Spirito nel suo processo di
ascensione dai centri più periferici fino al Cuore, e poi ad Âtmâ, debba
necessariamente irrorare e vivificare tutto il complesso dell’individualità, per
poi tentare di superarla nel Sé. Niente di tutto questo.
L’uso che è fatto, dai contemporanei, dell’Inconscio Collettivo è orientato
piuttosto a stigmatizzare qualsiasi approccio metafisico, in luogo di una
fenomenologia dell’immaginario.
Agli junghiani, del resto, non importa nulla della Tradizione iniziatica. Il
solo loro unico obiettivo è di capire la maniera in cui le tradizioni possono
contribuire alla realizzazione del Sé (il “principio d’individuazione”), sotteso
a tutte le religioni.
In particolare l’antropologia moderna è colpevole di quest’uso distorto (e
parafrasando Nietzsche “umano, troppo umano”) del simbolismo tradizionale. Si
prenda ad esempio un autore che pur nei suoi scritti si rifà ampiamente all’idea
di Tradizione: Gilbert Durand.
Nel suo Science de l’Homme et Tradition: Le Nouvel esprit anthropologique,
Durand desacralizza la nozione perennialista della Tradizione, considerandola
semplicemente come un comodo ago della bussola in grado di trovare un “Oriente”
teorico, incentrato meno sull’idea di una trasmissione spirituale, che su di un
modo privilegiato di concepire l’antropologia.
Durand fa un uso “regolativo” delle verità tradizionali, volte a correggere gli
abusi della ragione scientifica. Egli non cerca di rintracciare negli archetipi
un filo rosso che possa rimandare ad un’unica comune Grande Tradizione, ma si
preoccupa unicamente di classificare come figure antropologiche i simboli ed i
miti dell’iniziazione e dell’esoterismo.
Durand ha chiamato questo suo “approccio” con il nome di “antropologia
tradizionale”.
È evidente che questo nuovo spirito antropologico ha attecchito anche in
Massoneria, se si presentano spesso, in Loggia o in libreria, opere che
rifacendosi al simbolismo tradizionale, ignorano la dimensione metafisica, la
sola in grado di radicare il simbolo sottraendolo alla contaminazione
postmodernista. Si tratta di approcci unicamente analitici, come se la
Massoneria in particolare, e la Tradizione in generale, non fossero altro che
delle pratiche terapeutiche, in grado di regalare il benessere psicofisico. È un
processo di Caduta simile a quello che ha colpito le Arti Marziali Orientali,
dall’originario Bushido all’autocontrollo dell’Io del praticante.
È quindi in atto un processo di volgarizzazione non solo della Massoneria, ma di
tutto il mondo della Tradizione. Con la differenza che in Occidente si può anche
banalizzare il Tantra o lo Yoga, che tanto questi in Oriente manterranno
comunque la loro valenza metafisica originale. Mentre per la Libera Muratoria
non esiste un Oriente (ossia un’élite) in grado di preservarne la purezza
tradizionale dalle contaminazioni culturali. Il risultato è che nelle Logge si
finisce inevitabilmente per citare autori che non hanno nulla in comune con la
tradizione massonica.
Non si pensi che l’importante sia comunque “fare cultura” nelle Logge. Come la
Rivoluzione ha dato inizio alla contaminazione modernista della Massoneria con i
suoi ideali laici, così le filosofie contemporanee stanno completando l’opera di
secolarizzazione. Un paio di lustri ancora, e forse correremo davvero il
pericolo di sentire in Loggia delle citazioni di Fabio Fazio. La Caduta sembra
essere inarrestabile: ieri la Conoscenza Iniziatica della Massoneria Operativa,
oggi la filosofia contemporanea, e domani?…
L’unica maniera per arrestare la Caduta e la degenerescenza (che ripeto ancora
una volta, non è ancora deviazione e controiniziazione, e forse non lo sarà
mai), è ritornare alla Tradizione, prima a quella specifica massonica, e poi al
Centro della Tradizione Primordiale. Vivificare prima la tradizione massonica, e
poi ricollegarsi con quella Primordiale: è il compito che può spettare solo ad
un’élite.
1) ULTERIORI CONSIDERAZIONI
Abbiamo paragonato l’iniziazione ad
un seme sementato sulla terra dell’individualità. Qualora il terreno risulti
essere arido niente vieta che il seme sia tras-messo ad un altro più fertile: e
questo garantisce la permanenza della trasmissione tradizionale, qualora
s’individui nel terreno arido l’allegoria dell’officiante inconsapevole
dell’influsso che trasmette al neofita, anello inconscio della catena
iniziatica. In altre parole sono sufficienti due iniziati virtuali ed il Rito,
per mantenere la degenerescenza ed impedire la sua trasformazione in deviazione.
Anzi, dal punto di vista tradizionale, un iniziato virtuale in possesso delle
qualificazioni per tras-mettere il Rito d’Iniziazione sarebbe già sufficiente ad
arrestare la Caduta, e mantenere lo status quo della Massoneria, che resta in
ogni caso molto grave. Infatti, l’iniziazione virtuale è la conseguenza
immediata della trasmissione spirituale, essendo l’effetto del rito differito
rispetto alla sua esecuzione. Va da sé, che la tappa dell’iniziazione virtuale è
comune a tutte le scuole iniziatiche, e non è peculiare della sola Istituzione
Massonica: ma il dramma di quest’ultima è che non può- come scuola – andare
oltre.
Mi spiego meglio, proseguendo nella metafora del seme e del terreno. L’atto
successivo alla seminagione è la germinazione del terreno, e l’albero che cresce
sul suolo è l’avvenuta realizzazione dell’iniziazione effettiva, l’ultimazione
del processo di sviluppo in atto delle possibilità inerenti all’iniziazione
virtuale. Il passaggio dall’iniziazione virtuale a quella effettiva è lento e
arduo, conseguenza del lavoro interiore, ma non solo. Perché l’iniziazione
virtuale possa divenire effettiva a tutti gli effetti, è necessaria la presenza
simultanea di due fattori, e qualora ne mancasse uno il processo di sviluppo
risulterebbe gravemente danneggiato. Si tratta di un fattore di pertinenza
propriamente individuale, e di uno attinente alla relativa scuola iniziatica, a
cui l’individuo appartiene.
Per quanto riguarda il fattore individuale, quest’ultimo è relativo al lavoro
interiore che si concretizza nella meditazione simbolica, la sola in grado di
contribuire allo sviluppo completo ed armonico- ma gerarchico- delle possibilità
implicite nell’essere dell’iniziato virtuale. Universalizzando il proprio essere
particolare, l’iniziato sviluppa in atto tutte le possibilità inerenti alla sua
individualità, e così restaura lo “stato primordiale”, ossia conclude i Piccoli
Misteri.
Si tratta quindi di un lavoro, strettamente personale, che si fonda sulla
meditazione simbolica.
Ma perché l’iniziazione effettiva possa realizzarsi, è necessaria la presenza
anche dell’altro fattore inerente alla scuola tradizionale. Sono indispensabili
Riti che non si limitino all’aspetto speculativo, sono necessari insegnamenti
che non rimangano circoscritti alle conclusioni della filosofia moderna. Ed è in
questo punto che la Massoneria fa acqua. Con il passaggio dalla Massoneria
Operativa alla Massoneria Speculativa, il seme dell’iniziazione non può
tramutarsi in albero, perché mancano le condizioni atmosferiche adatte (pioggia
e sole) a farlo germinare. Anche se il terreno dell’individualità è fertile,
senza l’irrorazione del suolo e il nutrimento dei raggi solari, l’albero non può
sbocciare, ed il seme può solo continuare la sua trasmigrazione di terreno in
terreno, dove la differenza è tutta potenziale, tra il suolo che avrebbe potuto
divenire-albero, e quello che non lo sarebbe mai divenuto comunque.
La Massoneria Speculativa non è idonea a fare germinare l’albero, ma soltanto a
spargere il seme sui terreni: questo è il suo limite moderno. È evidente che
solo la Massoneria Operativa può contribuire a realizzare l’iniziazione
effettiva. Contribuire, perché l’altro fattore individuale è comunque
indispensabile per raggiungere questo stato, dato che il terreno arido rimarrà
comunque arido anche nella Massoneria Operativa, ed il terreno abbandonato – che
aveva le qualificazioni ma non è stato arato – seguirà lo stesso destino.
Se la Massoneria vuole ritrovare un’iniziazione che sia effettiva a tutti gli
effetti, e non soltanto virtuale, deve ritrovare la Via Operativa. In linea di
principio, secondo la dottrina tradizionale, non esiste alcun impedimento perché
questa restaurazione sia compiuta, qualora le circostanze risultassero più
propizie di quelle contemporanee.
A questo punto concludo qui la mia aggiunta, che ho voluto posteriormente
raccordare con lo studio iniziato da Sidus, sulla ricostruzione del Tempio. Va
da sé che questa mia, ha voluto idealmente essere un trait d’union tra questo e
quello.