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L'Iter Operativo Martinista Francesco Brunelli
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Il mondo dell’occulto è un mondo che attrae e che richiama,
che fa tremare di paura, fremere di desiderio... che fa vivere intere vite
affascinanti come una splendida sirena non saprebbe mai affascinare un comune
mortale.
In verità abbiamo letto da qualche parte che l’uomo corre dietro alla sua anima
fatta sirena per vite intere per congiungersi ad essa in un amplesso che è morte
per il secolo, ma che è vita sub specie aeternitatis...
Il Martinista e così! L’Ordine traccia una strada, un iter, ma come giustamente
annotava il Kremmerz non bisogna scadere nella faciloneria. «Martinez de
Pasqually in operazioni di magia fece avere ai suoi discepoli di Bordeaux, delle
apparizioni. Quando i discepoli, lontani dal maestro, andarono a tentare e non
ebbero risultati si lagnarono aspramente; ed allora il Pasqually scrisse ad
essi: “Ma che credete che io sia padrone di mandarveli? Persistete e procurate
di riuscire”». Naturalmente è logico e legittimo che la strada al viandante sia
tracciata con la massima chiarezza possibile perch’esso non si perda in sentieri
differenti (ed apparentemente più fruttiferi) che per contro lo allontanano
dalla meta ch’esso si propone. Ed il viandante è il Martinista spesso
raffigurato con la nona lama del Taro, l’Eremita che avanza cauto e circospetto
poggiandosi sul bastone dai sette nodi, che è in possesso di una luce che
dapprima da fermo ha intravisto, da cui successivamente si è lasciato
compenetrare, poi avvicinandosi ad essa l’ha fatta sua. Egli è coperto da un
mantello il cui interno è dotato delle stesse proprietà isolanti del mantello di
Apollonio che rendono chi lo indossa potente nella volontà trasmutatrice non
distratta dalla mondanità e dai condizionamenti del secolo. Questo viandante,
l’eremita della nona lama del Taro, è il Superiore Incognito e dal simbolismo or
ora evocato si potranno trarre elementi tali che il punto d’arrivo ed il lavoro
necessario per conseguirlo appariranno più chiari. Essere desti, essere svegli è
la meta prima fondamentale, la condizione primaria in mancanza della quale nulla
può prender vita, nulla può animarsi od essere animato, neppure i riti che
muovono energie immense e sconosciute ai più, neppure i riti hanno, in
condizioni diverse, efficacia reale, un effetto allucinatorio che può
presentarsi alla coscienza ma solo dell’operatore impreparato ad operare. È dal
famoso bilancio della propria personalità, del proprio essere, che prende le
mosse ogni andare ed è dalla correzione delle cose distorte o carenti o negative
che si giunge all’equilibrio perfetto in cui compare l’angelo o il daimon che
dir si voglia. Ed è in questo stato (come condizione d’essere e di coscienza)
che si può allora parlare di operatività. Questa è la prima lezione che deve
essere incisa nella mente e nel cuore dell’Associato ed allora egli con gli
strumenti che l’Iniziatore gli pone in mano potrà con frutto incominciare il suo
lavoro ed accingersi ad operare. La meditazione dei 28 giorni, la biografia
scritta, l’esame serale, la prima rituaria di catena. Nessuna critica agli
strumenti! Sono tutti validi e quand’essi non si dimostrano tali, non è valido
l’Associato. Il suo desiderio non è che desiderio di fuga dalla realtà, non è
che desiderio di novità ch’egli spera eccitanti e morbose e che per contro sono
alquanto monotone ed affatto stimolanti se non se ne comprendono i perché. Il
suo desiderio non è che una parvenza del “desiderio” di cui ci parla Louis
Claude de Saint Martin. Quando l’Iniziatore giudica sufficiente la sua
preparazione e vuole stimolarlo concedendogli un ulteriore appello, l’Associato
diviene un Iniziato, ha conosciuto la Maschera, il Mantello che isola dal mondo
profano e che pone alla mente il problema della concentrazione energetica, il
cero, il trilume, il cordone e via dicendo. Le due colonne adombrano le correnti
del sacro caduceo (per chi mi intende), l’esagramma fa ancora di più intravedere
i veri significati della Tavola di Smeraldo, il ritmo della rituaria si
accresce, la luna spunta all’orizzonte con i suoi cicli inseguentisi l’un
l’altro... Novilunio, plenilunio, novilunio, plenilunio..., il ciclo solare non
è ancora apparso. Studia e lavora, medita, attaccato alla catena che porta con
se le verità e la forza misericordiosa dell’anima eggregorica, Vergine Maria,
Iside Madre, Celeste Regina delle acque. Che altro dire? Che dire di più? Le
scelte debbono ormai farsi quanto a tecniche dopo un’ampia sperimentazione, dopo
che la manualità esercitativa sia stata acquisita, dopo che la mente riesce a
leggere le analogie necessarie per mettere in moto gli ingranaggi delle opere
proprie e costruirli. Se il Martinismo deve portare direttamente l’essere senza
intermediari umani alla potestà suprema del sole allora è bene dire senza false
lacune che ciascuno può e deve attingere per se e da se alla “fonte”
inestinguibile ed inesauribile di ogni energia e che ciascuno deve giungere al
centro ed essere un punto centrale nell’infinità dei punti dell’infinito ove
esso con lui si confondono sino ad essere l’infinito stesso. Io so bene che
quanto detto potrebbe cozzare contro certe affermazioni dogmatiche provenienti
da autorevoli capi riconosciuti di gruppi esoterici... ma io debbo dirvi la
verità mia nuda e cruda nulla importandomi del cozzo che semmai potrebbe
interessare i teorici e non i pratici, non coloro che si aprono sperimentalmente
un varco verso i cieli. Operativamente il grado di Iniziato è importante per le
scelte che si possono e si debbono compiere, per la scelta della via e della
tecnica da usare, sempre valida, sempre rispettabile, sempre positiva se riesce
e per quanto riesca a trasmutare l’essere che la impiega e se l’essere la
pratica non nascondendosi dietro ad essa come dietro ad un paravento per salvare
la sua rispettabilità di esoterista. Ma a che cosa mai potranno servire le
tecniche per quanto elaborate esse possano essere se in realtà quel processo
interiore e quella trasformazione interiore non avvengono con un progresso
quotidiano? Se non si pongono in atto quelle condizioni di risveglio dell’io che
lo porranno al centro del proprio campo di coscienza pronto ai richiami del Se
che è il tutto, mosso dalla volontà che è una forza agente insostituibile e che
gli uomini spesso scambiano per tante altre cose che in verità nulla hanno a che
vedere con la volontà. L’uomo deve acquisire le qualità del dio e qui le
metodiche sono tante. Ricorderò le tecniche descritte da Ambelain nella sua
Alchimia Spirituale, gli esercizi introspettivi e la pratica, le tecniche
suggestive di Roberto Assagioli e perché no anche la via della devozione.
Come si vede si può scegliere, su un mazzo di “cose”, ciò che maggiormente confà
alla propria personalità senza dilungarsi su inutili disquisizioni non operative
sul tipo di via con gli aggettivi appresso: mistico, lunare, solare, secco,
ecc... Non dimentichiamo che quando si parla di iter operativo non si intende
solo, come erroneamente alcuni potrebbero pensare, di magia cerimoniale...
operare significa sempre fare! La via della devozione è una via rispettabile ed
adatta per molti Martinisti, ma anche nella via devozionale le tecniche sono
molto interessanti se si conoscono. Vorrei sottolineare questo perché mi sembra
molto importante, talmente importante che sentendo parlare gli “esoteristi” che
abbiamo a portata di mano, vien voglia di domandarsi se e quanto essi conoscono
ciò che dicono, non tanto per averlo praticato, ma per averlo almeno letto
magari con la stessa attenzione che si pone per un fatto di cronaca avvenuto in
Papuasia. È importante sapere che la via del cuore di Saint Martin è davvero
valida che portare dio dentro il proprio cuore come consiglia il nostro
illuminato fratello non è impresa facile... è impresa da titani, da
conquistatori...! D’altra parte Saint Martin mai rinnegò la teurgia Cohen, la
lasciò solo quando ritenne di non averne più bisogno e solo quando ritenne che i
vantaggi che ne aveva tratto già erano sufficienti. E agevole qui vedere che si
tratta, quando si parla di questi argomenti, solo di tecniche che sono sì
importanti, ma non determinanti essendo altra cosa intuibile, quella essenziale.
E noto come per Saint Martin l’uomo è il centro di ogni cosa e solo per mezzo
dell’uomo - egli dice - che si possono spiegare le cose e non l’uomo per mezzo
delle cose. Non occorrono templi, né complicate cerimonie perché l’uomo si
unisca a dio, l’unione avviene per mezzo del cuore. Infatti l’anima dell’uomo
essendo di origine divina rappresenta il polo inferiore di Dio ed ivi egli
risiede. Possono sembrare queste elucubrazioni filosofiche, ma la storia nostra
e quella profana confermano che Saint Martin sperimentò la sua via a fondo
riuscendo ad ottenere risultati assai brillanti. Debbo tuttavia aggiungere che
anche nella via devozionale può entrare tutta una rituaria che l’ignorante
tapino scambia per magia, per solarità e per chissà che cosa. Ho detto scambia e
ve ne faccio un esempio. L’adorazione di un dio d’Amore consiste nel realizzare
l’unione di se stessi con il dio sino a divenire uno con esso. E facile pensare
all’adorazione del Cristo, bene vi propongo l’adorazione di Osiride. E chiaro
che se volete porla in pratica dovrete necessariamente ricorrere ad una rituaria
di tipo egizio equivalente, ed ecco che poiché sembra che tutto cambi, il solito
tapino pensa alla magia ed invece fa solo della devozione. Saint Martin aveva
preso per suo dio il Cristo, nulla obbliga alcuno a prendersi come dio Osiride o
Iside o Horus o Giove o Mercurio e via dicendo. Il Kremmerz ed il Levi affermano
che il mago comincia il suo lavoro senza alcuno strumento e finisce l’opera
senza strumenti alcuni, egual cosa afferma Saint Martin. Adorare un dio
significa acquisirne i caratteri. Adorarlo significa porre questi caratteri
fuori del proprio essere ed identificarvisi mediante l’amore e la devozione sino
ad acquisirli. È per questa ragione che un maestro disse: «Cerca il tuo ideale
tra gli dei pagani. Perché gli dei rappresentano una delle forme attraverso le
quali si manifesta l’Assoluto. Tu sai che ciascun dio rappresenta una delle
forze agenti nell’Universo, è il simbolo di un Principio, una faccia della
Verità. Ma è anche l’ideale più elevato che l’uomo possa concepire della Forza
operante in questo mondo di cui è il principio ed il simbolo. Studia, t’ho
detto, ciascun dio pagano, il suo carattere, i suoi miti, i suoi poteri, i suoi
attributi. E sappi che quando tu avrai ottenuto la perfetta rassomiglianza,
quando sarai giunto ad incarnarne l’ideale che rappresenta, tu avrai diritto a
Poteri che potrai qualificare divini». Le cose stanno proprio cosi. Gli
ingredienti sono gli stessi della magia e della teurgia, si tratta semmai di
usare un certo atteggiamento od un’altro. Questa è la verità! Provate a
costruirvi tutto un rito di invocazione di un dio e vedrete quanta “scienza
magica” occorre per metterlo in piedi. Provate a costruirlo a mo’ di semplice
studio ed esercitazione e noterete quanto arricchimento - questo solo fare - vi
arrecherà. E fatelo da soli perché il rapporto tra un individuo ed il cosmo,
l’universo, la divinità, l’eggregoro, ecc... è solo individuale! Ciò detto
riaffermiamo che a livello di grado di Iniziato è possibile cominciare a
compiere quella scelta e quella “separazione” che diverrà poi stabile a livello
di Superiore Incognito. Egli comincerà a comprendere il vero significato della
terapeutica verso gli altri esseri e verso la nostra patria la Terra. E
comincerà il lavoro reale ma per divenire tali voi dovete avere un sentimento di
amore così candido, così senza ombra di egoismo, che l’aura vostra deve essere
colorata e profumata. Bisogna interiormente essere come in stato di preghiera,
l’anima trepidante come in comunicazione con Dio. Il fratello terapeuta è un
uomo che si accinge volontariamente alla conquista delle sue virtù super umane o
divine, per mezzo di una vita rettissima e pura e, contemporaneamente, pone la
conquista delle sue forze al servizio dei dolori che affliggono il suo prossimo
meno progredito spiritualmente. Egli diverrà terapeuta verso i mali dell’uomo e
della Terra, un combattente contro la negatività. Il Superiore Incognito
possiede il massimo della iniziazione ed il massimo dei poteri trasmissibili,
quindi ha in se le capacità per operare. Ma operare significa - ripeto - fare,
muoversi non restare in attesa della imbeccata o di una impossibile
illuminazione in stato di inerzia. Il nostro Ordine è operativo in rapporto alla
volontà di operare da singoli membri ed è contemporaneamente un Ordine di inerti
in rapporto alla inerzia degli stessi benché esso proponga una operatività. Mi
sembra che il discorso sia chiaro e logico!! Superiore Incognito dalla lunarità
passa potenzialmente alla solarità. Ed anche questo deve essere un concetto ben
chiaro. La solarità è dentro ciascuno, non è al di fuori, essa c’è e si
manifesta se l’individuo la trae dal di dentro, non si manifesta se resta in uno
stato di attesa passiva... L’Ordine sottopone al Superiore Incognito una sua
proposta di operatività che è assai interessante, degna di significati,
tradizionalmente valida e tale proposta è rappresentata dalle operazioni solari
di lotta contro la negatività nel mondo e di risalita sull’albero della vita.
La prima è collettiva, la seconda non può che essere solitaria. La prima è
l’espressione del coronamento in certe epoche dell’anno di un orientamento e di
un atteggiamento di positività del Martinista che dovrebbe permeare ogni attimo
della sua vita ed è sulla linea della tradizione martinezista come concezione
direttrice. La seconda è trasmutatoria. La prima può equipararsi alla magia
eonica in quanto l’operatore agisce, non più devozionalmente, su entità di altri
piani, la seconda è indubbiamente “alchemica”. (E per chi mi intende non
parliamo esclusivamente della cosiddetta alchimia spirituale). È chiaro che
tutte le regole della Tradizione classica operativa qui si ritrovano nella loro
integrità, nel loro valore applicativo e naturalmente nei loro effetti poiché
(malgrado ogni considerazione) si tratta della scienza una applicata ovviamente
alla reintegrazione individuale ed universale. Ma perché tutto ciò risponda
appieno allo scopo e non divengano semplici esercitazioni magico-teurgiche,
perch’esse non siano che orpelli, necessita che l’operatore sia in realtà un
operatore. E qui è giocoforza inserire tutta un’altra appendice. Debbo
necessariamente ricordare come la condizione esistenziale dell’uomo è quella
d’essere stato posto potenzialmente al centro dell’universo. L’Iniziatore
colloca il Superiore lncognito al centro della croce dei quattro elementi,
centro che deve essere tuttavia realmente acquisito o precedentemente alla
operazione d’iniziazione o successivamente alla stessa. Postosi al centro della
croce della materia allora in realtà entra in funzione la legge espressa dalla
Tavola di Smeraldo, come in alto così in basso per compiere il miracolo
dell’opera una. Ci sembra opportuno approfondire ora il quadro generale
dell’iter operativo che viene proposto al Martinista. Non è necessario
soffermarci sulle tecniche che sono numerose e che ciascuno può trovare sui
libri, farsi raccontare o inventare e che portano tutte allo stesso risultato
presupponendo certe condizioni primarie tra le quali il desiderio di mutare,
seconda la volontà di mutare, terza la determinazione della meta e la costanza
ed il ritmo nella applicazione e via dicendo... tutte cose note ed arcinote.
Il tutto, notate bene, nel luogo ove i fati hanno posto il soggetto senza
necessità di girare il mondo, di andare in India o nel Tibet o a Londra o alla
storica Roccacannuccia. La maestranza sui quattro elementi, acquisibile solo
operativamente e non in via vicaria in stato di sogno (sia ben chiaro),
presuppone una prima trasmutazione dell’essere, presuppone i prodromi del
possibile raggiungimento dello stato di “mag”. Sempre operativamente potrete
entrare in contatto con gli spiriti della natura e poi secondo la tradizione con
quelli delle altre sfere. La TEURGIA può ora sostituirsi alla Magia, il
Superiore Incognito può ora iniziare le sue relazioni con gli Esseri delle Alte
Sfere. I Cohen di Martinez de Pasqually nel loro iter iniziatico dopo una lunga
preparazione iniziavano le operazioni per ottenere i noti “passi” o glifi
luminosi delle entità che invocano appartenenti a diversi livelli di
spiritualità. La comparsa di un glifo, ricercata nel prontuario dei segni,
indicava al teurgo il suo grado di ascenso. Non credo - e ciò in accordo con
altri - che la teurgia di Martinez adattata - notate bene - alla cultura ed alle
concezioni del tempo, sia oggi praticabile tale e quale. Ma il fine dell’operare
comporta l’acquisizione nell’ascenso progressivo dell’essere, di virtù sempre
maggiori a quelle possedute dall’uomo comune, e risalire quindi dalla
molteplicità dei sottomultipli in cui ci troviamo, verso quella unità a cui
aspiriamo. Dice un Maestro: «Quando sarai giunto ad acquisire una parte delle
loro virtù, ti sarai avvicinato di un passo alla divinità unica, perch’essi non
sono che le immagini delle sue manifestazioni». Far nascere il Fuoco dentro di
noi, farlo crescere, ingigantire come fiamma che salga divampi e bruci ogni
scoria per riunirsi al fuoco primo, questo sì che è possibile e che rappresenta
il coronamento dell’opera di qualsiasi iter operativo! E su cui qui si deve
tacere. Non posso esimermi dal concludere sull’iter ch’esso sfocia
necessariamente dapprima con un fugace contatto con il daimon o con l’Angelo o
con il Cristo o con il Sole, contatto che deve poi essere reso stabile sino alla
scomparsa della propria personalità (non ho detto individualità) che per i
kabbalisti coincide con il famoso salto dell’Abisso. Questo è l’iter operativo
del Martinismo così come lo ha indicato, sia pur con le sue grandi lacune, il
suo primo Maestro Martinez de Pasqually, come l’hanno praticato,
indipendentemente dalle tecniche di volta in volta prescelte, i suoi discepoli e
quell’evocazione del Cristo - cui prima accennavo - sotto questa luce appare
nella sua piena significazione. Ai pronti il realizzare!