VANGELO PSEUDO MATTEO
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[1.1] I genitori di Maria. In quei giorni c'era a Gerusalemme un uomo di
nome Gioacchino, della tribù di Giuda. Pascolava le sue pecore e temeva
il Signore con semplicità e bontà. All'infuori dei suoi greggi non aveva
altra preoccupazione; da essi nutriva tutti i timorati di Dio, e offriva
il doppio a coloro che lo servivano faticando nella dottrina. Degli
agnelli, delle pecore, della lana e di tutte le altre cose che
possedeva, egli faceva tre parti: una parte la dava agli orfani, alle
vedove, ai pellegrini e ai poveri; la seconda parte la dava alle persone
consacrate al culto di Dio; la terza parte la riservava per sé e per
casa sua.
[1.2] Mentre egli così agiva, il Signore gli moltiplicava i greggi,
sicché nel popolo d'Israele non c'era uomo come lui. Aveva iniziato a
comportarsi così dall'età di quindici anni. A vent'anni, prese in moglie
Anna, figlia di Achar della sua tribù, cioè della tribù di Giuda, della
stirpe di Davide. Ma pur avendo convissuto con lei per vent'anni, da lei
non ebbe figli, né figlie.
[2.1] E avvenne che nei giorni festivi, tra quanti offrivano incenso al
Signore si trovasse pure Gioacchino a preparare le sue offerte alla
presenza del Signore. Un sacerdote di nome Ruben, avvicinatosi, gli
disse: "Non ti è lecito stare tra quelli che offrono sacrifici a Dio,
poiché Dio non ti ha benedetto dandoti una discendenza in Israele".
Pieno di vergogna davanti al popolo si allontanò piangendo dal tempio
del Signore; e non ritornò a casa, ma si recò dalle sue bestie portando
con sé, nei monti, i pastori in una terra lontana; e così per cinque
mesi Anna, sua moglie, non pot‚ avere sue notizie.
[2.2] Essa piangendo nella sua preghiera diceva: "Signore, Dio
santissimo di Israele, non mi hai dato figli, e perché mi hai tolto il
marito? Ecco che sono già due mesi che non vedo mio marito. Non so
neppure se è morto! Se lo sapessi morto gli darei la sepoltura". Mentre
piangeva abbondantemente, entrò nell'orto di casa sua, si prostrò in
preghiera, e innalzò suppliche davanti al Signore. Poi, levatasi dalla
preghiera, alzò gli occhi a Dio e vide un nido di passeri su di un
albero di alloro; sospirando, levò una voce al Signore dicendo: "Signore
Dio onnipotente che hai dato figli a ogni creatura, alle bestie e ai
giumenti, agli animali domestici, agli uccelli e ai pesci, e tutti
gioiscono dei loro figli, solo me hai escluso dal dono della tua bontà.
Tu Dio conosci il mio cuore e sai che all'inizio del mio matrimonio ho
fatto voto che, qualora tu, Dio, mi avessi dato un figlio o una figlia,
te li avrei offerti nel tuo tempio santo".
[2.3] Mentre diceva queste cose, improvvisamente le apparve davanti un
angelo del Signore, dicendo: "Non temere, Anna, poiché la tua
discendenza è nel consiglio di Dio: infatti ciò che nascerà da te,
susciterà l'ammirazione per tutti i secoli fino alla fine". Ciò detto,
si allontanò dai suoi occhi. Tremante e timorosa per aver visto questa
visione e udito il discorso, entrò in camera, si gettò sul letto mezza
morta e rimase giorno e notte in gran timore e in preghiera.
[2.4] Chiamò poi la sua ragazza e le disse: "Tu mi vedi delusa e
angosciata per la vedovanza, e non hai voluto venire da me?". Con un
leggero sussurro lei rispose: "Se Dio ti ha chiuso l'utero e ha tolto da
te il marito, che cosa ti posso fare io?". Udito questo, Anna emise un
grido e pianse.
[3.1] Nello stesso tempo, mentre Gioacchino era sui monti ove pasceva i
suoi greggi, gli apparve un giovane e gli disse: "Perché non ritorni da
tua moglie?". Rispose: "L'ho avuta per vent'anni e Dio non mi volle
concedere figli da lei. Io quindi, dopo che questo mi fu rinfacciato, mi
allontanai dal tempio del Signore con grande vergogna. Perché dovrei
ritornare da lei, una volta che sono stato respinto e disprezzato?
Resterò qui con le mie pecore fino a quando il Dio di questo mondo mi
vorrà concedere la luce. Per mezzo dei miei servi darò generosamente ai
poveri, agli orfani, e alle persone addette al culto di Dio".
[3.2] Allorché egli finì di parlare, il giovane gli rispose: "Io sono un
angelo di Dio e oggi sono apparso a tua moglie piangente e orante, e
l'ho consolata; sappi che dal tuo seme concepì una figlia e tu l'hai
lasciata ignorandola. Questa starà nel tempio di Dio; su di lei riposerà
lo Spirito santo; la sua beatitudine sarà superiore a quella di tutte le
donne sante; nessuno potrà dire che prima di lei ce ne sia stata
un'altra uguale: e in questo mondo, dopo di lei un'altra non ci sarà.
Discendi perciò dai monti, ritorna dalla tua sposa e troverai che è in
stato interessante. Dio infatti ha suscitato in lei un seme, del quale
devi ringraziarlo. Il suo seme sarà benedetto, e lei stessa sarà
benedetta e sarà costituita madre di una benedizione eterna".
[3.3] Dopo avere adorato l'angelo, Gioacchino gli disse: "Se ho trovato
grazia davanti a te, siediti un po' nella mia tenda e benedici il tuo
servo". L'angelo gli rispose: "Non dirti servo, ma conservo; siamo
infatti servi di uno stesso Signore. Ma il mio cibo è invisibile e la
mia bevanda non può essere vista da alcun mortale. Perciò non mi devi
pregare di entrare nella tua tenda. Se hai intenzione di darmi qualcosa,
offrila in olocausto al Signore". Gioacchino prese allora un agnello
immacolato e disse all'angelo: "Non avrei osato offrire un olocausto al
Signore se il tuo ordine non mi avesse dato il potere sacerdotale per
offrirlo". L'angelo gli rispose: "Non ti avrei invitato ad offrire, se
non avessi conosciuto la volontà del Signore". Mentre Gioacchino offriva
il sacrificio a Dio, salirono in cielo sia l'angelo sia il profumo del
sacrificio.
[3.4] Allora Gioacchino cadde bocconi, e rimase in preghiera dall'ora
sesta fino alla sera. I servi e i mercenari che erano con lui, vedendolo
e ignorando il motivo per cui giaceva, pensavano che fosse morto; si
avvicinarono a lui, a stento lo sollevarono da terra. Dopo che narrò ad
essi la visione angelica, spinti da grande timore e ammirazione lo
esortarono affinché, senza indugio, portasse a compimento la visione
dell'angelo tornando prontamente alla sua moglie. Mentre Gioacchino
soppesava in cuor suo se ritornare o meno, fu preso da un sopore e vide
in sogno l'angelo, che gli era apparso quand'era sveglio, e che gli
disse: "Io sono l'angelo che Dio ti ha dato per custode: discendi sicuro
e ritorna da Anna, poiché le opere di misericordia che avete fatto tu e
tua moglie Anna sono state riferite al cospetto dell'Altissimo. Dio darà
a voi un frutto che fin dall'inizio non ebbero mai i profeti né mai avrà
santo alcuno". Destatosi dal sonno, Gioacchino chiamò a sé tutti i servi
e mercenari e indicò loro il suo sogno. Essi adorarono il Signore e gli
dissero: "Guarda di non trascurare oltre le parole dell'angelo.
Piuttosto alzati, partiamo di qui e ritorniamo lentamente facendo
pascolare i greggi".
[3.5] Dopo che da trenta giorni erano in cammino per ritornare e ormai
vicini all'arrivo, l'angelo del Signore apparve ad Anna mentre se ne
stava ritta in preghiera, e le disse: "Va ora alla porta che è detta
Aurea, fatti incontro a tuo marito, oggi infatti verrà da te". Svelta
essa gli corse incontro con le sue ragazze e, supplicando il Signore,
restò in lunga attesa presso la porta. Quando ormai per la prolungata
attesa lei stava venendo meno, alzò gli occhi e vide lontano Gioacchino
che veniva con le bestie. Gli corse incontro, si appese al suo collo
rendendo grazie a Dio e dicendo: "Ero vedova ed ecco non lo sono più;
ero sterile ed ecco ho già concepito". Quindi dopo avere adorato il
Signore, entrarono. A questa notizia, grande fu la gioia di tutti i suoi
vicini e amici, sicché tutta la terra d'Israele si rallegrò di questa
notizia.
[4.1] Natività e infanzia di Maria. Passati nove mesi, Anna partorì una
figlia e la chiamò Maria. Al terzo anno, dopo averla slattata,
Gioacchino e Anna sua moglie andarono insieme al tempio del Signore per
offrire a Dio delle vittime e affidarono la bimbetta di nome Maria al
collegio delle vergini; qui le vergini restavano giorno e notte nelle
lodi a Dio. Giunta davanti alla facciata del tempio, Maria salì
velocemente i quindici gradini senza neppure voltarsi indietro né - come
suole fare l'infanzia - darsi pensiero dei genitori. Perciò i genitori
si affrettarono entrambi stupiti, e cercarono la bambina fino a quando
la trovarono nel tempio. Anche i pontefici del tempio si erano
meravigliati.
[5.1] Allora, Anna, ripiena di Spirito santo, alla presenza di tutti
disse: "Il Signore, Dio degli eserciti, ricordatosi della sua parola, ha
visitato il suo popolo con una visita buona e santa per rendere umili i
loro cuori e rivolgerli a sé. Ha aperto le sue orecchie alle nostre
preghiere e ha allontanato da noi la gioia di tutti i nostri nemici. La
sterile è diventata madre e ha partorito l'esultanza e la gioia di
Israele. Ecco i doni da offrire al mio Signore; i miei nemici non hanno
potuto vietarmelo. Dio volse il loro cuore verso di me e mi ha dato un
gaudio sempiterno".
[6.1] Maria destava l'ammirazione di tutto il popolo di Israele. All'età
di tre anni, camminava con un passo così maturo, parlava in un modo così
perfetto, si applicava alle lodi di Dio così assiduamente che tutti ne
restavano stupiti e si meravigliavano di lei. Essa non era considerata
una bambinetta, ma una persona adulta; era tanto assidua nella
preghiera, che sembrava una persona di trent'anni. Il suo volto era così
grazioso e splendente che a stento la si poteva guardare. Era assidua
nel lavoro della lana; e nella sua tenera età, spiegava quanto donne
anziane non riuscivano a capire.
[6.2] Si era imposta questo regolamento: dalla mattina sino all'ora
terza attendeva alla preghiera; dall'ora terza alla nona si occupava nel
lavoro tessile; dalla nona in poi attendeva nuovamente alla preghiera.
Non desisteva dalla preghiera fino a quando non le appariva l'angelo di
Dio, dalla cui mano prendeva cibo: così sempre più e sempre meglio
progrediva nel servizio di Dio. Inoltre, mentre le vergini più anziane
si riposavano dalle lodi divine, essa non si riposava mai, al punto che
nelle lodi e nelle vigilie non c'era alcuna prima di lei, nessuna più
istruita nella conoscenza della Legge, nessuna più umile nell'umiltà,
più aggraziata nei canti, più perfetta in ogni virtù. Era costante,
salda, immutabile e progrediva in meglio ogni giorno.
[6.3] Nessuno la vide adirata né l'udì maledire. Ogni suo parlare era
così pieno di grazia che si capiva come sulle sue labbra c'era Dio.
Assidua nella preghiera e nella meditazione della Legge, nel parlare era
attenta a non mancare verso le compagne. Vigilava inoltre a non mancare
in alcun modo con il riso, con il tono della bella voce, con qualche
ingiuria, con alterigia verso una sua pari. Benediceva Dio senza posa, e
per non desistere dalle lodi a Dio neppure nel suo saluto, quando era
salutata rispondeva: "Deo gratias". Quotidianamente si nutriva soltanto
con il cibo che riceveva dalla mano dell'angelo; il cibo che le davano i
pontefici lo distribuiva ai poveri. Frequentemente si vedevano gli
angeli di Dio parlare con lei e obbedirle diligentemente. Se qualche
malata la toccava, nello stesso istante se ne tornava a casa salva.
[7.1] Il sacerdote Abiatar presentò ai pontefici un numero infinito di
doni per prenderla come sposa di suo figlio. Maria li respinse dicendo:
"Non può essere che io conosca un uomo o che un uomo conosca me". I
pontefici e tutti i suoi parenti le dicevano: "Dio si venera nei figli e
si adora nei discendenti, come è sempre stato in Israele". Maria
tuttavia rispondeva dicendo: "Dio si venera nella castità come risulta
provato dall'inizio. Prima di Abele infatti tra gli uomini non vi fu
alcun giusto ed egli piacque a Dio a motivo delle offerte e fu
spietatamente ucciso da colui che a lui non era piaciuto. Ricevette
dunque due corone, quella dell'offerta e quella della verginità non
avendo mai ammesso una macchia sulla sua carne. Elia invece, essendo in
carne, fu assunto in carne, poiché aveva custodito vergine la sua carne.
Io poi dalla mia infanzia, nel tempio di Dio, ho appreso che la
verginità può essere assai gradita a Dio. E poiché posso offrire
qualcosa di gradito a Dio, in cuor mio ho stabilito di non conoscere
assolutamente uomo".
[8.1] Maria va sposa a Giuseppe. Avvenne che al quattordicesimo anno di
età, i farisei ebbero l'occasione di fare rilevare come, per
consuetudine, una donna di quell'età non poteva più restare nel tempio.
Fu presa allora la decisione di inviare un banditore di tutte le tribù
di Israele, affinché, nel giorno terzo, tutti si radunassero nel tempio
del Signore. Quanto tutto il popolo fu radunato, si alzò il pontefice
Abiatar e salì sul gradino più alto per essere udito e veduto da tutto
il popolo. Fattosi un gran silenzio, disse: "Figli di Israele uditemi,
prestate orecchio alle mie parole. Da quando questo tempio fu edificato
da Salomone, in esso ci sono state figlie vergini di re e figlie di
profeti, di sommi sacerdoti e di pontefici: sono cresciute grandi e
ammirevoli. Ma giunte all'età legale hanno preso marito seguendo la
consuetudine di quelle che le avevano precedute, e sono piaciute a Dio.
Soltanto Maria ha trovato un modo nuovo di vivere promettendo a Dio di
mantenersi vergine. Mi pare dunque che per mezzo di una nostra domanda e
della risposta di Dio potremmo conoscere a chi dobbiamo affidarne la
custodia".
[8.2] Questo discorso piacque a tutta l'adunanza. E dai sacerdoti si
gettò la sorte sopra le dodici tribù e la sorte cadde sulla tribù di
Giuda. Il sacerdote allora disse: "Chiunque non ha moglie, venga domani
e porti in mano un bastone". Avvenne così che Giuseppe, insieme ai
giovani, portò un bastone. Dettero i loro bastoni al sommo pontefice,
questi offrì un sacrificio al Signore Dio e lo interrogò. Il Signore gli
rispose: "Introduci i bastoni di tutti nel santo dei santi; i bastoni
restino lì. Ordina poi loro che vengano da te domani a riprendere i loro
bastoni; dalla cima di un bastone uscirà una colomba e volerà in cielo.
Maria sarà data in custodia a colui nella cui mano il bastone restituito
darà questo segno".
[8.3] Il giorno dopo tutti giunsero assai presto. Il pontefice, compiuta
l'offerta dell'incenso, entrò nel santo dei santi e trasse fuori i
bastoni. Distribuitili tutti, da nessun bastone uscì la colomba. Il
pontefice si rivestì allora con i dodici campanelli e con la veste
sacerdotale, entrò nel santo dei santi, accese il sacrificio ed elevò
preghiere. Apparve l'angelo del Signore e gli disse: "C'è qui un bastone
piccolissimo, del quale tu non hai fatto caso alcuno, l'hai messo con
gli altri, ma non l'hai tirato fuori con essi. Quando l'avrai tirato
fuori e dato a colui al quale appartiene, in esso si avvererà il segno
del quale ti ho parlato". Quello era il bastone di Giuseppe il quale,
essendo vecchio, era avvilito di non poterla prendere; perciò neppure
lui voleva ricercare il suo bastone. Mentre se ne stava umile e ultimo,
il pontefice con voce chiara gli gridò: "Giuseppe, vieni e prendi il tuo
bastone, tu infatti sei atteso". Giuseppe, spaventato che il sommo
sacerdote lo chiamasse con tanto clamore, si accostò. Non appena tese la
mano e ricevette il bastone, dalla cima uscì fuori una colomba più
bianca della neve e straordinariamente bella: dopo avere volato a lungo
per le sommità del tempio, si lanciò verso il cielo.
[8.4] Tutto il popolo allora si congratulò con il vecchio, dicendo:
"Nella tua vecchiaia sei stato fatto beato, o padre Giuseppe, tanto che
Dio ti ha indicato degno di ricevere Maria". Quando i sacerdoti gli
dissero: "Prendila! In tutta la tribù di Giuda, infatti, tu solo sei
stato scelto da Dio", Giuseppe prese a venerarli con vergogna, dicendo:
"Sono vecchio e ho figli, perché mi affidate questa bimbetta la cui età
è inferiore a quella dei miei nipoti?". Allora, il sommo pontefice
Abiatar gli disse: "Ricordati, Giuseppe, che Datan, Abiron, e Core
morirono perché disprezzarono la volontà di Dio. Così accadrà pure a te
se disprezzerai quanto ti è ordinato da Dio". Giuseppe gli rispose: "Io
non disprezzo la volontà di Dio, sarò custode fino a quando saprò,
secondo la volontà di Dio, quale dei miei figli la potrà avere in
moglie. Le si diano alcune vergini tra le sue compagne, con le quali
frattanto possa passare il tempo". Il pontefice Abiatar rispose: "Per
passare il tempo, le saranno date cinque vergini fino al giorno
stabilito nel quale la prenderai: non potrà, infatti, unirsi ad altri in
matrimonio".
[8.5] Allora Giuseppe prese Maria con le cinque vergini che dovevano
restare con lei nella casa di Giuseppe. Queste vergini erano: Rebecca,
Sefora, Susanna, Abigea e Cael. Il pontefice diede ad esse seta,
giacinto, bisso, scarlatto, porpora e lino. Tra esse, trassero a sorte
che cosa ognuna doveva fare: a Maria toccò la porpora per il velo del
tempio del Signore. Quando la prese, le altre vergini le dissero:
"Essendo tu l'ultima, umile e più piccola di tutte hai meritato di
ottenere la porpora". Così dicendo, quasi per gioco, iniziarono a
chiamarla regina delle vergini. Mentre tra di loro facevano questo,
apparve in mezzo a loro l'angelo del Signore e disse: "Questa
espressione non sarà un gioco, bensì l'espressione di una verissima
profezia". Spaventate dalla presenza dell'angelo e dalle sue parole, la
pregarono di perdonarle e pregare per loro.
[9.1] Annunciazione - Maria incinta. Il giorno dopo, mentre Maria era
alla fontana a riempire la brocca, le apparve un angelo del Signore, che
le disse: "Sei beata, o Maria, poiché nel tuo utero hai preparato una
abitazione per il Signore. Ecco che dal cielo verrà la luce e abiterà in
te e, per mezzo tuo, risplenderà in tutto il mondo".
[9.2] Di nuovo, il terzo giorno, mentre con le sue dita lavorava la
porpora, entrò da lei un giovane di inesprimibile bellezza. Vedendolo,
Maria ebbe paura e tremò. Ma egli le disse: "Ave Maria, piena di grazia,
il Signore è con te, benedetta tu tra le donne e benedetto il frutto del
tuo seno". All'udire ciò, tremò ed ebbe paura. Allora l'angelo del
Signore proseguì: "Non temere, o Maria. Hai trovato grazia presso Dio:
ecco che concepirai nell'utero e genererai un re che riempie non
soltanto la terra, ma anche il cielo, e regna nei secoli dei secoli".
[10.1] Mentre accadevano queste cose, Giuseppe era intento alla
edificazione di padiglioni nelle regioni vicino al mare; era, infatti,
falegname. Dopo nove mesi ritornò a casa sua e trovò Maria incinta.
Profondamente angustiato tremò e esclamò dicendo: "Signore Dio, prendi
il mio spirito. Per me, infatti, è meglio morire che vivere". Le vergini
che erano con Maria gli dissero: "Che dici, signor Giuseppe? Noi
sappiamo che nessun uomo l'ha toccata, noi siamo testimoni che in lei
restano purezza e integrità. Noi abbiamo vigilato su di lei: rimase
sempre con noi nella preghiera; angeli di Dio parlano quotidianamente
con lei; ogni giorno ha ricevuto il cibo dalla mano del Signore. Non
sappiamo come in lei ci possa essere un qualche peccato. Se vuoi che ti
confessiamo il nostro sospetto, non altri la rese incinta se non
l'angelo del Signore".
[10.2] Rispose Giuseppe: "Perché mi lusingate affinché io creda che
l'angelo del Signore l'ha ingravidata? Può essere che qualcuno l'abbia
ingannata fingendosi angelo del Signore". Così dicendo piangeva, e
aggiunse: "Con qual fronte oserò guardare il tempio del Signore, e con
quale faccia vedrò i sacerdoti di Dio? Che farò io?". Così dicendo
pensava di fuggire o allontanarla.
[11.1] Mentre pensava di allontanarsi, di nascondersi e di abitare in
luoghi deserti, nella notte gli apparve in sogno un angelo del Signore,
e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere Maria
come tua moglie: infatti, quanto è nel suo utero, proviene dallo Spirito
santo. Partorirà un figlio e il suo nome sarà Gesù: egli salverà il suo
popolo dai suoi peccati". Giuseppe, alzatosi dal sonno, rese grazie a
Dio e narrò la sua visione. Si rallegrò a proposito di Maria, dicendo:
"Ho peccato nutrendo dei sospetti a tuo riguardo".
[12.1] "L'acqua della gelosia". Dopo di questo si diffuse la notizia
della gravidanza di Maria. Giuseppe allora fu preso dagli inservienti
del tempio e con Maria fu condotto al pontefice che, insieme con i
sacerdoti, prese a rimproverarlo, dicendo: "Perché hai ingannato una
vergine così eccelsa, che fu nutrita dagli angeli di Dio nel tempio, che
mai volle vedere o avere un uomo, che aveva un'istruzione ottima nella
Legge di Dio? Se tu non le avessi usato violenza, ella sarebbe rimasta
nella sua verginità". Giuseppe assicurò, con giuramento, che non l'aveva
mai neppure toccata. Il pontefice Abiatar gli rispose: "Quant'è vero
Dio, ti farò portare ora l'acqua della bevanda del Signore, e subito si
svelerà il tuo peccato".
[12.2] Si radunò allora una grande moltitudine di popolo, e Maria fu
condotta al tempio. Sacerdoti, affini e parenti, piangevano dicendo a
Maria: "Confessa ai sacerdoti il tuo peccato. Tu infatti eri come una
colomba nel tempio di Dio, e ricevevi il cibo dalla mano di un angelo".
Di nuovo Giuseppe fu chiamato all'altare e gli fu data l'acqua della
bevanda del Signore: se un bugiardo l'avesse gustata, dopo avere
compiuto sette giri attorno all'altare, avrebbe ricevuto da Dio un
qualche segno sulla faccia. Giuseppe dunque bevette sicuro, compì i
sette giri attorno all'altare, e in lui non apparve alcun segno di
peccato. Allora tutti i sacerdoti, gli inservienti e la folla lo
dichiararono giusto, esclamando: "Sei stato beatificato perché in te non
fu trovata colpa alcuna".
[12.3] Chiamarono poi Maria e le dissero: "E tu che scusa puoi avere?
Qual segno può apparire in te che sia maggiore della gravidanza del tuo
ventre? Questa ti tradisce. Poiché Giuseppe è puro a tuo riguardo, a te
domandiamo che confessi chi è colui che ti ha tradito. Poiché è meglio
che tu lo sveli con la tua confessione piuttosto che l'ira di Dio ti
manifesti infedele in mezzo al popolo imprimendo un segno sulla tua
faccia". Maria allora, intrepida, disse con fermezza: "Signore Dio, re
di tutti, tu conosci i segreti: se in me vi è qualche macchia o peccato,
concupiscenza o impudicizia, manifestalo al cospetto di tutti i popoli
affinché per tutti io diventi esempio di emendazione". Così dicendo si
appressò fiduciosa all'altare del Signore, bevve l'acqua della bevanda,
fece sette giri intorno all'altare, e in lei non apparve macchia alcuna.
[12.4] Il popolo era fuori di sé dallo stupore: vedeva il ventre gravido
e non scorgeva alcun segno sulla di lei faccia; incominciò allora un
subbuglio e un parlare vario e concitato. Alcuni dicevano: è santa e
immacolata; altri invece: è cattiva e contaminata. Maria allora
vedendosi sospettata dal popolo e ritenuta non totalmente esente da
colpa, disse a voce chiara per essere sentita da tutti: "Quant'è vero
che vive il Signore Adonai, Signore degli eserciti, davanti al quale
sto, io non ho mai conosciuto uomo; sono invece conosciuta da colui al
quale ho consacrato la mia mente dall'età della mia infanzia. Dalla mia
infanzia ho fatto a Dio il voto di restare integra per colui che mi ha
creato. Io ho fiducia di vivere solo per lui, e di servire solo lui.
Fino a quando vivrò, rimarrò in lui senza alcuna macchia". Tutti allora
presero a baciare i suoi piedi e ad abbracciare le sue ginocchia,
supplicandola di perdonare i loro cattivi sospetti. La folla, i
sacerdoti e tutte le vergini la condussero a casa sua con esultanza e
gioia grande, gridando e dicendo: "Sia benedetto il nome del Signore nei
secoli, poiché ha manifestato la tua santità a tutto il suo popolo
Israele".
[13.1] Nascita di Gesù. Dopo un certo periodo accadde che si facesse un
censimento a motivo di un editto di Cesare Augusto, e tutta la terra si
fece iscrivere, ognuno nella sua patria. Questo censimento fu fatto dal
preside della Siria, Cirino. Fu dunque necessario che Giuseppe, con
Maria, si facesse iscrivere a Betlemme, poiché Giuseppe e Maria erano di
qui, della tribù di Giuda e della casata di Davide. Mentre Giuseppe e
Maria camminavano lungo la strada che conduce a Betlemme, Maria disse a
Giuseppe: "Vedo davanti a me due popoli, uno piange e l'altro è
contento". Giuseppe le rispose: "Stattene seduta sul tuo giumento e non
dire parole superflue". Apparve poi davanti a loro un bel giovane
vestito di abito bianco, e disse a Giuseppe: "Perché hai detto che erano
parole superflue quelle dette da Maria a proposito dei due popoli? Vide
infatti il popolo giudaico piangere, essendosi allontanato dal suo Dio,
e il popolo pagano gioire, perché oramai si è accostato e avvicinato al
Signore, secondo quanto aveva promesso ai padri nostri Abramo, Isacco, e
Giacobbe: di fatti, è giunto il tempo nel quale, nella discendenza di
Abramo, è concessa la benedizione a tutte le genti".
[13.2] Ciò detto, l'angelo ordinò di fermare il giumento, essendo giunto
il tempo di partorire; comandò poi alla beata Maria di discendere
dall'animale e di entrare in una grotta sotto una caverna nella quale
non entrava mai la luce ma c'erano sempre tenebre, non potendo ricevere
la luce del giorno. Allorché la beata Maria entrò in essa, tutta si
illuminò di splendore quasi fosse l'ora sesta del giorno. La luce divina
illuminò la grotta in modo tale che né di giorno né di notte, fino a
quando vi rimase la beata Maria, la luce non mancò. Qui generò un
maschio, circondata dagli angeli mentre nasceva. Quando nacque stavte
ritto sui suoi piedi, ed essi lo adorarono dicendo: "Gloria a Dio nel
più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà".
[13.3] Era infatti giunta la nascita del Signore, e Giuseppe era andato
alla ricerca di ostavriche. Trovatele, ritornò alla grotta e trovò Maria
con il bambino che aveva generato. Giuseppe disse alla beata Maria: "Ti
ho condotto le ostavriche Zelomi e Salome, rimaste davanti all'ingresso
della grotta non osando entrare qui a motivo del grande splendore". A
queste parole la beata Maria sorrise. Giuseppe le disse: "Non sorridere,
ma sii prudente, lasciati visitare affinché vedano se, per caso, tu
abbia bisogno di qualche cura". Allora ordinò loro di entrare. Entrò
Zelomi; Salome non entrò. Zelomi disse a Maria: "Permettimi di
toccarti". Dopo che lei si lasciò esaminare, l'ostavrica esclamò a gran
voce dicendo: "Signore, Signore grande, abbi pietà. Mai si è udito né
mai si è sospettato che le mammelle possano essere piene di latte perché
è nato un maschio, e la madre sia rimasta vergine. Sul neonato non vi à
alcuna macchia di sangue e la partoriente non ha sentito dolore alcuno.
Ha concepito vergine, vergine ha generato e vergine è rimasta".
[13.4] All'udire questa voce, Salome disse: "Permetti che ti tocchi e
sperimenti se è vero quanto disse Zelomi". Dopo che la beata Maria
concesse di lasciarsi toccare, Salome mise la sua mano. Ma quando
ritrasse la mano che aveva toccato, la mano inaridì e per il grande
dolore incominciò a piangere e ad angustiarsi disperatamente gridando:
"Signore Dio, tu sai che io ti ho temuto sempre, e ho curato i poveri
senza ricompensa, non ho mai preso nulla dalle vedove e dall'orfano, e
il bisognoso non l'ho mai lasciato andare via da me a mani vuote. Ma ora
eccomi diventata miserabile a motivo della mia incredulità, perché
volli, senza motivo, provare la tua vergine".
[13.5] Mentre così parlava apparve a fianco di lei un giovane di grande
splendore, e le disse: "Avvicinati al bambino, adoralo, toccalo con la
tua mano ed egli ti salverà: egli infatti è il Salvatore del mondo e di
tutti coloro che in lui sperano". Subito lei si avvicinò al bambino e,
adorandolo, toccò un lembo dei panni nei quali era avvolto, e subito la
sua mano guarì. Uscendo fuori incominciò a gridare le cose mirabili che
aveva visto e sperimentato, e come era stata guarita; molti credettero a
causa della sua predicazione.
[13.6] Anche i pastori di pecore asserivano di avere visto degli angeli
che, nel cuore della notte, cantavano un inno, lodavano il Dio del cielo
e dicevano che era nato il Salvatore di tutti, che è Cristo Signore, nel
quale sarà ridata la salvezza a Israele.
[13.7] Una enorme stella splendeva dalla sera al mattino sopra la
grotta; così grande non si era mai vista dalla creazione del mondo. I
profeti che erano a Gerusalemme dicevano che questa stella segnalava la
nascita di Cristo, che avrebbe realizzato la promessa fatta non solo a
Israele, ma anche a tutte le genti.
[14.1] Tre giorni dopo la nascita del Signore nostro Gesù Cristo, la
beatissima Maria uscì dalla grotta ed entrò in una stalla, depose il
bambino in una mangiatoia, ove il bue e l'asino l'adorarono. Si adempì
allora quanto era stato detto dal profeta Isaia, con le parole: "Il bue
riconobbe il suo padrone, e l'asino la mangiatoia del suo signore". Gli
stessi animali, il bue e l'asino, lo avevano in mezzo a loro e lo
adoravano di continuo. Si adempì allora quanto era stato detto dal
profeta Abacuc, con le parole: "Ti farai conoscere in mezzo a due
animali". Giuseppe con Maria, rimase nello stesso luogo per tre giorni.
[15.1] Il sesto giorno entrarono in Betlemme, dove passarono il giorno
settimo. L'ottavo giorno circoncisero il bambino e gli diedero nome
"Gesù", come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito.
Terminati i giorni della purificazione di Maria, secondo la Legge di
Mosè, Giuseppe condusse il bambino al tempio del Signore. Quando il
bambino ricevette la "peritomè" ("peritomo" significa circoncisione),
offrirono un paio di tortore o due piccini di colombe.
[15.2] Nel tempio c'era un certo uomo di Dio, perfetto e giusto, di nome
Simeone, di anni centododici. Questi aveva ricevuto da Dio la promessa
che non avrebbe gustato la morte senza avere prima visto, vivo in carne,
il Cristo figlio di Dio. Visto il bambino, egli esclamò a gran voce:
"Dio visitò il suo popolo, e il Signore adempì la sua promessa". E
subito l'adorò. Dopo lo prese nel suo mantello e baciando i suoi piedi,
disse: "Ora, o Signore, lascia andare in pace il tuo servo poiché i miei
occhi videro la tua salvezza che hai preparato al cospetto di tutti i
popoli, luce per illuminare le genti, e gloria del tuo popolo, Israele".
[15.3] Nel tempio c'era pure la profetessa di nome Anna, figlia di
Fanuel, della tribù di Aser, che aveva vissuto con suo marito sette anni
dalla sua verginità: ed era vedova già da ottantaquattro anni. Non si
era mai allontanata dal tempio del Signore, ed era dedita a digiuni e
preghiere. Anche lei adorò il bambino affermando che in lui c'è la
redenzione del mondo.
[16.1] I magi e la fuga in Egitto. Trascorso il secondo anno, dei magi
vennero dall'Oriente a Gerusalemme portando grandi doni. E subito
interrogarono i Giudei, dicendo: "Dov'è il re che vi è nato? In Oriente
infatti abbiamo visto la sua stella e siamo venuti ad adorarlo". Questa
voce giunse al re Erode e lo spaventò così tanto che radunò scribi,
farisei e dottori del popolo per interrogarli dove, secondo i profeti,
sarebbe nato Cristo. Essi risposero: "In Betlemme di Giuda. Sta scritto
infatti: "E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei affatto la più piccola
tra i principi di Giuda. Da te, invero, nascerà il duce che reggerà il
mio popolo Israele"". Erode allora convocò i magi presso di sé e da loro
indagò diligentemente quando era apparsa ad essi la stella. Mandandoli
poi in Betlemme, disse: "Andate e informatevi diligentemente sul
bambino. Quando lo troverete, fatemelo sapere affinché anch'io venga ad
adorarlo".
[16.2] Mentre i magi se ne andavano, per la strada apparve loro la
stella che, precedendoli fino a quando giunsero ove era il bambino, fu
quasi la loro guida. Vedendo la stella, i magi si rallegrarono con
grande gioia e, entrati nella casa, trovarono il bambino Gesù seduto sul
grembo di sua madre. Aprirono allora i loro tesori e regalarono grandi
doni alla beata Maria e a Giuseppe. Al bambino poi offrirono ciascuno
una moneta d'oro; così pure uno offrì oro, un altro incenso, il terzo
mirra. Volevano ritornare dal re Erode, ma in sonno furono avvertiti da
un angelo di non ritornare da Erode. Per un'altra strada se ne
ritornarono nella loro regione.
[17.1] Erode, vedendo che era stato burlato dai magi, si gonfiò in cuor
suo, e mandò per ogni strada volendo prenderli e ucciderli. Non
trovandoli, mandò nuovamente in Betlemme e in tutti i suoi confini a
uccidere tutti i bambini che si trovavano dai due anni in giù, in base
al tempo del quale era stato informato dai magi.
[17.2] Un giorno prima che avvenisse questo, Giuseppe fu avvertito in
sogno da un angelo del Signore che gli disse: "Prendi Maria e il bambino
e va in Egitto per la via del deserto". Giuseppe, seguendo l'ordine
dell'angelo, partì.
[18.1] Prodigi nel viaggio e in Egitto. Giunti a una grotta vollero
riposarsi. La beata Maria discese dal giumento e, seduta, teneva il
bambino Gesù sul suo grembo. Con Giuseppe c'erano tre ragazzi e con
Maria una ragazza che facevano la stessa strada. Improvvisamente dalla
grotta uscirono molti draghi: i ragazzi, vedendoli, furono presi da gran
timore e gridarono. Allora Gesù scese dal grembo di sua madre, stavte
dritto sui suoi piedi davanti ai draghi: essi però adorarono Gesù e poi
se ne andarono via. Si adempì allora quanto era stato detto dal profeta
Davide, con le parole: dalla terra lodate il Signore, o draghi e abissi
tutti. Ma egli, il bambinello Gesù, camminando davanti ad essi, ordinò
loro di non fare più male a nessuno. Maria e Giuseppe temevano che il
bambino fosse morso dai draghi; ma Gesù disse: "Non temete, e non
pensate che io sia un bambino. Io infatti sono sempre stato perfetto e
lo sono tuttora: è necessario che davanti a me tutte le bestie
selvatiche diventino mansuete".
[19.1] I leoni e i leopardi lo adoravano e si accompagnavano a loro nel
deserto: ovunque andavano Giuseppe e Maria, li precedevano, mostrando la
strada, chinando la loro testa; prestando loro servizio, facevano le
feste con la coda e lo adoravano con grande riverenza. La prima volta
che Maria vide leoni, leopardi e altre specie di fiere venire attorno a
loro si spaventò grandemente. Guardandola in faccia con volto sereno,
Gesù disse: "Mamma, non temere. Non vengono per farti del male, bensì si
premurano di ossequiare te e me". Con queste parole allontanò il timore
dal suo cuore.
[19.2] I leoni camminavano con essi, con i buoi, gli asini e le bestie
da soma che portavano le cose necessarie, e, pur restando insieme, non
facevano male ad alcuno, ma rimanevano mansueti tra le pecore e i
montoni che avevano condotto seco dalla Giudea e avevano con sé.
Camminavano tra i lupi e non avevano paura di nulla, e nessuno era
molesto all'altro. Si avverò allora quanto era stato detto dal profeta:
i lupi pascoleranno con gli agnelli. Il leone e il bue mangeranno
insieme la paglia. C'erano infatti due buoi e un carro nel quale
portavano le cose necessarie e lungo il cammino li guidavano i leoni.
[20.1] Nel terzo giorno di viaggio, gli altri camminavano, ma la beata
Maria stanca per il troppo calore del sole del deserto e vedendo un
albero di palma disse a Giuseppe: "Mi riposerò alquanto all'ombra di
quest'albero". Giuseppe dunque la condusse premuroso dalla palma e la
fece discendere dal giumento. Sedutasi, la beata Maria guardò la chioma
della palma, la vide piena di frutti e disse a Giuseppe: "Desidererei,
se possibile, prendere dei frutti di questa palma". Giuseppe le rispose:
"Mi meraviglio che tu dica questo, e che, vedendo quanto è alta questa
palma, tu pensi di mangiare dei suoi frutti. Io penso piuttosto alla
mancanza di acqua: è già venuta meno negli otri e non abbiamo onde
rifocillare noi e i giumenti".
[20.2] Allora il bambino Gesù, che riposava con viso sereno sul grembo
di sua madre, disse alla palma: "Albero, piega i tuoi rami e ristora mia
mamma con il tuo frutto". A queste parole, la palma piegò subito la sua
chioma fino ai piedi della beata Maria; da essa raccolsero i frutti con
i quali tutti si rifocillarono. Dopo che li ebbero raccolti tutti, la
palma restava inclinata aspettando, per drizzarsi, il comando di colui
al cui volere si era inclinata. Gesù allora le disse: "Palma, alzati,
prendi forza e sii compagna dei miei alberi che sono nel paradiso di mio
padre. Apri con le tue radici la vena di acqua che si è nascosta nella
terra, affinché da essa fluiscano acque a nostra sazietà". La palma
subito si eresse, e dalla sua radice incominciò a scaturire una fonte di
acque limpidissime oltremodo fresche e chiare. Vedendo l'acqua sorgiva
si rallegrarono grandemente e si dissetarono con essi anche tutti i
giumenti e le bestie. Resero quindi grazie a Dio.
[21.1] Il giorno dopo partirono di là. Quando incominciarono il cammino,
Gesù si rivolse alla palma e disse: "Palma, ti dò il privilegio, che uno
dei tuoi rami sia trasportato dai miei angeli e piantato nel paradiso di
mio padre. Ti conferisco la benedizione che a tutti coloro che lottano e
vincono, si dica: sei giunto alla palma della vittoria". Mentre diceva
questo, l'angelo del Signore apparve dritto sulla palma e, preso uno dei
suoi rami, volò al cielo con il ramo in mano. Ciò vedendo, tutti caddero
con la faccia a terra e restarono come morti. Gesù, rivolto a loro,
disse: "Perché la paura ha afferrato il vostro cuore? Non sapete che la
palma che io feci trasferire in paradiso, sarà nel luogo di delizie a
disposizione di tutti gli uomini santi, come fu a disposizione nostra in
questo luogo solitario?". Quelli, allora, tutti pieni di gioia,
divennero forti, e si alzarono.
[22.1] Dopo di questo, mentre erano in viaggio, Giuseppe disse a Gesù:
"Signore, questo calore ci cuoce. Se gradisci, seguiamo la strada lungo
il mare affinché possiamo riposarci nelle città marittime". Gesù gli
rispose: "Non temere, Giuseppe. Io vi accorcerò la strada sicché, quanto
cammino avreste percorso in trenta giorni, lo compirete in questo solo
giorno". Mentre essi parlavano così, spinsero lo sguardo innanzi e
incominciarono a vedere i monti dell'Egitto e le sue città.
[22.2] Giunsero contenti ai confini di Ermopoli, ed entrarono in una
città dell'Egitto chiamata Sotine. E siccome in essa non vi era nessun
conoscente al quale potessero chiedere ospitalità, entrarono in un
tempio che era detto campidoglio d'Egitto. In questo tempio vi erano
trecentocinquantacinque idoli, ai quali ogni giorno erano tributati, in
modo sacrilego, onori divini. Gli Egiziani della stessa città entrarono
nel campidoglio ove i sacerdoti presero ad ammonirli affinché ogni
giorno, come era richiesto dall'onore divino, offrissero i loro
sacrifici.
[23.1] Ma avvenne che, entrata nel tempio la beatissima Maria con il
bambino, tutti gli idoli si prostrarono a terra, sicché giacevano tutti
con la faccia a terra completamente rovinati e spezzati, mostrando così
che non erano proprio nulla. Si compì allora quanto era stato detto dal
profeta Isaia: "Ecco, il Signore verrà su di una nube leggera, entrerà
in Egitto e al suo cospetto saranno scosse tutte le opere manufatte
degli Egiziani".
[24.1] La notizia fu riferita a Affrodisio, governatore di quella città,
ed egli venne al tempio con tutto il suo esercito. Visto che Affrodisio
era venuto al tempio con tutto il suo esercito, i pontefici pensavano
che fosse venuto soltanto per vendicarsi contro coloro che erano stati
causa della caduta degli idoli. Egli, invece, entrato nel tempio, visti
tutti gli idoli giacere prostrati faccia a terra, si appressò alla beata
Maria che portava il Signore sul suo grembo, l'adorò e disse a tutto il
suo esercito e a tutti i suoi amici: "Se questi non fosse il dio dei
nostri dèi, i nostri dèi non sarebbero caduti faccia a terra davanti a
lui, né giacerebbero prostrati al suo cospetto. Noi tutti dunque se non
faremo con maggiore attenzione ciò che vediamo fare dai nostri dèi,
potremo incorrere nel pericolo della sua indignazione e andare tutti
incontro alla morte, come accadde al faraone re d'Egitto il quale, non
avendo creduto a numerosi prodigi, fu sommerso in mare con tutto il suo
esercito". Tutto il popolo di quella città credette, allora, nel Signore
Dio per mezzo di Gesù Cristo.
[25.1] Ritorno dall'Egitto e primi prodigi. Non molto tempo dopo, un
angelo disse a Giuseppe: "Ritorna nella tua terra di Giuda. Coloro che
cercavano la vita del fanciullo, sono morti".
[26.1] Dopo il ritorno di Gesù dall'Egitto, mentre era in Galilea, già
al principio del quarto anno di età, un giorno di sabato giocava con dei
fanciulli presso il letto del Giordano. Gesù, sedutosi, fece sette
laghetti di fango, dotò ciascuno di canaletti per mezzo dei quali, a un
suo comando, portava acqua dal torrente al lago e di nuovo la riportava.
Uno di quei fanciulli, un figlio del diavolo, con animo invidioso,
chiuse le imboccature dei canaletti che portavano acque nei laghetti e
mandò all'aria quanto aveva fatto Gesù. Allora Gesù gli disse: "Guai a
te, figlio di morte, figlio di Satana. Osi tu distruggere quanto io ho
compiuto?". Colui che aveva agito così, subito morì.
[25.2] Alzarono allora la voce i genitori del morto contro Maria e
Giuseppe; dicevano loro: "Vostro figlio ha maledetto il nostro figlio ed
è morto". Giuseppe e Maria si recarono subito da Gesù a causa del
tumulto dei genitori del ragazzo e dell'assembramento dei Giudei.
Giuseppe disse in segreto a Maria: "Io non oso parlargli. Ammoniscilo
tu, dicendogli: perché hai suscitato contro di noi l'odio del popolo, e
ci tocca sopportare l'odio molesto della gente?". Giunta da lui la madre
lo pregò dicendo: "Signore mio, che ha fatto mai costui per morire?".
Egli le rispose: "Era degno di morte, avendo mandato all'aria quanto io
avevo fatto".
[25.3] La madre allora lo pregava, dicendo: "No, Signore mio, perché
tutti insorgono contro di noi". Non volendo rattristare sua madre, con
il suo piede destro egli toccò il sedere del morto dicendogli: "Alzati,
figlio iniquo. Non sei degno, infatti, di entrare nella pace di mio
padre, avendo tu mandato all'aria quanto io avevo fatto". Allora colui
che era morto risuscitò e se ne andò. E Gesù, attraverso un canaletto
conduceva, al suo comando, le acque nei laghetti.
[27.1] Accadde dopo che, alla vista di tutti, Gesù prese del fango dai
laghetti che aveva fatto e con esso plasmò dodici passeri. Quando Gesù
fece questo era di sabato e con lui c'erano molti fanciulli. Un giudeo,
vedendolo fare questo, disse a Giuseppe: "Non vedi, Giuseppe, che il
fanciullo Gesù compie di sabato ciò che non gli è lecito fare? Con il
fango, plasmò dodici passeri". Udito ciò, Giuseppe lo rimproverò,
dicendo: "Perché fai di sabato cose che non ci è lecito fare?". Udendo
le parole di Giuseppe e picchiando una mano contro l'altra, disse ai
suoi passeri: "Volate!". E alla voce del suo comando presero a volare.
Mentre tutti erano lì e vedevano e udivano, disse agli uccelli: "Andate
e volate per la terra e per tutto il mondo, e vivete!". I presenti
vedendo tali prodigi, furono pieni di grande stupore. Alcuni lo lodavano
e l'ammiravano, ma altri lo biasimavano. Certuni andarono dai principi
dei sacerdoti e dai capi dei farisei e annunziarono loro come Gesù,
figlio di Giuseppe, avesse compiuto grandi prodigi e miracoli davanti a
tutto il popolo di Israele. Ciò fu annunziato nelle dodici tribù di
Israele.
[28.1] Di nuovo avvenne che un figlio del sacerdote del tempio, Anna,
giunse con Giuseppe; alla vista di tutti, tenendo in mano un bastone
distrusse con rabbia i laghetti che Gesù aveva fatto con le sue mani e
ne disperse l'acqua che vi aveva raccolta dal torrente. Chiuse e
distrusse gli stessi canaletti dai quali entrava l'acqua. Ciò visto,
Gesù disse a quel ragazzo che aveva mandato all'aria i suoi laghetti: "O
pessimo rampollo di iniquità, figlio di morte, officina di Satana, il
frutto del tuo seme sarà veramente senza forza, le tue radici senza
umore, i tuoi rami aridi e sprovvisti di frutto". E alla vista di tutti,
il ragazzo rimase stecchito e morì. Giuseppe allora tremò, prese Gesù,
se ne tornò a casa sua con lui.
[29.1] Con lui c'era la madre. Improvvisamente, dalla parte contraria,
un altro ragazzo, anch'egli operaio di iniquità, si buttò di corsa sulla
spalla di Gesù con l'intenzione di schernirlo o fargli del male, se
avesse potuto. Gesù gli disse: "Che tu non possa tornare sano dalla via
sulla quale cammini". E subito cadde e morì. I genitori del morto, che
avevano visto l'accaduto, esclamarono: "Donde è nato questo ragazzo? É
evidente che ogni parola che dice è vera e spesso si realizza prima
ancora che la pronunci". I genitori del ragazzo si avvicinarono a
Giuseppe e gli dissero: "Togli Gesù da questo luogo! Non può abitare con
noi in questo comune. O, almeno, insegnagli a benedire e a non
maledire". Giuseppe si avvicinò a Gesù e l'ammonì, dicendo: "Perché fai
tali cose? Sono già molti quelli che si lamentano di te; a causa tua ci
odiano e sopportiamo, a causa tua, le molestie degli uomini". Gesù
rispose a Giuseppe, dicendo: "Nessun figlio è saggio se non colui che è
stato istruito da suo padre secondo la scienza di questo tempo, e la
maledizione del padre nuoce soltanto a quelli che fanno del male". Si
radunarono allora contro Gesù e lo accusarono presso Giuseppe. Al vedere
questo, Giuseppe fu oltremodo spaventato, temendo la violenza e la
sedizione del popolo di Israele. Ma in quel momento Gesù prese per
l'orecchio il fanciullo morto, lo tenne sospeso da terra alla presenza
di tutti, e videro Gesù parlare con lui come fa un padre con suo figlio.
Il suo spirito ritornò in lui ed egli rivisse. E tutti ne furono
stupiti.
[30.1] Gesù a scuola. Un certo maestro giudeo di nome Zachia udì Gesù
che pronunciava tali parole e, vedendo che in lui c'era una insuperabile
conoscenza della virtù, ne rimase addolorato e incominciò a parlare
contro Giuseppe in modo indiscreto, stolto, e senza timore. Diceva: "Non
vuoi tu affidare tuo figlio affinché sia istruito nella scienza umana e
nel timore? Vedo che tu e Maria amate vostro figlio più che le
tradizioni degli anziani del popolo. É infatti necessario che noi
onoriamo maggiormente i sacerdoti di tutta la chiesa di Israele, e ci
preoccupiamo che egli abbia amore verso i bambini, e sia da noi istruito
nella dottrina giudaica".
[30.2] Giuseppe però gli rispose: "E chi è mai colui che può tenere e
istruire questo bambino? Se tu lo puoi tenere e istruire, noi non siamo
contrari che tu l'istruisca in tutte quelle cose che tutti devono
imparare". Udito quanto aveva detto Zachia, Gesù gli rispose: "I
precetti della Legge, dei quali tu hai parlato poc'anzi e tutte le cose
alle quali tu ti sei riferito bisogna che siano osservati da coloro che
sono istruiti nelle scienze umane; ma io sono estraneo ai vostri
tribunali, e non ho un padre carnale. Tu che leggi la Legge e sei
istruito, resta nella Legge; io invece ero prima della Legge. Mentre tu
ritieni di non avere alcun uguale nella dottrina, sarai istruito da me:
nessun altro, infatti, può insegnare le cose alle quali tu hai fatto
cenno; lo può soltanto colui che ne è degno. Quando io sarò esaltato da
terra, porrò fine a ogni menzione della vostra genealogia. Tu non sai
quando sei nato: io solo so quando siete nati e quanto tempo durerà la
vostra vita sulla terra".
[30.3] Tutti coloro che udivano queste chiare parole, si stupivano e
esclamavano: "Oh, oh, oh, questo è un mistero magnificamente grande e
mirabile. Non abbiamo mai udito cose simili. Mai da alcun altro, né dai
profeti, né dai farisei, né dagli scribi, è stato udito o detto qualcosa
di simile. Noi sappiamo dove è nato costui; e ancora non ha raggiunto i
cinque anni: e come mai sa dire tali cose". I farisei risposero: "Noi
non abbiamo udito mai simili parole da un bambino della sua età".
[30.4] Gesù rispose loro: "Voi vi meravigliate che un bambino dica cose
simili? Perché dunque non credete a me per quelle cose di cui vi ho
parlato? Siccome vi ho detto che so quando siete nati, tutti vi
meravigliate: vi dirò cose più grandi, e ne resterete ben più
meravigliati. Io vidi Abramo, che voi dite essere vostro padre, ho
parlato con lui ed egli mi ha visto". Ciò udito, si tacquero e più
nessuno di loro osava parlare. Gesù disse loro: "Sono stato in mezzo a
voi con i bambini, e non mi avete conosciuto. Vi ho parlato come a
persone sagge, e non avete distinto la mia voce perché siete minori di
me, e di poca fede".
[31.1] Il maestro Zachia disse di nuovo a Giuseppe e a Maria: "Datemi il
ragazzo e io l'affiderò al maestro Levi affinché gli insegni le lettere
e lo istruisca". Allora Giuseppe e Maria, accarezzando Gesù, lo
condussero a scuola affinché fosse istruito nelle lettere dal vecchio
Levi. Entrato che fu, Gesù taceva. Il maestro Levi diceva a Gesù una
lettera iniziando dalla prima, la lettera aleph e gli diceva:
"Rispondi!". Ma Gesù taceva e non rispondeva. Il precettore Levi,
adirato, prese una verga di storace e lo percosse sulla testa.
[31.2] Ma Gesù disse al maestro Levi: "Perché mi percuoti? Sappi che, in
verità, io che sono percosso ammaestro colui che mi percuote assai più
di quanto io possa essere ammaestrato. Io, infatti, ti posso insegnare
quelle cose che tu stesso dici. Ma tutti costoro che parlano sono ciechi
e ascoltano, come bronzo risonante o cembalo squillante, nei quali non
ci sono quelle cose delle quali si intende il suono". Gesù soggiunse poi
a Zachia: "Ogni lettera, dall'aleph fino al tav, si distingue dalla
disposizione. Prima, dunque, tu dì che cos'è la tav, e io poi ti dirò
che cos'è l'aleph". Disse ancora loro Gesù: "Coloro che non conoscono l'aleph,
come possono insegnare la tav, ipocriti? Dite prima che cosa è l'aleph
ed io poi vi crederò quando parlerete della beth". Gesù iniziò così a
domandare i nomi delle singole lettere, e chiese: "Il maestro della
Legge dica che cos'è la prima lettera, perché ha molti triangoli
graduati, subacuti, divisi in mezzo, opposti, allungati, eretti,
giacenti e in curva". All'udire questo, Levi restò stupefatto di una
così molteplice disposizione dei nomi delle lettere.
[31.3] Incominciò allora a gridare a quanti l'udivano, dicendo: "Come
può vivere sulla terra costui? Al contrario, è degno di essere appeso a
una grande croce. Può, infatti, spegnere il fuoco ed eludere altri
tormenti. Ritengo che egli esisteva prima del cataclisma, ed è nato
prima del diluvio. Qual ventre mai l'ha portato? O quale madre l'ha
generato? O quali mammelle l'hanno allattato? Davanti a lui io fuggo,
non potendo resistere alla parola della sua bocca, e il mio cuore resta
stupito all'udire simili parole. Credo che nessun uomo possa intendere
la sua parola, a meno che Dio non sia con lui. Proprio io, infelice, mi
sono dato in balia delle sue derisioni. Mentre pensavo di avere un
discepolo, ho incontrato il mio maestro, che ignoravo. Che dirò? Non
riesco a sopportare le parole di questo ragazzo: fuggirò da questo
comune, non riuscendo a comprendere queste cose. Io, vecchio, sono stato
vinto da un bambino, poiché non riesco a trovare né l'inizio né la fine
delle cose che egli dice. É, invero, difficile, da soli, trovare il
principio. Non mento, asserendo che ai miei occhi, l'operare di questo
ragazzo, gli inizi del suo parlare e gli scopi delle sue intenzioni non
hanno nulla di comune con gli uomini. Non so se questo è un mago o se è
un dio; o, certamente, un angelo di Dio parla in lui. Donde sia, donde
venga, che ne sarà di lui, non lo so".
[31.4] Allora Gesù, con il volto sereno, sorrise di lui e disse con
autorità a tutti i presenti figli di Israele in ascolto: "Gli
infruttuosi fruttifichino, i ciechi vedano, gli zoppi camminino dritti,
i poveri godano dei beni, e i morti rivivano affinché ciascuno ritorni
al suo stato primitivo e resti in esso, questo è la radice della vita e
della dolcezza perpetua". Dopo che il bambino Gesù ebbe così parlato,
subito guarirono tutti coloro che erano caduti in maligne infermità. E
più non osavano dirgli qualcosa o ascoltarlo.
[32.1] Altri prodigi di Gesù. Dopo ciò, Giuseppe e Maria se ne andarono
con Gesù nella città di Nazaret: e lì egli restò con i suoi genitori. Un
giorno di sabato, Gesù giocava con dei bambini sulla terrazza di una
casa, e avvenne che uno dei bambini gettò un altro dalla terrazza giù a
terra, e questo morì. I genitori del morto, non avendo visto la cosa,
gridavano contro Giuseppe e Maria, dicendo: "Vostro figlio gettò per
terra il nostro, ed è morto". Gesù taceva e non rispondeva nulla.
Giuseppe e Maria vennero di corsa da Gesù e sua madre lo supplicò,
dicendo: "Signore mio, dimmi se sei stato tu a gettarlo per terra".
Subito Gesù discese dalla terrazza per terra e chiamò il ragazzo per
nome, Zenone. E quello gli rispose: "Signore". Gli disse Gesù: "Sono
forse stato io a buttarti giù per terra dalla terrazza?". E quegli
rispose: "No, Signore". I genitori del ragazzo che era stato ucciso si
meravigliarono, e in seguito a questo prodigio resero onore a Gesù.
Giuseppe e Maria con Gesù se ne andarono di là a Gerico.
[33.1] Gesù aveva sei anni e sua madre lo mandò con una brocca ad
attingere acqua alla fontana assieme a dei bambini. E avvenne che, dopo
avere attinto l'acqua, uno dei bambini gli diede una spinta e rovesciò
la brocca rompendola. Ma Gesù stese il mantello di cui si serviva, e
raccolse nel mantello tanta acqua quanta ne conteneva la brocca, e la
portò a sua madre. A questa vista lei fu presa da meraviglia: meditava
tra sé, e riponeva tutto in cuor suo.
[34.1] Un giorno prese un po' di grano dal granaio di sua madre e lo
seminò in un campo: il grano nacque, crebbe e si moltiplicò in gran
quantità; alla fine, egli stesso lo mieté, ne raccolse i frutti, ne fece
tre cori e li donò ai suoi molti discepoli.
[35.1] C'è una strada che esce da Gerico e va verso il fiume Giordano
ove passarono i figli di Israele: si dice che lì si sia fermata l'arca
del testamento. Gesù aveva otto anni, quando uscì da Gerico e andò verso
il Giordano; lungo la strada, vicino alla riva del Giordano, c'era una
caverna nella quale una leonessa nutriva i suoi piccoli, e perciò
nessuno poteva camminare sicuro per quella strada. Gesù, dunque, venendo
da Gerico, sapeva che nella caverna c'era una leonessa con i suoi
piccoli, tuttavia vi entrò alla presenza di tutti. Appena i leoni videro
Gesù, gli andarono incontro e l'adorarono; Gesù si pose a sedere nella
caverna e i leoncelli correvano qua e là intorno ai suoi piedi, lo
accarezzavano e scherzavano con lui.
[35.2] I leoni più vecchi se ne stavano discosti a testa bassa,
adorandolo e facendogli festa con la coda. Allora il popolo che se ne
stava discosto, non vedendo Gesù, disse: "Se costui, o i suoi genitori,
non avesse compiuto dei peccati gravi non si sarebbe offerto ai leoni".
Mentre il popolo pensava queste cose ed era in preda a grande timore,
ecco che, al cospetto di tutti, Gesù uscì dalla caverna preceduto dai
leoni mentre i leoncelli giocavano tra i suoi piedi. I genitori di Gesù,
a testa bassa, e un po' discosti, se ne stavano ad osservare; anche il
popolo, a causa dei leoni, se ne stava discosto, ma non osavano
congiungersi ad essi. Allora Gesù prese a dire al popolo: "Quanto le
bestie sono migliori di voi! Esse conoscono il loro Signore e lo
glorificano mentre voi, uomini, che siete fatti a immagine e somiglianza
di Dio, lo ignorate. Le bestie mi riconoscono e si fanno mansuete gli
uomini mi vedono e non mi riconoscono".
[36.1] Poi Gesù, sotto gli occhi di tutti, passò il Giordano con i leoni
e l'acqua del Giordano si divise a destra e a sinistra. Disse allora ai
leoni, ma lo sentirono tutti: "Andate in pace e non fate male a nessuno;
ma anche l'uomo non vi rechi molestia fino a che siate ritornati là
donde siete usciti". Essi lo salutarono non soltanto con la voce, ma
anche con il corpo, e poi se ne andarono nei loro luoghi. E Gesù se ne
ritornò da sua madre.
[37.1] Giuseppe, essendo falegname, faceva attrezzi di legno, gioghi per
buoi, aratri, strumenti per smuovere la terra e adatti alle colture,
letti di legno, e un giorno andò da lui un giovane che gli commissionò
un letto di sei cubiti. Giuseppe ordinò al suo garzone di tagliare il
legno con una sega di ferro, secondo la misura comandata. Ma questi non
seguì in tutto la misura prescritta, e fece una parte del legno più
corta dell'altra. Giuseppe, tutto impensierito, incominciò a escogitare
che cosa gli conveniva fare.
[37.2] Quando Gesù lo vide così impensierito, poiché la cosa fatta gli
pareva irrimediabile, gli rivolse una parola consolatoria: "Vieni,
disse, teniamo i capi delle assi, accostiamole insieme capo con capo, e
pareggiamole tirandole verso di noi: così potremo renderle uguali".
Giuseppe obbedì a colui che comandava: sapeva che egli poteva fare tutto
quello che voleva. Giuseppe prese i capi delle assi e le appoggiò a un
muro, presso di sé; Gesù tenne i due capi opposti di quelle assi, e tirò
a sé l'asse più corta, uguagliandola all'asse più lunga. Poi disse a
Giuseppe: "Ora vai a lavorare, e fai quanto avevi promesso di fare".
Giuseppe fece quanto aveva promesso.
[38.1] Gesù a scuola. Avvenne che, per la seconda volta, Giuseppe e
Maria furono pregati dal popolo affinché mandassero Gesù a scuola per
istruirsi nelle lettere. Essi assecondarono questo invito e, secondo il
precetto dei vecchi, lo condussero da un maestro affinché lo istruisse
nella scienza umana. Il maestro iniziò con autorità ad ammaestrarlo
dicendo: "Dì alfa". Gesù però gli rispose: "Tu dimmi prima che cos'è
beta ed io ti dirò che cos'è alfa". Irato da questo, il maestro percosse
Gesù, ma poco dopo averlo percosso morì.
[38.2] E Gesù se ne ritornò a casa da sua madre. Giuseppe si intimorì e
chiamò a sé Maria; le disse: "Sono veramente triste per questo ragazzo
fino a morirne. Può, infatti, accadere che un giorno o l'altro qualcuno
lo percuota maliziosamente ed egli muoia". Maria gli rispose: "Non
pensare, uomo di Dio, che ciò possa avvenire. Ritieni anzi per certo che
colui che lo ha mandato a nascere tra gli uomini, lo custodirà da ogni
malignità e, nel suo nome, lo preserverà dal male".
[39.1] I Giudei, per la terza volta, supplicarono Maria e Giuseppe di
condurlo, con le loro carrozze, a studiare da un altro maestro. Temendo
il popolo, l'insolenza dei principi e le minacce dei sacerdoti, Giuseppe
e Maria lo condussero nuovamente a scuola, pur sapendo che non poteva
imparare alcunché dagli uomini colui che solo da Dio aveva una scienza
perfetta.
[39.2] Entrato nella scuola, Gesù, sotto la guida dello Spirito santo,
dalla mano del maestro che stava insegnando la Legge davanti a tutto il
popolo che vedeva e udiva, prese il libro e incominciò a leggere non già
quanto era scritto nel loro libro, ma a parlare nello spirito del Dio
vivo come se da una viva sorgente sgorgasse un torrente di acqua e la
sorgente restasse sempre piena. Insegnava al popolo le grandezze del Dio
vivo con tale forza che lo stesso maestro cadde a terra e lo adorò. Il
cuore del popolo che era seduto là e l'aveva udito dire tali cose fu
preso dallo stupore. Giuseppe, udito tutto questo, corse da Gesù nel
timore che morisse lo stesso maestro; ma appena lo vide, il maestro gli
disse: "Tu non mi hai dato un discepolo, ma un maestro: chi può
resistere alle sue parole?". Si compì allora quanto era stato detto dal
salmista: "Il fiume di Dio fu ripieno di acqua. Hai preparato il loro
cibo, poiché tale è la sua preparazione".
[40.1] Dopo di ciò, Giuseppe se ne andò via di là insieme a Maria e Gesù
per recarsi alla marittima Cafarnao, a causa della malizia degli uomini
suoi avversari. Mentre Gesù abitava a Cafarnao, nella città c'era un
uomo molto ricco, di nome Giuseppe; a motivo di una sua persistente
malattia, egli morì sul suo letto. Gesù, avendo uditi i lamenti, i
pianti e le grida elevate dalla gente sul morto, disse a Giuseppe:
"Perché non offri l'aiuto della tua bontà a costui che ha lo stesso tuo
nome?". Giuseppe rispose: "Che potere e che facoltà ho io da offrire
bontà a costui?". Gesù allora gli rispose: "Prendi il fazzoletto del tuo
capo, va a porlo sulla faccia del morto e digli: "Cristo ti salvi!". E
subito il defunto sarà salvo e si alzerà dal suo letto". Udito ciò,
Giuseppe, al comando di Gesù, andò subito correndo, entrò in casa del
defunto, prese il fazzoletto che aveva sul suo capo e lo pose sulla
faccia di colui che giaceva sul letto, dicendogli: "Ti salvi Gesù!". E
subito il morto si levò da letto e domandò chi fosse Gesù.
[41.1] E da Cafarnao se ne andarono nella città di Betlemme: Giuseppe
era a casa sua con Maria, e Gesù con loro. Un giorno Giuseppe chiamò a
sé il suo figlio primogenito, Giacomo, e lo mandò nell'orto della
verdura a raccogliere legumi per preparare una pietanza. Gesù seguì suo
fratello Giacomo nell'orto, senza che Giuseppe e Maria se ne
accorgessero. Mentre Giacomo raccoglieva legumi, da un buco uscì una
vipera e morse una mano di Giacomo, che per l'atroce dolore si mise a
urlare. Stava svenendo, e diceva con voce amara: "Ahi, ahi, una vipera
infame mi ha morso la mano".
[41.2] Gesù, che se ne stava dalla parte opposta, all'udire quella voce
amara corse da Giacomo, gli prese la mano, e non fece altro che
soffiarvi sopra, e la rinfrescò: subito Giacomo guarì, il serpente
invece morì. Giuseppe e Maria ignoravano quanto era avvenuto; ma al
grido di Giacomo e al comando di Gesù corsero nell'orto e trovarono il
serpente già morto e Giacomo guarito bene.
[42.1] Gesù in famiglia. Quando Giuseppe andava a un convito con i suoi
figli Giacomo, Giuseppe, Giuda, Simone e le sue due figlie, ci andavano
pure Gesù e Maria, sua madre, con sua sorella Maria di Cleofa - data dal
Signore Dio a suo padre Cleofa e a sua madre Anna perché avevano offerto
al Signore Maria, madre di Gesù -: questa Maria fu chiamata con lo
stesso nome "Maria", a conforto dei genitori.
[42.2] Quando erano insieme, Gesù li santificava e benediceva, ed egli
era il primo che cominciava a mangiare e a bere. Nessuno di loro osava,
infatti, mangiare o bere, sedere alla mensa o spezzare il pane, fino a
quando egli non avesse fatto ciò per primo, santificandoli. Se, per
caso, era assente, aspettavano fino a quando lo facesse. Quando poi egli
non voleva prendere cibo, se ne astenevano anche Giuseppe, Maria e i
suoi fratelli, i figli di Giuseppe. Questi fratelli, avendo davanti ai
loro occhi la sua vita, come un faro luminoso, lo rispettavano e lo
temevano. Quando Gesù dormiva, fosse di giorno o di notte, lo splendore
di Dio splendeva su di lui. Al quale sia ogni lode e gloria nei secoli
dei secoli. Amen. Amen.