In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio
a cura della Loggia Solare
Il principio era il Verbo. Il principio del tempo era il verbo. Il principio dello spazio era il verbo. Tutto esisteva, ed esiste, perchè esisteva il Verbo, ed il Verbo era posto oltre a Dio, ma presso Dio. Il Verbo era distinto da Dio, ma era presso Dio, essendo la sua coimmagine. Il Verbo è il movimento, la prima e superariore separazione, da cui ogni dualismo discende.
La prima considerazione in cui ci imbattiamo è come l’approccio di Giovanni alla Creazione non sia solamente psicologico, o filosofico, o teologico o cosmologico, ma, riassumendo ognuno di questi aspetti, afferistica la sfera metafisica. Giovanni pone il Divino come premessa della conoscenza e della realtà, e il Verbo, come prima qualificazione ed emanazione del Divino stesso. Il verbo di “Giovanni” non è solamente la Parola di Dio che attraverso Cristo Redentore ci è stata trasmessa, ma deve intendersi come Conoscenza. Una conoscenza totale dell’assoluto, del tutto, dello spazio e del tempo in un modo completamente diverso da quello che noi cogliamo con le nostre misere possibilità. Una conoscenza oltre l’apparenza, oltre la frammentazione del dispiegamento polare della manifestazione, che ci vede osservatori partecipi, prigionieri anelanti la liberazione. Non per caso il Verbo, parte medesima inscindibile del Divino, e prima emanazione e qualificazione del Divino è posto in primo piano: L’ente divino non qualificato e non emanato, rimane sullo sfondo, di questo affresco mistico, in quanto esso è lo sfondo di ogni cosa, e al contempo è anche l'origine di ogni cosa, senza peraltro che la creazione sia però il creatore. Dio non è, ma il Verbo è, attribuendo al Divino l’esistenza, si fa già una qualificazione che Lo diminuisce, Lo limita: in principio è il Verbo, il Verbo è Dio, ma Dio è al di là e oltre ogni esistenza.
Vi è indubbiamente una difficoltà per l'uomo a raffrontarsi alla Creazione, e al mistero di ciò che l'anima e la precede, che non può essere ridotto a semplice “singolarità” scientifica, dobbiamo essere onesti ed ammettere come la nostra razionalità, trova un limite invallicabile innanzi a ciò che precede il fatidico momento, in cui tutto è stato. In principio c’era il Nulla, così come c’era Tutto, questo ci suggerisce il cuore. Sicuramente possiamo ipotizzare come fu l'impossibilità nel riflettersi in se stesso, che determinò il primo movimento rappresentato dal Verbo, il quale si trasforma in “era” (era prima ed ora è altro) , dando origine alla prima fatale, impronta del Tempo.
Come il lampo che illumina la
tenebra, dal Nulla scaturisce il Verbo. Esso è il principio ordinatore, nerbo
della sostanza: Il Verbo trasforma la Sostanza Prima, la ordina, la conosce
tutta e la irrora di nuova vita. Il Verbo precede la Creazione, perchè il Verbo,
come prima emanazione, è perfetto. Il Verbo reca in sé il concetto di Esistenza,
il Verbo E’, ed è ciò che rende manifesto l’Immanifesto, quello che rende
possibile distinguere la Forma, dunque lo rende intellegibile. Il Verbo è
relazione, e pone in relazione ciò che è, con ciò che non era.
Il Verbo è altresi la funzione “intellettiva” di Dio. Si incarna nel Cristo di
Giovanni, chiamato a portare agli uomini la voce che precede ogni
manifestazione, ogni molteplice polarizzazione della sostanza, e le sue
successive trasformazione. Il verbo è appendice del Pensiero, è l'ipostasi
divina, e la creazione è ciò che è posto “sotto” il verbo, come l'acqua che
zampilla dalle rocce di una cascata infinita.
E' interessante notare come nell’antico Egitto, seppur con termini e immagini
diverse, incotriamo sovente questa visione di Giovanni: La creazione concepita
nel pensiero del Creatore e resa manifesta mediante la Sua Parola (Logos). Il
nome corrispondente presso gli antichi egiziani al Logos, che definisce il Verbo
del Creatore mediante è origine, era “Ra”. Nel linguaggio primitivo (Adamico o
Wattan) il nome correttamente pronunciato determinava l’effetto della
realizzazione. Ancora oggi i cabbalisti ricercano la corretta pronuncia del nome
divino, per acquisirne così i poteri e gli attributi. Ancora Trimegisto ci
tramanda come “ Il Padre è il Pensiero, il Figlio la Parola e sono uniti uno
all’altro dalla vibrazione della Vita”............ Ognuno di noi è Dio, ogni
giorno attraverso le nostre parole creiamo il mondo che ci circonda... Ognuno di
noi ha in sé Dio, riconoscendo le Sue Parole entriamo in un altro ”mondo”.
Il verbo è coscienza, e per partecipare a questa conoscenza l'uomo deve percorrere una via attraverso il superamento della percezione sensoriale, e dell'analisi logica, affidandosi all'empatica che si crea nel rapimento mistico, nel vibrare all'unisono con il suono delle origini.
Nel risalire la china della percezione della realtà con la logica, e spesso, nel rotolare rovinosamente a terra, in un punto che fa apparire la meta ancora più distante di quanto apparisse prima, l'uomo incontra il “logos”, la matrice di ogni forma. Il Verbo come parola, come discorso, come forma, come attributo qualsiasi di qualcosa, è la totalizzazione di un principio, di una causa prima, in un effetto. La causa di ogni causa, e di ogni effetto sul nostro piano. Ponendomi nell'ottica di colui che è in virtù del Verbo, in tale accezione, esso è il desiderio di conoscere la forma che non ha forma, che determina ciò che è indeterminato, e molteplice ciò che non ha unità. Egli è la relazione di ogni relazione, l'unità di misura, il fulcro senza il quale ogni cosa perde di ragione, e di significato. Il Principio a cui aspira ogni uomo, l'idea primaria che tutto ha ordinato e relazionato, a cui possiamo aspirare solamente negando ogni manifestazione che è posta attorno a noi, in quanto la forma che si erige sulla matrice, non è la matrice stessa. Dobbiamo riuscire a bloccare la sequenza ordinatrice, attraverso la Sophia, la coscienza superiore, che permette di porre un freno all'Eone senza limiti che è il Logos, e alla cascata di creatori e creati da lui stessi emanati.
Chiudendo gli occhi, calibrando il respiro sul cuore, rallentandolo lentamente,
facendo noi stessi il centro del Verbo, come una luce, che zampilla da un caldo
buio indifferenziato. Nasce la coscienza di un riverbero che si diffonde da un
centro, e continua a diffondersi eguale di attimo in attimo in un solo attimo.