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Margherita Porete D'Alonzo Antonio |
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Margherita Porete,
bruciata a Parigi come eretica nel 1310, è senza dubbio una figura di
spicco della mistica speculativa. Vittima al pari di Ipazia,
dell’intolleranza e del bigottismo religioso, Margherita Porete deve
essere considerata- al pari di Eckhart, Taulero e Cusano- tra i grandi
mistici di tutti i tempi. Il suo Specchio delle anime semplici è un
capolavoro, ancora attualissimo ai nostri giorni. Il volume fu letto
da Simone Weil che lo attribuì ad uno sconosciuto mistico francese.
La speculazione di Margherita nasce, verosimilmente, dalla lettura
delle opere beghine e della Minnemystik, la c.d. “mistica dell’amor
cortese”. Da notare che anche lo stesso Meister Eckhart fu, dai suoi
censori, avvicinato al movimento beghinale ed a quello del Libero
Spirito, autentici spauracchi dell’Europa duecentesca. In questo
periodo, è portata a termine- con la caduta del castello di Montségur
nella metà del Duecento- la crociata contro il catarismo (movimento
che, peraltro, continuerà a sopravvivere in forma clandestina). Tra
beghine e begardi, Fratelli del Libero Spirito e catari, esistevano
forti affinità dottrinali e storiche, peraltro, senza affermare una
sorta di reciproca sinonimia strutturale e teoretica. I tre movimenti
sono stati senza dubbio eterogenei. Il dubbio può essere stato
ingenerato dall’abitudine tedesca dell’epoca di appellare come Ketzer,
“Cataro”, qualsiasi eretico, a prescindere dalla relativa
appartenenza. Proprio i Fratelli del Libero Spirito nel 200 erano
chiamati Ketzers, “catari”: da qui l’equivoco. Margherita Porete, come
tutti i mistici dell’epoca, dovette guardarsi dall’accusa di ispirarsi
alle dottrine beghinali e del Libero Spirito.
Sul piano speculativo si deve rimarcare come la spiritualità della
Porete prenda le distanze dalla via amoris e dalla mistica sponsale.
L’amore professato dalla Porete, al contrario, tende a relativizzare
ogni contenuto determinato, riportando le volizioni all’assenza del
desiderio, all’Assoluto vero e proprio. L’amore comune è sempre un
desiderare-qualche-cosa, un desiderare-per. Arrivare all’Assoluto
significa scartare il “meno” e proseguire verso l’Intero. Ma l’Intero
è al di sopra e trascendente rispetto alle determinazioni: soltanto
rifiutando l’oggettivazione dei contenuti transeunti si oltrepassano
le forme e si raggiunge l’essenza. L’amore deve diventare non-amore,
sovrabbondante pienezza. Si noti, come il non-amore della Porete sia
equiparabile alla concezione buddhista del Nirvana come pienezza del
Nulla. L’anima semplice poretiana, distaccata da tutto, possiede il
Tutto: la volontà vuole ogni cosa, ma per anelare all’Intero deve non
desiderare nulla. Dialetticamente, l’amore infinito può realizzarsi
soltanto nel rifiuto della datità, del possesso vacuo degli enti: si
tratti di sacre reliquie, come di virtù morali. Distaccatasi
dall’amore reificato, l’anima diventa l’Amore stesso. L’Anima smette
di amare-per, in quanto si è trasformata nell’Amore stesso che vuole
Tutto, perché non insegue Nulla. La sovrabbondanza d’amore conduce al
superamento dell’amore. In quest’ottica, per Margherita la Scrittura è
materiale per i servi. Chi è riuscito a dialettizzare l’amore “senza
perché” nel non-amore- ossia a realizzare l’Amore assoluto, l’identità
con l’Uno- non ha più bisogno né di pregare, né di cercare. Chi cerca
ricade nella distinzione tra soggetto ed oggetto; chi prega persegue
un fine (“è bene per voi che io vada”). Per Margherita è preferibile
coltivare l’amicizia, anziché l’amore, perché la prima- l’amore senza
desiderio- è la forma più alta di amore. Con lo Spirito divino si deve
quindi instaurare un rapporto di pura amicizia, presupposto
indispensabile al reciproco scambio, in cui l’anima riconosce se
stessa come Dio e Dio è presente, per converso, in tutte le forme del
mondo manifestato.