Le Oscillazioni del Tempo,

fra cristianesimo, gnosticismo e ellenismo

Filippo Goti


 



 

1. INTRODUZIONE


 

L'uomo moderno tributa un'enorme importanza al tempo, anche se raramente riesce a cogliere l'essenza di tale concetto, e come ogni rapporto su di esso trovi misura.. Senza timore di smentita possiamo affermare che la nostra società è immersa nel tempo, e la vita dell'uomo è cadenzata da questo invisibile burattinaio. I minuti si trasformano in ore, i giorni in settimane, e queste in mesi, gli anni si riconrrono implacabile, e ogni tappa, successo, ed insuccesso della nostra vita trova espressione nel meccanico tempo. Esso è come il selciato su cui noi inconsapevolmente camminiamo. Astraendoci dal flusso delle cose, degli impegni, possiamo osservarci come un punto posato su di una retta, un passato e un presente si aprono alle spalle o innanzi alla nostra sosta, e i ricordi o le aspettative trovano esatta collocazione su questo impalpabile metro. Indubbiamente ordiniamo la nostra vita in virtù di ciò che è stato conseguito, e misurato, e ciò che sarà conseguito e misurato: la data di nascita, il primo giorno di scuola, la maturità, la laurea, l'ingresso nel mondo del lavoro, le nozze, il primo figlio, le rate del mutuo, ecc.ecc.. Ad ogni accadimento una data, ad ogni data un accadimento, passato, presente e futuro sono scadenzati, in una tranquillizzante processione di giorni, mesi, anni.


 

Nella visione moderna il tempo è una freccia scagliata nello spazio, che disegna una linea retta, attraverso il cui transito nello spazio ordina e preordina le movenze della vita umana. Oramai siamo così assuefatti da questa idea del tempo e della vita, che su esso si plasma, che neppure ci interroghiamo sull'esatto meccanismo che regola tutto ciò, e se sempre è stato così. La perdita di valori tradizionali, di riflessione, di vicinanza all'idea divina, hanno però condotto l'uomo, il singolo a perdere la prospettiva del tempo, della missione del tempo, e a porre l'uomo, o meglio l'io contingenze al centro dell'universo, dando esclusiva importanza a ciò che è, e ciò che dovrebbe essere, senza minimamente cogliere la natura illusoria di questa collocazione. L'io contingente ha un inizio e una fine, ma tale verità viene rimossa, occulta da una canzone psicologica di eterna vita, di eterno mondo di promesse, e di risultati da conseguire.


 

Possiamo definire questa novella filosofia del tempo, come persistenza dell'illusione dell'io, e disconoscimento della morte. In un bizzarro quanto interessante dualismo fra l'enesorabilità del tempo, e negazione della morte, quale fine del tempo; il quale si dilata in un'eterna e infinita attesa, nella quale l'uomo moderno perde se stesso.


 

La domanda che ci poniamo è se tale visione è sempre stata identica a se stessa, e se vi sono state e vi sono ancora oggi altre prospettive, che non siano legate alla decadenza della modernità ? Avendo come punto di riferimento il bacino del mediterraneo, daremo, senza volontà di essere esaustivi ma invitando a successivi approfondimenti, indicazione di come gli antichi hanno sviluppato il concetto del tempo.


 

2. IL TEMPO NEL CRISTIANESIMO


 

Nel cristiasianesimo il tempo ha inizio con l'abbandono forzato di Adamo ed Eva del Paradiso Terreste, in virtù del loro peccato contro il volere di Dio. L'uscita dall'Eden coincide da un lato con l'allontanamento da Dio (caduta), e dall'altro dall'inserimento dell'uomo a pieno titolo nel regno naturale, e nel suo completo assoggettamento alle leggi che governano.

E' detto:


 

Genesi 3:16 Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà».


 

Genesi 3:17 All'uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita.>>


 

Ecco quindi il ciclo dela vita, tramite la donna, e il ciclo delle stagioni legate al lavoro, tramite l'uomo, che si fondono nella dimesione terrestre della Creazione. Non più immortalità ignava, non più beato accoglimento dei doni della terra, l'età dell'oro è terminta, e l'uomo perduta la condizione di essere divino, di dominatore spirituale della natura, viene relegato in una dimensione di elemento dell'insieme della creazione, peso e misura, a sua volta, governato egli stesso da pesi e da misure.

Ha così inizio il tempo dell'uomo, fra passioni, guerre, carastie, drammi e gioie, lontano da Dio che si manifesta solo eccezionalmente attraverso la voce, spesso inascoltata, dei profeti. Assistiamo così alla repentina discesa dalle sommità spirituali, ed ad un lento cammino in una pianura oscura, raramente rischiarata dal verbo divino, da altri udito. Il peccato originale ha allontanato in modo definitivo l'uomo da Dio, e come prezzo di tale colpa egli è costretto all'esilio perpetuo in una natura ostile, in un universo di dolore, dove egli stesso ha introdotto il male.

Vi è un accadimento irripetibile che interrompe questo stato di cose, un avvenimento che dona un nuovo corso al tempo, e una prospettiva di salvezza agli uomini. Questo evento è la venuta di Gesù Cristo, l'unico meditore, il Dio fattosi uomo, testimone del Verbo di Dio, in quanto Verbo reso carne, e portatore della nuova legge. Tale avvento libera il mondo dall'immane fardello del peccato originale, egli è l'olocausto necessario a ristabilire l'alleanza perduta. Ecco le parole di Giovanni Battista, così come riportate dal Vangelo di Giovanni:


 

Giovanni 1:29 Il giorno dopo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: «Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!


 

Liberato l'uomo dal peccato originale, dalla colpa della trasgressione della divina volontà, che ancora turba come una nevrosi l'ebreo che cerca di esorcizzarla autoproclamandosi appartenente al popolo eletto, niente più è vano. L'uomo libero dalla catena può disporre del proprio libero arbitrio, ponendolo al servizio di una volontà di riscatto attraverso le opere, oppure di nuova dannazione, non generata però da colpe ancestrali, ma da atti e fatti a lui solo riconducibili. Dal tempo della disperazione o della Natura, vissuta come separazione ed esilio perpetuo, passiamo al tempo degli uomini e della loro fattiva attesa, tramite le opere, della seconda venuta.


 

E' detto dal Vangelo secondo Matteo:


 

Matteo 13:43 Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!


 

La Venuta del Cristo ordina quindi il tempo in un prima e un dopo, e offre una prospettiva di salvezza per gli uomini, e una promessa: Il Tempo avrà una fine, e con essa questa Creazione. La vita, la passione, e la morte del Cristo è un evento unico ed irripetibile, un mito che coincide con una vita e una missione, un esempio, un simbolo che deve essere vissuto, seppur in scala ridotta, da ogni cristiano se non nella concreta sofferenza, nella fede di una risurrezione e di una salvezza dopo la morte. Da tale accidente storico, ne discende che niente si ripete eguale, in quanto tutto è posto prima o dopo di esso, e da esso illuminato in modo difforme, ed ad esso congruo o incongruo, giusto o errato. Egli è la pietra di paragone e di scandalo. Egli porta la Legge. Egli tornerà ad amministrare la Legge, e rispetto a tutto ciò è possibile solamente sedere fra i giusti o gli empi, ognuno portando a testimonianza la propria esperienza di vita.


 

3. IL TEMPO NELL'ELLENISMO


 

Attorno alla prospettiva del mondo ellenico verso il Tempo, merita riportare il pensiero di Aristotele.

Egli ebbe a dire che al punto di rotazione del circolo in cui ci troviamo possiamo dirci posteriori alla guerra di Troia; ma basta che il circolo continui a girare e riporterà nuovamente dopo di noi quella stessa guerra di Toria; in tal senso, possiamo altrettanto giustamente dire di essere anteriori a un simile evento.

Per il greco questo mondo è necessaria e fedele immagine del divino, il Demiurgo, l'artigiano che con perizia ha dato vita alla manifestazione, ha in essa trasfuso le verità, e le idee superiori, cesellando a loro immagine e somiglianza ogni aspetto della vita umana e della Natura. Ecco che quindi come al greco venga richiesto di incarnare a sua volta il concetto di divinità, nei suoi molteplici aspetti ( l'arte guerriera, la bellezza, la sapienza ) in modo da eccellere ed essere riscattato da una misera e tenebrosa non vita dopo la morte, ma di sedere come eroe alla tavola divina.

L'Universo greco è eterno ed immutabile, dato, senza possibilità alcune di modificazione da parte dell'uomo, che può però renderlo palcoscenico delle proprie imprese, nobilitandosi da semplice comparsa della storia, al ruolo di protagonista della propria e dell'altrui vita, facendo così riecheggiare le proprie gesta nell'eternità. L'eterna scelta di Achille si propone continuamente: Una vita amato, immerso nei piaceri della famiglia e del lavoro, e morire dimenticato, oppure una vita intensa, eroica, che sia ricordata dagli uomini e dagli dei ?

La via eroica e la via filosofica sono due prospettive, per sfuggire all'atemporalità del Cosmo. Siamo innanzi all'esamplarismo ellenico, dominato da un'Idea Superiore intelleggibile, incorruttibile, e sempre eguale a se medesima, immune al ciclio ripetersi del tempo, grado e meccanismo inferiore.

Platone ebbe a definire il tempo, come determinato e misurato dalla rivoluzione delle sfere celesti, è l'immagine mobile della immobile eternità, che esso imita svolgendosi circolarmente.

Ecco quindi il mondo divino o delle Idea incorruttibili posto al centro, e la creazione, e le sue movenze, scorrere lungo un anello fattosi come specchio, riflettendo tale realtà. Mantenendone l'unità, seppur frammentandola in cicli, dove niente è unico ma tutto si ripete, in una compenetrazione del fenomeno da parte del mito.

Lucrezio sentenziò:< eadem sunt omnia semper nec magis id nunc est neque erit mox quam fuit ante. >


 

Pitagorici, Platonici e Stoici sostenevano la presenza di più cicli che poi si ricomponevano ognuno nell'altro nell'unità immutabile. Ogni accadimento non è mai unico e irripetibile, ma una tragedia dall'eterna riproposizione, in un'eterna ripetizione, in un eterno ritorno.


 

4. LA VISIONE GNOSTICA DEL TEMPO


 

Innanzi al tempo, quale la posizione dello gnostico ? Similare al movimento rettilineo cristiano, oppure identico alla ciclicità degli antichi greci ? Inizio del tempo, e fine del tempo racchiusi nella prima e seconda venuta del Cristo, oppure spirale infinita da cui niente si libera, e tutto si confonde ?

La Cosmogonia gnostica indica che il tempo e lo spazio gnostico hanno vita nello stesso istante in cui la Sophia, in virtù del proprio errore, precipita dal Pleroma, o ne viene allontanata, in altre versioni del Mito, dall'eone Limite. Questo errore, in virtù del rimpianto, del dolore, della Sophia stessa, si cristallizza in Jaldabaoth, nel Demiurgo, il quale a sua volta ordina lo spazio sottostante all'azione della Sophia ( ipostasi ), in ricordo, permutato dalla madre, delle gerarchie spirituali disposte attorno alla fonte di Luce e di Vita. Essendo un'approssimazione, frutto di un ricordo, il mondo così creato è imperfetto, è frutto di un errore e delle tragiche conseguenze di questo errore.

Jaldabaoth e le potenze a cui ha dato vita (Arconti), e poste a governare la Creazione, imprigionano lo Spirito caduto costruendo anfore di materia ( i corpi ), e inebriandolo attraverso le passioni, gli istinti, le emozioni, e la razionalità. Il Destino, la volontà degli Arconti, è il poderoso meccanismo eretto a mantere lo Spirito prigioniero, inebitito e irretito. Lo gnostico, colui che "ricorda" intuisce in virtù della divina rivelazione, cercata e amata, che vi è il Mondo oltre al mondo, che tutto è irreale, caduco, e al contempo una catena a cui è imprigionato. Si aggira come straniero in terra straniera, anelando il ritorno alla Dimora paterna ( Il Pleroma ), reitegrandosi con la fonte orginaria, e ristabilendo l'antico ordine interrotto dall'errore della Sophia.

Traspare quindi un'inflessione oscillante fra la diffedenza e il rifiuto da parte dello gnostico, colui che ricerca la salvezza attraverso la "conoscenza dello Spirito", dello spazio e del tempo, in cui accidentalmente e per malvagia volontà di potenze si trova a vagare, e di cui osserva l'inutile ripetizione. Il ciclo delle nascite, delle morti, delle passioni che trafiggono come sette lame il cuore non circonciso, i giorni, e il moto degli astri, altro non sono che specchietti, che giochi di prestigio per distrarlo, e defraudarlo della volontà al ritorno al Pleroma. Una forza contro cui lo gnostico "lotta" attraverso il distacco donato dalla propria comprensione dell'inganno ordito.

L'iniziale presa di coscienza dell'illusorietà della manifestazione, porta a riecheggiare in questo mondo, a rivivere in dimensione umana, il mito della caduta e della nuova ascesa della Sophia, attraverso la comprensione dell'errore, il pentimento dell'errore commeso, la riparazione dello stesso, e il ricevimento della Grazia reintegratrice. Abbiamo quindi la compenetrazione della dimensione trascendentale sul piano della manifestazione, la internalizzazione del mito da parte dello gnostico, che ad esso da vita attraverso ogni aspetto del proprio essere, in una chiave escatologica. Il compimento del Mito Gnostico, equivale alla fine del tempo e dello spazio con conseguente ritorno alla Dimora di Luce e di Vita.

Appare quindi evidente come nella visione gnostica abbiamo una sorta di duplicazione del Tempo. L'indifferenziato e ciclico scorrere delle cadenze della manifestazione tutta, e il ciclo della conoscenza (constatazione-comprensione-reintegrazione-coscienza-consapevolezza) esperita a livello umano. Ne consegue come lo scorrere del Tempo è interrotto, frammentato, dalla rivelazione divina, extramondana, che irrompe nello gnostico e dallo gnostico, traslando ogni accadimento materico e psicologico, in sostanza psichica. Ecco quindi, in chiave intima, la disorganicità del tempo per lo gnostico.


 

5. CONCLUSIONI


 

Nel cristianesimo la venuta extramondana del Cristo nella manifestazione, interrompe a livello universale il ciclico ripercorrersi del tempo, donando ad esso una prospettiva di fine, di un secondo avvento che porrà termine al tempo degli uomini, come questo ha posto termine al tempo della natura, e coinciderà con il tempo di Dio. Se nel mondo greco questa ripetizione ruotava attorno ad un fulcro di perfezione, nel mondo cristiano, prima della venuta del Salvatore, esso ruotava attorno al peccato, e in seguito attorno al Cristo e alla possibilità di scelta. Alla perenne immutabilità del mondo ellenico, si pone adesso la certezza che tutto è irripetibile e che tutto avrà un termine.

La visione gnostica offre una propria originale speculazione che si distingue da entrambe, mostrando quindi un'originalità che non può essere tacciata di sintesi, ma casomai mostra la parzialità delle precedenti.

Il tempo è ciclico per l'umanità non gnostica ( illica o psichica ), che è vittima dell'inganno, ma mentre nella visione ellenica tale ciclo è conforme all'immagine della fonte, al volere divino, qui è una caritura, una fotocpia sbiadita, che necessità di un'attenta reintepretazione che non può prescindere dall'unione con il divino. Nel rapporto fra uomo e divinità, risiede la differenza di prospettiva fra gnosticismo e cristianesimo. Se nell'ultimo il Salvatore ha valore universale, per ogni uomo, tale da donare una prospettiva unica, un movimento rettilineo, per lo gnostico l'unione è verso il Cristo Intimo, metafisico e metapsichico. E' solo con la gnosi che si spezza il ciclo del tempo, visto e vissuto come una corona di ferro, che ginge il cuore. Donando allo gnostico una posizione diversa rispetta all'atemporalità del mito dell'ellenico, e alla temporalità del Messia dei cristiani.

L'uomo gnostico non attende passivamente la seconda venuta del Cristo, ma attivamente si prodiga affinchè in esso vi sia l'incontro fra il Cristo e l'uomo, vivendo in chiave estramamente individuale questa tragedia cosmica. Quando il tempo avrà fine ? Quando avrà fine la materia, in quanto deprivata della propria componente pneumatica, o secondo altre scuole spiritualizzata dalla forza della Gnosi, che tutto cambia nell'uomo che la riceve.

E' interessante notare come in ultima analisi il pecularie rapporto che lo gnostico ha con il tempo e lo spazio, lo porta ad operare una scissione in se stesso. A creare un meccanismo evolitvo-sensoriale, che si contraddistingue in una impermiabilità al mondo esterno, che viene attentamente studiato ed analizzato, ed una continua alimentazione intellettuale e spiritual, che si concretizza in una trascendenza di quanto raccolto nel mondo e nel tempo esterno. Lo gnostico quindi ha il proprio spazio, e il proprio tempo intimi. Ecco quindi da un lato il doppio mondo in cui è immerso, e da cui cerca di liberarsi distanccandosi dalla sfera grossolana, dalla creazione demiurgica, e dall'altra come la storia, il creato, la coscienza sia continuamente squarciata, come un velo, dalla potenza della visione gnostica redentrice.

 

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