Questo è scritto nel Vangelo e significa:
"Vedete, io invio il mio angelo".
Bisogna innanzitutto sapere cosa è un angelo perché un testo dice che dobbiamo
essere uguali agli angeli. Un maestro dice che l'angelo è un'immagine di Dio. Un
altro dice che è formato secondo Dio. Un terzo dice che è un puro specchio, che
possiede e porta in sé la somiglianza con la bontà divina e la purezza divina
del silenzio e del mistero di Dio, per quanto è possibile. Uno dice che è una
pura luce intellettuale, separata da tutte le cose materiali. Noi dobbiamo
diventare simili a questi angeli. Ogni essere conoscente deve conoscere in una
luce che è nel tempo, perché, qualsiasi cosa pensi, la penso in una luce situata
nel tempo e temporale. L'angelo, invece, conosce in una luce che è al di sopra
del tempo, ed eterna. Perciò egli conosce in un "ora" eterno, mentre l'uomo
conosce in un "ora" temporale. L'"ora" temporale è il più piccolo di tutti.
Togli questo "ora" temporale e tu sei dappertutto, e possiedi la totalità del
tempo. Essere questo o quello non significa essere tutto, giacché, in quanto
sono questo o quello, o in quanto possiedo questo o quello, in tanto io non sono
tutto e non possiedo tutto; ma se tu togli il tuo esser questo o quello, o il
tuo possedere questo o quello, tu sei tutto e tutto possiedi. Nello stesso modo,
se non sei qui o là, sei dappertutto. Così dunque, se non sei questo né quello,
sei tutto. L'angelo è ed agisce intellettualmente nel suo luogo, e costante è la
sua contemplazione, il cui oggetto è l'essere intelligibile. Perciò il suo
essere è tanto lontano da tutte le cose. È lontano da tutto quel che è
molteplicità e numero.
Diciamo ancora qualcosa della parola pronunciata: "Io invio". Un testo tace la
parola "io", un altro la dice. Il profeta dice: "Io invio il mio angelo", ma
l'evangelista sopprime l'"io". Che significa l'omissione di "io" in un testo?
Significa innanzitutto che Dio è inesprimibile, innominabile, al di sopra di
ogni parola nella purezza del suo fondo; che nessuna parola o asserzione può
contenerlo, perché è inesprimibile per tutte le creature, ed indicibile. Un
secondo significato è che l'anima è inesprimibile e indicibile, quando la si
consideri nel suo proprio fondo, là dove è indicibile ed innominabile, tanto che
nessuna parola può contenerla, perché essa è al di sopra di ogni nome e di ogni
parola. Ecco perché la parola "io" è omessa, perché non v'è per essa né parola
né asserzione. Un terzo significato è che Dio e l'anima sono talmente una sola
cosa, che Dio non può avere alcuna proprietà o qualcosa che lo separi
dall'anima, in modo tale che l'evangelista non può dire: "Io invio il mio
angelo", perché, se dicesse "io", Dio sarebbe diverso dall'anima: se dicesse
"io", indicherebbe qualcosa di diverso rispetto all'anima. Perciò è taciuta la
parola "io", perché Dio e l'anima sono talmente una sola cosa, che Dio non può
avere niente di proprio, che niente può essere detto di Dio che indichi una
distinzione o una alterità.
D'altra parte, quando il testo dice "io", ciò significa innanzitutto l'essenza
di Dio, che solo Dio è, perché tutte le cose sono in Dio e da Dio; fuori e senza
di lui, niente è in verità, tutte le creature sono cosa meschina ed un puro
nulla in rapporto a Dio. Perciò, quello che esse sono in verità, lo sono in Dio,
e dunque Dio solo è, in verità. Così, la parola "io" indica l'essenza della
verità divina, perché è l'attestazione di una essenza. È la prova che solo lui
è. In secondo luogo, significa che non esiste separazione tra Dio e tutte le
cose, perché Dio è in tutte le cose: è più intimo ad esse di quanto non lo siano
a se stesse. Così, non esiste separazione tra Dio e tutte le cose. Nello stesso
modo, non deve esistere separazione tra l'uomo e tutte le cose; ovvero, l'uomo
non deve essere niente in se stesso, assolutamente distaccato da se stesso: così
non esiste separazione tra Dio e tutte le cose. Nello stesso modo, non deve
esistere separazione tra l'uomo e tutte le cose; ovvero, l'uomo non deve essere
niente in se stesso, assolutamente distaccato da se stesso: così non esiste
separazione tra lui e tutte le cose, ed è tutte le cose. Infatti, nella misura
in cui non sei niente in te stesso, nella stessa misura sei tutte le cose, e non
esiste separazione tra te e le cose. Perciò, nella misura in cui non sei
separato da tutte le cose, in questa misura sei Dio e tutte le cose, perché la
divinità di Dio consiste nel fatto che non v'è separazione tra lui e le cose.
Dunque l'uomo, in cui non esiste separazione tra lui e le cose, coglie la
divinità là dove Dio stesso la coglie. In terzo luogo, la parola "io" indica
qualcosa della perfezione del nome "io", perché questo non è un vero nome; sta
al posto di un nome e della perfezione del nome, ed indica una immutabilità ed
intangibilità, e dunque vuol dire che Dio è immutabile ed intangibile, una
eterna stabilità. In quarto luogo, significa la nuda purezza dell'essere divino,
che non ha alcun essere accanto ad esso. Infatti la bontà, la saggezza, e tutto
quel che si può dire di Dio, tutto questo è un essere-accanto al puro essere di
Dio, ma questo essere-accanto rende estraneo l'essere. Così, la parola "io"
indica la nuda purezza dell'essere di Dio, come in se stesso è, senza quell'essere-accanto
che rende estraneo e lontano.
Parliamo ora, di nuovo, degli angeli, di cui ho detto prima che sono un'immagine
di Dio, ed uno specchio che possiede in sé la somiglianza della bontà e della
purezza del silenzio e del mistero di Dio, per quanto possibile. Noi dobbiamo
essere simili agli angeli e dunque essere una immagine di Dio, perché egli ci ha
creati a sua immagine. L'artefice che vuol fare un'immagine dell'uomo, non la fa
di Corrado o di Enrico. Se facesse un'immagine di Corrado o di Enrico, non
avrebbe l'intenzione di riprodurre l'essere umano, ma Corrado o Enrico. E se
facesse un immagine di Corrado, la sua intenzione non sarebbe Enrico, perché, se
ne fosse capace e lo potesse, riprodurrebbe assolutamente Corrado dal vero e
assolutamente somigliante. Ora Dio ha completamente questa capacità e questo
potere, e perciò ti ha fatto assolutamente simile a lui ed immagine di se
stesso. Ma "simile a lui" indica qualcosa di estraneo e lontano, mentre tra Dio
e l'uomo non v'è estraneità o lontananza. Perciò l'uomo non è simile a Dio, ma
assolutamente identico e lo stesso che egli è, assolutamente.
Non so e non posso dire niente di più, e così termina questo sermone; ma un
giorno pensavo, mentre stavo camminando, che l'uomo dovrebbe essere così
completamente distaccato nella sua intenzione, da non dover pensare a niente e a
nessuno, se non alla divinità in se stessa: né alla beatitudine, né a questo né
a quello, se non a Dio solo in quanto Dio, ed alla divinità in sé, giacché ogni
altra cosa cui pensi è un essere-accanto alla divinità. Togli perciò ogni
essere-accanto alla divinità, e coglila nuda in se stessa.
Che Dio ci aiuti a giungervi. Amen.