Meister Eckhart |
I giusti vivranno in eterno, e la loro
ricompensa è presso Dio. Notate bene il senso di queste parole; anche se di
suono semplice e comune, sono assai degne di attenzione e molto buone.
I giusti vivranno. Chi sono i giusti? Un testo dice: È giusto chi dà a ciascuno
quel che gli spetta; chi dà a Dio ciò che gli spetta, ai santi ed agli angeli
ciò che loro spetta, al suo prossimo ciò che gli spetta.
L'onore appartiene a Dio. Chi sono quelli che onorano Dio? Quelli che sono
completamente usciti da loro stessi, che non cercano assolutamente niente che
sia loro proprio in alcuna cosa, qualsiasi sia, grande o piccola; e non
considerano niente, né al di sopra né al di sotto di loro, né accanto né
all'interno; che non mirano né al bene né all'onore, né alla soddisfazione né al
piacere, né alla utilità né alla interiorità, né alla santità né alla ricompensa
né al regno dei cieli; che sono usciti da tutto questo, da tutto ciò che è loro
proprio: queste persone rendono onore a Dio, veramente lo onorano e gli danno
quel che gli spetta.
Si deve dare della gioia agli angeli ed ai santi. Meraviglia delle meraviglie!
Può un uomo nella sua vita mortale dare della gioia a quelli che sono nella vita
eterna? Sì, in verità. Ogni santo ha un grandissimo piacere ed una gioia
inesprimibile per tutte le opere buone; per una buona volontà o un buon
desiderio, essi hanno una gioia così grande che nessuna bocca è capace di
esprimerla, né alcun cuore può immaginare quanta gioia provano. Perché è così?
Perché essi amano Dio oltremisura, lo amano tanto che il suo onore è loro più
caro della propria beatitudine. Ma non solo gli angeli e i santi: Dio stesso ne
prova una gioia tanto grande, come se in ciò stesse la propria beatitudine, e vi
è legato il suo essere, la sua soddisfazione, il suo piacere. Notatelo bene,
dunque! Se non volessimo servire Dio per nessuna altra ragione che la grande
gioia che provano quelli che sono nella vita eterna, e Dio stesso, potremmo
farlo di buon grado e con tutto il nostro impegno.
Si deve anche portare il nostro aiuto a quelli che sono nel purgatorio, e a
quelli che sono ancora in vita.
Un uomo cosiffatto è giusto in un senso, ed in un altro senso lo sono quelli che
accolgono da Dio tutte le cose, qualsiasi siano, nello stesso modo - si tratti
di cosa grande o piccola, piacevole o fastidiosa -, sempre nello stesso modo,
una cosa come un'altra, né più né meno. Se pensi che una cosa sia più di
un'altra, sbagli. Devi del tutto spogliarti della tua propria volontà.
Di recente ho avuto questo pensiero: se Dio non volesse come me, io vorrei
comunque come lui. Molti vogliono avere in ogni cosa una propria volontà, ma
questo è male, insozza le cose. Altri si comportano un po' meglio, vogliono quel
che Dio vuole, non vogliono nulla contro la sua volontà, e, se fossero malati,
vorrebbero che fosse volontà di Dio il loro esser sani. Così costoro vogliono
che Dio voglia secondo la loro volontà, invece di volere secondo la sua. Si può
ammetterlo, ma non è bene. I giusti non hanno assolutamente volontà propria:
quel che Dio vuole è per essi del tutto uguale, per quanto grande sia il
disagio.
I giusti prendono la giustizia tanto sul serio, che, se Dio non fosse giusto,
non gli darebbero più importanza che a un fagiolo, e sono così saldamente
radicati nella giustizia e tanto usciti da se stessi, che non danno importanza
né alle pene dell'inferno né alle gioie del paradiso, né a qualsiasi altra cosa.
Sì, se tutti i tormenti di quelli che sono all'inferno, uomini o demoni, o tutti
i tormenti che mai furono e saranno sulla terra, fossero legati alla giustizia,
essi non vi darebbero la minima importanza, tanto fermamente tengono a Dio ed
alla giustizia. Per l'uomo giusto niente è più triste e doloroso di ciò che è
contrario alla giustizia, ovvero di non essere lo stesso in tutte le cose. Come
può essere ciò? Se una cosa può farli gioire ed un'altra rattristarli, essi non
sono giusti; di più: se sono gioiosi in un tempo, lo sono in ogni tempo; se sono
piu gioiosi in un tempo e meno in un altro, allora sono in torto. Chi ama la
giustizia, le sta così saldamente vicino che ciò che ama è il suo essere; nulla
può distoglierlo, e non fa attenzione a nient'altro. Sant'Agostino dice: Dove
l'anima ama, essa è più veramente che là dove dà vita. Questo testo ha un suono
semplice e comune, e tuttavia a stento qualcuno comprende ciò che significa;
nondimeno esso dice il vero. Chi comprende l'insegnamento sulla giustizia ed il
giusto, comprende tutto quel che dico.
"I giusti vivranno". Tra tutte le cose, nessuna è tanto amabile e desiderabile
come la vita. Nello stesso modo, nessuna vita è tanto cattiva e penosa che
l'uomo non voglia tuttavia vivere. Un testo dice: Più una cosa è vicina alla
morte, più è penosa. Tuttavia, per quanto cattiva sia la vita, essa vuole
vivere. Perché mangi? Perché dormi? Per vivere. Perché desideri beni o onori? Lo
sai molto bene. Ma perché vivi? Per vivere, e tuttavia non sai perché vivi.
Tanto desiderabile in sé è la vita, che la si desidera per se stessa. Quelli che
sono all'inferno, nel tormento eterno, non vorrebbero perdere la loro vita, né i
demoni né le anime, giacché la loro vita è così nobile che sgorga direttamente
da Dio nell'anima. Essi vogliono vivere, tanto direttamente sgorga la loro vita
da Dio. Cosa è la vita? L'essere di Dio è la mia vita. Se la mia vita è l'essere
di Dio, bisogna che l'essere di Dio sia il mio essere, e l'essenza di Dio la mia
essenza, né più né meno.
Essi vivono in eterno "presso Dio", proprio accanto a Dio, né al di sotto
né al di sopra. Essi operano le loro opere presso Dio, e Dio opera pressa di
loro. San Giovanni dice: Il verbo era presso Dio. Era assolutamente simile ed
accanto, né sotto né sopra, ma simile. Quando Dio creò l'essere umano, fece la
donna dal fianco dell'uomo perché gli fosse simile. Non la formò a partire dalla
testa o dai piedi, perché non fosse né sopra né sotto di lui, ma gli fosse
simile. Nello stesso modo l'anima giusta deve essere simile a Dio ed accanto a
Dio, del tutto simile, né sotto né sopra.
Chi sono quelli in tale modo simili? Solo coloro che non sono simili a niente,
sono simili a Dio. Niente è simile all'essenza divina, in essa non v'è immagine
né forma. Alle anime che in questo modo sono simili, il Padre similmente dona e
non fa loro mancare niente. Ciò che il Padre può fare, lo dona a questa anima in
modo simile, in verità, quando essa non è più simile a se stessa che a un'altra,
e non deve essere più vicina a se stessa che a un'altra. Essa non deve
desiderare il proprio onore, il proprio vantaggio, o qualsiasi cosa le
appartenga, né considerarla più di un bene appartenente a un altro. E ciò che è
proprio a chiunque altro, non le deve essere né estraneo né lontano, male o bene
che sia. Tutto l'amore verso le cose del mondo è fondato sull'amore di sé. Se tu
avessi abbandonato questo, avresti abbandonato l'intero mondo.
Il Padre genera il Figlio nell'eternità, simile a se stesso. Il Verbo era presso
Dio, e Dio era il Verbo: era identico a lui nella stessa natura. Dico ancora di
più: lo ha generato nell'anima mia. Non solo essa è accanto a lui e, nello
stesso modo, egli è accanto ad essa, che gli è simile, ma è in essa, e il Padre
genera il Figlio nell'anima nello stesso modo con cui lo genera nell'eternità,
non diversamente. Lo deve fare, ne abbia gioia o dolore. Il Padre genera
incessantemente il Figlio, ed io dico ancora: egli mi genera come suo Figlio e
lo stesso Figlio. Dico di più: mi genera non solo in quanto suo Figlio, ma in
quanto lui stesso, e lui in quanto me, e me in quanto suo essere e sua natura.
In questa più interna fonte, io scatuisco nello Spirito santo; è questa una sola
vita, un solo essere, una sola operazione. Tutto ciò che Dio opera è uno, perciò
egli mi genera in quanto suo Figlio, senza alcuna differenza. Mio padre secondo
la carne non è, propriamente parlando, mio padre, ma lo è soltanto per una
piccola parte della sua natura, ed io sono separato da lui; egli può essere
morto ed io vivo. Perciò il Padre celeste è davvero mio padre, infatti io sono
suo figlio ed ho da lui tutto quel che ho, e sono lo stesso Figlio, e non un
altro. Il Padre opera una sola opera, perciò egli mi opera come suo
Figlio unico, senza alcuna differenza.
Noi siamo totalmente trasformati e cambiati in Dio. Fate caso a questo paragone!
Nello stesso modo in cui, nel Sacramento, il pane è trasformato nel corpo del
Signore, per quanto pane vi sia, esso è comunque un solo corpo. Nello
stesso modo, se tutti i pani fossero trasformati nel mio dito, non vi sarebbe
tuttavia più di un dito. Se, d'altra parte, il mio dito fosse trasformato in
pane, questo sarebbe quanto quello. Infatti ciò che è trasformato in un'altra
cosa fa tutt'uno con essa. Nello stesso modo io sono trasformato in lui, in
guisa tale che egli mi opera come suo essere, uno, non simile; per il Dio
vivente, è vero che non v'è alcuna differenza.
Il Padre genera incessantemente il Figlio. Quando il Figlio è generato, non
prende niente dal Padre, perché ha tutto, ma quando il Padre lo genera, egli
prende dal Padre. Di conseguenza, noi non dobbiamo desiderare nulla da Dio, come
se fossimo estranei. Nostro Signore dice ai suoi discepoli: Io non vi ho
chiamato servi, ma amici. Chi desidera qualcosa dall'altro è un servo, e chi
ricompensa è un signore. Mi chiedevo di recente se volessi ricevere o desiderare
qualcosa da Dio. Ci rifletto molto bene, perché se ricevessi qualcosa da Dio,
sarei al di sotto di lui come un servo, e lui, donando, come un signore. Non
dobbiamo essere così nella vita eterna.
Proprio qui ho detto una volta, ed è vero: Se l'uomo si appropria o prende
qualcosa di esteriore a se stesso, non è bene. Non si deve cogliere o
considerare Dio come esterno a noi stessi, ma come nostro bene proprio e come
cosa che è in noi stessi; non si deve neppure servire od agire in vista di un
perché: né per Dio, né per il proprio onore, né per qualsiasi altra cosa fuori
di sé, ma soltanto per ciò che è in sé suo essere proprio e sua propria vita.
Molte persone semplici si immaginano che devono considerare Dio come lassù, e
loro quaggiù. Non è così. Io e Dio siamo uno. Con la conoscenza accolgo Dio in
me, con l'amore penetro in lui. Alcuni dicono che la beatitudine non risiede
nella conoscenza ma solo nella volontà. Essi hanno torto, infatti se risiedesse
solo nella volontà, non vi sarebbe unità. Agire e divenire sono una cosa sola.
Quando il falegname non lavora, la casa non si fa. Quando la scure non agisce,
anche il divenire è fermo. Dio ed io siamo uno in questa operazione: egli opera
ed io divengo. Il fuoco trasforma in sé ciò che gli è portato, che diventa sua
natura. Non è il legno che trasforma in sé il fuoco, ma il fuoco che trasforma
in sé il legno. Nello stesso modo noi siamo trasformati in Dio, in guisa tale
che lo conosceremo come egli è. San Paolo dice: Così lo conosceremo, io lo
conoscerò come lui mi conoscerà, né più né meno, assolutamente nello stesso
modo. I giusti vivranno eternamente, e la loro ricompensa è accanto a Dio, del
tutto simile.
Che Dio ci aiuti ad amare la giustizia in se stessa e Dio senza perché. Amen.