Meister Eckhart |
La parola che ho detta in latino è
pronunciata dalla saggezza eterna del Padre, e significa: Chi mi ascolta non è
confuso; se qualcosa lo confonde, è la sua confusione. Chi opera in me, non
pecca. Chi mi manifesta e sparge la mia luce, avrà la vita eterna. Di questi tre
piccoli passi che ho citato, ognuno basterebbe per un sermone.
Prima di tutto voglio parlare di quello che dice la saggezza eterna: chi mi
ascolta non è confuso. Chi deve intendere l'eterna saggezza del Padre, deve
essere nella interiorità, presso di sé, deve essere uno; allora può intendere la
eterna saggezza del Padre.
Tre cose ci impediscono di ascoltare la parola eterna. La prima è la
corporalità, la seconda la molteplicità, la terza la temporalità. Se l'uomo
avesse superato queste tre cose, abiterebbe nella eternità, abiterebbe nello
Spirito, abiterebbe nell'unità e nel deserto, e là potrebbe ascoltare la Parola
eterna. Ora Nostro Signore dice: Nessuno comprende la mia parola e il mio
insegnamento, a meno di avere rinunciato a se stesso. Infatti, chi deve
ascoltare la parola di Dio, deve essere completamente distaccato. Chi intende è
identico a ciò che è inteso nella Parola eterna. Tutto ciò che il Padre eterno
insegna, è il suo essere, la sua natura, tutta la sua Divinità; egli ce la
rivela completamente nel suo Figlio unigenito, e ci insegna ad essere questo
stesso Figlio. L'uomo che fosse in questo modo uscito da se stesso, in guisa
tale da essere il Figlio unigenito, avrebbe in proprio tutto ciò che appartiene
in proprio al Figlio unigenito. Ogni cosa operata ed insegnata da Dio, è operata
ed insegnata nel suo Figlio unigenito. Dio opera tutte le sue opere perché noi
siamo il Figlio unigenito. Quando Dio vede che noi siamo il Figlio unigenito, si
spinge impetuosamente verso di noi, si affretta, e fa proprio come se il suo
essere divino dovesse spezzarsi ed annientarsi in se stesso, per poterci
rivelare tutto l'abisso della sua Divinità, e la pienezza del suo essere e della
sua natura; Dio si affretta per essere nostro proprio bene come è suo proprio
bene. In questa pienezza, Dio ha gioia e delizia. L'uomo è allora nella
conoscenza di Dio e nell'amore di Dio, e non diventa altro che ciò che Dio
stesso è.
Se tu ami te stesso, ami tutti gli uomini come te stesso. Finché ami un solo
uomo meno che te stesso, non ti sei davvero amato mai, a meno che tu non ami
tutti gli uomini come te stesso, ed in un uomo tutti gli uomini, e questo uomo è
Dio e uomo. Un uomo è come deve essere, quando ama se stesso ed ama tutti gli
uomini come se stesso, ed il suo agire è completamente giusto. Alcune persone
dicono: Io amo il mio amico, che è buono con me, più di un altro. Ciò non è
bene, è una imperfezione; tuttavia bisogna ammetterlo, così come alcuni vanno
per mare non avendo che un mezzo vento, eppure lo traversano. Così è per le
persone che amano una creatura più di un'altra, ed è naturale. Se io la amassi
davvero quanto me stesso, ciò che le accadesse - gioia o dolore, morte o vita -
dovrebbe colpirmi nello stesso modo che se accadesse a me, e questa sarebbe vera
amicizia.
Perciò san Paolo dice: Vorrei essere eternamente separato da Dio, per il mio
amico e per Dio. Separarsi un istante da Dio, è essere eternamente separati da
lui; essere separati da Dio, è il tormento dell'inferno. Che pensa dunque san
Paolo quando dice che vorrebbe essere separato da Dio? I maestri si chiedono se
san Paolo fosse sulla via della perfezione o se fosse già nella perfezione
assoluta. Io dico che era nella completa perfezione, senza la quale non avrebbe
potuto parlare così. Io voglio spiegare questa parola di san Paolo, che dice di
voler essere separato da Dio.
La cosa più elevata ed estrema cui l'uomo possa rinunciare, è rinunciare a Dio
per Dio; ora san Paolo rinunciava a Dio per Dio; rinunciava a tutto quello che
poteva prendere da Dio, a tutto quello che Dio poteva dargli, a tutto quello che
poteva ricevere da Dio. Mentre vi rinunciava, rinunciava a Dio per Dio, e Dio
rimaneva per lui tale quale è presente a se stesso, non come ricevuto od
acquisito, ma nel puro essere che Dio è in se stesso. Egli non dette nulla a
Dio, non ricevette nulla da Dio, ma è una unità, una pura unione. Qui l'uomo è
veramente uomo, e nessuna sofferenza può colpirlo, così come non può colpire
l'essere di Dio; come ho detto spesso, v'è nell'anima qualcosa di tanto legato a
Dio da essere uno, e non unito. È uno, non ha niente in comune con nulla, e non
ha niente in comune con il creato. Tutto quel che è creato è nulla. Ora, esso è
lontano ed estraneo ad ogni cosa creata. Se l'uomo fosse tutto quanto così,
sarebbe totalmente increato ed increabile; se tutto quel che è corporeo e
difettoso fosse in tal modo compreso nell'Unità, non sarebbe altro che ciò che è
l'Unità in se stessa. Se io mi trovassi un istante in questo essere, non darei
importanza a me stesso più che a un verme del letame.
Dio dona lo stesso a tutte le cose, e quando esse scaturiscono da Dio, sono
uguali; sì, angeli ed uomini e tutte le creature scaturiscono da Dio, identiche
nella loro prima diffusione. Chi prendesse le cose nella loro prima diffusione,
le coglierebbe tutte quante come uguali. Se già sono uguali nel tempo, molto più
uguali lo sono in Dio, nell'eternità. Se si considera una mosca in Dio, essa è
assai più nobile in Dio di quanto l'angelo più alto non lo sia in se stesso.
Dunque tutte le cose sono uguali in Dio, e sono Dio stesso. In questa
uguaglianza Dio prova tanta gioia, che effonde completamente la propria natura e
il proprio essere in questa uguaglianza in se stesso. Ne prova gioia nello
stesso modo di colui che fa correre un cavallo da battaglia in una verde
brughiera, completamente piana e senza asperità: la natura del destriero sarebbe
di prodigarsi con tutta la forza, galoppando per la brughiera; ciò sarebbe per
lui gioioso, e conforme alla sua natura. Nello stesso modo è per Dio grande
gioia quando egli trova l'uguaglianza; è per lui una gioia effondere
completamente la sua natura e il suo essere nell'uguaglianza, giacché egli è
l'uguaglianza stessa.
Si pone ora una questione a proposito degli angeli; gli angeli che stanno tra
noi, ci servono e ci difendono, hanno forse una minore uguaglianza nelle loro
gioie, rispetto a quelli che stanno nell'eternità, ovvero sono in qualche modo
menomati dalle opere che compiono per difenderci e servirci? Io rispondo: no
certo! La loro gioia non è per niente diminuita, né lo è la loro uguaglianza,
giacché l'opera dell'angelo è la volontà di Dio, e la volontà di Dio è l'opera
dell'angelo; perciò esso non è menomato né nella sua gioia, né nella sua
uguaglianza, né nelle sue operazioni. Se Dio ordinasse all'angelo di andare a
togliere i bruchi da un albero, l'angelo sarebbe pronto a farlo, e questa
sarebbe la sua beatitudine, e la volontà di Dio.
L'uomo che si è così fissato nella volontà di Dio, non vuole altro che Dio e la
volontà di Dio. Se fosse malato, non vorrebbe essere sano. Ogni pena è per lui
una gioia, ogni molteplicità è per lui semplicità ed unità, se è veramente fisso
nella volontà di Dio. Sì, se a ciò fosse anche legato un tormento dell'inferno,
questo sarebbe per lui gioia e beatitudine. Egli è libero, uscito da se stesso,
e deve liberarsi da tutto quel che deve ricevere. Se il mio occhio deve vedere
il colore, deve essere libero da ogni colore. Se vedo un colore azzurro o
bianco, la visione del mio occhio che vede il colore, quello stesso che vede. è
identico a quel che è visto dall'occhio. L'occhio nel quale io vedo Dio, è lo
stesso occhio in cui Dio mi vede; l'occhio mio e l'occhio di Dio non sono che un
solo occhio, una sola visione, una sola conoscenza, un solo amore.
L'uomo che si è così fissato nell'amore di Dio deve essere morto a se stesso ed
a tutte le cose create, in guisa tale da non fare attenzione a se stesso più che
a chi è lontano oltre mille miglia. Questo uomo permane nella uguaglianza,
permane nella unità sempre completamente uguale: non vi è in lui alcuna
disuguaglianza. Questo uomo deve avere rinunciato a se stesso ed a tutto il
mondo. Se ci fosse un uomo a cui il mondo intero appartenesse, e se egli lo
abbandonasse, per Dio, così come lo ha avuto, Nostro Signore gli restituirebbe
questo mondo tutto intero, ed in più la vita eterna. E se un altro uomo, che ha
soltanto una volontà buona, pensasse: Signore, se fossi padrone di questo mondo,
ed anche di un mondo diverso, ed ancora di un altro - che fanno tre -, e se
questo uomo avesse questo desiderio: Signore, io voglio rinunciarvi, come a me
stesso, così come li ho ricevuti da te - allora Dio darebbe a questo uomo come
se egli avesse davvero tutto donato con la sua mano. Un altro uomo, che non
avesse assolutamente nulla di corporeo o di spirituale a cui rinunciare né da
donare, avrebbe rinunciato più di tutti. Tutto sarebbe donato a chi rinunciasse
a se stesso assolutamente, anche per un solo istante. E se un uomo fosse stato
nel distacco per venti anni, ma riprendesse se stesso anche per un solo attimo,
non sarebbe ancora distaccato. L'uomo che ha abbandonato, che si è distaccato, e
che non guarda più assolutamente a ciò che ha abbandonato, e permane costante,
immutabile ed impassibile in se stesso, soltanto quest'uomo è distaccato.
Che Dio e la Saggezza eterna ci aiutino a rimanere così costanti ed immutabili,
come l'eterno Padre. Amen.