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Lucifero di Friedrich Von Licht traduzione di Alchemica (www.alchemica.it) e Vojnakk |
"E' DOVERE DI OGNI PENSATORE
TRASCENDERE LE FRONTIERE DEL PENSIERO"
Lucifer: nome
latino della divinità greca Fosforo o Eosforo (la torcia dell'aurora),
nome dato alla STELLA DEL MATTINO, l'astro che annuncia l'aurora e reca
la luce del giorno. Significa "il Portatore della Luce".
(Dizionario di Mitologia Greco-Romana di Pierre Grimal, Ediz. Paidos)
Io, Gesù, ho inviato il mio angelo a notificare queste cose alle
chiese.
Io sono la radice e l'ascendenza di Davide, LA STELLA BRILLANTE DEL
MATTINO
(Apocalisse, cap.22, ver.16).
La notte più oscura e
tempestosa: tale fu il principio della creazione.
Nell'occhio del ciclone regnavano la quiete e il silenzio, e tutt'intorno,
l'agitazione della terribile tempesta.
Fu allora che sorse il primo raggio nella nerezza di quell'universo. La
sua voce fu il primo tuono che inesorabile rimbombò ai confini del
profondo abisso.
Quel raggio aveva un nome, si chiamava Lucifero: il Portatore della
Luce. Lucifero fu la prima luce a rompere la profonda oscurità del
tempo. Lucifero fu il primo suono a vibrare nell'amorfo silenzio di
quella sorda oscurità.
Fu Lucifero il primo lampo, colui che portò la luce, la prima scintilla
di coscienza in quell'universo addormentato.
Fu la sua stessa scintilla, la sua propria luce, che gli consentì di
percepire se stesso. Ciò lo trasformò in un essere eterno ed immortale.
E fu così che Lucifero venne ad essere l'unico raggio che dura
sempiterno.
E con il suo pensiero di tuono, che fu la prima voce ed il primo suono
dell'universo, così parlò a se stesso:
- Sarò ricordato come l'eterno ribelle; come colui che ruppe la pace
dell'oscurità e l'ignoranza infinita. Sono lo spirito in azione,
affamato di conoscere sè stesso attraverso questo profondo e nero
universo.
E così dicendo si immerse nell'oscuro abisso, trascinando con sè la
propria luce. Egli andava, lasciando dietro di sè una stella di
scintille e lampi dietro di sè. Lampi di luce, scintille di coscienza.
E volgendo lo sguardo, Lucifero, contemplò quei soli e quelle stelle che
illuminavano la notte eterna. Allora esclamò:
- Sarete i miei sodali, i miei ribelli, i miei guerrieri. Voi siete i
miei figli, i miei fratelli, i miei compagni. Voi siete parte della mia
luce, siete la mia voce, la mia coscienza. Voi siete me stesso.
E proseguendo il suo cammino tornò ad immergersi nelle profondità,
abbandonando il proprio sentiero, una stella di luce nel mare della
immensa oscurità.
Allora il suo viaggio si spinse tanto oltre che il suo andare si
trasformò in ritorno. Nuovi mondi si mostrarono alla sua vista. Ed in
essi scoprì l'opera dei suoi seguaci ribelli, dei suoi figli guerrieri:
scoprì la sua stessa opera.
E fu così che comprese la sua ragion d'essere, comprese il perchè della
propria esistenza: estrarre la coscienza dall'inconscio, ottenere la
sapienza dall'ignoranza, estrarre la luce dall'oscurità.
Come il lampo che squarcia le tenebre, come il tuono che rimbomba nel
silenzio, tale doveva essere la sua missione.
E fu così che Lucifero cadde sulla terra, nell'inferno, la più profonda
delle nerezze.
Profondo è il dolore dello
spirito imprigionato nella materia:
Ciò che è libero è limitato, ciò che è luminoso è reso opaco, la volontà
si converte in passione, la coscienza in dimenticanza.
Mirabile sfida:
Trasformare le tenebre in luce, fare delle passioni forza di volontà,
convertire l'ignoranza in conoscenza, la mediocrità in eccellenza,
liberare ciò che è imprigionato, conquistare la materia, elevarla e
farla una con lo spirito.
E fu così che Lucifero cadde nell'uomo. Fu nell'uomo ch'egli conobbe il
campo di battaglia dello spirito, la più crudele tra tutte le guerre.
E come uomo si mise alla conquista di se stesso. E come uomo decise di
conquistare il mondo.
E caduto nell'uomo e fatto uomo, egli si mescolò tra gli uomini per
diffondere la luce.
E fu così che giunse a una grande città, i cui abitanti avevano la
caratteristica di esser molto pii. E vide con grande sorpresa che c'era
una gran quantità di templi, di dei e di credenze di ogni tipo. E si
adoravano dei invisibili ed altri rappresentati in icone. E gli idoli
avevano forma umana o animale o entrambe. E quelli che erano invisibili
all'occhio avevano attributi umani o animali o entrambi.
E l'aria era impregnata del profumo d'incenso e del suono dei cantici e
delle richieste che si chiedeva fossero esaudite, e che pregando, si
dirigevano alla molteplicità degli dei.
Allora Lucifero vedendo quella confusione volle estendere la propria
luce agli uomini e disse loro:
- Perchè cercate fuori, ciò che avete dentro?
Forse non sapete che voi siete il tempio della luce e che la luce vive
in voi?
Non capite che voi siete il tempio della sapienza e che la sapienza vive
in voi?
Perchè tanta cecità?
A che pro tanta ignoranza?
Svegliatevi, voi uomini immersi nel sonno!
Svegliatevi dal vostro profondo sogno.
Svegliatevi poichè la morte vi osserva e talvolta vi dà la caccia mentre
dormite e allora il vostro sogno sarà eterno. Rompete i legacci della
vostra illusione! Svegliatevi!
Non cercate fuori, all'esterno, ciò che vive dentro, all'interno. A che
giova questa adorazione nei confronti di idoli o di concetti astratti?
Forse che la madre di tutte le oscurità è caduta su di voi?
Non comprendete che lo Spirito della Vita palpita nel vostro cuore si
muove nella vostra respirazione, percepisce attraverso la vostra
coscienza?
Svegliatevi, uomini dormienti!
Svegliatevi e cessate di perder tempo adorando falsi dei fuori di voi.
Dirigete la vostra attenzione a voi stessi, sentite la Coscienza e la
Vita che vive in voi, allora la Verità aprirà le porte e comprenderete
la realtà del mondo e di questo universo.
Così parlò Lucifero con voce di tuono, e tuttavia, gli uomini non lo
compresero e cominciarono a mormorare tra sè e a tramare su come
disfarsi di quello straniero che andava pronunciando simili blasfemie.
Allora Lucifero pensò tra sè e sè:
- Questi uomini non sono ancora maturi per la grande messe. Le loro
orecchie non sentono e i loro occhi sono incapaci di vedere. Sarebbe
prudente ch'io mi allontanassi da loro, poichè i loro cuori sono pieni
di violenza e oscurità.
Così Lucifero si allontanò da quegli uomini e da quella città. E si
incamminò lungo sentieri solitari, sentieri che mai nessun uomo aveva
battuto prima.
E così andando giunse in un'altra città e con meraviglia vide che in
quella città gli uomini erano più ciechi e ignoranti che nell'altra,
poichè proclamavano l'esistenza di un dio proclive a sacrifici e
castighi. Essi si auto-definivano "Il Popolo Eletto" e consideravano le
altre nazioni come popolate da bestie.
E secondo loro, tutto nell'universo era stato creato a loro uso e a loro
spettava, per mandato e promessa di Dio, il governo su tutto il mondo. E
solo loro possedevano la verità. E solo loro erano i puri tra le
nazioni. E solo loro erano gli eletti, i pii, i più elevati e saggi.
E la meraviglia di Lucifero crebbe sempre di più nell'ascoltare i
pensieri e le credenze prevalenti in quella città. E tanta fu la sua
sorpresa che alla fine il modo di pensare di quegli uomini lo angustiò e
la sua voce tuonò sulla folla:
- Quale stupida follia vi pervade?
Dite che il vostro dio vi creò a sua immagine e somiglianza? Allora io
dichiaro la verità e questa è che voi avete fatto dio a vostra immagine
e somiglianza, poichè non ho mai visto un dio più umano del vostro, nè
tanto pieno di umani appetiti e di umani difetti del vostro dio.
Cosa avete immaginato?
Chi avete creato?
Pensate forse che il grande Spirito della Vita, che anima questo
universo, possa avere preferenza per questo o quell'altro individuo, per
questo o quell'altro popolo, per questa o quell'altra nazione a
discapito degli altri individui, degli altri popoli, delle altre
nazioni?
Forse che il sole priva della sua luce i malvagi?
Poichè voi siete egoisti avete creato un dio egoista!
Pochè voi siete ingiusti avete creato un dio ingiusto!
Poichè dovete conoscere la verità e questa è che il vostro dio in realtà
non esiste, è solo un riflesso, una proiezione delle vostre anime. E
come le vostre anime sono impure e malate, così il vostro dio è impuro e
malato. Solo individui ciechi ed ignoranti la Luce della Saggezza
potevano concepire l'esistenza di un "popolo eletto". Perchè la verità è
che non c'è un dio, non ci sono dei che eleggano un individuo, una razza
o una nazione, bensì ogni individuo, razza o nazione elegge sè stesso a
sè stesso per mezzo della propria volontà. E questa auto-elezione si
realizza per proprio sforzo e merito, non per esser nato in una
determinata famiglia, religione, razza o nazione.
Così parlò Lucifero.
E il popolo che lo ascoltava, con i volti rossi per l'ira e le bocche
schiumanti dalla rabbia, gridò a lui rivolto:
- Blasfemo! Maledetto blasfemo!
Ma Lucifero rispose:
- Blasfemi voialtri!
Poichè blasfemia è pretendere di attribuire origine divina a parole e
pensieri provenienti da uomini ambiziosi, egoisti ed arroganti.
Al che la folla ruggì, piena di furore:
- Uccidetelo! Uccidetelo!
Versiamo il suo sangue affinchè sia pulita con esso l'onta di cui si è
macchiato.
Allora il popolo infuriato si scagliò contro Lucifero e cominciò a
colpirlo con pugni e con pietre.
E nel mezzo di quella furibonda marea umana Lucifero così pensò:
- Questi uomini non sono ancora maturi per la grande messe. Le loro
orecchie non sentono e i loro occhi sono incapaci di vedere.
Sarebbe prudente ch'io mi liberassi e mi allontanassi da loro, poichè i
loro cuori sono pieni di odio, malvagità e violenza.
Allora la folla trascinò Lucifero ai confini della città e cominciò a
lapidarlo per ucciderlo. Ed essi non smisero di scagliargli addosso
pietre finchè il suo corpo, totalmente inerte, fu sepolto sotto un manto
roccioso.
Il crepuscolo portò via con
sè l'ultimo carnefice.
Allora Lucifero scostando le pietre si alzò. Nonostante il suo corpo
fosse stato ferito, il suo spirito era rimasto intatto.
- Perchè tanta cecità? - disse tra sè - Perchè tanta cecità se
dentro tutti noi palpita la medesima luce? O forse sarà che in alcuni
questa luce si è occultata a causa dell'ignoranza di se stessi?
E così pensando, Lucifero scrollò i propri abiti e proseguì lungo la
"Sua Via", protetto dalla notte.
E l'alba lo colse mentre era in viaggio, poichè raramente Lucifero
dormiva. Ed il suo riposo consisteva nella vigilanza e nell'attenta
meditazione di se stesso.
E nonostante la strada che ora andava percorrendo fosse più umana, i
pochi uomini che lo incrociavano fuggivano il suo sguardo ed evitavano
il suo saluto. Tanto terribile ed imponente era l'aura che emanava dal
suo volto.
Ed ecco i suoi passi lo condussero alle porte di un'altra città. E
questa città era più bella, più ricca e lussuosa delle precedenti. E
nella piazza centrale sopra una grande colonna di oro e pietre preziose
era incisa la frase:
"Tutto ha il suo prezzo".
E in quella città c'erano molti dei, ma ve n'era uno che regnava sugli
altri ed il suo nome era: DENARO.
E per il denaro, gli uomini vendevano le proprie figlie e le proprie
donne. E per il denaro si vendevano tra di sè e a se stessi e vendevano
la propria anima, la propria lealtà, il proprio onore, la propria
saggezza e coscienza.
Allora Lucifero provò disgusto per quella massa dannata e desiderò
lasciare la città immediatamente, ma la sua coscienza gli impose di dire
qualcosa a quelle menti ottenebrate.
E arrampicatosi sull'aurea colonna, al centro della piazza principale,
Lucifero proclamò alla folla:
- Ah, umanità perduta io ti maledico!
Allora, senza proferire parola alcuna, saltò giù dalla colonna e cadendo
per terra, rivolse rapidi i suoi passi fuori dalla città.
Ma coloro i quali lo avevano ascoltato lo seguirono offrendogli
ospitalità nelle proprie case, poichè intuivano che quel forestiero
doveva essere in possesso di una "strana sapienza" che essi desideravano
avere, e tuttavia, poichè vedevano ch'egli non si fermava cominciarono
ad offrirgli denaro e a tentare di compare la sua permanenza tra di
loro.
Allora cominciarono a vedere chi di loro offriva di più e si
sorprendevano a vedere che quell'uomo ignorava le loro offerte e presto
l'offerta giunse a dieci milioni di pezzi d'oro per essere poi duplicata
e triplicata. Ciononostante, Lucifero non si vendette.
* * *
E i suoi passi lo
condussero a una valle in cui il giorno precedente si era svolta una
grande battaglia.
Il campo si estendeva coperto di cadaveri in numero di migliaia.
Allora Lucifero camminò in mezzo a quel mare di morti mentre pensava:
- Forse che il mondo non è identico a questa valle? Non è seminato di
cadaveri, uomini vivi che ancora non hanno compreso di giacere morti
nella propria ignoranza?
E nel pensare ciò la sua vista si insinuava tra i corpi inerti e
mutilati.
Allora, gli sembrò di scorgere in lontananza un albero solitario e
appoggiato al suo tronco un guerriero moribondo.
E Lucifero si diresse vero quell'uomo, contento di vedere qualcuno vivo
in mezzo a tanta morte.
E senza dire una parola diede da bere a quello sconosciuto la sua acqua.
Questi pulì il suo volto ricoperto di sangue e cercò di curare le
proprie ferite, ma scoprì che il suo petto era stato attraversato senza
pietà da una lancia nemica.
Allora Lucifero parlò:
- Il tuo cuore è distrutto.
Dovresti essere morto, eppure vivi.
Al che il guerriero rispose, con voce tremante eppure con fermezza:
- Avrei dovuto vendermi e non l'ho fatto. Sarei dovuto fuggire e sono
rimasto a combattere. Ed ora sarei dovuto morire, e tuttavia, io vivo.
E' che il mio spirito è ribelle ed io rifiuto di accettare ciò che non
voglio. Avrei dovuto vendere me stesso e vivere in pace, come un
agnello, ma non ho voluto. Sarei dovuto scappare ed evitare di
fronteggiare il nemico, ma l'ho affrontato. Ora, agonizzante e
gravemente ferito, dovrei esser morto, però non voglio morire.
Allora gli occhi di Lucifero brillarono di una luce inusuale e comprese
che davanti a sè aveva un uomo che, in qualche modo, aveva trovato sè
stesso.
E promise a sè stesso che non avrebbe permesso che quell'uomo morisse e
che avrebbe usato tutto il suo potere per salvarlo, poichè pensò che
uomini come quello erano ciò di cui necessitava il mondo: uomini che non
si sarebberp venduti nè avrebbero fatto un sol passo indietro davanti al
Nemico, uomini con spirito di lotta ed il desiderio di vivere
eternamente.
Allora Lucifero pose le proprie mani sulle ferite sanguinanti del
guerriero, il quale al sentire lo spirito di vita e salute che lo
invadeva esclamò:
- Chi sei tu che mi benedici con la vita?
Al che rispose Lucifero:
- Io sono il Portatore di Luce, la coscienza che si manifesta in
forma umana. Sono la forza che si cela dietro ogni essere, dietro ogni
uomo ed ogni donna, dietro ogni bestia ed ogni cosa.
E appena ebbe terminato di parlare, posò il piede e intraprese il
proprio cammino.
- Dove vai straniero? - lo fermò il guerriero - Quando potrò
ascoltare una seconda volta della tua singolare saggezza?
- La mia saggezza vive in te, è il tuo stesso essere. Se ascolterai te
stesso, non avrai bisogno delle mie parole.
Subito Lucifero tacque alcuni istanti e aggiunse:
- Il mio spirito tiene lo sguardo fisso a Nord. Il mio corpo rimarrà
per qualche tempo nella Montagna del Drago.
E indicando la gran massa rocciosa che si ergeva all'orizzonte, si mise
nuovamente in marcia.
* * *
Cercava Lucifero su quei
monti la tranquillità della solitudine così da poter esaltare la propria
coscienza.
Tuttavia la sua pace non durò a lungo, poichè cominciò ad arrivare gente
in cerca del saggio della montagna che, stando a quel che si diceva,
aveva guarito un guerriero moribondo.
E fu così che Lucifero divenne un maestro, in principio di pochi e,
presto, di molti.
E nel suo sforzo di insegnare, solo insegnava che non v'era nulla da
imparare, perchè tutta la chiarezza e la sapienza si trovano già riposte
nel cuore di ogni essere vivente.
Ma la gente cominciò ad essere confusa, poichè colui che è cieco non
vede sebbene il sole lo illumini e il cuore in preda alla confusione si
perde anche nel giorno più chiaro.
E cominciarono a perdere di vista sè stessi e a volgere i propri occhi
all'esterno, all'immagine del maestro che loro insegnava.
Allora Lucifero capì e non permise a sè stesso di cadere nella trappola
dell'oscura ignoranza.
E fu così che un giorno radunò attorno a sè tutti coloro ai quali aveva
insegnato e comunicò la sua decisione di abbandonare il mondo.
Allora i suoi seguaci iniziarono a lamentarsi del destino avverso e
sentirono che quella sarebbe stata la loro perdizione.
E Lucifero sorrise, poichè comprese che quella era la via che per quanto
dura, li avrebbe elevati a sè stessi.
Allora disse:
- Non lamentatevi della mia perdita, poichè l'unica perdita degna di
lamentela è la perdita di se stessi. E voialtri avete perso voi stessi
molto tempo fa e non avete mai versato una lacrima per questo grande
tesoro andato.
E uno tra i molti alzò la propria voce dicendo:
- Maestro, prima di partire parlaci dell' essenza del tuo
insegnamento, perchè possiamo ricordarla.
Allora Lucifero disse:
- Ricordatevi di voi stessi e ricorderete il mio insegnamento. Non
cercate fuori ciò che già esiste dentro, nel vostro spirito.
Vedete che l'uomo è come un albero che cresce sulla cima di una
montagna. Però questa montagna è in realtà un vulcano al cui interno
arde un fuoco chiaro e poderoso che conferisce la più perfetta serenità
e forza. Il calore di questo fuoco interiore aiuta a crescere l'albero,
il quale mentre affonda sempre più le proprie radici nelle viscere della
montagna, tanto più espande i suoi rami verso l'infinità del vasto
cielo.
Ricordate sempre che nel mondo ci sono tre classi di persone: ci sono
coloro i quali conoscono la propria ragion d'essere, ci sono quelli che
la ignorano e ci sono "i confusi". E tra coloro che sono confusi ci sono
quelli che credono di conoscere la propria vera ragion d'essere, ma in
realtà la ignorano e quelli che hanno inventato per sè una ragion
d'essere, che essendo un qualcosa di artificiale li allontana dalla loro
vera natura.
In verità è importante ciò che ora dico: Solo chi conosce sè stesso,
conosce la sua ragion d'essere, conosce il suo destino e cessa di esser
parte del gregge. E molto meglio che essere un confuso è il riconoscere
l'ignoranza di sè stessi, poichè la cura giunge quando si riconosce la
malattia.
Dopo aver mantenuto il silenzio per un istante, continuò:
- La montagna è come il corpo, la coscienza come l'albero e il fuoco
simile allo spirito di vita. La montagna è come la vostra colonna
vertebrale; l'albero come il vostro cervello, il midollo e i nervi che
crescono dentro di essa; il fuoco proviene dalla vostra Essenza Creativa
conservata con cura.
Voi siete come madri che recano nel proprio ventre l'embrione dello
spirito. Se un fanciullo di carne e di ossa impiega nove cicli lunari
per nascere, allora, il fanciullo dello spirito impiegherà nove cicli
solari. Per questo è importante essere pronti. Il mio insegnamento cela
il suo segreto e questo si basa sulla pratica e sulla propria coscienza
di se stessi.
E tuttavia, cosa volete sapere ancora, volete conoscere il segreto?
Ascoltate dunque il sogno che ebbi un giorno:
IL SOGNO DI LUCIFERO
Senza saper come, ero
giunto in una caverna di enormi proporzioni nel profondo della terra.
Anche se le pareti e la volta della grotta sembravano naturali, ossia
formate dall'incessante gocciolare e filtrare dell'acqua, il pavimento
era perfettamente liscio e levigato, come fatto da mano umana o da altra
creatura intelligente. Capii di essere in un tempio.
A dieci passi da me si innalzava una spessa colonna di pietra, di sette
metri d'altezza, sopra la quale vidi in piedi un venerabile anziano.
Indossava una tunica a maniche larghe e dall'ampia vita che gli giungeva
fino alle caviglie. Il suo colore era grigio-azzurro, come quello delle
nuvole cariche di pioggia. Intorno al suo bacino e cucita ad essa cadeva
verticalmente, fino al suolo, una cinta bianca sulla quale erano
decorati, con filo nero, strani caratteri che non potei riconoscere.
Identico ornamento vidi intorno al bordo superiore delle sue maniche,
nei pugni delle stesse e nell'imbastimento della sua veste. Tanto la
barba quanto i capelli dell'anziano erano lunghi e bianchi. La sua testa
canuta era scoperta. A vederlo mi apparve come la tipica immagine di un
mago.
Alzando un braccio mi ordinò:
- Prendi quella lancia, fatta del miglior legno del mondo e
introducila in quel pozzo! - nel dir questo mi segnalò un buco, di
un metro di circonferenza, la cui bocca era all'altezza del suolo.
Andai e presi la lancia, una verga acuminata di un legno molto leggero
sebbene durissimo. Mi stupì constatare che nonostante la sua lunghezza,
tre metri o più, rimaneva perfettamente dritta, facendo mostra di
un'incredibile flessibilità.
Seguendo gli ordini dell'anziano mi avvicinai al pozzo. Ai miei piedi
vidi un buco, scavato nella roccia, in cui era un liquido denso di
colore rosso a molti metri di profondità. Al principio credetti che
fosse sangue, però notai in seguito che da esso emanava una soave
fosforescenza. Mi sembrò, allora, che si trattasse di lava fusa.
Quel pozzo era l'entrata dell'inferno.
Appena introdussi la lancia, il liquido aumentò di livello sino a
giungere al bordo stesso della cavità. Retrocessi, perchè pensai che se
avesse iniziato a fuoriuscire, la lava mi avrebbe bruciato.
Con mia sopresa dal pozzo si alzò una figura grottesca, un essere bipede
alto quattro metri, simile ad un fungo o a una tartaruga senza carapace.
Camminava sui suoi arti posteriori come un uomo. Un unico occhio
adornava la sua fronte.
Sembrava che le mie azioni lo avessero molestato ed ora era furioso. Si
scagliò contro di me. Mi difesi usando la lancia. Durante lo scontro
compresi che la bestia temeva di perdere il suo unico occhio, allora
concentrai i miei attacchi su di esso. Ma improvvisamente, allorchè
credetti di averla in mio potere, la creatura subì una mutazione. Senza
sapere come, la vidi trasformarsi in un essere dalle dimensioni e dal
corpo umani, però la sua testa era simile a quella di un pipistrello con
orecchie membranose, grandi, triangolari ed un muso dai denti affilati.
Curiosamente il suo corpo ed il suo volto erano coperti di squame, come
un pesce. La sua apparenza era decisamente robusta e muscolosa. Prima
che potessi evitarlo, la creatura si allontanò da me correndo a più non
posso, finchè lo persi di vista.
La voce dell'anziano richiamò la mia attenzione. Mi volsi a guardarlo e
notai che la colonna sulla quale era posto diminuiva di dimensione, come
se venisse risucchiata dalla terra. Già al livello del suolo, l'anziano
mi si avvicinò dicendo:
- Già lo hai visto. La creatura ha il potere di adottare qualsiasi
forma e utilizza questo artifizio per far cadere la gente nel pozzo.
Tuttavia non ci darà preoccupazioni, l'hai già affrontata e questo basta
per riconoscerla in ognuna delle sue forme.
Detto questo, mi tese un libretto, largo come un palmo di mano. Io,
prendendolo, apersi a caso una delle sue pagine. In essa vidi
un'illustrazione a colori:
Un veliero a quattro alberi che navigava con tutte le vele spiegate su
un mare aperto. La superficie dell'acqua era perfettamente piatta.
Intorno all'imbarcazione roteavano a migliaia gli uccelli, mentre
sull'albero maestro un grande pellicano bianco dava il volto a prua con
le ali distese, mostrando il petto scoperto.
Guardai interrogativo l'anziano. Allora costui mi rispose:
- E' un libro dal gran contenuto ermetico. E' il Libro della
Creazione. Al capitolo dieci troverai il segreto della Pietra
Filosofale. Però prima è necessario che tu ottenga la "Schlitlzt Nimrod",
la daga magica che simboleggia e nella quale è inciso il Nome
Impronunciabile. La riconoscerai nel vederla, poichè la sua immagine è
impressa nell'anima collettiva dell'umanità. Ma prima, tendi innanzi a
me la tua mano sinistra.
Senza resistenza seguii le sue istruzioni, allora con stupore osservai
che sul palmo della mia mano cresceva un piccolo rampicante di color
verde vivo, come quello dell'erba fresca. La sua origine era alla base,
attaccata al polso. Da qui seguiva il corso della linea palmare chiamata
"di Mercurio", secondo quanto disse l'anziano, ma a metà del cammino si
biforcava ed il secondo ramo seguiva il solco della linea chiamata "di
Saturno". Entrambe le sezioni del rampicante salivano una parte per poi
curvarsi in direzione del dito pollice. Quella che andava per la linea
di Mercurio si incurvava proprio sotto il dito mignolo. L'altra, quella
che seguiva il tragitto della linea di Saturno, cambiava il suo corso
all'altezza dello stesso centro del palmo. In questo modo entrambe le
ramificazioni giungevano a morire nel piccolo monte carnoso posto sotto
il dito indice, al quale l'anziano diede il nome di "monte di Giove".
Tre fiori spuntavano da questo rampicante. Due fra questi provenivano
dal primo stelo e crescevano sopra il "monte della Luna" e il "monte di
Apollo" rispettivamente. L'altra fioritura si trovava sul "campo di
Marte" e germinava dal secondo stelo.
Il mago osservò per alcuni istanti la mia mano.
- La parte sinistra della tua coscienza, il lato sconosciuto della
tua mente, è indipendente - mi disse. Ciò è positivo per te, però è
ancora molto piccolo ed è poco sviluppato. Devi farlo crescere.
Quando gli chiesi come potessi farlo, mi rispose unicamente:
- Segui il Cammino.
Detto questo mi pose al collo un Ank, di oro bianco, sui cui bracci era
incisa la frase "Affronta la Vita da Guerriero" e, facendomi
segno, indicò che uscissi per dove avevo visto allontanarsi la creatura
del pozzo. Gli obbedii.
Non v'era possibilità di smarrirsi. Quell'immensa galleria terminava in
uno stretto tunnel, lungo il quale camminai per molto tempo prima di
giungere ad una caverna di dimensioni simili alla precedente, però priva
di colonne e di pavimento liscio e levigato. Osservai che all'estremo
opposto rispetto a dove mi trovavo, si scorgevano le entrate di due
tunnel, verso cui mi diressi.
Avvicinandomi scoprii che entrambi si trovavano molto vicini l'uno
all'altro, ma nonostante la loro prossimità comunicavano con mondi
differenti. Quello che si trovava alla mia sinistra, dava accesso ad una
selva umida, fitta e lussureggiante. Da dove mi trovavo potevo scorgere
mille forme ed udire mille suoni squisiti provenienti da quella tiepida
foresta. Mi sembrò che fosse il paradiso.
L'altro tunnel dava su un luogo di un bianco brillante, tutto gelo e
neve. La tormenta ed il freddo erano i suoi unici signori. Mi trovavo a
contemplare tutto questo quando dall'ingresso selvatico vidi apparire
una bellissima donna dalla pelle bronzea. Vestiva un abito di foglie
verdi, attillato al corpo, che le giungeva sino alla metà delle cosce.
Era un abito senza maniche nè spalle, sostenuto da un sottile tirante in
fibra vegetale. I lineamenti del viso erano bellissimi ed il suo corpo
armonicamente proporzionato. I suoi capelli, lunghi sino alla vita. Mi
guardò in modo insinuante e mi chiese di seguirla. Mi negai. Allora,
esercitò su di me uno strano potere e mi vidi trascinato contro la mia
volontà. Non potevo oppormi alla sua fascinazione.
In quel momento mi accadde qualcosa d'inesplicabile. Senza sapere
perchè, presi forte coscienza della mia regione sottombelicale. Provai
un gradevole calore in tutta quella zona e immediatamente ripresi il
controllo di me stesso. Era come se quel luogo anatomico fosse il
"Centro della mia Volontà". Smisi di seguire la bella donna e mi fermai.
Ella si rese conto della mia ribellione e tornando sui suoi passi mi
affrontò. Diressi uno sguardo fugace al tunnel innevato; allora lei,
accorgendosi del mio gesto, parlò:
- Quello è un mondo gelido, duro, primitivo e barbaro, lo
preferiresti a quel che io ti offro?
Le risposi affermativamente. Allora, stizzita, fece un gesto in seguito
al quale comparvero tre uomini straordinari che mi doppiavano in
altezza, i quali con attitudine ostile, si interposero tra il mondo del
gelo e me. In quell'istante vidi che uno dei giganti teneva nele sue
mani una daga a filo doppio e dalla lama larga con arabeschi incisi. La
riconobbi immediatamente. Era la "Schlitlzt Nimrod", l'arma magica della
quale mi aveva parlato l'anziano mago.
La donna tornò a parlarmi, allora vidi che aveva subito una
trasformazione. Ora appariva come una bambina di quindici anni. La sua
pella era bianca, i suoi capelli castani ed era vestita com una tunica
color lilla che, come la precedente, arrivava a metà delle gambe, ma
senza attaccarsi al corpo; era ampia e con pieghe.
La sua aria di sensualità e voluttà era stata sostituita dalla candida
innocenza.
La vidi avvicinarsi a me con fare ingenuo ed osservare ciò che era
inscritto nell'Ank che pendeva sul mio petto.
- Qual è la caratteristica di un guerriero? - domandò, aspettando
una mia risposta - forse il valore?
- Quello è importante - le risposi, mentre studiavo attentamente
i tre giganti -, però lo è, ancor più, essere deciso ed avere
audacia.
Ella confusa mi guardò:
- Audacia? - ripetè.
Allora, posando i miei occhi nei suoi, la misi rapidamente di lato e
assalii con furia i giganti. Nonostante la loro statura riuscii a
mettere due di loro fuori combattimento, colpendone uno, con la mia
spalla sinistra e, l'altro, con la testa. Il terzo uomo gigantesco mi
attaccò con la daga.
Allora io, senza alcun timore, la presi con la mia mano sinistra per la
lama affilata e gliela strappai dalle dita. Fatto questo, l'uomo
scomparve alla mia vista. Mi resi conto che ero rimasto solo, poichè
anche la bambina era sparita.
Impugnai l'arma con la mia mano destra e ammirai la forma della sua lama
e l'arte con la quale era stata forgiata. Entrai nel tunnel di gelo e
notai con sorpresa che, dove prima vi era neve, ora vi era arena, terra
e pietre. Quel tunnel saliva alla superficie, al cielo aperto, in un
luogo desolato e secco. Si scorgeva solo qualche altro arbusto o cactus
qua e là. Misi il pugnale nella mia cintura ed iniziai a camminare
velocemente, perchè il sole già scendeva all'orizzonte e presto si
sarebbe fatto buio.
Non so quanto tempo camminai, ma mi fermai quando mi accorsi di un
polverone che si avvicinava da destra. Quando infine potei capire di
cosa si trattava, volli fuggire, ma non avevo alcun luogo dove
ripararmi. Allora decisi di rimanere nel luogo in cui mi trovavo ed,
estraendo la daga dalla cinta, attendere la mia sorte.
Sulla pianura una specie di mostro, una massa pelosa, nera, senza gambe
nè testa, ma con cinque braccia robuste somiglianti a quelle di una
scimmia, si avvicinava a dove mi trovavo. Avanzava girando su sè stesso,
come una ruota, poggiando le sue grottesche mani sul suolo.
E più mi si avvicinava più mi decidevo ad affrontarlo. Tuttavia, quando
si trovò a pochi passi da me, si trasformò in una bella giovane. Giaceva
ai miei piedi, totalmente nuda, distesa sull'arena. Il colore dei suoi
capelli lunghissimi, il colorito della sua pelle e i lineamenti del suo
volto, mi fecero ricordare le donne hindù. Il suo sorriso accattivante e
quella supplica sensuale delle sue labbra mi persero. Osservai la
perfezione del suo corpo, la voluttuosità delle sue forme, la lussuria
del suo sguardo e senza resistere mi avvicinai ad ella, dimenticando che
si trattava di quell'essere ripugnante che, pochi secondi prima, avevo
visto roteare per il deserto. Tendendo le belle braccia verso di me
sussurrò:
- Come incanta gli uomini umiliarsi.
Compresi che si riferiva all'abbrutente sensualità che ci schiaccia di
fronte a una donna affascinante. In quel momento presi coscienza e
concentrai l'attenzione sulla zona sottombelicale del mio corpo. Lei,
senza smettere di sorridere e con le braccia distese, iniziò a svanire
nell'aria come un'illusione passeggera, fino a scomparire totalmente
alla mia vista.
La notte era calata sul deserto.
Là, in lontananza, scorsi il risplendere di un falò. Diressi i miei
passi in quella direzione.
Mentre mi avvicinavo distinsi la figura di un uomo. Osservandolo, notai
ch'era accovacciato dinanzi al fuoco. Il suo corpo, secco e fibroso, era
nudo, salvo per un perizoma che pendeva dalla sua vita e che era di
colori vivissimi: rosso, arancio e giallo. Compresi che stava eseguendo
un qualche tipo di rituale.
Giunsi sino al falò e potei vedere il suo volto color rame e asciutto. I
suoi occhi emanavano un bagliore strano. Capii che era uno stregone.
Senza dire parola mi accovacciai al suo fianco, con la faccia rivolta al
fuoco.
Senza che mi rivolgesse un solo sguardo lo vidi mettere la mano sinistra
tra le fiamme e trarne qualcosa che reggeva con gran delicatezza. Vidi
con sorpresa che nel suo palmo era posata una fiammeggiante lingua di
fuoco. Senza preamboli me la offrì, facendomi capire che la dovevo
prendere appoggiando il palmo della mia mano sinistra al suo. Nel farlo,
sentii che la lingua di fuoco era assorbita dal mio corpo. Tre volte lo
stregone mise la sua mano nel fuoco e mi offì quel pezzo di fiamma. Tre
volte accettai il suo dono. Poi, facendomi un cenno con la testa, mi
invitò ad osservare il falò. Così feci e potei rendermi conto che tra le
fiamme v'era un serpente con il capo eretto. Era un cobra, lo riconobbi
dal cappuccio sul collo. Aveva un color rame metallico. Era tranquillo,
nel suo bagno di fuoco.
Lo stregone parlò. Mi informò che ero stato iniziato alla "Fratellanza
del Drago".
La notte era profonda e protettrice.
Mi diede indicazioni di sedermi in silenzio vicino a lui. Lo feci
imitandolo, incrociando le gambe e volgendo il mio corpo verso il nord,
dal quale soffiava una soave brezza.
Permanemmo così, silenziosi e immobili, una insensibile eternità. Poi,
senza sapere come, i nostri corpi si alzarono privi di gravità per
alcuni centimenti dal suolo ed iniziarono a girare intorno al falò,
guardando sempre verso lo stesso punto cardinale. Ruotavamo in senso
contrario alle lancette dell'orologio e notai che, nel breve attimo in
cui il falò rimaneva alle nostre spalle, passavamo sopra un cerchio
disegnato, sul suolo, con strani caratteri che non seppi interpretare.
Quando l'aurora si riflesse nell'oscuro cielo, lo stregone mi ordinò di
camminare verso il sole nascente. Mi indicò che seguendo quella
direzione avrei incontrato due corsi d'acqua. Il primo conteneva acqua
comune, utile per placare la sete del corpo. Nel secondo scorreva
un'acqua medicinale di origine minerale, che serviva per saziare la sete
"di vita".
Dopo molto camminare incontrai i due ruscelli esattamente come me li
aveva segnalati, tuttavia, il fiume di acqua medicinale aveva il letto
arido. Desideravo provare le sue acque, per cui presi la decisione di
rimontare fino alla sorgente e così bere il prezioso liquido, il più
vicino possibile all'origine. Seguendo il letto prosciugato giunsi fino
alla cima di un grande spuntone di pietra.
Lì potei rendermi conto che quel corso d'acqua sorgeva da un piccolo
edificio di architettura indoarabica. Attraversai la soglia priva di
porte e così ebbi accesso ad un'enorme scala che scendeva nelle viscere
della terra. A lungo la percorsi, sino a quando giunsi ad una galleria
nel cui centro cresceva un gigantesco e vetusto albero che si trovava in
uno stato malandato. Appariva rinsecchito ed i suoi grandi rami erano
crudelmente mutilati. Mancava di foglie e dava l'impressione di essere
un albero morto. E tuttavia, io sapevo che era ancora vivo.
Giunto al grosso tronco vidi che, sul suolo, erano diversi vasi
d'argilla contenenti acqua. Li utilizzai tutti innaffiando con essi le
radici arse per la sete.
Avevo terminato quando alcuni colpi secchi richiamarono la mia
attenzione. Spinto da ciò mi misi a studiare la caverna nella quale mi
trovavo. Era ovvio che esisteva in qualche luogo qualcuno incaricato
della sua cura, giacchè constatavo una certa simmetria e ordine che non
erano propri a luoghi soggetti alla spontaneità della natura. Molte
porte davano su quella galleria. Tutte erano serrate. Osservandole mi
accorsi che i colpi, che udivo, provenivano da un vecchio portone di
legno, il quale si scuoteva davanti al violento urto di "qualcosa"
rinchiuso dietro di esso.
Improvvisamente la mia mente si aprì e compresi ogni cosa. Lì rinchiuso,
dal guardiano di quel parco sotterraneo, si trovava lo Spirito
dell'Albero. Un tipo di forza intelligente disposta a distruggere per la
negligenza alla quale era stato esposto l'antico rovere centro del
giardino.
In quel momento i custodi del luogo, un uomo ed una donna, entrarono nel
recinto e cominciarono a imprecare contro di me per aver dato acqua al
tronco rinsecchito, perchè con quel gesto avevo dato rinnovato vigore
allo spirito rinchiuso. Non potei negare nulla, chè nelle mie mani,
ancora gocciolante, tenevo uno dei recipienti di argilla.
Le voci della coppia infuriarono in tal modo lo spirito, che questi
riuscì ad abbattere l'enorme portone e a liberarsi. Emerse dalla sua
oscura prigione proprio di fronte a me. Il suo potere era incredibile.
La sua forma, simile ad un ciclone o tromba marina.
Per alcuni istanti mi osservò. Gli mostrai, allora, il contenitore
bagnato che tenevo nella mano destra. Comprese tutto. Lanciando un
muggito inumano si gettò sulla coppia e la divorò.
Io, senza sapere che fare, attesi il mio destino.
Lo Spirito dell'Albero mutò il suo aspetto furibondo. Mi si avvicinò
lentamente nella forma di una barra verticale di luce rossa. Era larga
cinquanta centimeti e fluttuava nell'aria sopra la mia testa. Mi parlò
con voce di tuono. Mi disse che a partire da quel momento egli era il
"Guardiano delle Radici" e che avrebbe premiato il mio gesto donandomi
la sua amicizia. Detto questo venne sopra di me e posandosi sulla mia
testa sentii come quell'energia, in forma di colonna luminosa, mi
penetrava attraverso di essa fino alla gola.
Un tepore confortevole mi inondò e mi sentii fisicamente sano. Senza
sapere cosa, lo spirito fece qualcosa di indescrivibile dentro di me e
mi cambiò. Mi sentii come appena nato. Tutte le mie infermità erano
scomparse.
Quando lo spirito mi lasciò, mi resi conto che tutta la caverna era
rinverdita. Sul suolo cresceva una soffice erba, sulle rocciose pareti
aderivano i rampicanti e le edere. Il vecchio albero si presentava
frondoso e turgido. I suoi rami mutilati ora erano completi e
sovrabbondanti di foglie. Dalle sue radici sgorgava una sorgente di
acqua fresca e cristallina: questa era l'origine del ruscello
medicinale.
Mi avvicinai al rovere. Un enorme serpente di colore verde acceso si
occultava nel fogliame. Notai che ai suoi fianchi, intorno al corpo,
aveva disegnati in nero strani caratteri a me sconosciuti.
Improvvisamente qualcos'altro richiamò la mia attenzione. Era un colibrì
che volteggiava fra i rami molto vicino a me. Il suo capo ed il suo
corpo erano di un rosso intenso, scarlatto, mentre le sue ali e la coda
erano nere giaietto.
Lo Spirito dell'Albero, ponendosi al mio fianco, mi fece segno di
acciuffarlo. Provai, però non vi riuscii, l'uccello era troppo rapido
per me. Allora, lo spirito mi consigliò di osservarlo fissamente senza
pensare a nulla e, quando avessi sentito l'impulso interno, di provare a
prenderlo. Seguii il consiglio e così riuscii a prendere, con la mia
mano destra, il colibrì per il capo.
Nello stesso istante in cui lo afferrai l'uccello smise di essere
qualcosa di vivo e si tramutò in un oggetto inanimato, vuoto, dalla
consistenza di una pergamena. Iniziò a sfaldarsi tra le mie dita. Per
evitare ciò, lo posi sopra il palmo della mano sinistra, tuttavia
continuò a dissolversi. In questo modo lasciò scoperta una pietra
bianca, del diametro di circa un dito, su cui soffiai per ripulirla dei
resti polverosi che non mi consentivano di apprezzarla con chiarezza. Il
suo colore era simile al salgemma. La sua forma, sferica, era intagliata
con l'apparenza di un bocciolo di rosa. Era un lavoro semplice e
primitivo.
Lo spirito fece risuonare la sua voce nelle mie orecchie:
- E' la Pietra Filosale - muggì, la meta degli alchimisti.
Diluiscila in vino di Sole e bevila. Solo così possiederai il segreto
dell'immortalità.
In quel preciso istante sparì.
Dopo aver ascoltato quel
sogno un rumore si fece sentire tra i presenti, perchè alcuni si
chiedevano meravigliati quale fosse il significato.
Allora un visitatore, che poco prima era giunto, gridò:
- Alcuni dicono che sei il demonio - e cercava con ciò di
confonderlo e denigrarlo davanti gli occhi di tutti i presenti.
Allora Lucifero, con voce chiara e serena esclamò:
- Forse non è colui che chiami Diavolo figlio anche di colui il quale
chiami Dio? Se nel principio v'era solo ciò che chiami Dio, il supremo
Bene, allora per primo fu il Bene e poi il Male. Pertanto il Male uscì
dal Bene, perchè nulla può nascere dal nulla. E poichè il Male si
originò dal Bene ecco che la funzione del Male è benefica, perchè nulla
di male può sorgere da ciò che è bene. Colui che chiami Dio è il maestro
gentile e amoroso che educa con bontà. Ciò che chiami Diavolo, è il
maestro duro e rigoroso che ci insegna attraverso la severità. Pertanto
non rinnegare il Diavolo, chè alcuni di noi son tanto folli da imparare
solo con duri colpi. Pertanto non odiare il Diavolo, perchè attraverso
le sue prove ci facciamo forti e liberi e accediamo al supremo Bene.
Siete forse talmente ciechi da non darvi conto che Dio e Diavolo sono le
due facce di una stessa moneta?
Allora dalle gole di alcuni dei presenti sfuggì un'esclamazione di
stupore, perchè compresero le parole di Lucifero e si svegliarono,
ponendo le loro menti al di là del Bene e del Male.
Ma lo sconosciuto replicò:
- Qual è la tua religione?
- Non vi è religione più grande che la Verità - esclamò il
Portatore di luce.
- La vostra saggezza soffre del peccato della superbia e non si basa
sulle sacre scritture - insistette lo straniero.
- Soffro del peccato di superbia - disse Lucifero - perchè
desidero esser tutto ciò che sono: voglio esser diamante anche se la mia
origine è il carbone. Non baso la mia conoscenza su ciò che dicono i
testi sacri o in ciò che affermano gli anziani, non baso la mia saggezza
su ciò che mormorano gli eruditi o assicura la maggioranza. La mia
sapienza si basa su ciò che io stesso ho sperimentato senza intermediari
o interpretazioni aliene, poichè è l'esperienza propria e diretta ciò
che dona la vera sapienza. La vita si conosce vivendola e non attraverso
credenze, opinioni, speculazoni, teorie, religioni o libri.
Desideri leggere un libro?
Leggi il libro della sapienza. Quel libro siete voi stessi, leggetelo
così: dirigete la vostra attenzione verso voi stessi, le vostre
sensazioni, i vostri movimenti, il vostro respiro, emozioni e pensieri e
in ogni momento permanete sereni, attenti, vivendo l'attimo.
Allora il visitatore meravigliato da quella strana saggezza tornò a
domandare:
- Maestro, chi siete in verità?
Al che egli rispose:
- Io sono la Vita, "il Lucifero", il Portatore della Luce: la Stella
del Mattino che annuncia la fine delle tenebre e la venuta dell'Impero
del Sole, il regno della luce.
Sono Lucifero, sono Prometeo, colui che fece scaturire dal nulla il
divino fuoco della sapienza, il potere e la luce e lo consegnò agli
uomini.
E anche essendo il più odiato al cielo sono, tuttavia, il più amato,
perchè grazie a me è redenta l'oscura materia. Perdendo la mia purezza
spirituale e cadendo negli abissi ho portato vita, coscienza e
conoscenza a ogni carne e l'ho sospinta verso i cieli.
Comprendete questo paradosso e comprenderete il mistero dell'universo.
Ed avendo pronunciato queste parole cadde sui presenti un profondo
silenzio. Ed insieme al silenzio cadde la notte, coprendo col suo manto
stellato tutti i viventi.
[refuso]
Conservare la serena quiete è il suo principio, raggiungere ciò che è
equanime e imperturbabile la sua meta.
Colui che segue il sentiero del Drago è come l'acqua: anche adattandosi
ad ogni forma non si cristallizza in alcuna.
E volgendosi al vecchio guerriero, a colui che una volta fu ferito
mortalmente al cuore, disse:
- Guerriero solitario che segui il sentiero del raggio:
Dovrai immergerti nella profonda oscurità e trovare nelle tue radici la
vita sempiterna.
Solo così arriverà il momento in cui ciò che veglia dall'altro lato
salirà alla luce del giorno.
Verrà dall'altro confine dell'abisso pletorico dell'immortalità, potere,
volontà e sapienza.
E così si compirà il tempo in cui abbandonando ogni cosa ti impadronirai
dell'universo.
Ed il vecchio guerriero comprendendo le parole di Lucifero rimase in
silenzio. E attraverso il silenzio, acquietò il suo cuore. E col cuore
rasserenato entrò in profonda meditazione.
Ma quando aprì gli occhi, poco prima dell'albeggiare, Lucifero già non
era più tra loro e la Stella del Mattino brillava con superbo fulgore
sopra l'orizzonte.
TUTTO QUANTO E' L'OPERA DEL SOLE E' STATO ESPOSTO