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Libro II
ESORTAZIONI CHE CI INTRODUCONO ALL'INTERIORITA'
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Capitolo VI
LA GIOIA DI UNA COSCIENZA RETTA
- Giusto vanto dell'uomo retto è la
testimonianza della buona coscienza. Se sarai certo, in coscienza, di aver
agito rettamente, sarai sempre nella gioia. La buona coscienza permette di
sopportare tante cose ed è piena di letizia, anche nelle avversità. Al
contrario, se sentirai in coscienza di aver fatto del male, sarai sempre
timoroso ed inquieto. Dolce riposo sarà il tuo, se il cuore non avrà nulla da
rimproverarti. Non rallegrarti se non quando avrai fatto del bene. I cattivi
non godono mai di una vera letizia e non sentono mai la pace dell'anima,
giacché "non c'è pace per gli empi", dice il Signore (Is 48,22; 57,21). E se
la gente dice: "siamo in pace, non ci accadrà alcun male (Mic 3,11), chi mai
oserà farci del male?", non creder loro; ché improvvisa si leverà la collera
di Dio, "e quello che hanno fatto andrà in fumo, e i loro piani svaniranno" (Sal
145,4). Per colui che ama Iddio, non è difficile trovare la propria gloria
nella sofferenza, poiché ciò significa trovarla nella croce del Signore. La
gloria data o ricevuta dagli uomini dura poco; e una certa tristezza le si
accompagna sempre. Invece la gloria dei giusti viene dalla loro coscienza, non
dalle parole della gente; la loro letizia viene da Dio ed è in Dio; la loro
gioia viene dalla verità. Colui che aspira alla gloria vera ed eterna non si
preoccupa di quella temporale; invece colui che cerca questa gloria caduca,
anziché disprezzarla dal profondo dell'animo, evidentemente ama di meno la
gloria celeste. Grande serenità di spirito possiede colui che non bada alle
lodi né ai rimproveri della gente; giacché, se ha la coscienza pulita, si
sentirà facilmente contento e tranquillo.
- Tu non sei maggiormente santo se ricevi delle
lodi, né maggiormente cattivo se ricevi dei rimproveri; sei quello che sei, e
non puoi essere ritenuto più grande di quanto tu non sia agli occhi di Dio. Se
fai attenzione a quello che tu sei in te stesso, interiormente, non baderai a
ciò che possano dire di te gli uomini. L'uomo vede in superficie, Dio invece
vede nel cuore; l'uomo guarda alle azioni esterne. Dio giudica invece le
intenzioni. Agire bene, sempre, e avere poca stima di se medesimi, è segno di
umiltà di spirito; non cercare conforto da alcuna creatura è segno di grande
libertà e di fiducia interiore. Chi non cerca per sé alcuna testimonianza dal
di fuori, evidentemente si abbandona del tutto a Dio. Infatti, come dice S.
Paolo, "non riceve il premio colui che si loda da sé, ma colui che è lodato da
Dio" (2Cor 10,18). Procedere tenendo Dio nel cuore, e non essere stretto da
alcun legame che venga di fuori, ecco la condizione dell'uomo spirituale.
Capitolo VII
L'AMORE DI GESU' SOPRA OGNI COSA
- Beato colui che comprende che cosa voglia
dire amare Gesù e disprezzare se stesso per Gesù. Si deve lasciare ogni
persona amata, per colui che merita tutto il nostro amore: Gesù esige di
essere amato, lui solo, sopra ogni cosa. Ingannevole e incostante è l'amore
della creatura; fedele e durevole è l'amore di Gesù. Chi s'attacca alla
creatura cadrà con la creatura, che facilmente vien meno; chi abbraccia Gesù
troverà saldezza per sempre. Ama e tienti amico colui che, quando tutti se ne
andranno, non ti abbandonerà, né permetterà che, alla fine, tu abbia a perire.
Che tu lo voglia oppure no, dovrai un giorno separarti da tutti; tienti dunque
stretto, in vita e in morte, a Gesù, e affidati alla fedeltà di lui, che solo
ti potrà aiutare allorché gli altri ti verranno meno.
- Per sua natura, Gesù, tuo amore, è tale da
non permettere che tu ami altra cosa; egli vuole possedere da solo il tuo
cuore, e starvi come un re sul suo trono. Di buon grado Gesù starà presso di
te, se tu saprai liberarti perfettamente da ogni creatura. Qualunque fiducia
tu abbia posto negli uomini, escludendo Gesù, ti risulterà quasi del tutto
buttata via. Non affidarti o appoggiarti ad una canna, che si piega al vento,
perché "ogni carne è come fieno e ogni suo splendore cadrà come il fiore del
fieno" (1Pt 1,24). Se guarderai soltanto alle esterne apparenze umane, sarai
tosto ingannato. E se cercherai consolazione e profitto negli altri, ne
sentirai molto spesso un danno. Se cercherai in ogni cosa Gesù, troverai
certamente Gesù. Se invece cercherai te stesso, troverai ancora te stesso, ma
con tua rovina. Infatti, se non cerca Gesù, l'uomo nuoce a se stesso, più che
non possano nuocergli i suoi nemici e il mondo intero.
Capitolo VIII
L'INTIMA AMICIZIA CON GESU'
- Quando è presente Gesù, tutto è per il bene,
e nulla pare difficile. Invece, quando Gesù non è presente, tutto è difficile.
Quando Gesù non è presente, tutto è difficile. Quando Gesù non parla
nell'intimo, ogni consolazione vale assai poco. Invece, se Gesù dice anche
soltanto una parola, sentiamo una grande consolazione. Forse che Maria
Maddalena non balzò subitamente dal luogo in cui stava in pianto, quando Marta
le disse: "C'è qui il maestro, ti chiama?" (Gv 11,28). Momento felice, quello
in cui Gesù ci invita dal pianto al gaudio spirituale. Come sei arido e aspro,
lontano da Gesù; come sei sciocco e vuoto se vai dietro a qualcosa d'altro,
che non sia Gesù. Non è, questo, per te, un danno più grande che perdere il
mondo intero? Che cosa ti può mai dare il mondo se non possiedi Gesù? Essere
senza Gesù è un duro inferno; essere con Gesù è un dolce paradiso. Non ci sarà
nemico che possa farti del male, se avrai Gesù presso di te. Chi trova Gesù
trova un grande tesoro prezioso; anzi, trova un bene più grande di ogni altro
bene. Chi perde Gesù perde più che non si possa dire; perde più che se
perdesse tutto quanto il mondo. Colui che vive senza Gesù è privo di tutto;
colui che vive saldamente con lui è ricco di tutto.
- Grande avvedutezza è saper stare vicino a
Gesù; grande sapienza sapersi tenere stretti a lui. Abbi umiltà e pace, e Gesù
sarà con te; abbi devozione e tranquillità di spirito, e Gesù starà con te.
Che se comincerai a deviare verso le cose esteriori, potrai subitamente
allontanare da te Gesù, perdendo la sua grazia; e se avrai cacciato lui, e
l'avrai perduto, a chi correrai per rifugio, a chi ti volgerai come ad amico?
Senza un amico non puoi vivere pienamente; e se non hai come amico, al di
sopra di ogni altro, Gesù, sarai estremamente triste e desolato.
- E' da stolto, dunque, quello che fai, ponendo
la tua fiducia e la tua gioia in altri che in Gesù. E' preferibile avere il
mondo intero contro di te che avere Gesù disgustato di te. Sicché, tra tutte
le persone care, caro, per sé, sia il solo Gesù; tutti gli altri si devono
amare a causa di Lui; Lui, invece, per se stesso. Gesù Cristo, il solo che
troviamo buono e fedele più di ogni altro amico, lui solo dobbiamo amare, di
amore particolare. Per lui e in lui ti saranno cari sia gli amici che i
nemici; e lo pregherai per gli uni e per gli altri, affinché tutti lo
conoscano e lo amino. Non desiderare di essere apprezzato od amato per te
stesso, poiché questo spetta soltanto a Dio, che non ha alcuno che gli
somigli. Non volere che uno si lasci prendere, nel suo cuore, tutto da te, né
lasciarti tutto prendere tu dall'amore di chicchessia. Gesù soltanto deve
essere in te, come in ognuno che ami il bene. Sii puro interiormente e libero,
senza legami con le creature. Se vuoi essere pienamente aperto a gustare
"com'è soave il Signore" (Sal 33,9), devi essere del tutto spoglio e offrire a
Dio un cuore semplice e puro.
- Ma, in verità, a tanto non giungerai, se
prima non sarà venuta a te la sua grazia trascinandoti, cosicché, scacciata e
gettata via ogni cosa, tu possa unirti con Lui, da solo a solo. Quando la
grazia di Dio scende sull'uomo, allora egli diventa capace di ogni impresa;
quando invece la grazia viene meno, l'uomo diventa misero e debole, quasi
abbandonato al castigo. Ma anche così non ci si deve lasciare abbattere; né si
deve disperare. Occorre piuttosto stare fermamente alla volontà di Dio e,
qualunque cosa accada, sopportarla sempre a lode di Gesù Cristo; giacché dopo
l'inverno viene l'estate, dopo la tempesta una grande quiete.
Capitolo IX
LA MANCANZA DI OGNI CONFORTO
- Non è difficile disprezzare il conforto
umano, quando abbiamo quello che viene da Dio. Ma è cosa difficile assai saper
sopportare la mancanza, sia del conforto umano sia del conforto divino, saper
accettare volonterosamente di soffrire, per amore di Dio, la solitudine del
cuore, e senza guardare i propri meriti. Che c'è di straordinario se sei pieno
di santa gioia, quando scende su di te la grazia divina? E', questo, un
momento che è nel desiderio di tutti. Galoppa leggero chi è sostenuto dalla
grazia. Che c'è di strabiliante se non sente fatica colui che è sostenuto
dall'Onnipotente ed è condotto dalla somma guida? Di buona voglia e
prontamente accettiamo un po' d'aiuto; difficilmente uno se la cava da solo.
Il santo martire Lorenzo seppe staccarsi da questo mondo, persino dall'amato
suo sacerdote, giacché egli disprezzò ogni cosa che gli apparisse cara
quaggiù. Egli giunse a sopportare con dolcezza che gli fosse tolto Sisto,
sommo sacerdote di Dio, che egli amava sopra ogni cosa. Per amore del Creatore
egli, dunque, superò l'amore verso un uomo; di fronte a un conforto umano
preferì la volontà di Dio. Così impara anche tu ad abbandonare, per amore di
Dio, qualche intimo e caro amico; e non sentire come cosa intollerabile se
vieni abbandonato da un amico, ben sapendo che, alla fine, tutti dobbiamo
separarci, l'uno dall'altro. Grande e lunga è la lotta che l'uomo deve fare
dentro di sé, per riuscire a superare se stesso e a porre in Dio tutto il
proprio cuore. Colui che pretende di bastare a se stesso va molto facilmente
alla ricerca di consolazioni umane. Colui invece che ama veramente Cristo e
segue volenterosamente la via della virtù non scende a tali consolazioni: egli
non cerca le dolcezze esteriori , ma cerca piuttosto di sopportare grandi
prove e dure fatiche per amore di Cristo.
- Quando, dunque, Dio ti dà una consolazione
spirituale, accoglila con gratitudine. Ma comprendi bene che si tratta di un
dono che ti viene da Dio, non di qualcosa che risponda a un tuo merito. Per
tale dono non devi gonfiarti o esaltarti, né presumere vanamente di te; al
contrario, per tale dono, devi farti più umile, più prudente e più timorato in
tutte le tue azioni, giacché passerà quel momento e verrà poi la tentazione.
Quando poi ti sarà tolta quella consolazione, non disperare subitamente, ma
aspetta con umiltà e pazienza di essere visitato dall'alto: Dio può ridarti
una consolazione più grande. Non è, questa, cosa nuova né strana, per coloro
che conoscono la via di Dio; questo alterno ritmo si ebbe frequentemente nei
grandi santi e negli antichi profeti. Ecco la ragione per la quale, mentre la
grazia era presso di lui, quello esclamava: "Nella pienezza dissi: così starò
in eterno" (Sal 29,7); poi, allontanatasi la grazia, avendo esperimentato la
sua interiore condizione, aggiungeva: "togliesti, o Dio, da me la tua faccia e
sono pieno di tristezza" (Sal 29,8). Tuttavia quegli frattanto non disperava,
ma pregava Iddio più insistentemente, dicendo: "A te, Signore, innalzerò la
mia voce, innalzerò la mia preghiera al mio Dio"(Sal 29,9). Ricavava alla fine
il frutto della sua orazione, e proclamava di essere stato esaudito, con
queste parole: "Il Signore mi udì ed ebbe misericordia di me; il Signore è
venuto in mio soccorso" (Sal 29,11). Come? "Mutasti - disse - il mio pianto in
gioia, e mi circondasti di letizia" (Sal 29,12). Poiché così avvenne per i
grandi santi, noi deboli e poveri, non dobbiamo disperarci, se siamo ora
ferventi, ora tiepidi; ché lo spirito viene e se ne parte, a suo piacimento.
E' per questo che il santo Giobbe diceva: "Lo visiti alla prima luce, ma tosto
lo metti alla prova" (Gb 7,18).
- Su che cosa posso io fare affidamento, in chi
posso io confidare? Soltanto nella grande misericordia divina e nella speranza
della grazia celeste. Persone amanti del bene, che mi stiano vicine, devoti
confratelli, amici fedeli, libri edificanti ed eccellenti trattati, dolcezza
di canti e di inni: anche se avessi tutte queste cose, poco mi aiuterebbero e
avrebbero per me ben poco sapore, quando io fossi abbandonato dalla grazia e
lasciato nella mia miseria. Allora, il rimedio più efficace sta nel saper
attendere con pazienza, sprofondandosi nella volontà di Dio. Non ho mai
trovato un uomo che avesse devozione e pietà tanto grandi da non sentire
talvolta venir meno la grazia o da non avvertire un affievolimento del suo
fervore. Non ci fu mai un santo rapito così in alto e così illuminato, da non
subire, prima o poi, la tentazione. Infatti, chi non è provato da qualche
tribolazione non è degno di una profonda contemplazione di Dio. Ché la
tentazione di oggi è segno di una divina consolazione di domani; la quale
viene, appunto, promessa a coloro che sono stati provati dalla tentazione. A
colui che avrà vinto, dice, "concederò di mangiare dell'albero della vita" (Ap
2,7). In effetti, la consolazione divina viene data affinché l'uomo sia più
forte nel sostenere le avversità; poi viene la tentazione, affinché egli non
si insuperbisca di quello stato di consolazione. Non dorme il diavolo, e la
carne non è ancor morta. Perciò non devi smettere mai di prepararti alla
lotta, perché da ogni parte ci sono nemici, che non si danno riposo.
Capitolo X
LA GRATITUDINE PER LA GRAZIA
DIVINA
- Perché vai cercando quiete, dal momento che
sei nato per la tribolazione? Disponiti a patire, più che ad essere consolato;
a portare la croce, più che a ricevere gioia. Anche tra coloro che vivono nel
mondo, chi non sarebbe felice - se potesse ottenerli in ogni momento - di non
avere il conforto e la letizia dello spirito, poiché le gioie spirituali
superano tutti i piaceri mondani e le delizie materiali? Le delizie del mondo
sono tutte vuote o poco buone; mentre le delizie spirituali, esse soltanto,
sono veramente piene di gioia ed innocenti, frutto delle virtù e dono
soprannaturale di Dio agli spiriti puri. In verità però nessuno può godere a
suo talento di queste divine consolazione, perché il tempo della tentazione
non dà lunga tregua. E poi una falsa libertà di spirito e una eccessiva
fiducia in se stessi sono di grande ostacolo a questa visita dall'alto. Dio ci
fa dono dandoci la consolazione della grazia; ma l'uomo risponde in modo
riprovevole se non attribuisce tutto a Dio con gratitudine. E così non possono
fluire su di noi i doni della grazia, perché non sentiamo gratitudine per
colui dal quale essa proviene e non riportiamo tutto alla sua fonte
originaria. La grazia sarà sempre dovuta a chi è giustamente grato; mentre al
superbo sarà tolto quello che suole esser dato all'umile. Non voglio una
consolazione che mi tolga la compunzione del cuore; non desidero una
contemplazione che mi porti alla superbia. Ché non tutto ciò che è alto è
santo; non tutto ciò che è soave è buono; non tutti i desideri sono puri; non
tutto ciò che è caro è gradito a Dio. Invece, accolgo con gioia una grazia che
mi faccia essere sempre più umile e timorato, e che mi renda più pronto a
lasciare me stesso. Colui che è stato formato dal dono della grazia ed
ammaestrato dalla dura sottrazione di essa, non oserà mai attribuirsi un
briciolo di bene; egli riconoscerà piuttosto di essere povero e nudo.
- Da' a Dio ciò che è di Dio, e attribuisci a
te ciò che è tuo: mostrati riconoscente a Dio per la grazia , e a te
attribuisci soltanto il peccato, cosciente di meritare una pena per la colpa
commessa. Mettiti al posto più basso, e ti sarà dato il più alto; giacché la
massima elevazione non si ha che con il massimo abbassamento. I santi più alti
agli occhi di Dio sono quelli che, ai propri occhi , sono i più bassi; essi
hanno una gloria tanto più grande quanto più si sono sentiti umili. Ripieni
della verità e della gloria celeste, non desiderano la vana gloria di questo
mondo; basati saldamente in Dio, non possono in alcun modo insuperbire. Essi,
che attribuiscono a Dio tutto quel che hanno ricevuto di bene, non vanno
cercando di essere esaltati l'uno dall'altro, ma vogliono invece quella
gloria, che viene soltanto da Dio; aspirano e sono tutti tesi a questo: che,
in loro stessi e in tutti i beati, sia lodato Iddio sopra ogni cosa. Sii
dunque riconoscente anche per la più piccola cosa; così sarai degno di
ricevere doni più grandi. La cosa più piccola sia per te come la più grande;
quello che è più disprezzabile sia per te come un dono straordinario. Se si
guarda all'altezza di colui che lo dà, nessun dono sembrerà piccolo o troppo
poco apprezzabile. Non è piccolo infatti ciò che ci viene dato dal Dio
eccelso. Anche se ci desse pene e tribolazioni, tutto questo deve esserci
gradito, perché il Signore opera sempre per la nostra salvezza, qualunque cosa
permetta che ci accada. Chi vuol conservare la grazia divina, sia riconoscente
quando gli viene concessa, e sappia sopportare quando gli viene tolta; preghi
perché essa ritorni, sia prudente ed umile affinché non abbia a perderla.
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