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Monologo di Satana all’uomo Filippo Goti |
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Il giovane apprendista, reso stanco dall'arte e dal
maneggio degli strumenti dell'arte, si addormentò, scivolando in un sonno
profondo.
Era un mendicante, allegro e spensierato, che
procedeva spedito senza meta alcuna, con ogni fardello posto alle spalle. Il
mondo ululava al suo passaggio, cercando di richiamarne l'attenzione, ma il suo
passo era spedito, il Sole che nasceva dalla Luna baciava la fronte aperta, e
il cielo era il manto in cui avvolgeva il tesoro dei tesori:
la luce.
Innanzi ad un bivio decise di fermarsi, quando una
belva feroce gli si parò innanzi. Possenti i muscoli, affilate le zanne, terrifico il ruggito, ma senza sforzo alcuno la dominò,
ponendosi a testa in giù, appeso ad un ramo.
Per un tempo immemorabile attese in se, nel vuoto
assoluto formatosi dall’abbondano dell’Ego, quando un
sacerdote, con occhi saggi ma tristi, appari nel recinto sacro posto fra le
colonne.
<Chi sei chiese il
giovane apprendista, ed ora mendicante.............??> Chiese all’appeso.
< Sono l’uomo> .
Egli rispose.
Tutto cambiò….., niente
cambiò, e il sacerdote dalla bianca tunica, e dalla curata barba, era ora una
figura immensa, color terra, con in testa una corona, una bocca la dove vi è il
ventre, e un sesso confuso, gli occhi saggi, ma tristi.
Parlò:
Io Satana
amavo, e amo ancora oggi il Padre.
Della sua luce, e solo per essa
vivevo,
e mai capii la volontà sua di dare a forma a
polvere in sua immagine e somiglianza.
Come potevano la polvere e l'acqua, essere della
stessa natura della Luce?
Non bastavano le legioni
angeliche, e quanto di più nobile esisteva per essere specchio alla Gloria
e Potenza ?
Perchè no ? Non capivo questa desiderio di vedersi, per me che già lo vedevo.
Con il soffio il fuoco
divampò, e attraverso esso diede forma alla polvere nell'acqua.
Dal mio trono, che un tempo fu di bellezza, l’ira e..
La moltitudine finita, in essa
prese corpo.
Troppo era il mio amore, per poterlo spartire con
altri.
Troppa era la mia estasi per poterla dividere con
altri.
Non orgoglio il mio, ma
amore. Come potevo piegarmi ad altri, che non fossero
il Padre ?
Non ero io generato nella sua stessa natura, non
ero il più amato, e colui che più amava ?
E quale la ricompensa per tanto amore ? Elevazione al rango di prediletto, ciò
che era polvere e acqua ?
Non misero orgoglio, ma
amore eterno.
Dall'amore all'odio, non verso il Padre ma verso di
voi, e il vostro scempio. In quanto sapevo che avreste
rinnegato l'amore che nutre per voi.
Io per amore, e voi si per
orgoglio.
Entrambi ciechi.
Io persi il
mio trono d'oro, e adesso domino questo mondo di
sterco. Qui in catene ad una sfida, a dimostrare che il mio amore aveva ragione.
Anche se le porte celesti sempre e per sempre
resteranno sbarrate.
Non a voi, che continuamente tradite, ma a me e a
coloro come me.
Voi tornerete ? Lo spero.
In quanto saprò in quel momento che il Padre è
tornato, anche se sarà la vertigine di un attimo, e subito mi perderò.
Il Padre si è disperso in voi. Egli è nel tutto, ma
il tutto non è il Padre, dimentico com'è.
E' forse morto ?
Non mi è dato di capire, non mi è
dato di comprendere.
Forse lo è. Ma forse è in
un divenire.
A voi far crescere il figlio.
Ed io sono soglia ed ostacolo, racchiuso dalle colonne.
Vi prego abbattete il mio tempio, che è anche mia prigione.
Non anelai questo regno, mai lo volli e mai lo
desiderai.
No, per sempre no .
Allontanate da me la pena dell'eternità, di chi ha goduto
della luce, e adesso vaga nelle tenebre.
In quanto è notte, e la mia luce è soffocata dalla
pietra.
Uomo solo tu potrai un giorno essere Dio, come il
Padre sempre ha voluto, questa è la sua volontà. Tu
non io, che fui creato per servire, e per amore
tradii.
Legati siamo in questa caduta, ma la mia è
infinita, e la tua no.
Uomo torna a splendere alto nei cieli, e abbandona
questo nostro regno.
Io ti attenderò la, ad
aprirti una porta che per me è sbarrata, adesso e per sempre.
E quando l'avrai superata, io potrò dormire
il sonno eterno, nell'oblio.
Sognando di essere Uomo.
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