Basilide

Filippo Goti


 

"L'uomo è un accampamento di molti spiriti diversi"

(Basilide)

 

 

1. Breve biografia.

Basilide è nativo di Alessandria di Egitto, dove ha raggiunto la massima notorietà fra il 120 d.c. e il 140 d.c. in corrispondenza degli Imperatori Adriano e Antonio. E' considerato uno dei massimi padri dello Gnosticismo, propriamente detto ed individuato come fenomeno, e su testimonianza di Epifanio sappiamo che la sua dottrina, compiuta, si propagò in tutto l'Egitto, e si diffuse, tramite i suoi discepoli, nel mondo ellenico dell'Impero Romano. Notizie certe ed estese sulla vita di Basilide non vi sono, eccetto quelle derivanti dagli scritti, spesso contrastanti, dei primi eresiologi. Epifanio di Salamina afferma che Basilide fu discepolo di Menandro ad Antiochia di Siria, suggerendone quindi una natalità siriana e solo successivamente trasferendosi ad Alessandria d'Egitto fondò una propria scuola. Mentre Eusebio e Teodorete sostengono che la sua patria fosse Alessandria di Egitto. Ancora lo si vorrebbe studente assieme ad un certo Galuco, che professava di essere stato iniziato ai misteri del Cristo direttamente da San Pietro. Ciò che sicuramente sappiamo è che ebbe un figlio di nome Isidoro, che continuò l'insegnamento paterno.

Pare, così come Pitagora, Basilide imponesse ai suoi discepoli un voto di raccoglimento e di silenzio dalla durata di 5 anni, la polemica dei primi padri della Chiesa lo vuole suggeritore di apostasia ( abbandono della religione cristiana, a favore del politeismo tradizionale ) in un periodo di persecuzione religiosa, e non vincolato a particolari obblighi alimentari né morali. Specie per quanto concerne queste due "accuse" si evidenzia il forte retaggio giudaico nella Chiesa delle Origini.

 

2. La dottrina di Basilide in Ireneo

La dottrina di Basilide è emanazionistica, e presuppone quindi che da un Punto di Origine Ineffabile e Sconosciuto, dal nome mistico di Abraxas, (In virtù di una non chiarezza delle fonti pervenutaci, altri vorrebbero che Abraxas sia il "duce" supremo dei 365 cieli) sia nata Nun o Nous (Mente), da cui ha preso sostanza il Logos (Verbo), a seguire Phronesis (Prudenza). Dalla prima triade manifesta, è stata emanata una coppia di eoni Sophia (Saggezza) e Dynamis (Forza). Da questi sono poi stati emanati le Virtù, i Principati, gli Angeli Primi ( i costruttori del primo cielo ), e successivamente gli altri 365 cieli ( uno per i giorni dell'anno ). Gli angeli dell'ultimo cielo, che contiene la manifestazione tutta, si divisero il dominio ma fra loro ve ne era uno più forte di tutti gli altri e che corrisponde al Dio degli Ebrei. Questo duce volle sottomettere tutte le genti del mondo, al proprio potere e al popolo a se prediletto, muovendo così l'opposizione di tutti gli altri Domini, per Basilide è per questo che tutte le altre genti del mondo hanno in odio gli ebrei. il Padre Ineffabile per sanare la situazione inviò l'eone Nous (Cristo) sulla Terra. Compito del Cristos era quello di liberare coloro (gli gnostici) che credevano in lui, dal potere di YHWH.

 

Basilide elaborò una delle prime forme di docetismo (la doppia natura di Gesù Cristo), asserendo che esso non fu messo in croce, e non patì la passione, che invece fu sopportata da Simone Cireneo.  Il Cristo facendosi beffa dei suoi persecutori, e degli angeli di YHWH compiuta la missione redentrice fece ritorno alla dimora del Padre. Secondo questa impostazione sulla natura del Cristo e della missione da esso svolta, coloro che credono nella passione e nella morte in Croce, sono essi stessi servi del di YHWH, e di coloro che racchiusero le anime nei corpi fisici, mentre chi nega la passione e la morte in Croce del Cristo possiedi il mistero della Provvidenza del vero Padre.

3. Dal Non Essere all'Essere

Se quanto sopra è quanto tramandatoci della dottrina di Basilide da Ireneo, non possiamo adesso non proporre ciò che Ippolito ne riporta. Evidenziando, come altri, le profonde differenze che emergono nel racconto dei due Padri della Chiesa.

Ippolito  attorno alla dottrina di Basilide riporta quanto segue:" Ci fu un tempo in cui nulla esisteva, non la sostanza, non la forma, non l'accidente, non il semplice, non il composto, non l'inconoscibile, non l'invisibile, non l'uomo, non l'angelo, non Dio, né alcuna di quelle cose, che sono indicate con nomi; e che sono percepite sia dalla mente, sia dalle facoltà sensitive; Iddio non ente ( che Aristotele chiama pensiero del pensiero, e questi eretici non Ente ) senza riflessione, senza percezione, senza proposito, senza programma, senza passione, senza cupidigia, volle creare il mondo. Dico volle, tanto per esprimermi; perchè non aveva volontà, né idee, né percezioni; e per mondo, non intendo quello attuale, sorto per estensione e scissione, bensì il seme del mondo. Il seme del mondo, comprendeva in sè, come il grano di senapa, tutte le cose, sorte poi per evoluzione, come le radici, i rami, le foglie, sorgono dal grano della pianta. Era questo il seme che racchiude in sè i semi universali, e che Aristotele indica come il genere suddiviso in infinite specie............"

Basile spiega il passare dal Non Essere Primordiale, all'Essere della manifestazione, attraverso la lenta germinazione del seme. Una germinazione causata dalla triplice natura del seme universale, consunstanziale al Padre Ineffabile. Questo seme aveva una filiazione sottile che appena maturata salì immediatamente al Non Ente. Un'altra filiazione era composta, e per questo impura, tentò di salire al Non Ente ma non vi riuscì cone le sole forze che le erano proprie. Essa maturò ed armandosi di Spirito Santo, come di ali, salì al Non Ente, ma a questo punto lo Spirito Santo non consunstanziale al Padre ne rimase escluso, sospeso fra il mondo inferiore, e la soglia paterna. La terza filiazione era invece grossolana e bisognosa di purificazione e rettificazione, rimase quindi dispersa fra i germi cosmici generici. Durante un numero infinito di Eoni, il firmamento ( impregnato dallo Spirito Santo ) si squarciò dando vita al Grande Arconte, il Dio degli Ebrei, che per un numero imprecisato di cicli cosmici rimase in solitudine, fino a dimenticare la radice della propria esistenza, credendosi l'Unico Supremo fra gli Esseri.

Il Demiurgo plasmando gli elementi che lo circondavano creò la manifestazione, che raccoglie la Natura e l'Uomo, e tutti i cieli che sono compresi fra la terra e la soglia divina. Sempre dalla terza figliolanza, il Demiurgo plasma il primo Arconte, e lo pone su di un trono, da questi si generò un altro figlio, e via a seguire. Quando però la terza filiazione arse dal desiderio di ricongiungersi al Non Ente, ecco che il Vangelo discese nel mondo, pervadendo tutti i principati, le dominazioni, le potenze, e i nomi di tutte le cose. Come un fuoco che arde ed illumina, dal figlio del Demiurgo, giunse la narrazione al Demiurgo che scoprì quindi di non essere il Dio Unico che aveva proferito a Mosè:" Ego Deus Abraham et Isaac et Jacob et nomen Dei non indicavi eis ". Il nome del Primo figlio era Cristo, che insegnò al Padre Demiurgo i misteri oltre la Soglia, così come egli li aveva appresi tramite la narrazione che dalla prima figliolanza, si era trasmessa alla seconda, e dalla seconda alla terza in un movimento di ritorno della Gnosi dall'alto verso il basso, per compiere così l'ascesa dal basso verso l'alto... Come un moto di pressione sempre maggiore.

Una redenzione che avviene tramite la Luce che scende dall'alto, e il timore che si insinua nel basso per il proprio peccato di Orgoglio e Ignoranza, e avrà termine solamente quando tutte le scintille saranno ricongiunte al Padre oltre la Soglia, in modo che non esista più altro oltre la stessa.

4. I due Sistemi e una possibile spiegazione.

Quanto sopra indicato nei paragrafi 3 e 4, la narrazione del sistema basilidiano da parte di Ireneo ed Ippolito, indubbiamente due sistemi difficilmente compatibili: abbiamo visto Ireneo mostra un Basilide dualista e docetista, mentre Ippolito tratteggia un Basilide Panteista.

Seppur riportati a grandi linee, lasciando ad altre fonte maggior dettaglio, questi sistemi sono fra loro difficilmente conciliabili, sia per quanto concerne il moto di emanazione, che quello di ricomposizione, oltre al rapporto che lega il Demiurgo o Dio degli Ebrei alla manifestazione. Notiamo come il racconto di Ippolito , sia più ampio e dettagliato di Ireneo, ad indicare che i due polemisti hanno attinto da fonti diversi, e la ragionevole spiegazione a tali differenze è che in realtà i due padri della Chiesa narrano di due sistemi diversi afferenti l'uno a Basilide e l'altro ad un suo allievo, o conoscitore di Basilide ma di formazione aristotelica.

Ad essi si aggiunge Clemente Alessandrino, che cerca di tracciare la valenza etica del sistema di Basilide. Per questo maestro la  fede, e il suo strumento la preghiera, erano fondamento della salvezza; ma la vera fede non era cieca sottomissione dell'intelletto, ma anzi una rivelazione superiore insita in alcune anime, e giunta loro prima dell'unione con il corpo fisico.  E' l'arrivo del Salvatore e della Narrazione che innesca questa forza latente, quasi dimentica, e mette in moto il processo di salvezza. Cosè come la fede anche il peccato era insito nell'uomo, e non era dovuto tanto all'uso o abuso del libero arbitrio quanto piuttosto alla sua originale preesistenza frutto del movimento emanativo che dalle sfere spirituali, si era protratto fino a quelle grossolane.

I Padri della Chiesa narrano come i basilidiani fossero licenziosi nei costumi, depravati moralmente, e scandalosi intellettualmente, in virtù della loro convinzione che sussisteva una preesistenza e persistenza della rivelazione redentrice in pochi, e che quindi essa fosse disgiunta da ogni condotta morale o socialmente accettabile.

 

5. Conclusioni

Ciò che a mio avviso emerge con estremo interesse, specie dal racconto di Ireneo, è l'esistenza di una forte polemica verso la religione, l'etica, la cultura, e il concetto del divino propria del mondo ebraico, già duemila anni fa. Tale impostazione, del resto speculare al sentimento che i tradizionalisti ebrei riservavano ai gentili e ai cristiani, sarà poi ripresa ed accentuata sia in Valentino che in Marcione, come in altri gnostici e cristiani eterodossi, mentre rimarrà fino ad oggi un nodo insoluto, con rigurgiti spesso violenti, nella tradizione giudaico-cattolica.

Con ogni evidenza e logica constatazione, siamo innanzi a due diversi modi, e non sono certi esaustivi, del modo di percepire il rapporto fra Creatura e Creatore, reale ed irreale, oltre ovviamente a ruotare attorno a concetti quali l'Antropoformismo del divino, e i binomi fede-conoscenza e bene-male.

Posso solamente evidenziare, lasciando ad altri ulteriori osservazioni religiose e sociali, come lo gnosticismo prima del cattolicesimo avesse una chiaramente formata non solo una teologia, ma anche una completa metafisica dell'Essere. Inserendosi a pieno titolo in un solco tradizionale attorno alla dilettica che lega l'Essere e il Non Essere, il reale e l'irreale.

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