IL 30° GRADO DELLA MASSONERIA

DI RITO SCOZZESE ANTICO ED ACCETTATO

E LA CAMERA NUZIALE NEL VANGELO DI FILIPPO

Sabato Scala

 

   Vogliamo sottoporre al lettore una serie di sbalorditivi paralleli tra il rito che abbiamo desunto dal Vangelo di Filippo, e che si svolgeva a nostro avviso all’interno delle camere nascoste sotto gli altari delle chiese medievali, e quello di iniziazione del 30° grado della massoneria di Rito Scozzese Antico ed Accettato. Il 30° grado del R.S.A.A., sebbene non sia l’ultimo grado della massoneria di questo rito visto che ad esso seguono altri 3 gradi amministrativi, è sicuramente quello più pregno di carattere esoterico e di alti significati filosofici e morali, ed il più alto che il massone possa raggiungere sul cammino della elevazione nella gnosi. Le similitudini e gli elementi particolari che emergono da queste analogie sono secondo noi mutuamente esplicativi, e consentono di colmare, sia per l’uno che per l’altro rito, l’insieme di significati profondi ed esoterici che si celano dietro tali riti di iniziazione.

   Cominciamo con il dire che il rito in esame è, per dichiarazione esplicita di tutte le parti del dialogo tra l’iniziando e il Gran Maestro, per la presenza numerosa di simboli tratti dall’ultima e disastrosa fine del gruppo di monaci-guerrieri, di matrice chiaramente e inscindibilmente templare. (Vedi [6] nella Bibliografia, uno stupendo volume sui gradi del R.S.A.A., nel quale si condivide e illustra la presente interpretazione. L’autore approfondisce le problematiche e la radice storica di questo che è il più «templare», gnostico e significativo tra i riti massonici.) Secondo la leggenda esposta, anche durante il rito di iniziazione (che si svolge nell’atrio del Tempio che andremo a descrivere tra breve), una parte dei Cavalieri templari, sfuggiti alla cattura e alla inquisizione, si rifugiò e confluì, dopo il 1314, in seno alle Logge Muratorie in Scozia (ma, probabilmente, non solo lì), grazie anche alla compiacenza di re Robert I Bruce, riconoscente per l’apporto che i Cavalieri gli avevano offerto durante la guerra contro gli Inglesi. L’intero rito del 30° grado ruota intorno a tali eventi, e culmina nella commemorazione della uccisione del De Molay, ultimo dei Grandi Maestri, ad opera degli inquisitori di Clemente V, papa avignonese pedina del re francese Filippo il Bello. Tre teschi, uno con la tiara, l’altro con la corona, e l’ultimo con la corona di alloro, ricordano, appunto, papa Clemente V, il re Filippo il Bello e l’emblema dei Templari trucidati in nome della lotta alla loro presunta eresia. Per la verità, i teschi sembrano anche ricordare la maledizione che il De Molay lanciò sui suoi aguzzini e che avrebbe dovuto portarli alla morte entro un anno dalla sua (cosa che puntualmente avvenne). A giudicare dai contenuti del rito e da quello che diremo, l’accusa di eresia, tutti i sospetti e le ipotesi che abbiamo avanzato sia in questo sia nei precedenti lavori (vedi Bibliografia [7], [8], [9], [10]) sembrano avere molto più che un fondamento, e hanno lasciato precisi indizi in tutti i simboli e nel rituale in discussione. Il primo riferimento esplicito è nel nome del Tempio in cui si svolge il rito: Tempio dei Cavalieri Kadosh, questi ultimi sono coloro che accompagnano l’iniziando al rito stesso. Come afferma Bonvicini, la leggenda vuole che i Cavalieri Kadosh («Santi») fossero proprio il gruppo di Templari che si dedicava a studi teologici, associabile a quel gruppo nascosto di comando che racchiudeva la matrice gnostica ed eretica dell’Ordine, e che aveva formulato la sua Regola Segreta, mai trovata e confluita, forse, proprio nel rito in oggetto. Il secondo riferimento al gruppo nascosto è ancor più esplicito, ed è nelle parole pronunciate dal Gran Maestro che espongono la funzione e il ruolo che il menzionato gruppo di cavalieri ebbe sia prima che dopo la disfatta. Ecco le parole di una parte del rito ad essi dedicata:

«Dalla Creazione del collegio dei Kadosh, del quale voi aspirate di penetrare i segreti, dal contatto con le scuole più vicine alla culla delle tradizioni cristiane (leggi gnostiche), più imbevute della cultura antica e più avanzate sulla via della gnosi, essi avevano appreso cose delle quali vollero assicurare la trasmissione formando il Consiglio dei Kadosh che pretese di dare ai vecchi simboli una interpretazione complementare e finale.»

   La sintesi che andiamo a proporre in breve mostrerà chiaramente gli elementi del rito che sono analoghi, sia come simbologia che come significato, a quelli desunti dal Vangelo gnostico di Filippo, un testo che, a questo punto, riteniamo abbia costituito un bagaglio centrale nella gnosi templare, poi trasferitasi nelle Logge Muratorie in cui i monaci-guerrieri confluirono:

Il Tempio

   Il Tempio, definito «Areopago dei Cavalieri Kadosh», è suddiviso in quattro parti.

A. Il Vestibolo adornato con paramenti neri e una lampada triangolare, presenta una Botola che attraverso una scala conduce alla porta dell’atrio sotterraneo. Inutile dire che è esattamente ciò che accade con la camera nascosta nella cattedrale di Otranto sotto il mosaico e dietro alla cripta visibile.

B. L’Atrio ornato con paramenti bianchi, dotato di scanni per i Cavalieri Kadosh, una urna con fiamma ad alcol, un lume, l’Ara con il Vangelo di Giovanni aperto al Prologo e sormontato da una spada. Il Vangelo di Giovanni apre con il più gnostico dei passi neotestamentari «In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio […] in lui era la luce degli uomini […] e il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi».

C. L’Anti-Sala ha paramenti azzurri con volta celeste. Illuminata con tre lumi a candele gialle poste a triangolo, contiene due colonne che sostengono un velo rosso (Tenda Rossa) con dipinta una croce templare nera o gialla. Il velo evoca chiaramente il Velo del Tempio di Salomone, che nascondeva la vista del «Santo dei santi» e dell’Arca. Abbiamo notato che il velo ritorna insistente in Filippo, e che la sua rottura è una metafora del canale aperto dall’alto al basso per consentire ad alcuni (gli eletti) di salire dal basso verso l’alto.

D. La Sala del Consiglio ha paramenti rossi, illuminata con nove luci (tanti quanti sono i posti riservati ai vescovi nel Consiglio dei Morti rinvenuto nella cripta nascosta di Muro Lucano) facenti parte di un candelabro a nove bracci con candele gialle. Esso si trova sull’Ara dove è ancora situato il Vangelo di Giovanni, aperto alla citata pagina del Prologo e sormontato da una spada.

   Quest’ultimo luogo presenta vari elementi simbolici che hanno un elevato valore metaforico. Esso possiede una finestra illuminata che simboleggia l’accesso alla piazza ove avvenne il supplizio di De Molay. Questa finestra ricorda la nicchia che, a nostro avviso, era destinata ad ospitare la lampada portata dall’adepto gnostico (vedi Vangelo di Filippo) che si nota nella sala nascosta sotto la cattedrale di Muro Lucano. Le parole chiave pronunciate durante la cerimonia sono «Redenzione del Tutto» e «Comprensione del Tutto». Questi termini richiamano il possesso del Tutto e la conoscenza del Tutto che si ricevevano nella camera nuziale gnostica, e che sono chiamati proprio con questi nomi nel Vangelo di Filippo. A richiamare il principio gnostico della conoscenza, nella sala campeggia un quadro con il Serpente Gnostico arrotolato. La coda parte da un cerchio centrale diviso in bianco e nero, che riprende il dualismo gnostico (e i colori dei simboli templari) e rimanda all’origine nel motore dell’eterno equilibrio tra Caos e Ordine. Il serpente è avvolto in sei spire, una per ogni giorno della creazione e, come l’arca nella camera nuziale, simboleggia il segreto stesso della creazione: il primo cerchio rappresenta la creazione del sole, aria, pianeti; il secondo dell’acqua e delle montagne; il terzo dei pesci e degli animali anfibi; il quarto degli animali terrestri; il quinto dell’uomo primitivo; il sesto illustra le costruzioni umane, l’uomo moderno, le associazioni, le fasi del progresso. Le fauci aperte del serpente proiettano i raggi verso l’infinito. (Vedi interpretazione di Bonvicini in [6].)

   La creazione e il modo in cui Dio presiede al mondo e lo governa, secondo il Vangelo di Filippo, è ciò che è fornito come conoscenza nella camera nuziale: il serpente gnostico è la sintesi di questo premio che si ottiene come risultato nella «Camera Nuziale» o «Sala del Consiglio» del 30° grado del R.S.A.A.. Alla cerimonia partecipano il Presidente o Gran Maestro, il Priore e il Precettore. Scrive il Bonvicini:

TRADIZIONE DEL PENSIERO: «Comunque recepita dalla massoneria, che esalta il metodo della gnosi interiore, che ripudia ogni preconcetto dogmatico nella Libera Ricerca della Verità e nella concezione della divinità, che è ‘Realtà Assoluta’, come il ‘Logos’ - così si legge nel rituale del 30° grado, non modificabile in una Immagine Idolatra o in un ‘Dio Esclusivo’, costretto nell’ambito di qualsiasi Chiesa sacerdotale che amministra i ‘Sacramenti’ di un rapporto Uomo-Divinità, o che perori l’ottenimento di Grazie da parte della Divinità a favore del Fedele postulante ai fini della sua salvezza.»

   Elemento centrale del rito è l’abbattimento delle colonne e quindi la scopertura del velo che nasconde il Santo dei Santi. L’abbattimento ha un valore particolare poiché, come afferma il Bonvicini, il «Logos non può essere raccolto tra le Colonne di un Tempio», perché è «Assoluto» e nel contempo è ciò «che di migliore alberga nell’uomo». Sul velo campeggia la Croce Templare. In analogia al rito iniziatico, che costò, insieme ad altre pratiche strane, l’accusa di eresia, il massone è invitato a strappare il velo e a calpestare la croce templare e con essa tutti i simboli massonici cui il massone aveva fino ad allora creduto. Come spiega il Bonvicini, ciò costituisce un atto di liberazione massima del pensiero e della ricerca gnostica da ogni tipo di condizionamento, sia pure quello massone (o templare per gli allora Cavalieri Kadosh). Nulla deve occultare o arginare la ricerca della verità, e nessuna ideologia o idea che non sia stata meditata, provata e realmente creduta valida, può fermare la ricerca autonoma e solitaria del massone giunto al massimo grado della iniziazione. Il suo compito è dimostrare la propria capacità di calpestare anche gli stessi simboli massonici che aveva tanto amato, se ciò a cui si sacrifica è la libertà di pensiero. È chiaro che la componente illuministica, che permea il principio di libertà massonica, ha fortemente influenzato e marcato il significato di questo rito, ma è anche evidente che esso, come lo stesso principio dell’autonomia di pensiero, della evoluzione personale e solitaria nella gnosi, è frutto di una matrice templare che è a sua volta la sintesi della migliore esposizione del pensiero gnostico: quella del Vangelo di Filippo.

   A confermare questo obiettivo di conoscenza e gli strumenti che si devono possedere per conquistare il Tutto, interviene il simbolo più carico di significato nell’ambito del 30° grado del R.S.A.A.: la scala a sette gradini ascendenti e sette discendenti che vengono simbolicamente fatti percorrere all’iniziando. Sulla scala sono scritte le parole:

Nella parte ascendente:

 

1. Giustizia e Devozione

2. Purezza e Bontà

3. Dolcezza

4. Fermezza e Fede

5. Gran Lavoro

6. Fardello e Fatica

7. Intelligenza, Prudenza, Restituzione, Amore per la Divinità (in cima alla scala).

 

Nella parte occidentale discendente sono ricordate invece le scienze:

 

1. Amore per l’Umanità e Grammatica

2. Retorica

3. Logica

4. Aritmetica

5. Geometria

6. Musica

7. Astronomia

 

 

   Il parallelismo tra la conoscenza del mondo e i suoi meccanismi ed elementi, e la conoscenza dell’Uomo Vero e le forze che lo muovono, è ad esempio espresso in maniera analoga in questo brano di Filippo:

115. «La coltivazione dei campi è costituita da quattro elementi: si porta nel granaio ciò che proviene dall’acqua e dalla terra e dall’aria e dalla luce. Il culto di Dio è pure costituito da quattro elementi: la fede e la speranza e l’amore e la gnosi. La nostra terra è la fede, in cui abbiamo radice, l’acqua è la speranza, da cui siamo nutriti, l’aria è l’amore, da cui siamo fatti crescere, e la luce è la gnosi, da cui veniamo maturati.»

   Il moto verso l’alto dei principi morali e verso il basso delle scienze umane, sicuramente influenzato fortemente da contaminazioni illuministiche, ha comunque una profonda radice gnostica che ritroviamo anche in Filippo: si trova nella Croce Templare raffigurata sul velo appoggiato alle due colonne del Tempio massonico, quello stesso velo che in Filippo si squarcia dall’alto in basso per consentire agli eletti di salire dal basso in altro. La Croce con il suo ramo lungo verticale simboleggia il percorso dell’uomo che aspira alla «liberazione»: esso, come nel mosaico di Otranto, è costituito dall’albero (o ulivo) gnostico di Filippo, «ponte» tra cielo e terra. Il braccio verticale rappresenta invece la sintesi del Crisma, il Tutto e, come afferma Filippo:

67. «Ora questi si ottengono con il crisma della pienezza della potenza della Croce, che gli apostoli hanno chiamato la destra e la sinistra.»

   La Croce, quindi, è il Tutto nel braccio orizzontale, ovvero tutto ciò che è conoscibile nel mondo materiale, ma è anche lo «strappo» nel velo che, apertosi dall’alto al basso, conduce l’uomo dal basso all’alto. La coda di rondine della croce templare ha quindi un significato assai chiaro, secondo il nostro punto di vista, indicando l’apertura prodottasi nel velo del Tempio. Vale a dire, essa è simbolo del percorso che rende possibile, nella «camera nuziale», la ricongiunzione dello gnostico al Padre, ultimo passaggio dei riti di iniziazione, dopo il battesimo e l’unzione. Il braccio orizzontale completa l’effetto di fusione della destra con la sinistra attraverso uno strappo (l’apertura a coda di rondine) che connette la sinistra alla destra.

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

[1] I Vangeli Gnostici, a cura di Luigi Moraldi, Adelphi, Milano, 1984; 1999.

[2] Le Lettere – Paolino da Nola, a cura di Giovanni Santaniello, LER (Libreria Editrice Redenzione), Napoli, 1992.

[3] Mario Canciani, L’Ultima Cena degli Esseni, Ed. Mediterranee, Roma, 1995.

[4] Reuven E. Schmalz, The Messianic Seal of the Jerusalem Church, Olim Publications, Tiberias, Israel. (http://www.christianity.com/partner/Article_Display_Page/1,1183,PTID4859%7CCHID5%7CCIID120157,00.html).

[5] Il Vangelo di Tommaso Apostolo, commentato da Mario Guarracino, Filelfo, Firenze, 1986.

[6] Eugenio Bonvicini, I Gradi della Massoneria di Rito Scozzese Antico ed Accettato, Bastogi, Foggia, 1996.

[7] Sabato Scala, Il Mosaico di Otranto – L’ultimo oltraggio di un monaco gnostico?, in Episteme n. 5, 2002.

[8] Sabato Scala, La leggenda dei Merovingi nella Corona del mosaico di Otranto, in Episteme n. 5, 2002.

[9] Sabato Scala, Il culto gnostico della Maddalena, in Episteme n. 6, 2002.

[10] Sabato Scala, La gnosi nel mosaico di Otranto, in Hera Magazine, nn. 36-37, 2002-2003.

[11] F.G. Martinez, Testi di Qumran, a cura di Corrano Marone, Paideia, Brescia, 2003.


 

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