Julius Evola Sull'Età Ultima |
Studiando il processo di caduta dell'uomo occidentale, si è
ravvisato nell'irrealismo il suo aspetto più significativo. L'individuo ad un
certo momento storico si trova a non saper più nulla della spiritualità come
realtà. Persino il senso di sé, egli non lo vive più che nei termini di un
pensare, di un riflettere: psicologismo. Il pensiero e la riflessione gli creano
allora un mondo di miraggi, di fantasmi e di idoli che si sostituiscono alla
realtà spirituale: mito umanistico della cultura, caverna di ombre. Unitamente
al mondo astratto del pensiero sorge quello romantico "dell'anima". Appaiono le
varie creature della sentimentalità e della fede, del pathos individualistico e
del pathos umanitario, del sensualismo e dell'eroismo pletorico, dell'umiltà e
della rivolta. Ma si è anche visto che questo mondo irrealistico si avvia ormai
verso il tramonto, che forze più profonde, elementari, sono in via di travolgere
i miti dell'uomo romantico e individualista in un mondo in cui il realismo
prevale su qualsiasi idealismo e sentimentalismo e il culto umanistico
"dell'anima" è superato.
[...] Ora in ordine alla via cui or ora si è accennato, si tratta di stabilire
fino a che punto si può trarre vantaggio da simili rivolgimenti distruttivi;
fino a che punto, grazie ad una fermezza interiore e ad un orientamento alla
trascendenza, il non umano del mondo realistico e attivistico moderno, invece
che essere via verso il sub-umano (come è il caso delle forme ultime) possa
propiziare esperienze di una vita superiore, una superiore libertà. Ciò è tutto
quel che si può dire per una certa categoria di uomini, in vista del compiersi
dei tempi, categoria, che essa stessa non può non che corrispondere ad una
minoranza. Anche questa via pericolosa può essere tentata. È una prova. E a che
essa sia completa, risolutiva, si dica pure: i ponti sono tagliati, non vi sono
appoggi, non vi sono "ritorni", non v'è che da andare avanti. È proprio di una
vocazione eroica l'affrontare l'onda più vorticosa sapendo che due destini sono
ad uguale distanza: quello di coloro che finiranno con la dissoluzione del mondo
moderno e quello di coloro che si ritroveranno nel filone centrale e regale
della nuova corrente. Dinanzi alla visone dell'Età del Ferro Esiodo esclamava:
"Che non vi fossi mai nato!". Ma Esiodo, in fondo, non era che uno spirito
pelasgico, ignaro di una più alta vocazione. Per altre nature vale una diversa
verità, vale l'insegnamento poco sopra accennato, noto anche all'Oriente, cioè
che se l'età ultima, il Kali Yuga, è un'età di terribili distruzioni, coloro che
vi appaiono e malgrado tutto vi si tengono in piedi possono conseguire frutti
non facilmente accessibili agli uomini di altre età.