LA QABBALAH

(DOMANDE E RISPOSTE)

a cura di Eleazar


 

 

1. Secondo lei che differenza c’è tra chiamare la 18 esima lettera dell’Alef Beit “Tzadde” o “Tzadik”?

La lettera Tzadde, significa “cacciare” o “lato” Tzad, e rappresenta l’uomo giusto che caccia le scintille (nitzotzot) di santità, prigioniere nella materia o nel mondo del caos. Per lato, si intende il lato destro che è il lato dell’amore – Chesed, appunto il lato del giusto, che ha imparato ad amare. Tzadik invece significa “giusto”, è l’uomo che ha saputo unificare ed equilibrare le due forze opposte della natura, che ritroviamo nei due emisferi celebrali, il destro (Chokma - Sapienza) ed il sinistro (Bina - Intelligenza). Questa unificazione, viene rappresentata nell’Albero della Vita dalla Sefirà Da’at (Conoscenza). Inoltre i due modi di scrivere la Tzadik, quello all’inizio ed in mezzo ad una parola e quello alla fine, Tzadik curva e Tzadik dritta, significano il primo, l’uomo giusto che agisce ancora sotto il peso della legge della dualità, l’uomo quindi seppur giusto, sottomesso alla lotta della vita ed ai contrasti sociali. Questo stato, ci viene suggerito dalle due estremità della lettera volte in direzioni opposte. Ed è per tali motivi che questa Tzadik, cioè questo giusto è curvo e non ancora pienamente manifesto. La Tzadik dritta viceversa, rappresenta il giusto del mondo avvenire pienamente manifesto agli uomini, e siccome la Tzadik rappresenta anche l’albero, essa in tal caso rappresenta l’atteso Messia, chiamato anche: Tzemah Tzadiq = Il virgulto del giusto. Quanto detto delle due Tzadik lo troviamo in modo analogo nei due modi di scrivere “Albero” ILAN e ETZ. Il primo nome, indica l’interiorità dell’albero, cioè il suo lavoro nascosto, il secondo nome indica invece l’esteriorità dell’albero, cioè quello che è manifesto come i suoi frutti, per mezzo dei quali si riconosce la qualità dell’albero.

2. Osservi a lungo la forma della Tzàdik. Poi chiuda gli occhi e noti se le viene qualche associazione visiva. Cosa le è venuto in mente?

Osservando tale lettera, la prima associazione che mi è venuta in mente è stata quella di un uomo inginocchiato, con lo sguardo verso l’alto nell’atto di pregare. La lettera Tzàdik, è infatti composta da una Yud ed una Nun, la Yud mi ha fatto pensare a due mani giunte e non a caso Yud significa mano (in ebraico Yad). A tal proposito, leggiamo all’inizio del salmo alfabetico 119, corrispondente alla Yud: “ Le tue mani mi hanno fatto e formato”. Certamente la lettera Tzadik suggerisce anche la forma di un albero, simbolo dell’essere umano, è scritto infatti (Deuteronomio 20,19): “l’essere umano è un albero del campo”. E ciò ci viene confermato dalla somma della lettera Num (50) e della Yud (10) che danno 60, che sommato è 6, numero dell’uomo, in quanto è al sesto giorno che venne generato ed è grazie a tale numero, che egli stesso può generare.

3. Che cosa sa già dei Sette Precetti dell’alleanza noachita? Ne vorrebbe sapere di più? Le lasciamo come compito fare una ricerca in internet, provando ad usare, in un motore di ricerca, le seguenti frasi; benei noach – Noach’s pact – Sette precetti universali – o altre frasi analoghe….

Dei Sette Precetti Noachiani, sapevo ben poco, solo adesso tramite una ricerca su internet, ho potuto approfondire. A tal riguardo, ho trovato un libro: “Le sette leggi di Noè, di Aharon Lichenstein” dove l’autore fà un confronto tra le sette leggi di Noè ed i 613 precetti della Torà. Personalmente, penso che i sette Precetti siano un riassunto non solo dei 613 precetti ebraici, ma di tutte le leggi che con il tempo e l’evoluzione si sono stabilite per mantenere ordine e pace nell’umanità. Anche se dei Sette Precetti non abbiamo nessun testo originale, e di essi troviamo traccia solo nel Talmud, grazie a Chiya bar Abba nato verso il 160 e.v. sembra che gli stessi furono dati a Noè subito dopo il diluvio. Quindi precedettero e servirono di base alle leggi di tutti i popoli, che si andarono poi a sviluppare ed espandersi sulla faccia terra. E’ chiaro comunque che i Sette Precetti (7 numero beneamato e della completezza, in quanto ci riconduce all’unità) furono da Dio incisi nel cuore dell’uomo (Noè) per poi lo stesso applicarli per iscritto sotto diverse forme che ritroviamo nelle prime e più antiche religioni. Chi rispetta tali Leggi, rispetta quindi il Patto che Dio fece con Noè, patto simboleggiato dall’arcobaleno ove, non a caso, ritorna il numero 7 (i sette colori dell’iride)

4. Qual è la prima persona nella Bibbia a venire chiamato Tzaddik (giusto)?

Noè.

 

 

5. Cosa può volere significare per lei “novant’anni è l’età della conversazione”?

Il numero 90, è il valore numerico della lettera Tzadik, questa lettera è legata strettamente alla figura dello Tzaddiq il giusto, colui che ha saputo rettificare se stesso, e che ha imparato a pensare a parlare e ad agire rettamente. E’ L’albero del campo, che una volta cresciuto può donare i suoi frutti (pri). La lettera Tzadik non a caso, viene collegata al senso del mangiare e di conseguenza del bere, questo per dire che il giusto si nutre di consapevolezza e saggezza per poi ridonarle agli altri. Egli in tal caso, funge da ottimo conduttore in quanto ciò che dall’alto Dio gli dà, lo ridona in basso, vale a dire a coloro che vogliono nutrirsi di cibo Divino e che cercano di espandere sempre più la loro coscienza. Questo è il significato del recipiente o secchio (DLI) che si riempie, per poi traboccare verso il basso, riempiendo in tal modo altri recipienti… La Tzadik è collegata, infatti, anche al segno dell’acquario, e quindi all’elemento acqua, tra le cui proprietà, vi è quella di essere un conduttore per eccellenza. I novantamila anziani, che dietro comando di Davide precedettero l’Arca contenente le Tavole della Torà, erano novantamila uomini giusti, in quanto la parola anziano sta a designare proprio lo Tzaddiq, uomo molto evoluto, anziano quindi spiritualmente più che fisicamente. Bisogna quindi, che l’uomo che vuole arrivare a tanto, completi un certo ciclo di purificazioni, e l’elemento acqua serve proprio alle purificazioni. L’acqua – Maim, oltre ad essere un elemento purificatorio, è un elemento che nutre le anime, infatti il suo valore numerico è pari a 90 lo stesso della parola Man – manna, con la quale il popolo d’Israele si nutrì durante i suoi quarant’anni di peregrinazioni nel deserto. Sommando ora il numero 90 abbiamo 9, i mesi di gestazione durante i quali il bambino per 40 settimane (in analogia hai 40 anni di peregrinazione d’Israele nel deserto) che sono l’equivalente dei nove mesi, viene purificato e nutrito dalle acque, cioè il liquido amniotico. E non a caso anche le purificazioni di rito, anticamente venivano effettuate in vasche contenenti 40 litri d’acqua. La lettera dominante di “acqua”, Maim, è la Mem, che vale 40.

6. Come interpreta il fatto che il Libro della Formazione conti tra i sensi basilari quello del “mangiare” e non quello del gusto?

Ciò avviene, perché nel processo del mangiare precisamente in quello fisiologico della digestione, accade un importante operazione chiamata BIRUR – SELEZIONE. La stessa, insegna la Cabalà, deve effettuarsi a livello spirituale solo così potremo tramite un SOLVE et COAGULA purificare noi stessi. Il senso del mangiare assume in Cabalà un importanza capitale, basti pensare a quello che accadde dopo che Adamo mangiò il frutto proibito. La prima selezione, deve avvenire quindi nella scelta e nel saper dividere i frutti buoni, con i quali possiamo nutrire la nostra anima, da quelli cattivi.

7. Il nome “acquario” viene da “acqua”, tuttavia l’elemento che l’Astrologia associa a questo segno è l’aria. Come spiegherebbe questa contraddizione?

Le acque dell’acquario, sono le acque superiori come descritto nel genesi. Qui non si tratta delle acque dei pesci, il cui segno astrologico è legato alla lettera Quf. La Quf infatti c’indica la discesa nel mondo degli inferi, dalla quale però è possibile risalire per mezzo della Teshuvà (opera di ritorno - redenzione). Allora la Qof (scimmia) diviene Quf (Santo - Qadosh) subendo una totale trasmutazione. L’acquario inoltre, è un segno espansivo ed aperto ad ogni tipo di conoscenza. Vi è nell’acquariano il desiderio di trascendere la propria umana realtà, questo lo rende spesso legato al misticismo e all’esoterismo… Quindi, l’elemento aria indica bene questo segno libero e intraprendente, al contrario dell’elemento acqua che è un elemento passivo e per sua natura centripeto. Sta quindi ad ognuno di noi, per mezzo del BIRUR, scegliere l’acqua, superiore o inferiore, che dovrà nutrire la nostra anima. Quando ad esempio ci nutriamo della Torà, ci nutriamo delle acque superiori, è scritto infatti: “Non c’è acqua se non la Torà”.

8. Aveva mai pensato che la “festa degli alberi” potesse possedere un significato religioso e mistico? Si ricorda quand’è la festa degli alberi italiana, e che significato le viene attribuito?

Non mi ero mai posto questa domanda, anche se so che l’albero di per se, è un simbolo mistico per eccellenza, e lo si ritrova un po’ in tutte le tradizioni. La festa degli alberi in Italia, viene celebrata il 21 Marzo, in concomitanza all’equinozio di primavera. Sul significato della festa degli alberi in Italia, non ho trovato molto, al contrario ho trovato molto sul significato del “capodanno degli alberi” ebraico: (Rosh Ha – Shannà le – Ilanot). Comunque credo che la festa degli alberi in senso lato, stia a significare innanzitutto un periodo di rinascita spirituale, del riaffiorare delle energie che ci avevano abbandonato nel periodo invernale, o meglio che si erano assopite in noi stessi. In alcune popolazioni, è uso piantare un albero quando nasce un bambino. Non è un caso che questa festa avvenga proprio dopo la pasqua (Pésah - passaggio), passaggio da una condizione di schiavitù e privazione, ad una di liberazione e abbondanza. Ed è proprio in tale condizione e fase (indicata dai 40 anni di peregrinazione nel deserto) che è possibile, grazie all’abbondanza di strumenti tra i quali la Torà, compiere un lavoro di purificazione e rettificazione, che ci porterà alla Terra Promessa. Ma il ricorrere ciclico delle Festività, vuole anche dirci, che la ricerca di Dio non ha mai fine, e quando si compie un ciclo se ne inizia un altro ma su un’ ottava superiore.

9. L’essere umano ha più in comune con gli animali o con gli alberi? Risponda alla domanda prima sul piano fisico, e poi su quello spirituale.

Sul piano fisico l’uomo assomiglia più agli animali, poiché molte delle sue funzioni e dei suoi processi fisiologi sono simili a loro. Ad esempio, l’uomo si riproduce similmente alla maggioranza degli animali, analogamente a loro, si nutre, si muove, si difende. Ed anche se l’uomo è molto più evoluto degli animali, a volte sembra essere a loro inferiore, quando ad esempio si comporta in modo malvagio verso il suo prossimo, e verso la natura che lo ospita. Il nostro libero arbitrio, che è il più grande dono ricevuto da Dio, è un’arma a doppio taglio, in quanto a secondo di come lo usiamo, possiamo sprofondare nel più profondo del male o innalzarci più in alto e al di sopra di tutti gli esseri, fino a riconquistare la nostra origine Adamica, realizzando quell’unione indicibile con il Divino. Ma come non ci è possibile comprendere e spiegare a parole tale unione con il Divino, così in modo analogo, ci è difficile comprendere il perché di così tanta malvagità. Queste due direzioni, una verso il basso ed una verso l’alto, sono ben indicate da due lettere la Quf, e la Lamed (entrambe le lettere, sono presenti nella parola “qabel”, radice della parola “qabbalah”). Sul piano spirituale, l’uomo è più vicino agli alberi e la conferma di ciò ci viene data dalla Torà, dove spesso l’uomo viene chiamato albero. In Geremia (17.7–17.8) Leggiamo: ”Benedetto l’uomo che confida nel SIGNORE, e la cui fiducia è il SIGNORE! Egli, è come un albero piantato vicino all’acqua, che distende le sue radici lungo il fiume”. Inoltre la lettera Tzadik, quella che più di tutti si riferisce all’uomo assomiglia proprio ad un albero, ed è legata al mese di “Shvat” la cui festa principale è la “festa degli alberi” (TU BE SHVAT). Lo stesso Tzaddiq (giusto) rappresenta l’albero, nei proverbi (11,30) di Salomone è scritto: “Il frutto del giusto è l’albero della Vita”. Quindi l’uomo, cioè Adam e non l’uomo scimmia, viene riconosciuto Albero della Vita, in quanto creato ad immagine e somiglianza dell’Altissimo, Albero della Vita a livello del Macrocosmo. Il nome Adam infatti significa anche “EDAME’ LE ELION” cioè: “Sarò simile all’Altissimo”.

10. Osservi a lungo la forma della Quf. Poi chiuda gli occhi e noti se le viene qualche associazione visiva. Cosa le è venuto in mente?

Questa lettera mi fa pensare alla testa di un uomo, con il suo cervello (lettera Resh) ed il midollo allungato (lettera Zain). Il midollo allungato, come la gamba della Quf, scende verso il basso e diramandosi per mezzo dei nervi, raggiunge ogni parte del corpo, anche quelle parti più basse e lontane dalla testa o capo. I nervi poi, tramite i neuroni (sistema nervoso periferico) mandano impulsi e messaggi al sistema nervoso centrale, situato nella testa, che a sua volta sotto il comando dell’intelligenza e della volontà, guida tutto il sistema, cioè l’uomo.

11. Conosce forse le origini del carnevale festeggiato in Italia? Da quello che ha letto sul Purim ebraico, vede delle differenze? Se si quali?

Il carnevale festeggiato in Italia, sembra trovare le sue radici da una festa ben più antica, quella dei Saturnali, tipica festa pagana dell’antica Roma. Durante i festeggiamenti in onore di Saturno, era necessario darsi alla pazza gioia onde favorire un raccolto abbondante ed un periodo di benessere e felicità.  Con l’evento del Cristianesimo, il carnevale perse ogni suo valore magico - rituale e rimase una festa volta unicamente al divertimento ed al piacere materiale. Inoltre, va notato che il carnevale Italiano purtroppo, manca d’ogni valenza mistica e religiosa. Vi è quindi un enorme differenza tra il carnevale in Italia ed il carnevale ebraico (Purim), prettamente religioso e legato alla spiritualità. Infatti il Purim, rappresenta il capovolgimento d’alcune circostanze che avrebbero sterminato gli ebrei, come descritto nel libro di Ester. Questo avvenimento, è da prendere come insegnamento per tutti gli uomini che voglio capovolgere la loro vita, da uno stato di schiavitù spirituale, dove si vive in balia delle forza cieche e brutali, ad uno stato più alto dove l’uomo non più schiavo, è capace di amare e vivere realmente. Un’altra differenza notevole è quella che durante la festa di Purim, bisogna osservare quattro “mitzvot” (precetti religiosi) principali: a) l’ascolto della lettura della “Meghilat Ester”; b) il mandare almeno due regali ad una persona amica; c) il dare del denaro in beneficenza ad almeno due persone povere; d) il celebrare un pranzo festivo. Interessante è anche il significato del bere il vino (YAIN) onde avverarsi (durante il pranzo festivo) quello stato interiore speciale pieno di gioia ed allegria spirituale, chiamato: “Ad delo yada’a” cioè: “Finche non si conosca”. Questo stato, sembra favorire la venuta del Messia. La parola vino infatti, ha lo stesso valore numerico (70) della parola “segreto” (SOD) a significare che nel vino è racchiuso il segreto, cioè la verità, non solo del Purim ma di tutte le cose. E non a caso, 70 è la lettera Ain, l’occhio della sapienza, ma anche l’età della sapienza.

12. A parte quanto detto nelle dispense sul senso del Riso, quali altri sistemi o modi le vengono in mente, che possano favorire nella persona l’istaurarsi di un più sano e frequente “ridere”?

Ciò che ho letto sul Riso nelle dispense di Cabalà, è molto bello ed illuminante che poco mi resta d’aggiungere. Tuttavia, mi è venuta in mente una tecnica taoista molto antica e semplice. Si tratta di sorridere a tutti gli organi interni del corpo umano, passandoli in rassegna dalla testa ai piedi, e in seguito a tutto il corpo. Poi, allargando il raggio d’azione della nostra immaginazione, si sorride alla terra, al sistema solare e all’universo... In questa dimensione, si resta sospesi qualche minuto, in seguito si torna lentamente indietro fin dove abbiamo iniziato. Questo stato di sorriso, ci dovrebbe poi accompagnare per l’intera giornata. Un’altra piccola tecnica, è quella di sorridere appena ci alziamo dal letto al mattino, con l’intenzione che lo stesso sorriso, ci accompagnerà per tutta la giornata, allietando gli animi di coloro che incontreremo.

13. Nelle dispense di Cabalà si dice poco sul livello del “pesce”, il più alto livello evolutivo del segno dei Pesci. Si sente di aggiungere qualcosa?

Mi sento molto vicino al segno astrologico dei pesci, o ancor meglio alla figura del ba’al teshuvà (ritorno/redenzione), il signore del ritorno. Il pesce, quale livello più alto, rappresenta colui capace di vivere sia in basso (acque inferiori) sia in alto (acque superiori). Egli è stato capace di unire le due acque senza però confonderle, e se gli altri vedono queste due acque come due mondi distinti, uno brutto ed uno bello, lui li vede come un unico mondo dal quale si possono trarre infiniti insegnamenti. Il pesce, che non ha palpebre, è simbolo di risveglio, di attenzione, in termini stretti rappresenta colui che è presente a se stesso e che nel presente vive. Il presente, è anche simboleggiato dal terzo ed invisibile volto di Giano, che nessuno può vedere ed afferrare, tranne il ba’al teshuvà. Infatti l’uomo è legato più al passato che non è più, ed al futuro che ancora deve essere…Il futuro, come abitualmente siamo portati a pensare, non dipende dal passato ma dalle nostre azioni che saremo capaci di compiere nel presente, cioè qui ed ora. Il pesce inoltre rappresenta l’immersione nelle acque ed il confronto che con tali acque, simbolo del femminile, siamo chiamati a realizzare. Psicologicamente parlando, queste acque simboleggiano l’inconscio nel quale ci immergiamo alla ricerca di noi stessi, di ciò che nello stato di conscio non siamo capaci di vedere. In tale stato, l’inconscio diviene come uno specchio, e specchiandoci noi veniamo a formare “una cosa doppia”, cioè il rebis, che è appunto l’unione e relazione tra il maschile e il femminile, conscio e inconscio… Alchemicamente parlando invece, queste acque rappresentano il nostro “solvente” nel quale dobbiamo mettere a macerare la nostra materia prima, cioè il nostro “guscio egoico” nel quale è racchiusa ed imprigionata la nostra individualità, da liberare e portare ad un più alto grado di perfezione, quale rinascita spirituale. Questo più alto grado, viene appunto simboleggiato dal pesce (dag) il più alto livello preceduto dai pesci (daghim) e dal leviathan, mostro marino a forma di enorme serpente, simbolo della materia prima al suo stato grezzo. Si noti come questi tre livelli del segno dei pesci, ben si accordano con i tre livelli della tradizione alchemica: Nigredo Albedo, Rubedo, e come il Birur stia a significare il Solve et Coagula per mezzo del quale, a lungo andare, potremo rettificare noi stessi.

14. Guardi il modo col quale in ebraico si scrivono i nomi dei Quattro Universi. Nei primi due mondi compare una Alef, nell’ultimo, il più basso, una Ain. Ne deriva qualche considerazione?

Vi sono credo, diverse considerazioni da fare riguardo a questa domanda, la prima che mi viene in mente, è che ognuna delle due Alef, (che troviamo nei primi due mondi) è composta da due Yud ed una Vav, ed in tal caso il suo valore numerico è 26. Ora, se sommiamo le due Alef (26+26=52) otteniamo 52 che sommato a sua volta dà 7, ed Ain vale 70, che sommato dà 7. Inoltre la prima Alef si trova in Atzilut al quale i cabalisti fanno corrispondere gli “occhi” (Brià alle orecchie, Yetzirà al naso e Assià bocca) ed Ain, che è la prima lettera della parola Assià, significa occhi. A significare che gli occhi di Dio, possono guardare sia le cose dell’alto che quelle del basso. Ain è la prima lettera della parola Avon che significa modestia, ed è con modestia che Dio discende dall’alto per parlare tramite i saggi, agli uomini che vivono nel mondo di Assià. La lettera Alef inoltre, si trova come descritto nelle dispense, nella particella “Af” che significa “anche” e che troviamo nel versetto di Isaia (43,7): “Tutto ciò che si chiama nel Mio nome e nel Mio onore, Io l’ho creato, l’ho formato, anche l’ho fatto”. In questa frase, vengono nominati gli ultimi tre mondi meno quello di Atzilut, che appunto ci viene indicato nella parola Af, formata da una Alef ed una Peh, che sono le iniziali di Atzilut Poh cioè Atzilut è qui. A significare che Atzilut si trova in Assià, e ciò ci viene anche confermato dalla lettera Yud, il cui valore è 10 il numero che corrisponde alla decima Sefiroth Malkut il Regno, propria del mondo di Assià. La lettera Yud –10 (le 10 Sefiroth) corrispondente ad Atzilut vuole anche dirci che il Tutto come in un seme, si trova racchiuso in Atzilut pur venendo dallo stesso emanato.

15. Etz” (Ain – Tzadiq), “albero” in ebraico, è la stessa radice di “etzà”, “consiglio”. E’ solo un caso, oppure c’è qualche cosa nella realtà dell’albero che costituisce un consiglio?

Credo non si tratti di un caso, in quanto l’albero rappresenta veramente il giusto, e chi più di un giusto potrebbe consigliarci? Inoltre ho notato, che la parola Etz è formata da una Ain (occhi o sorgente) ed una Tzadiq, (il giusto) da queste due lettere possiamo quindi dedurre che l’albero è l’occhio o la sorgente del giusto. Si tratta qui dell’unica sorgente capace di dissetare la nostra anima, ed alla quale, come Mosè che attinse l’acqua nel pozzo, dobbiamo recarci per attingere l’acqua della vita - chaim. E l’acqua (Maim), il cui valore è 90, bene si identifica con la figura del giusto, legato alla lettera che più di tutte lo rappresenta: la Tzadik, il cui valore non a caso è sempre 90. Lo stesso Platone ci dice: “L’uomo è una pianta celeste”. Ad indicarci che le nostre radici, come quelle di Dio, risiedono in alto, nei cieli. E’ scritto inoltre (Proverbi 11,30): “il frutto del giusto è l’Albero della Vita”, e diversi sono i versetti che correlano l’uomo giusto all’albero. L’albero oltre a darci un consiglio, racchiude per l’uomo un importante messaggio divino, per questo fu sempre tenuto in grande considerazione, da tutte le religioni. Nella Bibbia è scritto: “Tu non distruggerai l’albero, non solo perché è amico dell’uomo, ma anche perché è il simbolo della vita”. Si dice che per i Maestri di Cabalà, la morte di un albero è come la morte di una persona. Spesso guardando un albero, pensiamo solo alla parte manifesta, raramente si pensa alla parte a noi invisibile cioè alle radici, grazie alle quali l’albero si nutre e vive, così allo stesso modo, succede spesso che l’uomo pensa e cura solo la parte esteriore di se stesso, senza pensare e curare quella interiore, che come le radici dell’albero ci nutre e ci permette di evolverci.

Logo di Fuoco Sacro Fuoco Sacro Web Ring By MilleNomi & Galahad