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Arcobaleno
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"Nel mito Yoruba (Africa
occidentale) Oxumaré è il serpente arcobaleno che, come i sette colori
dell'iride, percorre l'intero universo.
E' l'energia cosmica, fonte della
vita e dell'eterno trasformarsi delle cose.
Il grande Dio, Olorun, allungò
Oxumaré per dargli la forma di serpente affinchè percorresse e abbracciasse
tutto il pianeta.
In questo processo, il serpente
tracciò solchi nella terra, formando i letti dei fiumi e dei laghi, che più
tardi furono riempiti d'acqua.
Grazie a questo fenomeno, una
grande estensione di terra venne irrigata e fertilizzata.
La terra bagnata è molto importante nella concezione religiosa africana,
poichè rappresenta la fecondazione.
Senza di essa non può esserci
rinnovazione ed evoluzione della natura.
Le fiabe di Oxumarè raccontano
che venne incaricato di far ritornare al cielo tutta l'acqua del pianeta.
Oxumarè, infatti, insieme con
una qualità dell'orixà Oyà, è il responsabile del fenomeno
dell'evaporazione.
Questo ciclo, simbolizzato
dall'arcobaleno che sorge quando l'acqua è stata restituita al cielo, è
interminabile perchè cadrà nuovamente a terra sotto forma di pioggia.
È così che questo orixà
ricomincia il suo lavoro che non ha mai fine.
Questo processo è molto
importante, poichè l'acqua pulita che cade a terra purifica la natura e
gli esseri preservando la vita.
L'unione tra il cielo e la terra è
stata stabilita attraverso l'arcobaleno, dove Oxumarè rivela al mondo tutti
i suoi colori.
Questo orixà trasporta la
ricchezza da un piano di esistenza all'altro.
Oxumaré è rappresentato da un
serpente non velenoso che morde la propria coda.
È venuto in questa forma per la
terra, per chiudere la fessura tra i due emisferi del pianeta; rappresenta
anche l'unione delle due metà degli esseri viventi, ossia il lato destro
e il lato sinistro.
Per sei mesi maschio e per sei mesi
femmina, è il principio vitale di trasformazione, la connessione di
cielo e terra, maschile e femminile, in una dimensione evolutiva."
Nei testi alchemici ritroviamo il simbolo del serpente che si morde la coda,
ed il simbolo del serpente che risale lungo il caduceo.
Si tratta di due simboli estremamente
importanti, portatori di principi atavici di evoluzione.
Nel primo simbolo ritroviamo il
cerchio, rappresentazione dell'infinità spaziale e temporale (esso
inizia nel punto in cui finisce!). Il cerchio, questa idea infinita, si
trasforma sul piano tridimensionale in una sfera, ricreando il Mundus, o uovo,
che in sè è ricettacolo e vaso in cui si compie il prodigio, l'alchimia,
della vita, in tutte le sue forme.
Guardiamo a questo simbolo più
attentamente. Il suo nome greco Uroboros significa "colui che mangia la
propria coda": è simbolo di rigenerazione e di guarigione.
E veniamo al caduceo: due serpenti
gemelli allungano le loro spire attorno ad una bastone eretto, in alcune
iconografie una spada.
Questo simbolo ci ricorda
immediatamente qualcosa di molto intimo all'uomo: il caduceo, come i filamenti
del nostro DNA, racchiude il segreto della vita eterna, della trasformazione
di forma in forma, della conduzione e presenza attraverso le forme del
messaggio originario nella sua incorruttezza divina.
Ci ricorda altresì la colonna
vertebrale e quì già ci viene in aiuto il mito del serpente Kundalini, che
giace dormiente inanellato alla base del nostro osso sacro e risvegliatosi si
rizza giungendo al settimo chakra. Anche in questo caso scorgiamo nel simbolo
l'unione tra alto e basso nel serpente kundalini che, tramite le fatiche
dell'iniziato, passa attraverso i 7 mondi trasformando e raccogliendo l'energia
di ciascun chakra, giunge fino alla corona portando il suo messaggio divino,
illuminando.
Il serpente è altresì definito il
più grande alchimista. Divora le sue prede intere, ancora vive e nel suo
stomaco avviene la lunga alchimia che trasforma l'alimento in energia.
Ricordiamoci che il serpente è la
prima evoluzione terrestre dei pesci: esso sorge dalle acque e porta la sua
conoscenza sulla terra, proprio come il nostro DNA.
Possiamo riflettere sul principio
della fecondazione e dell'acqua.
Sarà semplice intravedere in questo
simbolo il nostro stesso paradigma creativo: sulla e nella terra (la
materia grezza e sanguigna del nostro corpo) scorrono le acque (i fluidi
corporei). Dal nostro midollo osseo (nella colonna vertebrale, ricchissima di
terminazioni nervose direttamente irradiate dal cervello) viene prodotto il
seme, che convogliato attraverso la terra e le acque, nel momento di massimo
calore, giunge fino in cielo (con la pratica alchemica) e ricade in
terra.
Nel primo caso, uscendo dalla testa
del serpente (il chakra della corona) crea vita eterna (illuminazione);
nel secondo, uscendo dalla coda, crea vita mortale (fecondazione).
Ma non va dimenticato che il ciclo è
comune, e la retta è anche cerchio. L'acqua può evaporare in cielo, ma anche
in questo caso ricadrà in terra, fecondando o irradiando vita terrestre.
Ma l'arcobaleno ci insegna che
sospendendo le acque tra cielo e terra, permettiamo la rifrazione e diffusione
totale della luce ed intravediamo così i colori della creazione.
L'evoluzione ha così luogo comunque,
in carne ed in spirito.
"Rappresentando i sette colori
dell'arcobaleno e le diverse combinazioni tra loro, Oxumarè rese la terra
multicolore, differenziando tutte le specie.
Non soltanto dall'arcobaleno e da
sole, Oxumarè fa vedere i suoi colori intorno alla luna, in alcuni giorni
dell'anno.
La notte in cui la luna esibisce la
sua aureola colorata è un giorno molto potente nel Candomblè. Oxumarè, come
re della nazione Gege è il detentore del grande potere, fortuna e conoscenza
profonda dell'universo.
Il serpente vien dal cielo per la
terra perforandola e uscendo dall'altra parte. Nelle feste pubbliche quando si
invoca questo orixà attraverso delle musiche che si intonano al suono dei
tamburi (atabaques), si colloca una bacinella (cuia) con acqua al centro della
casa del candomblè, e tutti gli iniziati vanno a rendere omaggio a questo
orixà toccando la mano nell'acqua e portandola alla testa in segno di
rispetto al grande Obà (re), che trasporta l'acqua per i cielo.
Connettendoci alla sua qualità,
scopriamo che i nostri limiti, fonte ultima di ogni sofferenza, sono
illusioni. Impariamo così ad accettare i passaggi della nostra esistenza,
lasciando indietro la "vecchia pelle" e risvegliando le nostre
energie psichiche, fisiche e spirituali più profonde, accogliendo il maschile
nel femminile e il femminile nel maschile, con consapevolezza e compassione.
Scopriremo così l'autentica libertà: quella del saggio che vive in armonia
con l'Amore universale che ogni cosa eternamente muove."
Un ultimo cenno alla tradizione
cristiana: all'ingresso nel tempio, il praticante officia lo stesso rito sopra
descritto.
Coglie l'acqua santa e la porta con
un gesto fino alla fronte per poi completare il segno della croce.
In questo rito, che ci ricorda il
Santo battesimo (colui che rinasce dalle acque), raccogliamo l'acqua
benedetta, la portiamo in cielo (la fronte) e la riconduciamo nel nostro piano
terreno (la croce sul petto). La nostra mano funge da arcobaleno.
Essa come lo spirito santo, spinta da
fuoco d'amore, porta la benedizione delle acque in alto ed in basso, in una
cosa sola.
Essa è mano che benedice e assolve.