V.I.T.R.I.O.L

Quando la Ricerca si fa Tecnica

di Antonella Di Guardo

 

"Io credo in tre principi…….. fondamento di quasi tutte le pratiche magiche :

- che i confini della nostra mente fluttuano e che molte menti possono influire l’una sull’altra,

- che i confini delle nostre memorie sono allo stesso modo fluttuanti e fanno parte di una sola grande memoria,

- che questa grande memoria e grande mente possono essere evocate attraverso i simboli……"

( da " Ideas of God and Evil" William Buttler Yeats)

Chi si è accostato alla straordinaria produzione poetica di questo grande scrittore irlandese, non può non essersi reso conto del suo desiderio recondito di creare archetipi e simbologie comuni a tutte le culture dell’unica razza possibile : quella umana.

In lui è presente l’idea, già espressa da Gustav Jung, di " una memoria collettiva" che noi possediamo a livello inconscio. Afferma Jung che essa è attiva su di un piano simbolico, nel senso che certi oggetti o azioni quotidiane suscitano in noi un grande potere di attivazione simbolica tale da mostrarci sensibilmente interessati ad essi.

Solo colui che è sensibile alla dimensione spirituale può rinvenire questi significati reconditi e archetipici, avvertendone l’essenzialità.

Ecco allora scattare l’esigenza fondamentale per l’uomo di scoprire, nel mondo individuale, una scheggia di memoria dell’ "anima mundi" umanistica, una scintilla di conoscenza eterna capace di trasformare in mito la banale tranquillità del quotidiano.

E’ l’esplicitazione della potenza del "VITRIOL" : Visita interiora terrae rectificando invenies occultam lapidem (visita le parti interiori della terra, rettificando troverai la pietra occulta), scendere nelle profondità inconsce del proprio essere e rettificarle distaccando le forze sessuali (l’istintività) dalla corporeità per portarle in una sfera del tutto diversa dove diventano forza "alba" di pensiero limpido come il vetro : vetriolo!

Solo dopo tale trasformazione si può accedere alla propria regione infera e dominare le cieche potenze elementari. E’ linizio del nostro percorso ricognitivo che ci porterà a ritrovare la fonte dell’essenzialità e della vita comune a tutti gli uomini , evadendo dalla prigione dorata nella quale siamo quotidianamente rinchiusi.

E’ il capovolgimento della mente e dell’intendere che implica un andare al di là della mente stessa.

E’ l’invito a "morire", non nel senso heideggeriano del termine per cui la morte è intesa come "quella dimensione costitutiva dell’esistenza", ma secondo valori più alti che riconoscono in essa la massima espansione e giustificazione.

E’ ciò che Mozart voleva intendere allorchè, in una sua lettera del 4 Aprile 1787, definiva morte "….questa vera ottima amica nostra….".

Morte intesa come possibilità di spoliazione del nostro essere da ciò che lo abbrutisce e lo rende schiavo delle profane abitudini, morte come anticamera della resurrezione dello spirito.

Quante volte nella nostra vita siamo "morti" per poi rinascere, quante volte abbiamo fatto tesoro dei momenti giudicati tristi da cui abbiamo ricavato la forza per andare avanti, rinascendo come fenici, provati ma migliorati.

Quanti ricordi ritornano alla mia mente…….la morte di mio padre, l’allontanamento dalla mia terra, la malattia…..momenti devastanti che come sabbie mobili ti inghiottono e ti costringono a scendere nel profondo di te stesso fino a trovare un appiglio, una luce che possa illuminarti e darti la forza per trovare una ragione che ti permetta di andare avanti, di capire che niente è dato dal caso e che per ogni momento "distruttivo" c’è sempre la possibilità di avere un’altra opportunità per "vivere", per rinascere!

Quando la ricerca si fa tecnica : quando il desiderio di scoprirci migliori diventa tecnica per sopra-vivere, per andare oltre l’apparente.

E’ la materialità che si distrugge per il ritorno dello spirito a se stesso, unica assoluta libertà conoscitiva, vero "dies natalis" nel quale conoscimento è insieme co-nascimento.

Io "ho" il corpo, non "sono" il corpo e per questo motivo occorre estirpare dentro di noi le radici dell’avere per trasformare "radicalmente" l’avere in essere (e il mio pensiero corre a Fromm).

Ecco la forma massima dell’amore in cui chi ama, in senso lato, rinuncia a se stesso donandosi interamente agli altri, è il desiderio di copartecipare con i simili per creare un’unica grande memoria che lega ed in cui ci si riconosce.

Non la memoria storica ma quella che permetterebbe di trasformare le spade in vomeri ed al leone di pascolare con l’agnello.

Dice un vecchio proverbio francese :" Sono io che ti devo tutto perché ti amo!"

E se questo è il traguardo che possiamo raggiungere scavando dentro di noi e permettendo a quella "morte" iniziatica di riplasmare il nostro essere……. allora ben venga l’ "amica nostra" del Fratello Mozart.

Voglio

Incamminarmi per

Trovare me stessa

Ricercandomi

In

Ogni

Luogo del mio essere.

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