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La Grande Madre e la Vergine Maria
a cura di Laura Grasso
La prima rappresentazione divina affacciatasi all'umanità, ebbe le sembianze di una figura femminile. La Dea Madre onnipotente rappresentò il principio generatore dell'universo, in grado di controllare la vita e la morte. La rigenerazione avveniva tramite attributi tipici del femminile: la capacità di generare, accudire e nutrire, non solo la vita umana, ma anche quella dell'intero pianeta e del cosmo.
Nelle civiltà antiche, inoltre, la donna costituiva l'elemento chiave per la sopravvivenza e l'organizzazione sociale della comunità. Da un attento studio delle culture preistoriche euro-asiatiche, si evince che la potenza e la forza procreatrice dell'universo, era incarnata dall'immagine di una donna e, il suo potere di generare e proteggere, era simboleggiato da attributi femminili.
Per moltissimo tempo, infatti, dal 30000 al 3000 a.C., l'umanità ha basato la propria religiosità, sul concetto di "Dea Unica", figura che, secondo gli studi sull'archetipo primordiale, deriva dall'archetipo dell'Uroboro, l'immagine del serpente circolare che si morde la coda. Tale archetipo contiene in se la tipica dualità simbolica, costituita da elementi positivi e negativi, e rappresenta il "Grande Cerchio", in cui coesistono elementi femminili e maschili da cui, in un secondo tempo, si estrapolarono le figure del "Grande Padre" e quella della "Grande Madre".
L'Uroboro rappresenta, quindi, l'archetipo primordiale indifferenziato che, manifestatosi nella coscienza, è arrivato, attraverso l'elaborazione degli elementi simbolici in esso contenuti, alla prefigurazione della Grande Madre. Quest'ultima è costituita da elementi antitetici, la madre buona e quella terribile, e può agire in modo opposto: positivo, quando offre protezione, nutrimento e calore; negativo, quando si rifiuta, attraverso la privazione, di elargire il suo nutrimento.
L'archetipo del femminile è, dunque, intriso di dualità, ed è composto da due caratteri fondamentali che Neumann chiama: carattere "elementare" e carattere "trasformatore". Il primo, tipico del materno, ha un aspetto stabile, conservatore; il secondo, invece, è in contrasto col principio di conservazione della vita, col legame madre-figlio, e ha un dinamismo interno, in cui riproduce l'attività che si svolge nel grande cerchio uroborico.
Nella storia delle religioni, il Dio, inteso come divinità maschile, compare in epoca più tarda, successiva a quella in cui domina il concetto di Grande Madre. Dal 3000 a.C. ad oggi, si è imposta nell'immaginario collettivo, la figura del Dio Maschio, che ha assorbito in se qualità del tutto femminili, come quella del dare la vita, mentre alla dea, è stato dato il ruolo di madre, o sposa o sorella del Dio, o come avviene per la religione cattolica, di Madre vergine. Tutto ciò coincise con i vari processi economici e socio-politici che, in diversi momenti della storia, hanno investito l'umanità, cambiandone la struttura. Vittime della vita che cambia, la dea, e di riflesso la donna, hanno perso l'originario potere, scalzate dal controllo dei mezzi di produzione operato dagli uomini, dal mestiere delle armi, dal diritto di proprietà. La cultura patriarcale si è imposta su quella matriarcale e, la Dea preistorica, è stata sottomessa al Dio.
Il concetto di Dio rispecchia la società e l'uomo, che tende a rappresentarlo a sua immagine e somiglianza e a modellarlo in base ai propri bisogni e timori. La Vergine Maria sembra essere tutto ciò che resta dell'archetipo del femminile, della Dea onnipotente. Dea segreta e splendente della cristianità occidentale, ha abbandonato tutto ciò che concerne il carattere trasformatore, dandosi a quello elementare e divenendo la madre buona, la generatrice che nutre e protegge, completamente priva dell'antica dualità di bene e male di cui era costituita la Dea donna, priva anche degli elementi antitetici della doppia natura di madre amorosa e terribile.
Nella Vergine Maria converge tutto ciò che è buono e positivo. In ciò sta l'enorme differenza tra questa figura e quella della Dea onnipotente.
Un culto ben diverso da quello praticato per la Dea Unica, poiché Maria, ha conservato davvero poco dell’antica simbologia del principio del femminile. Anzi la religione cristiana la vede come la “Causa salutis” dell’umanità, come colei che ha riscattato gli uomini dalla triste condizione in cui l’antenata Eva l’aveva relegata. Maria è la luce e la vita, Eva, tenebra e morte; Maria con la sua obbedienza consapevole e volontaria, si donò interamente al suo Dio. Mediante l’obbedienza, dunque, Maria riparò alla rovina del genere umano provocata dalla disobbedienza di Eva.
Maria si propone come la Dea onnipotente amorosa, priva di ogni dualità originaria tra bene e male. Vergine buona e rassicurante, mantiene comunque il suo ruolo di protettrice e nutrice, proprio come la vergine del Pilerio preserva da secoli l’esistenza del suo popolo.
L'archetipo della Grande Madre, ha perso molte delle sue caratteristiche originarie, ma molte ne ha conservate. L'immagine di un principio femminile generatore, nutritore e preservatore della vita.