Tradizione e Cavalleria
 

 

Marco Lucchesi


 

 

La prerogativa dominante nella società odierna risiede nella crisi di colui che dovrebbe essere il veicolo della saggezza divina, egli dovrebbe esaltare la vita vissuta in Dio perché tutto viene e ritorna a Dio. Tale strumento, l’Uomo, ha dimenticato purtroppo la sua atavica funzione e quindi l’antica ricerca di una persistente riconciliazione con Dio a causa delle sue insistenti cadute grazie ai tradimenti della sua natura primigenia.  L’intera umanità è preda di una avida logica del profitto e dell’accumulo massificato e standardizzato in modo da escludere coloro che non si adeguano alle regole codificate e ai ritmi imposti da quanti controllano la realizzazione di tale degrado planetario. Per carità, “niente di nuovo sotto il sole”, già Maestri come Evola e Guenon hanno esposto chiaramente i problemi oltre a cercare di non far morire l’ultimo sostegno per l’Uomo moderno, la Tradizione.  In verità, forse a causa dell’estesa omologazione “culturale” e il venir meno dei modelli religiosi tradizionali in comunione con l’ascesa dei nebulosi movimenti newageristici, da un po’ di tempo vi è un revival d’interessi legati agli studi iniziatici e quindi alle discipline metafisiche tradizionali. Per togliere dalla mente dei lettori eventuali confusioni, ci rivolgiamo al pensiero di Guido De Giorgio per chiarire l’ideale di Tradizione con la T maiuscola, dal latino traedere ovvero trasmissione: “la confluenza di tutte le vie in Dio dove l’uomo è il punto di partenza e Dio il termine cui raggiungere. L’ignoranza dovuta alla caduta ha velato e creato un distacco tra Uomo e Dio che potrà essere eliminato solo grazie ad un processo di realizzazione all’interno della Tradizione stessa, tale cammino procede da Dio verso l’Uomo per ritornare a Dio. Quindi la Tradizione è Sacra e Divina perché proviene esclusivamente da Dio per l’Uomo”. Parliamo di un cammino di saggezza superiore, unico anello di congiunzione a Dio, comune a tutte le epoche storiche la cui fonte è il simbolo immutato nei luoghi e nei tempi in cui risiede il segreto Tradizionale di cui le confraternite antiche custodivano e proteggevano la chiave, tramandandola regolarmente per mantenere stabile l’unico legame con il Divino; scomparso ciò, scompare tutto. Se la Tradizione vive nel Tempio, la Cavalleria occupa il posto più gravoso nell’intero ambito tradizionale in quanto protegge il Tempio e i suoi custodi, già in altri articoli abbiamo descritto i Cavalieri come simboli di quelle anime virtuose che disprezzano la vita per il bene, ovvero metafore per far comprendere ed esaltare il fine ultimo dell’Uomo eroico: la vittoria sulla morte, dove la Morte è la causa più evidente della Caduta. In tale ottica, la Cavalleria è il baluardo spirituale e materiale contro le potenze non tradizionali di tutte le epoche dove l’antico ardimento sul campo di battaglia diviene immagine per l’Uomo di questa Era nell’affrontare le malefiche prove quotidiane del principe delle tenebre. Del resto lo stesso S. Paolo esorta alla battaglia: “Per il resto, attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo.  La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete perciò l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove. State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio.

Chretien de Troyes affermò che il più alto ordine creato da Dio è l’Ordine della Cavalleria, in tale ottica comprendiamo come le parole di San Paolo rappresentino il vestito del Cavaliere di ogni tempo e luogo dove la dignità cavalleresca si acquisisce grazie all’ascesi morale e spirituale nella purificazione delle passioni per prepararsi al combattimento iniziatico con l’arma sacra per eccellenza: la Spada. Afferma il Cristo:

“Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada”. La Spada, immagine sacra solare e simbolo ternario per eccellenza, è effigie della virilità guerriera trionfante, simbolo di potenza e giustizia sia esoterica sia essoterica, rappresenta il simbolo d’iniziazione al primo gradino della scala nobiliare, per colui che diventerà Cavaliere non ex nobilitate ma ex virtute.  Questo remoto sacramento celebrato per Pasqua, Pentecoste o nel giorno di fondazione dell’Ordine in cui si accede, vive l’intera ritualità nella potenza simbolica della spada sospesa sul collo del candidato per tutto il periodo della celebrazione fino al momento della collata, ovvero il colpo alla nuca con la parte piatta dell’arma contemporaneamente alla formula di consacrazione. Questo gesto è l’allegoria del risveglio iniziatico che parte da un centro d’energia sottile molto importante, si esorta a risvegliare il sé interiore in modo che lo Spirito Santo permetta l’evoluzione della stato di coscienza verso l’Unità.  Attenzione però, non dobbiamo dimenticare gli altri ornamenti della cerimonia di vestizione come il mantello e tunica bianca simbolo di purezza, la Croce vermiglia del sacrificio nel sangue per Dio e gli speroni simbolo d’ardore per Dio e di umiltà nei confronti dello stesso, l’elmo insieme allo scudo proteggono la Fede dai colpi del maligno. E’ facile ritrovare in tutti questi simboli i tratti peculiari sia per pervenire all’epos tradizionale con coraggio, equità e nobiltà d’animo, sia come iustus con generosità, misura e rettitudine e più in generale i tratti specifici delle figure solari della Tradizione Unica i cui unici avversari sono le forze oscure.

Un altro elemento di collegamento tra Cavalleria e Tradizione è il cavallo, del resto cavaliere deriva da cavallo, simbolo trasversale per eccellenza. Lunare con il suo manto scuro in cui è racchiusa una potente valenza sovvertitrice, oppure il suo manto pezzato come allegoria della compenetrazione degli opposti ed infine solare quando il manto è bianco identico al candore della Luce Divina primigenia. La simbologia divina del Cavaliere e del cavallo trova il suo più grande sviluppo profetico nel libro per eccellenza della tradizione primordiale all’interno della cristianità, Apocalisse:

“Quando l’Agnello sciolse il primo dei sette sigilli, vidi e udii il primo dei quattro esseri viventi che gridava come con voce di tuono:

“Vieni”. Ed ecco mi apparve un cavallo bianco e colui che lo cavalcava aveva un arco, gli fu data una corona e poi egli uscì vittorioso per vincere ancora. Quando l’Agnello aprì il secondo sigillo, udii il secondo essere vivente che gridava:

“Vieni”. Allora uscì un altro cavallo, rosso fuoco. A colui che lo cavalcava fu dato potere di togliere la pace dalla terra perché si sgozzassero a vicenda e gli fu consegnata una grande spada. Quando l’Agnello aprì il terzo sigillo, udii il terzo essere vivente che gridava: “Vieni”. Ed ecco, mi apparve un cavallo nero e colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano. E udii gridare una voce in mezzo ai quattro esseri viventi:

“Una misura di grano per un danaro e tre misure d’orzo per un danaro! Olio e vino non siano sprecati”. Quando l’Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva: “Vieni”. Ed ecco, mi apparve un cavallo verdastro. Colui che lo cavalcava si chiamava Morte e gli veniva dietro l’Inferno. Fu dato loro potere sopra la quarta parte della terra per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra” E poi:

Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco; colui che lo cavalcava si chiamava “Fedele” e “Verace”: egli giudica e combatte con giustizia. I suoi occhi sono come una fiamma di fuoco, ha sul suo capo molti diademi; porta scritto un nome che nessuno conosce all’infuori di lui. E’ avvolto in un mantello intriso di sangue e il suo nome è Verbo di Dio. Gli eserciti del cielo lo seguono su cavalli bianchi, vestiti di lino bianco e puro. Dalla bocca gli esce una spada affilata per colpire con essa le genti.  Egli le governerà con scettro di ferro e pigerà nel tino il vino dell’ira furiosa del Dio onnipotente. Un nome porta scritto sul mantello e sul femore: Re dei re e Signore dei signori. Vidi poi un angelo, ritto sul sole, che gridava a gran voce a tutti gli uccelli che volano in mezzo al cielo: “Venite, radunatevi al grande banchetto di Dio.  Mangiate le carni dei re, le carni dei capitani, le carni degli eroi, le carni dei cavalli e dei cavalieri e le carni di tutti gli uomini, liberi e schiavi, piccoli e grandi….

In questi passi profetici vi è tutta l’importanza della funzione cavalleresca, i quattro dell’apocalisse sono la prova della mansione di eccellenza divina visto che hanno l’onere di cavalcare i quattro cavalli, immagini della caduta umana in quanto esprimono le fasi inverse dell’Arte Reale, per ricondurre il Re dei re a restaurare il regno perduto dopo la battaglia finale contro le forze distruttrici della bestia.  Dante insegna nel “Convivio” che le scritture profetiche a carattere iniziatico devono necessariamente essere interpretate per mezzo di quattro diverse chiavi ovvero letterale, allegorica, morale ed anagogica. L’ultima chiave è la più dura, significa “traente in Alto”, perché è la via per penetrare i misteri della Fede che conducono alla conoscenza del Divino e approdare alla Cavalleria messianica dell’apocalisse di San Giovanni, ciò non è altro che la famosa “Queste du Graal”. Nel corso dei secoli sono state scritte milioni di pagine su cosa sia il Graal e la sua ricerca, secondo il nostro modesto parere il principio del segreto iniziatico è racchiuso nelle semplici parole di Victor Emile Michelet “questo mondo sprofonderebbe, il giorno in cui non producesse più un Cavaliere che ardesse per la grande avventura”.

Lasciamo al lettore la curiosità di scoprire quale sia la Via più adatta per entrare nella Cavalleria del Graal, del resto furono quattro i cavalieri della tavola rotonda che approdarono al castello del Graal, per rivolgerci al Tempio celeste e al correlato Tempio terrestre di cui ribadiamo che la Cavalleria è il legittimo bastione. In tale ottica introduciamo il concetto di Cavalleria Templare, quest’Ordine guerriero iniziatico vive ed opera per la ricostruzione del Tempio distrutto dall’Uomo stesso e quindi è un Ordine Tradizionale con una collocazione metastorica che resterà in essere fino al ritorno nel mondo primordiale. Questa funzione spirituale dovrebbe essere vivente, leggi trasmessa, in tutti gli Ordini Cavallereschi e quindi in verità esiste un’unica cavalleria iniziatica detta Templare che racchiude in se tutti gli Ordini Cavallereschi d’ispirazione Divina dal Principio fino alla fine dei giorni. L’Ordine che bruciò sul rogo nel 1314, incendio in cui ancora oggi ardiamo, fu l’ultima manifestazione visibile di questa tradizione templare presente nei secoli con un legame soprasensibile perenne e indissolubile. In tal ottica, non rimane che accennare al segreto presente in tutte le istituzioni iniziatiche, riprendendo il brano dei vangeli di Matteo: “Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi”, è tradizionale mantenere celati certi insegnamenti di carattere superiore per non far perdere la Forza ai veicoli che permettono l’accesso al vero Segreto Iniziatico che come afferma il Guenon “…è inafferrabile ed inaccessibile ai profani e non può essere penetrato…è di natura tale da non potersi esprimere con parole…ognuno raggiungerà questo segreto secondo la propria misura…” ciò è la catena che lega la Tradizione nei secoli dal Principio alla fine dei tempi.

 

 

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