|
Gli Uomini Templari Chirone |
|
Perché parlare oggi dei Templari o del “Templarismo”? Potrebbe sembrare
pleonastico, ripetitivo, mera curiosità storica, vacuo formalismo
quantitativo.
Del resto associazioni ed ordini Neo Templari, studiosi acuti e
dedicati, una letteratura monumentale sull’argomento in grado si saziare
qualsivoglia velleitarismo, sono a disposizione in ogni formato ed
estensione, ma cosa non è stato detto? O meglio cosa c’è di così
significativo che non è ancora stato definito? Che cosa noi
contemporanei percepiamo di quell’immensa vicenda che ci affascina così
tanto e che, nonostante cosi remota, sentiamo così stimolante? È di
questo che vorrei parlare.
Com’era “fatto” l’uomo del Tempio?
Come si potrebbe far rivivere un utopia come quella che per più di cent’anni
fu invece una realtà concreta e tangibile in grado di cambiare
letteralmente un epoca?
Su cosa fece leva Bernardo di Chiaravalle per dare avvio a quella
splendida avventura dello spirito che ancora oggi sentiamo così vicina?
Perché tante domande si potrà obbiettare, ma perché porre la “giusta
domanda” è il primo passo nella ricerca della verità.
Ma ora andiamo per ordine:
com’è fatto l’uomo del Tempio?
In ogni essere senziente la presenza del “divino” è percepita come una
tensione interiore che spinge a cercare oltre i limiti del contingente,
i significati di un esistenza che altrimenti ci sembrerebbe vuota e
senza senso.
Per chi ha coscienza di esistere, la “scintilla” di consapevolezza che
lo anima, gli fa riaffiorare reminescenze di un appartenenza a stati
d’esistenza superiori dei quali avverte una malinconica mancanza.
Chi siamo? Da dove veniamo? Dove stiamo andando? Sono e rimangono le
fatidiche domande che la Sfinge tetramorfa proponeva e propone tuttora
ad ogni “anima” attenta.
E così, in ogni “ricercatore” scatta quella spinta alla “ricerca” della
sua più vera essenza, della sua più sentita natura; ricerca che avviene
attraverso i tanti percorsi che ogn’uno può incontrare sulla sua via.
Storicamente, la “nascita” in luoghi geografici differenti, condiziona
per forza di cose, la via da perseguire, nascere in Cina, in America, in
Africa o in Europa, determinava e determina tuttora, il tipo di risposta
praticabile, tipo di risposta che al di la delle “laicità filosofiche”e
al di là delle “religioni locali” era sempre, ed è tuttora, o una
risposta di tipo “via mistica” o di tipo “via dell’azione”.
La via del “sacerdote” o quella del “guerriero” di antica memoria.
Ma questi due modi di approccio alla verità, proprio perchè espressioni
di un dualismo,m ostrano una dicotomia che si amplia a “cesoia” man mano
che si cresce in sensibilità e conoscenza, così è proprio l’espressione
parziale sulla visione globale dell’esistenza che fa “sentire” la
necessità di una “terza via” in grado di sintetizzare le altre due.
“Sacerdoti e Guerrieri” questo erano i Templari e forse...qualcosa di
più.
Uomini che “dicevano messa” e che combattevano con la spada, Uomini alla
ricerca di una terza via sintetica ed equilibratrice.
La loro opposizione al “male” trascendeva i confini dell’ambito
religioso, la loro spiritualità varcava gli angusti confini di un
Cattolicesimo “limitato”.
Il loro Dio era “L’UNICO DIO” non di parte, non di comodo fideismo, non
asservito ad un potere, ma la forza armonica del universo manifesto, il
propulsore del cosmo immanifesto.
Allora ritualizzare, pregare, agire, erano i mezzi che permettevano il
contatto con il sacro,attraverso quella tensione “sacerdotale” e quel
perfetto addestramento e controllo fisico del “guerriero”, in uno
splendido equilibrio manifestazione di una riconciliazione degli
opposti. E ricordiamolo, Sacerdote è colui che si erge a “ponte” frà
l’umano ed il divino, e non un prete burocrate di una chiesa o di una
religione mentre il guerriero è colui che possiede un controllo totale
finalizzato alla battaglia al fine di “essere strumento al sevizio di
Dio”.
Questi uomini quindi, agivano non per “se” ma per il”bene supremo” nella
lotta eterna contro il Male, mettendo tutto sul piatto, compresa la
“loro” stessa vita.
Le memorie storiche ci mostrano proprio questi Uomini, che lasciato il
“mondo”, si ritiravano a vita monastica “attiva”, dove la meditazione e
la preghiera si affiancano ad un addestramento fisico e di
mortificazione in grado di forgiare individui staccati da ogni umana
debolezza.
Un lungo percorso fatto di “gradi” preghiera, solitudine, sudore ed
obbedienza, questo era il percorso Templare, un obbedienza totale dove
l’abdicare alla propria “personale visione”, era il primo passo per
l’accettare la visione più ampia del grande progetto di una “società
giusta” ed armonica, dove il male e le ingiustizie fossero sconfitte ed
i deboli i diseredati, i malati potessero avere pari dignità e pace.
... E questo avvenne...
La formula di Uomini completamente dedicati al “bene ed al progresso
dell’umanità” che nulla chiedevano per se stessi come individui. L’idea
di guide illuminate e difensori dei valori di “fratellanza” e
“giustizia” si dimostrò vincente.
Lentamente, questi Uomini si imposero in un panorama di egoismo e
sopraffazione proprio di quei periodi storici dove “l’avere” contava più
“dell’essere”. Lentamente ma inesorabilmente il loro “sistema” divenne
il riferimento per chiunque credesse che la giustizia, manifestazione
del divino, fosse possibile e la pace praticabile.
La storia ci ricorda come andarono le cose, “cio che è fatto dagli
uomini soffre dei difetti degli uomini”, ed anche l’idea Templare, nel
tempo, assunse forme differenti manifestando un anima doppia essoterica,
nel rapporto con i potenti ed il potere in generale, ed esoterica nella
cerchia più interna dell’Ordine.
La sommatoria degli impegni e l’accesso alle sue file, sempre meno
iniziaticamente “selezionato”, la presenza di “cavalieri” di estrazione
nobiliare che accedevano per motivi di opportunità di gestione di un
mero potere politico che si andava via via manifestando, portò ad una
burocratizzazione dell’ordine, allontanandolo sempre più dal “core”
esoterico iniziale condannandolo ad una certa fine.
Cosa ne fù dei “puri”?
Alla scomparsa più o meno plateale di De Molai e di una parte della
cerchia essoterica, con il susseguente smantellamento dell’Ordine,
sopravvissero in molti. Anzi, non è pellegrina l’idea che fu proprio un
atto di forza e di distacco da quest’aspetto “profano”, voluto, e non
subito, una delle cause dello smantellamento dell’ordine da parte
proprio di quella frangia di “puri” che ne conservavano la radice
esoterica.
La storia ci insegna che dall’apparente smembramento dell’Obbedienza
sorsero altri Ordini Cavallereschi che, anche se con nomi diversi,
mantenevano lo stesso codice comportamentale “Calatrava” “S.Giovanni di
Scozia”ecc. C’insegna che molti di loro vennero riprotetti dai
“Cavalieri Teutonici”, “Cavalieri di Malta”, ecc. aspetti successivi che
dalla medesima origine emanavano nonché “livelli” del medesimo Ordine. (
un Templare Perfetto aveva accesso a tutti gli Ordini Cavallereschi,
così non era per il contrario, l’ultima cerchia Templare era di fatto la
“radice comune” di tutti gli Ordini Cavallereschi) e che nei loro
vertici “iniziatici” di “ordini combattenti”, riconoscevano quella
Fratellanza spirituale che era propria di chi è “super partes”.
La storia c’insegna anche che molti “fratres” rientrarono nei monasteri
“dei quali restavano di fatto parti integranti”, in quanto monaci a
tutti gli effetti, e da qui la possibilità di ricollegarsi a quella
cerchia “iniziatica” dei “Costruttori di Cattedrali” con la quale cera
sempre stata comunità d’intenti, che sfociò qualche tempo dopo nella
“Massoneria” mantenendo ed anzi arricchendola con quei principi propri
dell’ordine, attraverso “l’accettazione” proprio da parte dei “pratici”
Latomisti, di questi “speculativi”.
Rimane, l’IDEA, rimane la possibilità che si possa riformare un nucleo
di uomini votati al “ bene ed al progresso dell’Umanità” che con spirito
di servizio e senza nulla chiedere per se stessi, tornino ad essere
“guide illuminate e difensori dei valori di “giustizia” e di
“fratellanza” in questi tempi dove ancora una volta l’avere soverchia
l’essere e lo spirito trova difficoltà a scorgere la “luce”.
Ed allora ecco perché parlare di Templari e di Templarismo, l’uomo porta
innato in se un archetipo di “giustizia” e di armonia che, anche se
latente è pur sempre presente, l’uomo contemporaneo “evoluto”, con un
minimo di sforzo, può riallinearsi a quei valori e riconoscerli come
unica possibilità affinché “quet’umanità” possa avere un futuro degno di
essere vissuto, e dove lo “spirito” possa riaffermarsi come parte
dell’essere.
I Templari “esistono” ed esisteranno sempre finchè esisterà un Uomo.
Ho detto.