Sri Aurobindo e la Teosofia

Pino Landi

 

C’è un pensiero che è stato riscoperto in questo periodo storico, tempo in cui le informazioni ed i testi sono a disposizione di tutti in modo enormemente più ampio di quanto mai lo sia stato in passato.

Parlo della Teosofia che aveva già di per sé una tendenza la sincretismo. Questa caratteristica la rende attuale, perché oggi la mole di dati reperibili ha nel contempo favorito il non approfondimento e la facilità a mescolare tra loro visioni che non possono essere in alcun modo compatibili, per confezionare un prodotto fruibile da palati grossolani ed intelletti pigri, che è poi la sostanza del sincretismo.

Ovviamente la Teosofia ha ben più dignità di molti dei suoi epigoni contemporanei che ne hanno recepito solamente ciò che a loro poteva servire per alimentare qual calderone chiamata New Age in cui molto è stato inopinatamente mescolato,. Però, già nel corpo medesimo del pensiero teosofico possono cogliersi limiti importanti rispetto ad un insegnamento orientato alla trasformazione coscienziale ed al superamento dell’uomo ordinario…

Sri Aurobindo, che è pensatore di sintesi, all’opposto perciò della metodologia sincretica, evidenzia in due dei suoi Saggi Divini ed Umani, luci ed ombre della Teosofia, con argomentazioni che sono ancor oggi vive e pregnanti.

Il suo è un giudizio sereno, “non come un nemico, ma come critico imparziale, non come un estraneo, ostile e incredulo, ma come investigatore serio e attento, sperimentatore pratico in quegli ambiti che la Teosofia cerca di rendere suoi esclusivi”…“Non vorrei scrivere della Teosofia con spirito ristretto ed intollerante.  Non può esserci niente di più spregevolmente ignorante del pregiudizio volgare che ridicolizza la Teosofia per il fatto che si occupa di cose miracolose.” Prende cioè le distanze dalle critiche dei materialisti, perché “fino a che non si può dire della ricerca “E’ finita”, e della conoscenza “Non c’è più nient’altro”, nessuno ha il diritto di disprezzare degli uomini come ciarlatani perché si professano pionieri di un nuovo genere di Scienza.”

Così non accetta la critica, senza dubbio velleitaria e semplicistica, degli Indiani del suo tempo, che non accettavano la Teosofia, in quanto aveva origine “straniera”: “non c’è nessuna legge di Natura secondo cui la conoscenza spirituale debba essere confinata ad Est, o debba recare il marchio di fabbricazione indiana, prima di poter ricevere l’imprimatur dell’Onnisciente. “

            Le critiche che Egli fa a questa “Scienza”, è sui presupposti di fondo e sulle stesse “pretese” che la Teosofia stessa mette in campo.

“La Teosofia non nacque con Madame Blavatsky, né fu inventata dai Mahatma nell’ultimo scorcio del diciannovesimo secolo.  E’ un’antica e rispettabile branca di conoscenza che purtroppo, in tempi storici, non è mai stata portata allo scoperto e sottoposta a verifiche chiare, ferme e luminose.”…

…“La Società Teosofica fu il primo corpo di investigatori che iniziò con il chiaro e preciso compito di portare all’attenzione pubblica la gran massa dell’antica verità e stabilirla in un credo collettivo generale.  Questo compito non è stato sostenuto in pratica.  Anziché portarla all’attenzione pubblica, l’hanno racchiusa nella nascosta segretezza di una società esoterica; anziché stabilirla in un credo collettivo, hanno impedito un reale sviluppo della Teosofia e l’hanno screditata, promettendo di rendere minima la prestazione e affermando prontamente che il loro potere era ben oltre dall’essere verificabile.

Se i Teosofi si propugnano pionieri di un nuovo tipo di conoscenza, devono pur anche dimostrare che tale accezione è reale e dimostrabile. Ma ciò non è fattibile in “una struttura che alla base è apertamente e ospitalmente aperta a tutte le indagini, ma alla sommità è trincerata dietro un’infallibilità papale o mistica.   Per essere ammessi nella Società è sufficiente credere nella più libera ricerca e nella fratellanza dell’umanità, ma tutti coloro che vi aderiscono devono riconoscere – se sono onesti con se stessi – che stanno accrescendo una struttura che tollera certi dogmi ben conosciuti, una cosmogonia e una filosofia definite e assai elaborate, e un’organizzazione particolare il cui spirito – se non la pratica evidente – sembra essere teocratico piuttosto che liberale.”

            A Sri Aurobindo non sfugge affatto come l’organizzazione della Società Teosofica non differisca dalla gran parte delle organizzazioni nate in occidente, nel corso del XIX° secolo, ad una cerchia di aderenti esterni viene consentita una ingannevole libertà, al fine di attirare il più possibile simpatizzanti tra cui reclutare coloro che rappresenteranno gli anelli più esclusivi ed interni. Viene quindi nella realtà praticata l’adesione al dogma, alla cosmogonia, alla filosofia e all’organizzazione teocratica della Società, relegando la propagandata libera indagine e la fratellanza dell’umanità a mere enunciazioni formali.

Sri Aurobindo non lo dice esplicitamente, ma dalle sue parole emerge una sorta si scimmiottamento da parte della Società Teosofica, del metodo e degli strumenti dogmatici tipici della chiesa cattolica, strumenti per altro alinei alla cultura ed alla tradizione Indiana. “…sembra sottintendere il ritirarsi in una segretezza mistica, un continuo riferirsi alla conoscenza infallibile dei Papi della Teosofia – maschi e femmine – o, se ciò sembra necessiti un sostegno, all’autorità divina degli invisibili ed inaccessibili Mahatma1.  Noi in India riconosciamo il Guru e accettiamo l’Avatar.  Ma anche il Guru è solo una vaso che contiene la Conoscenza infinita, e l’Avatar è solo una particolare manifestazione della Personalità Divina.  E’ scioccante per le nostre nozioni spirituali prendere in considerazione dei Demiurghi cosmici dal carattere vagamente semi-divino, posti tra noi e l’Onnipotente, il Tutto-Amante, e pensare che Kutthumi e Maurya prendano il posto di Dio.”

  E a proposito di fratellanza Sri Aurobindo coglie per altro l’incredibile contraddizione di questi Teosofi che, pregni di una cultura Europea di allora di sapore colonialista, pongono ai massimi livelli della loro teocrazia solo europei e gli indiani nei posti subordinati. Un Indiano qua e là può animare l’illuminazione dei Teosofi, ma sono sempre Madame Blavatsky e la Sig.nora Besant, Sinnett o Leadbeater che stabiliscono i comandamenti e la Legge.  Tutto questo proprio mentre viene ben compreso che solamente in India la Teosofia ha una qualche speranza di sopravvivenza, perché in Europa potrà sì attirare qualche adepto, ma il pensiero occidentale si è liberato oramai definitivamente con il dogmatismo e la teocrazia. “L’Europa non sta certamente andando nella direzione di cambiare un Papa cattolico con uno teosofico, un Concilio di Cardinali con una Sezione esoterica, o il Vangelo e il Credo di Atanasio con l’Antica Saggezza e l’Isis Rivelato.”

         Ma se in India è riconosciuta l’autorità del Guru ed accettato l’Avatar, occorre precisare che anche il Guru è solo un contenitore della Conoscenza e l’Avatar è solo una manifestazione specifica del Divino. Inoltre l’India non potrà mantenere l’atteggiamento di sottomissione verso un’autorità non verificata, come è accaduto per il lungo periodo di “sonno” spirituale, culturale e sociale, ma  tornerà alla pratica dei tempi antichi “di andare alla radice delle cose, di ricercare la conoscenza non dall’esterno, ma dal Sé che conosce e rivela.”. Occore poi considerare che non pare che “ la Signora Besant abbia una capacità intellettuale, un’eloquenza, una personalità, una forza religiosa più potenti e perfette di quelle che ebbe lo Swami Vivekananda, o che un solo Teosofo abbia dimostrato di essere uno spirito forte e puro come Paramahansa Ramakrishna.  Alcuni Yogi indiani hanno una conoscenza psichica più raffinata e più accurata della migliore che possiamo trovare nei libri dei Teosofi.  Perfino alcuni tra i meno avanzati mi hanno dato prova di poteri occulti assai meglio sviluppati di qualsiasi Teosofo che abbia finora conosciuto.  L’unico membro della Società Teosofica che ha saputo darmi un qualche aiuto spirituale, tale che non avrei potuto riceverne uno migliore dalle mie capacità rimaste senza aiuto, fu una persona esclusa dalla sezione esoterica perché le sue singolari e potenti esperienze erano incomprensibili per le guide teosofiche; inoltre le sue conoscenze e facoltà non erano state ricavate dai metodi teosofici, ma seguendo il sentiero del nostro Yoga e l’indicazione di un Guru indiano, che non era implicato in organizzazioni e gruppi selezionati, ma viveva come un matto, unmattavat.”

In definitiva Sri Aurobindo,  in sintonia con il suo pensiero ed il suo insegnamento, che è integrale e di sintesi, non nega una certa validità alla Teosofia, che non definisce affatto “falsa”, ma occorre tuttavia valutare che è scienza di uomini, e come tutte le cose umane contiene del vero, mescolato ad errori, limiti ed imperfezioni. “Molte cose che loro sostengono, che sembrano strane ed incredibili a coloro che declinano l’esperimento, concordano con l’esperienza generale degli Yogi; ce ne sono altre che la nostra esperienza pare contraddire, o a cui viene data una diversa interpretazione.  I Mahatma esistono, ma non sono onnipotenti o infallibili.  La rinascita è un fatto, e il ricordo delle nostre vite passate è possibile; ma le regole rigide di tempo e di reazione karmica stabilite dogmaticamente dai Teosofi gerofanti sono certamente erronee.” 

E non può essere accettato quel sincretismo tra mitologia induista e buddhista e predizioni teosofiche assemblate assieme in modo semplicistico, confuso e deviante. I Teosofi sembrano sottovalutare ed ignorare che l’intelletto umano deve essere perfettamente purificato prima che si manifestino le più alte capacità sovraintellettuali, altrimenti  si seguono giudizi e pregiudizi, preferenze del tutto umane per verità assolute.

Non hanno compreso l’errore insito nel sincretismo, “sono caduti nella trappola del gergo gnostico e nelle buffonate dei Rosacroce, e si sono impegnati in una nebulosa caccia ai Mahatma, alle Logge Bianche e ai Signori della Fiamma, mentre avrebbero dovuto sperimentare seriamente e pazientemente, verificando i risultati con severità, e giungendo a conclusioni valide ed incontestabili, razionalmente fondate, da poter presentare prima a tutti i ricercatori e poi al mondo intero.”… “La Signora Besant avrebbe voluto farci credere che la Teosofia è Brahmavidya1.  La Theosophia greca e il Brahmavidya sanscrito, ella ci dice in piena buona fede, sono parole e questioni identiche.  Anche di fronte all’autorità della Signora Besant, non posso accettare questa incredibile identificazione.  Essa può nascere solo o dalla sua ignoranza del sanscrito, o da una generale confusione di pensiero ed incapacità a percepire distinzioni chiare e nette, che è il flagello dell’indagine teosofica e delle sue affermazioni.  Vidya2 potrebbe essere rappresentato, per quanto non perfettamente, da Sophia; ma Brahman non è Theos3 e non può esserlo, come dovrebbe sapere, si spererebbe, anche un principiante alle prime armi con la filosofia.

Tutti noi sappiamo cos’è Brahmavidya, - la conoscenza dell’Uno sia in Sé che nelle sue ultime e fondamentali relazioni col mondo che appare in Lui o come illusione o come manifestazione, come Maya o Lila.  La Teosofia risponde a tale descrizione?  Chiunque sa che non vi risponde, né lo può.  I moderni Teosofi ci parlano molto di Mahatma, Kamaloka4, Devachan5, del popolo di Marte e della Luna, di corpi astrali, lettere precipitate, registrazioni akasiche6 e un mucchio di altre questioni…”

 

 

 

I Teosofi possono essere buoni studiosi e ricercatori, non Maestri, né gerofanti o teocrati, come amano atteggiarsi. La Teosofia dovrebbe mutare nella sostanza,  per essere ed indicare una via di Conoscenza: “deve per prima cosa modificarsi.  Deve apprendere la rettitudine mentale, alla quale è ora estranea, e perfezionare le sue basi morali.  Deve diventare chiara, diretta, rigidamente auto-indagante, scettica nel senso più nobile del termine.  Deve collocare i Mahatma sul retro e porre in primo piano Dio e la Verità.  I suoi Papi devono detronizzarsi e porre sul trono la coscienza intellettuale dell’umanità.”

Un’ultima annotazione, la Teosofia non può, pena la non credibilità, avere la doppia veste di organizzazione esoterica e contestualmente proporre una conoscenza essoterica. Delle due l’una:  “se vogliono essere mistici e segreti come i nostri Yogi, allora – come gli Yogi – devono parlare solo agli iniziati e agli esperti; ma se vogliono uscire nel mondo e proclamare ad alta voce le loro verità mistiche cercando potere, credibilità ed influenza grazie alle loro affermazioni, allora devono dimostrarle.”

“La Teosofia è, o dovrebbe essere, una Scienza più vasta e più profonda, una conoscenza che tratta di altri livelli e movimenti di coscienza – piani, se li volete chiamare così – fenomeni che dipendono dall’attività della coscienza su quei livelli, mondi ed esseri formati dall’attività della coscienza su quei livelli – infatti un mondo non è altro che la sintesi di Spazio e Tempo di un particolare livello di coscienza -, formando così un campo di coscienza che la Scienza materiale, la Scienza di questo mondo immediatamente visibile, non può trattare, e per la maggior parte rifiuta di occuparsene, non credendolo un fatto reale.  La Teosofia è, perciò, propriamente parlando, un’alta indagine scientifica.  Non è, o non dovrebbe essere, un sistema metafisico o una nuova religione.”

 

 

NOTA: I brani evidenziati sono di Sri Aurobindo, tratti dal testo “Saggi Divini e Umani”, in particolare dai due saggi: “Le  pretese  della  Teosofia” e “Scienza  e  religione  nella  Teosofia”.

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