|
La Spada e la Rosa Dott. Maria Rita Astolfi - 2005 |
Come mi è stato specificatamente chiesto, vorrei proporvi una
provocazione ovvero uno stimolo alla discussione su di un problema che
pare essere emerso e che può aprire una finestra di con-sapevolezza nel
nostro percorso di crescita Templare.
La domanda sorta all’interno del nostro Capitolo, che può creare dubbi
ed incertezze, è se la Don-na effettivamente debba essere iniziata con
la Spada ovvero non debba essere iniziata con altri simboli più
squisitamente femminili quale ad esempio la Rosa.
E’ una domanda legittima sull’iniziazione Templare della Donna, che deve
essere affrontata in mo-do coerentemente documentato e dibattuto e non
emotivo o elusivo.
Il problema dell’appartenenza delle donne a particolari organizzazioni
nate e aperte tradizional-mente solo ed esclusivamente dall’Uomo e per
l’Uomo, apre numerosi interrogativi, non tanto e non solo di tipo
esoterico, ma anche di tipo pratico-operativo.
Ne consegue un dibattito sempre aperto, che non deve essere negato o
evitato ma che deve, in un accordo di intenti fraterno, portare non
tanto ad una verità esclusiva, ma quanto a farci avvicinare sempre di
più ad una verità fattuale che valga nel qui ed ora della situazione.
Ciò che complica l’approccio al problema è che dobbiamo considerare più
piani contemporanea-mente, tenendo conto che ci muoviamo all’interno di
un’Istituzione che ha tanto tradizioni secolari quanto e soprattutto
profondamente esoteriche.
I Templari nascono e si impongono nella storia del mondo del XII secolo
come modello in un mon-do in piena trasformazione, dominato dalla
violenza, che è aggravata dal fiorire di una nuova cate-goria sociale,
la cavalleria, costituita da professionisti del combattimento a cavallo,
violenti fomen-tatori di disordini, banditi, saccheggiatori, anche dei
beni della Chiesa
Diviene allora compito della Chiesa e di San Bernardo di Chiaravalle, il
vero fautore della cristianità del XII° secolo, il recupero degli
istinti bellicosi e l’incanalamento di queste energie distruttive in un
nuovo schema organizzativo etico-sociale, riconoscendo al Cavaliere un
posto nell’opera divina, riunendolo sotto il simbolo della Croce.
E’ in questo particolare momento storico che il concetto di “guerra”
negato e condannato come fon-te di ogni violenza, viene trasformato in
“guerra giusta”, in cui per pace si intende la guerra per di-fendere il
vero cioè la conservazione dell’ordine voluto da Dio, e questa guerra si
trasforma così in “Guerra Santa”, che si racchiude per intero nell’iDea
di Crociata.
In questo caso viene spostato l’accento non più sulla guerra in sé, ma
sugli attori protagonisti, ed in particolare sul tipo di avversario:
l’infedele ed il pagano, colui che si trova nelle tenebre, poiché
separato dal Dio della luce.
Questo tipo di guerra esige la morale più incrollabile, una conversione
vera e propria, poiché il fe-dele deve obbedire solo alla Legge,
combattere per Cristo e morire per la propria salvezza eterna.
E sulla via della salvezza il Cavaliere–bandito allora diventa il
Cavaliere di Cristo, che trova il suo vero obiettivo: combattere i
nemici dell’ordine cristiano, difendere il sepolcro di Cristo.
In questo contesto storico i nove Cavalieri, guidati da Ugo de Payns si
recano in Terra Santa per adempiere alla loro missione storica ed
esoterica.
Come viene indicato dalla Regola ufficiale essi si contrappongono, con
il loro tipo di vita e con i co-stumi dell’Istituzione, al mondo esterno
ed in particolare alla cavalleria secolare.
Attraverso l’accettazione della sottomissione ai Voti ed alla Regola, si
propongono uno scopo ben preciso di difesa e di combattimento e si
trasformano in una nuova figura: quella del monaco–guerriero, che
ritroviamo poi nella lettura del simbolo del doppio Cavaliere su di uno
stesso caval-lo.
I Cavalieri del Tempio si pongono deliberatamente sotto il numero TRE,
simbolo del Mistero della trinità, che moltiplicato per sé stesso dà
NOVE, il numero del compimento dell’avvenuta armonizzazione degli
opposti, trasformandosi in una cavalleria sacra.
Il Templare acquisisce così le caratteristiche del Cavaliere dal cuore
puro che parte alla ri-cerca del Graal, il cui simbolo diventa il
Mantello bianco con la Croce patente rossa sulla spalla sinistra.
Se è più facile spostarci nel tempo lungo le linee della storia, molto
più complesso diventa l’approccio alle tradizioni misteriche occulte che
appartengono al cuore dell’istituzione Templare, poiché in questo campo
tutto diventa segno, tutto diventa simbolo, dato che coinvolge i più
grandi misteri del cuore e della vita spirituale dell’Uomo.
Jung definisce il Simbolo “un’espressione che rende nel modo migliore
possibile un dato di fatto complesso e non ancora afferrato chiaramente
nella coscienza”.
E Guenon lo qualifica come “uno e molteplice…essenzialmente sintetico e
perciò stesso intuitivo”.
Ne consegue che la relativa interpretazione diventa un’operazione
altrettanto complessa che deve tener conto sia della Tradizione in senso
lato che dell’approccio soggettivo dell’individuo, con le proprie
conoscenze ed esperienze specifiche ed individuali, oltre che alla
consapevolezza del pro-prio esserci nel mondo.
A tutto questo si aggiunge che potrebbe esistere un Mistero profondo e
sconcertante, legato ad una contro-storia occulta, non esente da un
approccio forse eretico di tipo giovannita, quello stesso che sembra
aver portato all’apparente estinzione dell’ordine Templare.
Va da sé che la ricerca della soluzione a questo Mistero può diventare
la nuova “cerca” dell’Uomo moderno che desidera accedere alla conoscenza
dell’occulto e del soprannaturale, in ultima anali-si, del divino, e
tutto questo nell’ottica di soluzione del Mistero della storia del mondo
e dell’Uomo stesso.
D’altra parte la presenza del Mistero è indispensabile per stimolare la
mente ed il cuore, e l’appartenenza all’Obbedienza diviene la condizione
di base per la possibile condivisione di tale Mistero.
E ciò per arrivare ad una conoscenza che può dominare il tempo e le
situazioni ovvero aprire alla sapienza divina.
Ma è un Mistero a cui aspira solo l’Uomo, in quanto essere predestinato
che ha in modo autorefe-renziale escluso nella tradizione patriarcale la
Donna dal Sancta Sanctorum, o, invece, vi aspira qualsiasi individuo,
cioè un’anima incarnata che si realizza nel mondo attraverso, non una
separa-zione, ma attraverso una differenziazione esperienziale cosciente
e attiva? Ecco è questa l’ottica con cui intendo affrontare l’argomento
proposto poichè tutti gli aspetti dell’universo non sono che gradi di
manifestazione dell’Essere Unico, ed è ad esso che dovremo tornare,
ripercorrendo all’inverso il cammino che ha determinato la nostra
apparizione (in un percorso che definiamo “re-gressio ad uterum”) ed è
compito dell’Iniziato reintegrarsi nello stato edenico, anteriore alla
caduta.
Il punto centrale e finale del percorso Templare, che in un’ottica
esoterica potremo definire il tra-guardo del trionfo ermetico ed
alchimistico, diventa allora l’opera compiuta, l’avvenuta conquista
della vita interiore.
E poiché, come dice Jung “la vita esige di essere sempre riconquistata
da capo”, io ritengo che lo scopo primo dell’appartenenza alla
Tradizione Templare sia allora quello non soltanto di studiare la
storia, ma anche di indagare le cause e le motivazioni più o meno
collaterali, che ci hanno portato a vivere questa esperienza di vita, ed
in particolare come effettivamente avvenga il passaggio, quel preciso
momento che separa il prima ed il dopo, il momento più esclusivo che
segna la diffe-renza,che stabilisce la vera appartenenza, l’iniziazione
ad un ordine che è stato definito dei “porta-tori della Spada”.
Ma il neotemplarismo oggi deve far fronte ad una cerimonia iniziatica
che contestualmente coinvolga il postulante-Uomo e Donna, e ciò in due
momenti specifici: l’investitura a Cava-liere, poiché solo i Cavalieri
potevano portare il Mantello bianco, e poi la vera e propria
or-dinazione a Templare.
L’investitura a Cavaliere veniva e viene tuttora fatta con l’imposizione
della Spada, mentre la conseguente ordinazione Templare avviene, come
allora, attraverso l’imposizione del Mantello.
La lettura del simbolo della Spada è molto complessa ma in questo
contesto si può definire, nelle mani del Maestro Iniziatore, una magica
lama di luce, fulmine celeste, che purifica il postulante, cacciandone i
demoni ed allontanando dalle tenebre, trasmutandolo in un essere dal
cuore puro.
Il Dio dei Templari è il Dio della Luce di influenza catara.
La Spada allora rappresenta il potere regale cristico dell’Iniziatore
che impone la purificazione al postulante affinché possa indossare il
bianco Mantello Templare.
La Spada diviene fuoco e con la sua fiamma trasmuta l’adepto in oro.
Non è il potere della lama che uccide, ma è un fuoco di luce e di amore,
è il fuoco del sacrificio che trasmuta il fuoco collerico e rigenera
l’Uomo aprendolo alle potenzialità dell’infinito.
A tal proposito William Blake, nel suo “Marriage of Heaven and Hell”,
afferma: “Se le porte della percezione venissero purificate, ogni cosa
parrebbe all’Uomo qual è, infinita. Perché l’Uomo, fin-tanto che
continua a vedere le cose attraverso le strette fessure della sua
caverna, rimane richiuso in sé stesso”.
Ecco allora che si possono interpretare i tre colpi di Spada, come un
tentativo di aprire le tre porte della Kundalini quella a sinistra e
quella destra che portano ai canali sottili, e quella al centro che apre
il canale del serpente e porta all’apertura del loto cranico “dai mille
petali” riempiendolo di ogni forma di benedizione e pura conoscenza in
sé.
Ma il simbolo della Spada in questa cerimonia segue una sequenza di
trasformazioni contestuali essa stessa, che segue una lettura a tre vie
a seconda dei punti di riferimento individuabili:
- una discendente: la Spada con la punta verso il basso, dal Gran Priore
all’Iniziato, di pote-re sacro che scende e redime con il fuoco;
- ma anche una via ascendente, la visione della Croce, dall’adepto al
Gran Priore, che di-viene accettazione consapevole della redenzione,
attraverso l’assunzione del suo peso;
- e poi un successivo ribaltamento virtuale dato dal Cavaliere che con
il giuramento, moral-mente l’impugna con la punta verso l’alto,
incarnando la volontà di lotta contro i i nemici del Tempio.
L’Iniziato infatti riceve sulla spalla non la Spada, ma la Croce da cui
subisce una trasformazione potente che afferma e accetta coscientemente
baciandola nel suo centro.
E’ importante questo atto di sottomissione alla Croce in quanto presa di
coscienza di una scelta di campo inevitabile.
In questo modo acquisisce e accetta un nuovo orientamento nel mondo,
viene legato al cielo e alla terra proprio identificandosi con il suo
centro Ideale, poiché tale centro è luogo sacro dove si com-pie la
redenzione e si imbocca la vita eterna.
L’Iniziato, con questo bacio, accetta e riconosce così il proprio karma
individuale e assume su di sà i doveri di autorigenerazione consapevole
che sono connessi ad una vita sottoposta alla una Regola Ideale.
Solo allora diviene Cavaliere e può a sua volta brandire in alto la
Spada-Croce a difesa degli Ideali del “Cavaliere di Cristo”.
Ecco allora in sintesi la triplice trasformazione contestuale del
simbolo della Spada:
1. la Spada in sé (il visibile);
2. la Spada che si trasforma in Croce (l’invisibile);
3. la Spada che si purifica e si trasforma in Spada-Croce al servizio
del sacro (l’armonizzazione dei due piani precedenti).
Ma la Croce è anche l’Individuo stesso che nei tempi primordiali, levava
le braccia al cielo in adorazione del Sole-Dio, per accettarne il dono
della continuità e dell’immortalità della vita.
Allora la Spada, la Croce e l’Uomo divengono, nello stesso momento, un
unico Simbolo di una contestuale interconnessione potente e
significativa.
E’ così che il potere regale della Spada, connesso al potere divino
della Croce, porta alla guarigio-ne dell’anima dell’Individuo, alla
redenzione dai peccati, ed introduce quei semi di luce di coscien-za e
conoscenza (fuoco dello Spirito Santo) che guideranno l’uso della Spada
lungo un percorso di difficile trasformazione interna, alla scoperta del
proprio Graal.
Nel 1128 il Priore della Grande Chartreuse, scrive a Ugo de Payns una
lettera: “E’ inutile attaccare i nemici esterni se non si sono appena
sconfitti quelli interni…. Conquistiamo innanzitutto noi stes-si,
carissimi amici, e potremo quindi combattere con sicurezza i nostri
nemici esterni:”
Ed ancora San Paolo dice nella Lettera agli Efesini (6,12): “non è
contro avversari in carne ed ossa che dobbiamo lottare ma anche…. contro
questi signori del mondo delle tenebre, contro gli spiriti del male che
abitano gli spazi celesti”.
La Spada, quindi, viene alzata consapevolmente prima verso i propri
nemici interni, e poi verso i nemici dell’Ordine e del Dio della Luce.
Solo allora il Cavaliere può indossare il Mantello bianco, la clamide
bianca: l’ingesso nell’Ordine è infatti segnato simbolicamente dalla sua
consegna, dopo lo scambio di promesse e giuramenti di rito.
Solo allora il Cavaliere può metterlo sulle spalle, circondante la base
del collo, ed allacciarlo.
Dopo lo stato di nerezza, l’individuo-materia, agendo su sé stesso, si
trova in cammino verso la re-alizzazione dell’opera, verso la pietra
filosofale, protetto dal bianco Mantello sacro che e gli indica il
percorso.
E’ stata la Regola rielaborata a Troyes nel 1129 a conferire al Tempio
l’abito bianco riservato ai so-li Cavalieri.
L’Iniziato, che si eleva di un gradino sulla via reale del risveglio
interiore e della comprensione dei misteri spirituali, indossa la veste
bianca per sottolineare la purezza originale ritrovata ed il “limpido
sguardo” di chiarezza e di trasparenza, di innocenza priva di influssi e
turbamenti, che dovrà ormai portare sul mondo.
L’articolo 17 della Regola precisava il significato di questo colore:
“chi ha abbandonato la via delle tenebre riconosca dall’abito bianco di
essersi riconciliato con il Creatore. Esso significa purezza e santità
del corpo… e castità senza la quale nessuno può vede-re Dio”.
La Regola essena di chiara influenza dualista, che si riconosce
all’origine delle dottrine protocri-stiane, viene recuperata lungo le
linee della storia.
Ed il Cavaliere Templare si pone, con l’accettazione della Regola al
servizio del Dio della Luce, in-seguendo l’Ideale di purezza interiore e
di giustizia nel mondo.
E di fatto, secondo la Tradizione, solo il Cavaliere puro può accedere e
vedere il Graal.
Né la versione latina della Regola né quella francese fanno cenno alla
Croce rossa patente che è di origine slava, e Croce di Lorena, usata in
seguito anche da Giovanna D’Arco.
Questa Croce rossa, portata sulla spalla sinistra al di sopra del cuore,
proprio dove viene imposta inizialmente la Spada al momento
dell’investitura, compare sul Mantello solo nel 1147.
Papa Eugenio III° trovandosi in Francia in occasione della seconda
Crociata assiste al capitolo dell’ordine riunito a Parigi e qui concede
ai Templari il diritto di portare in permanenza la Croce (semplice,
ancorata o patente) che simboleggia il martirio di Cristo, e rossa come
simbolo del san-gue da lui versato.
Il rosso è un colore esoterico, dalla matrice a doppia polarità
(vita-morte) che può essere dispensa-to solo a chi lo cerca, poiché
vitale e ricco di energia, anche potenzialmente aggressiva e violenta, e
occorre saperlo controllare.
La trasmutazione, per il Templare, passa dall’Opera al Nero, del
Saturniano, che è la morte e ritor-no al caos primordiale, poi
dall’Opera al Bianco, del Lunare, che è la purificazione, per giungere
all’Opera al Rosso, del Mercuriale, in cui fusione e metamorfosi
avvengono.
In sintesi l’Ordinazione-Iniziazione diviene la potenziale realizzazione
della Grande Opera, in cui gli elementi-simbolo (la Spada, la Croce, il
Mantello), agendo sul postulante, diventano elementi es-senziali di
quella trasformazione che seguirà ad una reale conversione interiore.
E l’ultima tappa è quella del Solare, l’Opera al Giallo, come è
ricordato nell’”Aurora Consurgens” attribuita a S.Tommaso.
E’ il punto di arrivo finale in cui l’Adepto viene trasformato in Oro.
La prima domanda allora è se possiamo escludere la Donna da questo
particolare tipo di Ordina-zione-Iniziazione, da questo
processo-percorso che la porta all’immortalità, obiettivo finale.
Ovvero individuarne uno alternativo in cui la Spada, simbolo di
trasformazione, trasmutazione, ma di tipo maschile fallico, immagine
mentale di potenza, sia sostituito, in questa ricerca della
trasfor-mazione, con un altro simbolo sacro, uno più specificatamente
femminile, contrapposto e distinto quale ad esempio la Rosa.
In questo caso il flusso di energia che passa dall’Iniziatore
all’iniziando attraverso il simbolo, si modifica, o permane lo stesso
potere di trasformazione?
E se ciò può e deve essere possibile in altre situazioni di tipo
Iniziatico, avrebbe valore in questo contesto di storia e tradizione
Templare specifica?
E ancora, e non meno importante, potrebbe iniziare con la Spada chi è
Iniziato con un altro simbo-lo, per esempio una Rosa?
Gli interrogativi sono molti.
L’imposizione della Rosa prevede il riconoscimento di una
identificazione potente tra la Rosa e la Donna, che effettivamente
esiste.
E’ innegabile che con la sua intima interrelazione con la Donna-Dea, la
purificazione e la rigenera-zione sacra, potrebbe essere uno strumento
adatto per l’iniziazione della Donna stessa.
Se analizziamo il simbolo della Rosa, altrettanto e forse più complesso
di quello della Spada, ri-scopriamo che ha un iniziale significato di
evoluzione lungo il sentiero della rinascita e del ciclo del-la vita in
generale, con i suoi petali rappresenta infatti un movimento circolare
connesso alla roton-dità.
Ma con i suoi petali concentrici è anche l’immagine della manifestazione
dell’Uno.
E’ la sophìa, la rigenerazione, è il calice-contenitore della rugiada
celeste, è quindi simbolo di sa-pienza spirituale e di purificazione
(Saladino, dopo aver riconquistato Gerusalemme, purifica con acqua di
rose l’antico monte del Tempio).
E’ consacrata ai misteri isiaci e alla Vergine Maria, ma è anche
l’attributo di Afrodite come simbolo di bellezza.
Il suo valore simbolico nelle culture precristiane, era legato al sacro
vaso femminile, utero spiritua-le, come segnacolo della Madre Divina, la
Grande Dea che risiede nel boschetto dei Loti.
Loto che in oriente corrisponde alla nostra Rosa ed al Giglio come
simbolo della purificazione, compassione e della conoscenza segreta.
Ma è anche il simbolo delle lingue di fuoco dello Spirito Santo.
E’ l’Athanor, il vaso ermetico in cui si compie la Grande Opera.
E’ dunque il contenitore del Graal ed è contestualmente il simbolo del
sangue versato da Cristo, come potere che si realizza, vale a dire come
capacità di creare e mantenere la vita eterna.
In questo caso la Rosa è di solito associata non alla Spada ma alla
Lancia di Longino.
E l’accesso al sangue del Graal miracolosamente purifica e dona
immediatamente l’immortalità.
Se fosse iniziata con la Rosa allora, la Donna non avrebbe bisogno di
prendere né la Spada, nè il Mantello, poiché l’opera sarebbe compiuta in
sé stessa.
L’ordinazione con questo simbolo non prevede infatti, né può prevedere
l’accettazione di un lavoro di purificazione su di sé, perché con
l’imposizione della Rosa la purificazione e la trasmutazione
risulterebbero già compiute.
Come dice S.Bernardo: “non è bene che venga elargita la beatitudine
completa prima che sia completo l’uomo che lo deve ricevere”.
Alla luce di questa complessa struttura di significati del simbolo,
infatti, la Rosa potrebbe divenire il frutto dell’albero della
conoscenza del bene e del male, e chi ne “mangia” avrà direttamente ed
immediatamente accesso alla conoscenza e all’immortalità.
D’altronde che senso avrebbe “Iniziare” con il fine già raggiunto,
quando l’Iniziazione serve proprio per originare un percorso di ricerca
che deve essere vissuto?
E poi dal punto di vista operativo sorgerebbe un problema.
Poiché il significato della Rosa può variare sia in base al numero dei
suoi petali, che rap-presentano il variare degli aspetti della
Manifestazione, che dal suo colore, ed ogni suo co-lore è un altro
aspetto significante della sua complessità, (dato che può riportare a
seconda del contesto, tanto all’amore sacro quanto a quello profano) si
porrebbe la domanda di qua-le tipo di Rosa usare e di quale colore.
Sceglierne una, escluderebbe, a priori le altre, cioè priverebbe il
simbolo di iniziazione di quel significato globale che appartiene invece
alla Spada.
Ciò può essere opportuno in altri gruppi iniziatici, ma reputo non
opportuno nel contesto neo-Templare.
I neo-Templari, uomini e donne, Cavalieri e Dame, credono oggi, come
allora, nella lotta nel mon-do contro le tenebre, a favore della luce,
come veniva chiaramente espresso nel Beaucéant, lo stendardo a quadri
bianchi e neri che era portato in battaglia e mai abbassato di fronte al
nemico.
La Dama, alter ego del Cavaliere, e non Dama Cortese, ha anch’essa
bisogno di armi poiché deve affrontare la lotta contro il potere delle
tenebre interiori ed esterne.
“Lotterai dentro per scacciare i tuoi demoni” dice la Regola degli
Esseni che prevedevano all’interno della loro setta uomini e donne
indifferentemente e che ritenevano le proprie regole vali-de sia per gli
uni che per le altre.
E la Dama Templare, secondo la tradizione che essa accetta, non è che
un’anima incarnata, inse-rita, dopo la caduta dal paradiso terrestre,
non come l’Uomo o contro l’Uomo, ma con l’Uomo, in un contesto di lotta
tra il bene ed il male, che essa come il suo partner, deve, sempre e
comunque, risolvere dentro e fuori di sé.
E solo la Spada-Croce può essere quello strumento magico che
nell’investitura può subire quel tri-plice movimento virtuale (che si
riconosce nelle tre fasi esenziali di: purificazione, accettazione e
scelta cosciente e consapevole del proprio destino di ricerca), che la
fa ruotare in un cerchio-spirale per la realizzazione finale dell’Opera.
La Rosa indica il fine ultimo da raggiungere, in quanto simbolo del
Graal, la Spada-Croce, il mez-zo per raggiungerlo.
Ecco perché in altri gruppi esoterici li ritroviamo insieme e non
alternativi.
Quando il Cavaliere Templare otterrà il Graal, si trasformerà lui stesso
in Rosa.
Lo stesso vale per la Dama, che come Venere si trasforma in Minerva, la
vergine guerriera, e co-me Giovanna d’Arco innalza la Spada (sognata,
indicata e ri-trovata) contro i nemici della Chiesa.
Non si può negare, infatti, che la stessa Dea Madre appaia anche come
guerriera e manifestazio-ne di una potente energia vittoriosa e che le
più antiche statue di culto di Afrodite, la mostrino co-me Dea armata ed
in compagnia di un leone (fuoco, forza, azione e movimento).
In definitiva, per queste motivazioni ed altre sottese, ritengo che la
Donna possa inserirsi in un contesto Templare a pieno titolo ed essere
ordinata solo con la Spada e successivamente riceve-re il Mantello per
cercare e ri-trovare il suo esserci nel mondo.