Simon Weil, biografia
Filippo Goti
"Ho sempre pensato che l’istante della morte sia la norma, lo scopo della vita. Pensavo che, per coloro che vivono come si conviene, sia l’istante in cui per una frazione infinitesimale di tempo penetra nell’anima la verità pura, nuda, certa, eterna. Posso dire di non aver desiderato per me altro bene."
La Biografia
Il 3 Febbraio 1909 Simon Weil nasce a Parigi da famiglia ebrea, e conclude il 24 agosto 1943 la sua vita al ricovero di Ashford. Nello svolgersi di questi trentaquattro anni una donna di salute cagionevole, ma di personalità forte e autoritaritaria, compierà una profonda critica esistenziale; proponendo ad un'Europa sconvolta dai turbamenti sociali e dalla guerra un'antica prospettiva di redenzione.
Malgrado un fisico debole, una crisi depressiva adolescenziale, il patire di cefalee, all'età di ventidueanni si laurea in Filosofia. Sceglie come professione l'insegnamento, ricoprendo ruoli scolastici nella provincia francese. Questo suo pellegrinare la porta a contatto con la Francia contadina, e operaia avvicinandola ad un comunismo anarchico e rivoluzionario. Questo suo attivismo politico, le costerà spesso il trasferimento.
Abbasdona in seguito l'insegnamento, per dedicarsi al lavoro in fabbrica ed un maggiore impegno politico e sociale. Possiamo inquadrare questa sua scelta nel tentativo della Weil di cambiare il mondo operando nel mondo; ma anche l'inizio di un'identità da parte della Weil fra il suo pensiero e il suo agire.
" .... ho
riconquistato attraverso la schiavitù il senso della mia dignità di essere
umano, un senso che questa volta non si basava su alcunchè di esteriore." Sono
anche gli anni in cui si intensificano quei dolori di testa che la indurranno ad
esperire "che cosa significa assaporare la morte da viva....."
In seguito parteciperà come volontaria anarchica alla guerra civile spagnola; questo suo impegno in prima persona sarà sempre presente nella vita della Weil. A cavallo fra le due guerre ospiterà Trotzkij, costretto a fuggire dalla Russia comunista (che lui stesso ha creato) da Stalin. Ancora vediamo una Weil impegnata nella resistenza francese, interrogata dalla Gestapo, ed infine costretta a fuggire nel 1942 negli Stati Uniti, prima, ed in Inghilterra poi. Luoghi da cui continuerà a fornire il suo apporto alla voce della Francia Libera.
Il Pensiero
"La creazione è abbandono. Creando ciò che è altro da Lui, Dio l’ha necessariamente abbandonato. La creazione è abdicazione." E ancora: "Dio si è svuotato della sua divinità e ci ha riempito di una falsa divinità. Svuotiamoci di essa. Questo atto è il fine dell’atto che ci ha creati.In questo stesso momento Dio con la sua volontà creatrice mi mantiene nell’esistenza perchè io vi rinunci. Dio attende con pazienza che io voglia infine acconsentire ad amarlo."
Sarebbe fin troppo semplice inquadrare la Weil in una figura di pensatrice solitaria tardo nichilista, chiusa in un bozzolo di purezza manichea. Se indubbiamente evidenziamo in lei una profonda tensione spirituale, che la porterà ad una profonda critica verso il mondo moderno, come per la storia dei vincitori ( l'ebraismo, Roma, la Chiesa Cattolica); non di meno il suo impegno sociale e politico danno testimonianza di una donna protagonista del suo tempo.
Ecco quindi il pericoloso e drastico impegno sociale, essere riverbero sul piano mondano del suo rinnovamento interiore. Dove la Simon Weil si impone di vivere consapevolmente la vita come mezzo di testimonianza, e di sollecitazione spirituale.
"la verità non si trova mediante prove, ma mediante esplorazione. Essa è sempre sperimentale".
I suoi scritti, raccolti nei Quaderni, appaiano postumi; e ancora oggi vive pressochè dimenticata fra le pieghe delle filosofia moderna. In quanto personaggio scomodo, ruvido che impedisce ogni compromesso intellettuale. Critica l'ebraismo come il cattolicesimo; il primo come religione idolatra e sanguinaria, il secondo come travisamento del messaggio di Gesù. Non risparmia critiche alla storia e al progresso scientifico: sposando l'etica e la sacralità catara, come la metafisica greca.
la sua riflessione in direzione del
senso dell’esistere, colto nei suoi risvolti religiosi e mistici, senza con ciò
rinunciare al tentativo di tradurre il tutto in Pensiero, compito che non delegò
mai ad alcuna istituzione politica nè ecclesiastica: questo fu uno dei punti
fermi che le garantì la coerenza con se stessa.
Vive la propria vita interiore in un continuo di esplosioni mistiche, cercando di intuire il sovrasensibile con le espressioni dell'anima.
"l’esistenza nell’anima di una facoltà superiore a se stessa, che conduce il pensiero al di sopra di essa."
Il suo sguardo è sempre rivolto ai deboli, ai sofferenti, agli esclusi, hai violentati dal potere; in quanto in essi rivive la sofferenza amorevole del Cristo. Il dolore come inequivocabile segno di esperienza: di insegnamento e comprensione tratta dalla vita. La sua visione mistica la porta a cogliere la necessità di un riassorbimento di ogni creazione, nella radice che gli è propria. In un necessario processo decreazionistico, di finale ricongiunzione redentrice e salvifica.
Accogliendo così la visione catara e gnostica più autentica, e rivivendo su se stessa il sigillo dell'Endura.
Articolo pubblicato nella rivista
LexAurea28,
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