Nomismo e Taoismo
di Carlo Caprino
Premessa
Come spesso è già accaduto, riflessioni e approfondimenti vengono stimolate da una semplice domanda o da un pensiero apparentemente banale; così come il rotolare di un piccolo sasso può dare l’avvio di una imponente valanga. Nello specifico, quanto segue è il frutto di una serie di note raccolte dopo che un amico, al termine della mia dimostrazione di alcuni movimenti di Tai Chi Chuan (una Arte marziale tradizionale cinese) in cui avevo evidenziato i legami di questa pratica con i principi del Taoismo, mi ha chiesto se e quanto il concetto di “numinoso” fosse presente in questa particolare forma di pensiero.
“L’erba del vicino è sempre più verde”, afferma un noto detto, e spinti anche dallo strabiliante affermarsi della Cina in campo economico, molti occidentali si stanno avvicinando al pensiero ed alla filosofia dell’Estremo Oriente e del “Celeste Impero”. Purtroppo, non sempre alle buone intenzioni conseguono risultati altrettanto positivi; credulità, faciloneria, scarsa voglia di approfondire e difficoltà di penetrare un modus cogitandi tanto diverso dal nostro sono ostacoli insidiosi, e non molto è cambiato dagli inizi del secolo, quando Giuseppe Tucci – che fu giornalista, scrittore, archeologo, esploratore ed Accademico d'Italia, oltre ad essere stato il più grande orientalista italiano del Novecento e fra i massimi tibetologi a livello internazionale – ammoniva ad evitare le trappole contrapposte dell'identificare il Taoismo ora con la religiosità popolare cinese, intrisa di superstizioni e di rituali magici, ora con un sistema speculativo astratto da ogni esigenza etica ora con un'interpretazione esoterica (tipica degli ambienti teosofici) che travisa Lao-tze mettendogli addosso i panni della mistica occidentale cristiana rispetto alla quale il Taoismo presenta "differenze irriducibili".
In un suo saggio del 1924 intitolato “Apologia del Taoismo”, lo studioso affermava infatti che, per intendere Lao-tze "occorre senza dubbio come prima cosa una certa affinità spirituale con il grande pensatore cinese, che renda possibile quella perfetta fusione coll'autore che nessun mezzo estrinseco e puramente filologico potrà mai provocare; ma è pure indispensabile non soltanto esser padroni della lingua in cui il Tao-te-king scritto, bensì anche non ignorarne le interpretazioni che gli indigeni ne hanno dato, avere una certa dimestichezza con la folla dei commentatori, e un'idea almeno delle forme assunte dal pensiero di Laotze e degli influssi da questo esercitati attraverso i secoli, sulla letteratura, sull'arte, sull'anima cinese insomma".
Appare evidente che i presupposti non sono dei più semplici, e non meno impegnativo sarebbe comprendere - ad un livello sia pure superficiale – il concetto di “numinoso” e quanto questo origina e discende. Pertanto lo scopo di queste brevi non è certamente quello di fornire una panoramica esaustiva dell’argomento trattato, quanto piuttosto raccogliere alcuni appunti sparsi che, chi vorrà approfondire l’argomento, potrà sviluppare in maniera autonoma.
Il numinoso, vittima eccellente del secolo dei lumi
Uno sguardo poco meno che distratto al mondo che ci circonda raccoglierebbe in un batter d’occhio una gran quantità di esempi che provano che ad un vantaggio è comunque accoppiato uno svantaggio: un farmaco ha effetti collaterali, alla comodità dei mezzi di trasporto meccanici fa da contraltare l’inquinamento ambientale, l’opulento stile di vita viene pagato con lo scotto del problema dello smaltimento dei rifiuti, e così via. Allo stesso modo, lo stravolgimento politico, sociale e culturale originato dal fenomeno che possiamo indicare come “Illuminismo”, insieme a tanti, innegabili vantaggi, ha comportato anche un prezzo da pagare, in cui personalmente comprendo anche l’annichilimento del “numinoso”, con le relative conseguenze sull’uomo occidentale moderno.
Nella storia delle civiltà umane il fenomeno religioso è universale. Alla base dell'insieme di concezioni e comportamenti che vengono definiti “religiosi” (termine tanto ampio quanto sfuggente...) possiamo individuare, quale concetto generalmente presente, la credenza nella presenza di uno o più esseri superiori che l'uomo percepisce come appartenenti a un mondo trascendente rispetto a quello umano. Nei confronti di queste realtà superiori l'uomo si sente dipendente e nello stesso tempo aspira a una relazione, da ottenere con le modalità più disparate (invocazioni, evocazioni, estasi sciamanica, oracoli, divinazioni, ecc.).
Agli inizi del Novecento Rudolf Otto propose di definire l'intima essenza della religione attraverso la categoria del 'sacro'. Nell'esperienza del sacro si manifesterebbe un sentimento creaturale di dipendenza al quale si accompagna la percezione di un soggetto divino posto fuori dell'io. Otto chiama tutto ciò il 'numinoso': mistero ineffabile, in cui il 'totalmente altro' si manifesta con una forza e una maestà che suscitano timore, ma anche insopprimibile fascinazione e attrazione. Lo storico delle religioni Mircea Eliade affermerà poi che mediante l'esperienza del sacro lo spirito umano coglie la differenza tra ciò che è dotato di significato e il flusso caotico delle cose. Il sacro si rivelerebbe così una vera e propria struttura della coscienza.
Nelle cosiddette “religioni primitive” (dove il termine “primitive” è da intendersi in senso esclusivamente cronologico e non assolutamente con connotazione riduttiva o – peggio – dispregiativa), è assente una netta separazione tra mondo spirituale e mondo naturale, tra coscienza e mondo circostante. Il filosofo francese Lucien Lévy-Bruhl denominò questa assenza di confine partecipation mystique, concependola come il sentimento di fusione tra l'organismo umano e il suo ambiente. In questa condizione primigenia di profonda immersione nella Natura, in cui l’ambiente che lo circonda è percorso ed influenzato da forze 'spirituali' o ‘divine’ immaginate nelle forme più svariate, l’uomo è - secondo Rudolf Otto – costantemente di fronte al 'numinoso'.
In questa fase in cui, uomo e mondo, uomo e gruppo, conscio ed inconscio sono uno, l’elemento mistico è la partecipazione al tutto, è il sentimento cosmico originario. Stelle, alberi, animali sono altrettanto vicini all’io indefinito quanto i membri della tribù. Un legame misterioso unisce ciò che è più lontano, dio, l’animale e l’uomo.
Uno degli esempi che ancora oggi possiamo constatare è espresso dallo Shintoismo, una sorta di “religione” (e le virgolette non sono casuali...) giapponese tradizionale, che non ha elaborato una professione di fede né ha formalizzato dottrine religiose, esprimendo l'originario stupore, rispetto e timore per l'esistente con un singolare approccio all'esperienza del sacro che personifica in uno spirito (Kami) dalle caratteristiche umane e dotato di una vita autonoma, misteriosa e imprevedibile, ogni espressione dell’Universo, dal vento alle cascate, da una spada ad un monte.
Ovviamente alcuni fenomeni naturali e luoghi di particolare stranezza o bellezza paiono più densi di atmosfera numinosa, tanto da originare il Mono no aware, (letteralmente "il sentimento delle cose"), termine giapponese che indica la consapevolezza della precarietà delle cose ed il lieve senso di rammarico che comporta il loro trascorrere.
Etimologicamente “Religo”, da cui deriva il termine “religione”, significa “legare insieme”; evidentemente quando questo legame tra Umano e Divino si allenta o si annulla, la cosa non può rimanere senza conseguenze. Scriveva C. G. Jung in proposito: "Clientela di tutte le parti del mondo mi ha consultato e non ce n’è stato uno solo il cui problema sostanziale non fosse quello del suo atteggiamento religioso verso la vita, quello del suo rapporto col sacro, col trascendente. Tutti si ammalano perché hanno perduto questo contatto, quello che un tempo garantivano le religioni vive, e nessuno guarisce veramente se non riesce a raggiungere un atteggiamento religioso".
Jung prima e Neumann poi, affermano chiaramente che l’uomo “religioso” non è tale per la sua fede in uno o più Dei ma per il suo continuo rapporto, più o meno cosciente, con il numinoso. Caratteristica comune delle varie forme “religiose” (monoteiste, panteiste, animiste o ateiste) è la dinamica psichica. Numinosum è l’antitesi della coscienza. Il numinoso è il totalmente altro, l’indeterminabile e libero, è l’attivarsi della funzione trascendente, quella che indica la capacità umana di spostarsi, a livello immaginativo, da un piano di realtà ad un altro.
Certamente tutte le forme mistiche, quindi di incontro col numinosum, hanno in comune l’intensità della esperienza e l’impatto dinamico e rivoluzionario dell’evento psicologico che sbalza l’io fuori dalla sua struttura cosciente. Nell’incontro con il numen avviene una rivoluzione e una trasformazione, dove l’uomo è partner del numinoso perché solo in lui l’apparizione numinosa si può manifestare e dispiegare.
Lo sviluppo dell’uomo si muove in direzione della coscienza e del rafforzamento dell’io, ma d’altro canto ha bisogno del fenomeno mistico, del processo creativo, dell’esperienza del numinoso, dell’incontro col Sè. Ogni esperienza realmente numinosa e trasformatrice sposta, strappa l’io dal centro del conscio e conduce ad un avvicinamento al Sè. L’esperienza del Sè e della voce interiore porta una rivelazione e l’io ne è colpito entrando in conflitto con i dogmi della coscienza o delle istanze della coscienza collettiva. Il Sè, sebbene inconscio, guida tutto lo sviluppo della coscienza. Analizzando le fasi dello sviluppo della coscienza, possiamo osservare come l’elemento mistico ed il gesto siano sempre presenti e come si evolvano.
Continuare il discorso ci porterebbe inevitabilmente su un campo specialistico, che – come detto – esula dagli scopi di queste note, percui non proseguiamo oltre, notando solamente che il lato mistico, contemplativo e di contatto con il numinoso, è quello che qui in occidente è maggiormente sacrificato, e ciò avviene sempre più precocemente, tanto che questa scissione tra essere e fare, questa perdita del contatto con la nostra sacralità avviene già nell’infanzia.
Il bambino oggi non è certamente educato all’ascolto interiore, al silenzio, al contatto con l’universale, e se la soggettività, che nel bimbo è comunque presente, non può esprimersi, è la crisi esistenziale. Il bambino sembra cieco di fronte a se stesso, è come se avesse un occhio solo. Lo sguardo è prevalentemente rivolto all’esterno, smarrisce la dignità soggettiva. Abbiamo bisogno di un nuovo tipo di educazione per il mondo intero che possiamo chiamare "educazione universale" per aiutare i bambini e i futuri uomini a "capire la propria totalità, ad accettare il loro lato spirituale, e non restare abbagliati dalla realtà scientifica e dal dominio unilaterale dell’io"
A tale “carenza” l’uomo occidentale certa di porre rimedio in diverse maniere, prova ne sia una maggiore attenzione verso le filosofie e le religioni orientali, la nascita di fenomeni come la “new age”, gruppi religiosi imperniati su un forte misticismo, culto di santi o personalità carismatiche, adesione a movimenti come la Wicca, caratterizzati da un robusto contatto con i fenomeni naturali e via di questo passo.
Jung – opportunamente - sosteneva che l’occidente dovesse trovare il proprio yoga, anzichè imitare l’oriente, ma altrettanto opportunamente l’uomo occidentale può attingere a metodi e pratiche ancora disponibili in Oriente per raggiungere questo traguardo.
“La saggezza e il misticismo dell'Oriente ci riguardano da vicino... hanno la funzione di ricordarci che anche noi, nella nostra cultura, possediamo qualcosa di simile, ormai dimenticato, e hanno il compito di dirigere la nostra attenzione al destino dell'uomo interiore.”
(C.G. JUNG "Riflessioni teoriche sull' essenza della psiche")
Non si tratta – in altre parole – di trasformarsi (o illudersi di poterlo fare...) in bonzi, in lama o in yogi, quanto piuttosto di comprenderne (etimologicamente parlando...) i loro principi e le loro tecniche che, molto spesso, non mancheranno di risvegliare memori di “qualcosa” forse dimenticato ma non ancora scordato (ed anche qui l’etimologia dei termini è fondamentale...) che – al pari del protagonista de “L’alchimista” di Paulo Coelho – ci porterà a scoprire un tesoro nascosto sotto la porta di casa dopo aver percorso il mondo alla sua ricerca.
Il Taoismo, questo (s)conosciuto
Termini come “Tao”, “Via”, “Yin e Yang” sono oramai di uso quasi comune, il
simbolo bicolore e spiraliforme che più frequentemente lo esprime è riprodotto
su magliette e accessori di abbigliamento, un testo sapienzale vecchio di
millenni come lo “I Ching” viene usato su rotocalchi femminili come metodo per
“scoprire se lui ti ama davvero”.
Molto si dice e molto poco si comprende, cosa peraltro insita nel concetto stesso, poiché il primo verso del “Tao Te Ching” recita: "Il Tao che può essere definito col nome non è il vero Tao ". Riducendo il concetto ai minimi termini, possiamo dire che il Taoismo esprime l’idea che esiste un'armonia universale che lega tutti i livelli del cosmo: terra, uomo e cielo, e che è scopo del seguace del Tao perseguire e mantenere questa armonia.
L'uomo comune pensa che per migliorare sé stesso e il mondo debba agire continuamente. Egli riflette, si sforza, si sacrifica, spesso senza ottenere alcun risultato soddisfacente; il taoista, invece, sceglie di non avere ambizioni, desideri, mete da raggiungere, fiducioso che tutto seguirà il suo corso.
Agire in armonia con la natura significa agire spontaneamente e secondo la propria vera natura. Significa aver fiducia nella propria intelligenza intuitiva, che è innata nella mente umana, così come le leggi del mutamento sono innate in tutte le cose che ci circondano.
Nel contesto della cultura cinese, il pensiero taoista rappresenta una liberazione dalle rigide regole della tradizione che si manifesta con la diffidenza per la conoscenza e il ragionamento convenzionali. La parola “Tao” significa “Via”. La caratteristica di una via comune è di essere immutabile, costante, permanente, ma nel verso sopra citato, la Via è caratterizzata dall'idea opposta: essa è perenne mutevolezza.
Nella concezione cinese del mondo era considerato un assioma il fatto che l'uomo e il mondo formassero un'unità indissolubile e si influenzassero vicendevolmente. Vari tipi di nozioni, che per la nostra logica sono di ordine completamente diverso, venivano associati a volte in virtù di una rassomiglianza esteriore di suono, di numero o di forma. Esistevano, inoltre, delle correlazioni costanti tra il cielo, la terra e l'uomo, i tre piani principali nei quali spazia il pensiero umano.
Come il lavoro dell'uomo nel giusto momento è necessario per far crescere le messi con la fertilità della terra e la pioggia del cielo, nello stesso modo si manifestano le relazioni in tutti gli altri ambiti della vita. Al movimento degli astri e dei pianeti corrisponde il Tao, o Via, del Cielo, alla quale si sincronizzano il Tao della Terra e il Tao dell'Uomo. Non appena si manifesta un ostacolo su una via, ne sorge uno sulle altre. Un passo del Tao Te Ching afferma:
"Prima della formazione del Cielo e della Terra, c'era qualcosa in stato di fusione... Io non ne conosco il (vero) nome, ma la designo con l'appellativo di Via. Sforzandomi per quanto possibile di definirla con un nome la chiamo grande. Grande significa procedere; procedere significa allontanarsi; allontanarsi significa tornare (al proprio opposto)".
L'idea fondamentale è che nella natura come nelle situazioni umane si presentano configurazioni di andata e ritorno, di espansione e concentrazione. Questo concetto, tratto dall'osservazione dei movimenti del sole e della luna e dell'alternarsi delle stagioni, è diventata una regola di vita nella cultura cinese. I Cinesi, infatti, credono che ogni situazione che si sviluppa fino alle sue estreme conseguenze origini il germe che ne invertirà il proprio corso e la trasformerà nel suo opposto. Questo movimento ciclico del Tao si concretizza con l'introduzione delle polarità opposte Yin e Yang, i due poli archetipi entro i quali l’essere si manifesta in tutte le sue forme.
In principio i termini Yin e Yang indicavano i fianchi in ombra e in luce di una montagna. Successivamente fu considerato Yin l'elemento femminile e materno, ricettivo, oscuro, associato alla Terra, mentre Yang, il potere creativo maschile, forte, associato al Cielo. La Terra, immobile (secondo la vecchia concezione geocentrica) e il Cielo, mobile, diventano simboli rispettivamente della quiete (Yin) e del movimento (Yang).
Il carattere dinamico dello Yin e dello Yang è illustrato dall'antico simbolo T'ai-chi T'u o Diagramma della Realtà Ultima, il quale è una disposizione simmetrica dell'oscuro Yin e del luminoso Yang in forma rotazionale che richiama alla mente un movimento ciclico continuo.
I due punti nel diagramma rappresentano l'idea che ogni volta che una delle due forze arriva al suo massimo, essa ha già in sè il seme del suo opposto. Questa concezione permea tutta la cultura cinese dando forza e coraggio nei momenti di sofferenza e cautela e modestia nei momenti di successo. Da ciò scaturisce una dottrina analoga all'aurea mediocrità di oraziana memoria, in cui credono sia i taoisti che i confuciani.
La polarità Yin-Yang non deve essere confusa con le idee di opposizione e di conflitto, ma assimilato alle due facce della medaglia o ai poli di un magnete, al maschile e al femminile e a tutto ciò che sottostà al principio di complementarità. Il Tao Te Ching così si esprime:
Tutti nel mondo riconoscono il bello come bello, in questo modo si ammette il brutto.
Tutti riconoscono il bene come il bene, in questo modo si ammette il non-bene.
Difatti, l'Essere e il Non-Essere si generano l'un l'altro;
il difficile e il facile si completano l’un l’altro;
l'alto e il basso si invertono l'un l'altro;
i suoni e la voce si armonizzano l'un l'altro;
il prima e il doposi seguono l’un l’altro."
La visione Yin-Yang del mondo è serenamente ciclica. La fortuna e la sfortuna, la vita e la morte, sia su piccola che su grande scala vanno e vengono continuamente senza un inizio ed una fine. Tale visione spaventa l'uomo occidentale che si vede negare ogni possibilità di progresso, un ideale che è collegato alla visione lineare del tempo e della storia.
Secondo Alan Watts, eminente studioso della cultura orientale, i taoisti considerano l'universo inseparabile da sé stessi, il che implica un'arte di vivere intesa come una navigazione, piuttosto che come una guerra, dove è importante capire i venti, le maree, le stagioni, i principi di crescita e di decadimento in modo tale da mettersi in sintonia con tutti gli elementi e non lottare contro di essi. Il taoista coltiva l'inazione, non discute neppure sul Tao, insegna senza parlare, rinuncia alla scienza a al sapere generale, perché ha imparato che "niente al mondo è più molle e debole dell'acqua, ma nell'avventarsi contro ciò che è duro e forte, niente può superarla."
Conclusioni, ovvero l’Uroboro si morde la coda
L'uomo moderno ha bollato queste credenze come ingenue superstizioni ma – come detto – negli ultimi decenni si è messo alla ricerca di un nuovo equilibrio nel momento in cui le nuove scoperte scientifiche hanno rimesso in discussione tutti i valori fondamentali su cui il suo pensiero si basava e che costituivano la sua identità. La concezione meccanicistica del mondo della fisica classica è stata in grado di spiegare molti fenomeni della vita quotidiana, ma solo la fisica subatomica ha permesso all'uomo di andare oltre la natura apparente delle cose, nella realtà più profonda della materia, facendogli scoprire un mondo totalmente nuovo.
Un antico aneddoto di origine Zen narra che un viaggiatore incontrò una tigre e fuggì con la tigre alle calcagna. Arrivato sull'orlo di un precipizio l'uomo vi saltò afferrandosi ad una liana e rimanendo sospeso nel vuoto, mentre la tigre annusava al di sopra di lui. Tutto tremante l’uomo guardò in giù e vide un'altra tigre che lo osservava. Due topi, uno bianco e l'altro nero, si misero a rodere la liana alla quale egli era sospeso. In quell'attimo l’uomo vide accanto alla sua testa un'appetitosa fragola selvatica. Tenendo la liana con una mano, con l’altra colse la fragola e la mangiò. Com’era squisito il suo sapore!
Il pensiero che affiora dopo il primo momento di stupore è che il pover’uomo doveva certamente essere pazzo per reagire in tal modo in una simile situazione. Questo è il primo segno della razionalizzazione di stampo occidentale che frappone continui ostacoli alla comprensione di culture diverse dalla nostra. Infatti, essendo l’uomo occidentale sempre assorto nell’atto della cogitazione ha serie difficoltà ad introdursi direttamente nella vita ed è proprio a causa di questo atteggiamento che il nostro mondo viene percepito come antitetico, soggetto contro oggetto.
L’uomo orientale, al contrario, evita questa conflittualità cercando di superare il mondo dell’intelletto e ponendo l’accento sull’importanza dell’istantaneità. Per il pensiero occidentale, molti problemi sono dovuti al fatto che vengono male formulati, mentre i conflitti fra concetti apparentemente contraddittori sorgono quando li si concepisce come antagonistici anziché cooperanti. L’Occidente ha bisogno di certezze, richiede un approccio positivo verso la realtà, ma la vita e la natura conoscono solo incertezze e mutamenti. La mente occidentale è incline ad attribuire un’enfasi esagerata al fattore oggettivo, svalutando quello soggettivo e dimenticando che, seppure alcuni ambiti della conoscenza e dell’esperienza sono largamente condivisi, il loro impatto sull’individuo determina un vissuto soggettivo.
Nel tentativo di essere pienamente oggettivo, l’uomo occidentale finisce con l’osservare la singola esperienza o il singolo evento, con l’arrestare il naturale processo di consapevolezza e con l’indulgere a teorizzazioni e criticismo che lo rendono spettatore che vive al di fuori del flusso della vita. Carl Gustav Jung scrisse un commento psicologico al Libro tibetano della grande liberazione, nel quale analizzava la differenza fra il pensiero orientale e quello occidentale.
Egli affermava che lo sviluppo della filosofia occidentale negli ultimi due secoli ha isolato lo spirito in una sfera sua propria separandolo dall'unità originaria dell'universo, mentre la psicologia lo ha inteso come una funzione della psiche, definita mentalità dell'individuo. In Oriente lo spirito è un principio cosmico, l'essenza dell'Essere, mentre in Occidente è il mezzo indispensabile alla conoscenza e alla rappresentazione del mondo. In Oriente non c'è conflittualità tra scienza e religione perché nessuna scienza è fondata esclusivamente sui fatti e nessuna religione soltanto sulla fede: esiste una conoscenza religiosa e una religione che conosce. Per noi l'uomo è infinitamente piccolo e la grazia di Dio infinitamente grande; in Oriente, invece, l'uomo è Dio e redime se stesso.
Nell'ambito della fisica si è poi inserita la psicologia affermando che "la psiche non può essere totalmente altro dalla materia; altrimenti come potrebbe muoverla? E la materia non può essere totalmente estranea alla psiche; come potrebbe altrimenti produrla? Il mondo di psiche e materia è il medesimo e l'una partecipa dell'altra, altrimenti l'interazione sarebbe impossibile." In realtà una certa dicotomia è necessaria alla nostra percezione cosciente, soprattutto nella vita quotidiana, ma in definitiva noi non conosciamo la vera natura della psiche, ne’ quella della materia. Jung ipotizzò che entrambe fossero aspetti della stessa natura vivente che egli chiamò Unus Mundus, ovvero “mondo unico”. Come unica manifestazione di energia la psiche agirebbe a bassa frequenza, estesa nel tempo e nello spazio, mentre la materia agirebbe ad alta intensità, tanto da far affermare allo scienziato inglese James Jeans che: "L'universo comincia a sembrare più simile ad un grande pensiero che non ad una grande macchina”.
Se oggi si possono rilevare analogie tra il pensiero orientale e la nuova fisica dei quanta, resta tuttavia difficile integrare una simile visione nell'ambito razionalistico del mondo occidentale, se non a prezzo di una vera e propria “rivoluzione” sociale e personale. La società occidentale infatti, permettendo un enorme sviluppo della mente, ha debilitato l'intero organismo sociale che adesso opera in maniera tale da non potersi definire sano. L'uomo, estraniato dal suo mondo interiore, straniero alla Natura ed incapace di apprezzare il senso della vita, diventa preda di un senso d'inutilità e a volte di assurdità che nessun successo esterno è in grado di dissolvere. Per riconquistare un nuovo equilibrio si rende necessaria una struttura economica e sociale che utilizzi quelle funzioni intuitive che l'uomo occidentale ha da secoli relegato nelle profondità dell'inconscio, ed assuma alcuni atteggiamenti spirituali dell'Oriente che potrebbero favorire questo processo di rinascita.
Nell'ambito della scienza l'idea che ogni particella contenga tutte le altre, oltre ad essere un'ipotesi della meccanica quantistica e della teoria della relatività, risente anche della mistica orientale ed occidentale. Questo comporta il riconoscimento del profondo legame tra psiche e materia, uomo e Natura, che potrà essere il solo a garantire la sopravvivenza della nostra società e se per ottenere questo, può essere opportuno cimentarsi con pratiche e idee (apparentemente) distanti nel tempo e nello spazio da quelle a cui siamo abituati, ben venga questo confronto, strumento principe per comprendere l’Universo nell’Uomo e l’Uomo nell’Universo.
È vero senza menzogna, certo e verissimo.
Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare i miracoli della cosa una. E poiché tutte le cose sono e provengono da una, per la mediazione di una, così tutte le cose sono nate da questa cosa unica mediante adattamento.
(Tavola di Smeraldo)
La Via del Cielo, come è simile all'armar l'arco!
Quel ch'è alto viene abbassato, quel ch'è basso viene innalzato,
quello che eccede viene ridotto, quel che difetta viene accresciuto.
(Tao Te Ching, cap. LXXVII - La Via del Cielo)
Articolo pubblicato nella rivista
LexAurea31,
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