Il Mito della Caverna e l'Oracolo di Delfi a cura di Giuseppe Bufalo e MilleNomi
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Nel mito della caverna di Platone, gli uomini sono paragonati a dei prigionieri incatenati in una caverna, con il volto girato verso la parete animata da uno spettacolo d'ombre cinesi proiettate (all'insaputa dei prigionieri) da personaggi che sfilano davanti a un fuoco, all'entrata dei sotterranei.
Per questi uomini , la visione del mondo è limitata a quelle immagini familiari che traducono in modo deformato la realtà che essi non sospettano nemmeno. Ignorano del tutto l'esterno della caverna e il sole che vi brilla. Se potessero cambiare radicalmente ottica per scorgere le altre dimensioni del mondo , comincerebbero a capire la loro situazione , e cercherebbero di liberarsi e di liberare i loro compagni di cattività.
Questo cambiamento di ottica richiede molto coraggio e molto sforzo; Platone suggerisce che i prigionieri si ribellerebbero contro di quelli che volessero far loro girare la testa verso l'uscita della caverna; tanto è difficile nella vita quotidiana, cambiare le nostre abitudini di pensiero e la linea di condotta che ne deriva.
La Realtà è infinitamente più vasta di quella che immaginiamo; per abbracciarne anche la minima frazione , occorre liberare il pensiero da tutte le sue limitazioni.
Come i prigionieri della caverna, gli uomini assistono allo spettacolo del mondo: con i loro sensi vedono vivere gli altri e, mentalmente, osservano la loro vita interiore . Con tutte le informazioni così raccolte , che sono solo apparenze, immagini sempre mutevoli, si mettono a giudicare gli altri e credono di conoscersi.
...ma l'Oracolo di Delfi ha detto:
"Uomo conosci te stesso e conoscerai l'Universo e gli Dei"
Nel mito della caverna colui che è sulla via dell'illuminazione deve prima combattere con i suoi simili per uscire dalla caverna, e godere della luce viva e non di ombre riflesse sulla parete della grotta, ma poi successivamente si troverà a lottare, una volta rientrato, per convincere i suoi simili ad uscire.
Vi è una verità quotidiana in tutto questo. Se noi osserviamo il nostro modo di essere, le nostre manifestazioni, in realtà scopriremo che siamo ciò che mangiamo, ciò che asseriamo, ciò che manifestiamo, e che tutta questa fenomenologia dell'essere è in massima parte una risultante di forze a noi esterne ed interne che tendono a plasmarci.
Dando veloce corrispondenza simbolica al mito della caverna, possiamo affermare quanto segue:
1. La caverna rappresenta il mondo degli uomini, la telluricità, il freddo e il basso vibratorio. Relegato nelle profondità siderali, e punto lontano rispetto al centro di diffusione divina.
2. La luce è la luce divina di conoscenza, che rappresenta veicolo e forma di salvezza. Invero è l'anelito alla luce che riesce a spezzare le catene che asservono l'uomo alla propria bestialità.
3. Uomini con il volto alla parete della grotta, sono indicativi della condizione umana, lontano dalla luce, e ostacolati dalla materia alla comunione con essa.
4. Le ombre che danzano sulla parete, rappresentano la verità come noi erroneamente la percepiamo.
5. L'odio verso colui che ci chiede di guardare oltre, rappresenta la nostra resistenza al cambiamento, la paura di volgere altrove il nostro sguardo.
E' interessante che l'uomo per incontrare la luce debba voltarsi ed uscire così dalla caverna. Ciò potrebbe rappresentare anche la necessità di ripercorrere i nostri passi verso una società diversa dall'attuale modello di sviluppo, che ci ha relegati all'interno di questa grotta dalle spesse pareti..
L'enigma dell'Oracolo di Delfi, non è un suggerimento ma un monito che indica una necessità la quale deve essere esperita da ogni uomo. Tale imperativo categorico è la ricerca di noi stessi, volgendo lo sguardo verso una direzione nuova e inconsueta: il nostro sottostante. Dentro ogni uomo si nasconde una scintilla del divino, e questa scintilla "anima" il Creato tutto, e rappresenta quindi una soglia verso la Conoscenza, e la Consapevolezza del Se e del tutto che essa comporta, in un processo che è forma e veicolo di redenzione.
L'uomo realizzato, il pentacolo umano è inscritto nel quadrato ( la materia ), e nel cerchio ( il divino ), come a rappresentare l'equilibrio e l'armonia che è cardine di tutto.
Uomo conosci te stesso e conoscerai l'Universo.
Esaminiamo l'asserzione:
Uomo conosci te stesso ha valore dinamico, è una istanza verso un obiettivo, ed implicitamente indica che l'uomo nella condizione di stato in cui si trova è ignorante. Ma ignorante di cosa? Ovviamente di se stesso. Da cui discende una serie di corollari aggiuntivi. Il primo è che l'uomo presuppone di conoscersi, mentre in realtà la sua saccenza si ferma a manifestazioni dell'essere, manifestazioni grossolane oserei dire: erudizione, materialità ed emotività. Il secondo corollario è la suppozione, per consequenzialità, sulle cose di questo mondo. Ovviamente essendo incerta l'unità di misura e di raffronto, lo sono pure le misure osservate. L'ignoranza è un'ombra che avvolge le cose tutte, e che non ci permette di comprenderne ne il contenuto ne la forma, e come le ombre mutano continuamente così muta continuamente l'opinione dell'uomo su se stesso e gli altri.
E conoscerai l'Universo. Si crea una corrispondenza, una identificazione. La conoscenza dell'uomo determina Consapevolezza, e la Consapevolezza la conoscenza dell'Universo. Questo perchè come detto in precedenza il divino ( nel suo aspetto dinamico ) anima tutto. Il divino è tutto, ma il tutto non è il divino.
E' bene precisare che in gnosticismo la Conoscenza ha valore escatologico, in quanto essa diviene mezzo di salvezza per l'uomo, di ritorno al Pleroma, che assume significato Cosmico, in quanto riporta ad una precedente dimora celeste ( antitetica alla dimora terreste ) le particole dell'Ostia divina in esso contenuto.
Se è indubbio che il termine greco Gnosis, con cui si indica la Conoscenza, è un termine non riservato all'erudizione ma alla conoscenza del divino, e che in gnosticismo moderno è stata data accezione di conoscenza oggettiva, ciò risultante dalla pratica, piuttosto che sugli strumenti per ottenere tale conoscenza, vorrei porre l'attenzione sul perchè non è mai possibile conseguire un simile risultato.
L'uomo ha la tendenza a raffigurare se stesso come un tutto unico, mentre in realtà sono ben quattro gli elementi da cui è composto, ed ognuno di essi è sì interrelato con gli altri, ma ne è anche diviso. Dobbiamo immaginarci l'uomo, nella sua occulta composizione, come una serie di cerchi concentrici, dove man mano che avanziamo verso il centro ognuno di essi acquista dimensione aggiuntiva. Questi quattro elementi sono: fisico, mente, Anima e Spirito.
Mentre i primi due sono frutto integrale delle forze che governano questo mondo, e il quarto è invece frutto dell'infusione divina, il terzo (Anima) è frutto del contemporaneo agire dei primi due e del quarto, e rappresenta il terreno del contendere. Quello che a noi importa principalmente è la possibilità offerta, spostando il nostro tratto di unione ( mente-fisico, anima-mente, anima-spirito ) di potere iniziare un'opera di manipolazione su ognuno dei nostri corpi, che altrimenti sarebbe impossibile. In quanto niente può manipolare se stesso.
Quindi è proprio grazie a questa nostra struttura a cipolla, che è possibile operare continuamente su noi stessi.
Gli strumenti che la tradizione ci fornisce sono: l'autoanalisi, la meditazione, il viaggio astrale, e l'alchimia sessuale.
Attraverso il primo constatiamo il nostro stato di difetto, in virtù del secondo e del terzo entriamo in contatto con insegnamenti superiore, e in grazia del fuoco divino sprigionato dal quarto, in virtù di quanto imparato dai Maestri Spirituali, ardiamo i difetti dettagliati attraverso la prima pratica.
L'enigma dell'Oracolo di Delfi si chiarisce comprendendo l'unità del microcosmo
e del macrocosmo come pure la loro divisione triplice, fisica, psichica e
spirituale.
La vera conoscenza di se stesso, che sbocca nella conoscenza del Grande Universo, implica la comunione cosciente dell'essere con la sua radice spirituale, il Se universale.
E' un esperienza diretta, con l'aiuto dei sensi precedentemente risvegliati. A questo proposito Madame Helena Petrovna Blavatsky (fondatrice della Società Teosofica) ha scritto:
"La conoscenza di se stesso non può essere raggiunta attraverso ciò che gli uomini chiamano l'analisi di se stesso. Non ci si può arrivare nè con il ragionamento nè attraverso qualche processo celebrale; poichè è il risveglio della coscienza della natura Divina dell'uomo. (ottenere questa conoscenza è una realizzazione più grande che comandare gli elementi o conoscere l'avvenire)"
L'analisi psicologica verte su degli stati di coscienza (veglia, sogni, visioni) e sui loro contenuti in immagini: esso è un approccio ai fenomeni, alle apparenze, da cui si traggono delle conclusioni verosimili sul funzionamento dello psichismo: i prigionieri della caverna, analizzando il loro spettacolo quotidiano, arrivano a indovinare la sua genesi (la sfilata dei personaggi all'entrata del sotterraneo) ma essi non escono liberamente dalla caverna del loro psichismo , anche se scoprono le grandi costanti dei
suoi meccanismi e riconoscono i miti e i simboli che modellano un gran numero di sogni e di altre produzioni di questo psichismo.
Ogni disciplina spirituale implica questo procedimento: scoprire i processi, le potenzialità e le limitazioni della personalità, liberarsene e addossarsi la propria responsabilità. Ma questo non è che la prima tappa.
Fuori dalla caverna brilla il fuoco spirituale del Sè di tutte le creature : la meditazione descritta nella Gita (cap. VI e VII ) che permette questo trasfert, o questa elevazione della coscienza, fino a così alti livelli spirituali, non ha nulla a che vedere con un analisi.
I metodi scientifici dello studio del corpo e del comportamento analizzano anch'essi dei fenomeni esterni limitati, delle ombre cinesi, e non rivelano niente di conclusivo sul Sè universale nè sull'Anima immortale dell'uomo.