Liberi Muratori e Cavalleria

di A. Nisticò

 

Negli Statuti dei Liberi Muratori, tratti dagli Statuti Generali editi all’Oriente di Napoli nel 1820, si afferma che “l’Ordine dei Liberi Muratori appartiene alla Classe degli Ordini Cavallereschi: ha per fine il perfezionamento degli uomini ed il bene della Patria e dell’Umanità”.

Sarebbe interessante procedere ad un’accurata analisi storica e sociologica sul Regno delle Due Sicilie della prima metà dell’800, per verificare quali Ordini Cavallereschi fossero annoverati in tale classe, oltre ai noti Insigne Real Ordine di San Gennaro, Insigne Real Ordine di San Ferdinando e del Merito, Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, Real Ordine Militare di San Giorgio della Riunione ed al successivo Real Ordine di Francesco I.

Sarebbe forse però sterile esercizio intellettuale, poiché il fine perseguito dalla Libera Muratoria è orientato ad un lavoro che si svolge tra il piano fisico e quello metafisico, al di là (e non: al di fuori) dello spazio e del tempo volgarmente misurabili.

Le reali origini della Libera Muratoria non sono collocabili in modo oggettivo in un determinato contesto storico, né geografico; neppure appare agevole ricostruirne l’alveo culturale specifico in cui affondano le radici della sua Tradizione.

Corporazioni di Mestieri si trovano già nell’antico mondo classico, ma il termine “Massoneria” è relativamente un neologismo. L’attività latomistica rappresenta l’ideale continuazione dei “Collegia Artificum” dell’antica Roma, vere e proprie imprese di costruzioni, dirette da un “magister” coadiuvato da uno o più “decuriones” (corrispondenti ai nostri Sorveglianti). Con tutta probabilità, i collegi avevano anche una cassa ed una mensa comune; inoltre ai candidati apprendisti era fatto assumere un atto d’impegno (giuramento) al momento dell'ammissione. In epoca romana il locale di adunanza era denominato “Schola” e tale termine deriva dal greco “skolè”, che in origine significava applicazione delle proprie risorse mentali/spirituali. Nel periodo bizantino la “Skolé” rappresentava il luogo dove si esercitavano gli apprendisti; quindi fino all’epoca medioevale con “Schola” si designava il luogo delle assemblee collegiali e dell'insegnamento per i giovani praticanti.

Diversi autori considerano la Carta di Bologna del 1248 il primo esempio di Costituzione o quanto meno di Manifesto massonico. Analizzandone il testo osserviamo, tuttavia, come il termine “Massoneria” non sia presente: si parla, infatti, di “Società dei maestri del legno e del muro”, retta da avere otto “Ministeriali” e due “Massari”, eletti in carica per sei mesi e non di più.

È nostra opinione – per inciso – che non sia da sottovalutare il fatto che questa organizzazione (di cui il documento descrive dettagliatamente le diverse norme, procedure e responsabilità interne) fosse definita “Società” e non “Ordine”.

Neppure nei successivi manoscritti compare il neologismo, neppure nel celebre Poema Regius (1390), che utilizza piuttosto la definizione “maestri muratori”; fino al Manoscritto Cooke (1410), che narra il mito delle origini massoniche collocandole nella Genesi (Genesi IV, 17) per opera di Jabel figlio di Lamech e successivamente giunta, attraverso il re Salomone, fino al re di Francia Carlo II (chiaramente questi passaggi di cronaca storica vengono omessi, mentre ci si sofferma alquanto sull’epoca pre-noachita del mito).

Un vero e proprio punto di svolta è costituito dalla Carta di Colonia del 1535, ma su questo torneremo più avanti, onde lasciare al nostro lettore la libertà di immaginare scenari più o meno accattivanti da un punto di vista romantico.

Facciamo dunque un deciso balzo in avanti, fino ai recenti giorni dei Massoni “speculativi” o, per dirla con un termine più pertinente, “accettati”.

Al fine di dotare l’Istituzione di “nobili origini” pare, ai più, conveniente ricostruire una diretta continuità con l’Ordine dei Cavalieri del Tempio di Gerusalemme, tragicamente soppresso agli inizi del XIV secolo.

Tra storia e leggenda si svolsero le epiche imprese dei valorosi che, guidati da Henry de Saint Clair a supporto di Robert Bruce, vinsero l’esercito regolare inglese nella battaglia di Bannockburn del 24 giugno1314 (il giorno di S. Giovanni, guarda caso!), dopo soli 3 mesi dalla morte dell’ultimo Gran Maestro Jacques de Molay, per poi dare vita alla dinastia dei Sinclair di Rosslyn, che avrebbero retto le sorti della Massoneria scozzese.

Giacomo VI di Scozia, divenuto re d’Inghilterra (col nome di Giacomo I) sembra che abbia patrocinato la Massoneria inglese ed abbia costituito l’Ordine della Rosa+Croce Reale, di cui fecero parte i Cavalieri dell’Ordine del Cardo di Sant’Andrea (a sua volta presumibilmente costituito da Robert Bruce per accogliere i cavalieri templari superstiti in Scozia).

Mentre ci poniamo l’interrogativo sulle ragioni che possono aver condotto dei nobili cavalieri a dedicarsi alle Arti edilizie, oltre ovviamente al fine di tramandare una scienza esoterica, osserviamo come nel XVI secolo cominciarono ad essere “accettate” nella Massoneria anche personalità non appartenenti all’operatività di mestiere: in particolare avrebbe avuto luogo (ma non vi sono documenti ufficiali che lo attestino) una lenta permeazione da parte di appartenenti alla mitica confraternita della Rosa+Croce.

Un fulgido esempio è rappresentato dall’ermetista inglese Elias Ashmole, Iniziato nel 1644 alla Rosae Crucis e nel 1646 alla Massoneria, che fu tra i fondatori della Royal Society, di cui fecero parte anche Robert Moray, Isaac Newton ed il Gran Maestro della Massoneria Christopher Wren (che ricostruì Londra dopo il tremendo incendio del 1666). Al proposito giova ricordare, tra l’altro, come allo stesso Ashmole sia stato dedicato da Michael Maier (quello della “Atalanta Fugiens” per intenderci) un manoscritto sulla Themis Aurea, del 1656, in cui la struttura e le regole della confraternita Rosa+Croce appaiono estremamente simili a quelle di un ordine cavalleresco.

Pur con l’avvento di intellettuali e filantropi di diversa estrazione, le vicende della Massoneria continuarono ad intrecciarsi con quelle delle diverse Case regnanti (Stuart, d’Orange, Hannover), rappresentando sempre comunque un’Istituzione a forte caratterizzazione nobiliare e cavalleresca. Tuttavia, i riferimenti a disposizione non ci sembrano qualificare la Massoneria in senso stretto come Ordine cavalleresco.

È interessante considerare come, a seguito della costituzione della Gran Loggia d’Inghilterra nel 1717, il carattere “operativo” della Libera Muratoria venga gradualmente a dissiparsi anche nella ritualità, che viene improntata alla rappresentazione di elementi simbolici mutuati dalle scienze iniziatiche, di matrice ermetica, precedenti.

Lo sviluppo dei diversi Riti favorì questa integrazione sincretistica, di cui il Rito Scozzese Antico Accettato rappresenta il paradigma di riferimento, capace di testimoniare attraverso una continuità progressiva di Iniziazioni la conservazione di simboli, miti e allegorie di origine egizia, cristiana, cabalistica, rosicruciana e templare. Scorrendo con lo sguardo lungo la “piramide scozzese” è infatti facile notare come al conseguimento di diversi gradi di avanzamento, si assumano dignità dalla denominazione nobiliare (Cavaliere, Principe, Commendatore) o di carattere civile o religioso (Pontefice). In particolare, per restare alla sola qualifica di “Cavaliere”, vediamo che essa è presente nella denominazione dei gradi: 9°, 11°, 13°, 15°, 17°, 18°, 21°, 22°, 25°, 28°, 29°, 30°.

Per dovere di cronaca vale la pena accennare al contributo, che diede anche un certo Napoleone Bonaparte, a queste pagine meno note della storia dell’umanità. Dopo aver cacciato dall’isola di Malta i Cavalieri dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme nel 1798, l’imperatore francese (forse Iniziato Libero Muratore) soppresse l’Ordine Teutonico nel 1809 e favorì l’iniziativa di Fabre Palaprat per ricostituire l’Ordine Templare, l’unico fra i tre a possedere una vocazione iniziatica (il che, ci pare, renderebbe anche impossibile una ricostituzione postuma, qualora non sia possibile risalire nella continuità della Tradizione!)

Tornando ora per un attimo alla Carta di Colonia del 1535, notiamo come il Manoscritto definisca chiaramente la discontinuità dei “Fratelli di Giovanni o Frammassoni” affermando come “la società consacrata a San Giovanni non deriva né dai cavalieri Templari né da alcun altro Ordine di cavalieri ecclesiastici o secolari; né forma parte di questi Ordini, né è ad essi congiunta direttamente o indirettamente, ma è più antica di qualsiasi Ordine di cavalleria di questo genere” ma sia piuttosto da collocare “ai primissimi tempi in cui, fuggendo le dispute delle diverse sette del cristianesimo, alcuni adepti, condotti da una felice interpretazione dei veri principi allo studio dei segreti della filosofia morale, si disgiunsero dalla moltitudine.”

Una apparentemente sorprendente conferma si ritrova anche nella Carta di Wilhemsbad del 1782, che consolida la Regola dei Cavalieri Beneficenti della Città Santa di Jean Baptiste Willermoz. Al paragrafo II viene chiaramente affermato come “dopo molte particolari ricerche, esaminate e comparate nelle nostre riunioni, sulla storia dell'ordine dei Templari, da dove si deriva quello dei Massoni, ci siamo convinti che presentavano soltanto delle leggende e delle possibilità senza titoli autentici”. Al contrario, dalle correlazioni evidenti con l’Ordine dei Templari, si dovrebbe ritenere che “l'iniziazione massonica sia più antica di quest’Ordine, sia stata conosciuta da molti di questi Cavalieri e sia servita da velo, agli altri, nel momento della loro catastrofe per perpetuarne il ricordo.”

La sensazione che la Massoneria non costituisca Ordine Cavalleresco sembra confermarsi procedendo per altra via. Francesco Sansovino, nel 1570, nel suo “della origine de’ Cavalieri”, li classificava nelle categorie Cavalieri di Croce; Cavalieri di Collana; Cavalieri di Sperone.

Alla prima categoria appartenevano gli Ordini che portavano la Croce sulle insegne; alla seconda gli Ordini dinastici creati dalle Case regnanti europee; alla terza categoria appartenevano i Cavalieri, la cui nomina faceva parte del complesso delle ulteriori investiture create dalle autorità Ponteficie e dai Sovrani, nonché dai feudatari e dalle stesse gerarchie cavalleresche istituzionali.

Certamente, con l’evoluzione socio/politica dei secoli a venire, vi sono state ulteriori classificazioni, e la creazione di cavalierati onorari, assegnati per meriti civili o religiosi, o appoggiati a regole monastiche. Anche il documento sui “Principles involved in assessing the validity of Orders of Chivalry”, tradotto nella rassegna del Consiglio di Stato “Criteri per l’individuazione degli Ordini cavallereschi” (1971) conferma certi criteri di classificazione.

Potrebbe meglio, in definitiva, considerarsi una Cavalleria “spirituale”, ma questa definizione può addurre un qualche concreto valore aggiunto al perseguimento degli obiettivi realizzativi che la Massoneria propone?

Il desiderio che muove le intenzioni dell’Iniziato ci pare che possa meglio orientarsi, allora, alla comprensione dei Misteri ed all’esercizio del Magistero a cui si viene avviati. Ogni altro orpello è vanità di vanità.

 

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