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Doppia Decapitazione Alessandro Orlandi (1) |
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Maschera – Buongiorno, lieto di fare la Vostra
conoscenza… la redazione di “Lex Aurea” mi ha inviato qui per
intervistarvi. Vi dirò che il vostro viso non mi è nuovo… ci siamo già
visti? Io mi chiamo Maschera.
Volto – Molto piacere, io mi chiamo Volto e sono anche io contento di
conoscervi, ho giusto una mezz’ora di tempo, fatemi pure le domande che
volete. (In realtà prova un immediato senso di antipatia nei confronti
di Maschera) Sapete? Sembra anche a me di conoscervi… magari frequentate
anche voi quel ritrovo, “Lo Specchio”: mi reco da quelle parti una o due
volte al giorno, forse ci saremo incontrati lì! A proposito, ma...
perché mi state dando del Voi? Io mi adeguo, se insistete, ma vorrei
capirne il motivo.
Maschera – Semplice: in ognuno di noi abita una molteplicità di
personaggi che ci chiedono continuamente di essere interpretati, l’idea
di costituire una unità è una ridicola illusione e spero che Voi non ci
siate caduto, ho sentito dire che avete una mente tagliente come un
rasoio e che siete colto. (Dentro di sé pensa: in effetti questo tizio
non ha un’aria molto intelligente) Mi sono rivolto quindi alla
molteplicità di personaggi, espressi e inespressi, che vivono dentro di
voi. Qualsiasi attore, anche un guitto di strada, è consapevole di
questa realtà e potrà confermarvela.
Volto – Ognuno di noi quindi sarebbe una specie di condominio in cui
convivono più personaggi, che prendono a turno il controllo sulla sua
persona? Vi confesso che questa idea non mi piace affatto! Mi sento un
essere unico e credo profondamente nella Verità, nella possibilità di
essere me stesso senza veli, né maschere, né infingimenti, senza ruoli
né recitazione alcuna, spontaneamente, per necessità interiore.
Maschera – Ah sì? Credete nella verità? Anzi, scusatemi, nella Verità? E
potreste spiegarmi cos’è? Consideratela come prima domanda della mia
intervista. (Ridacchia in modo indisponente)
Volto – (Resta alcuni secondi in silenzio, còlto impreparato dalla
domanda: non sa bene se rispondere con una lunga dissertazione
filosofica, magari citando Wittgenstein, oppure se cavarsela con una
battuta fulminante, opta per questa seconda alternativa) La Verità è in
ogni danza che si accordi con la musica che caratterizza il tempo e il
luogo in cui esistiamo, il “qui ed ora”. Ogni azione, espressione, o
parola, in fondo, è una danza. Dal mondo scaturisce continuamente una
musica tratta da una invisibile partitura. La verità dunque è bellezza,
armonia, capacità di percepire il ritmo sottile dell’universo. E’ per
questo che la verità di oggi può non essere quella di domani: la musica
può non essere la stessa e allora la danza dovrà cambiare.
Maschera – (Una espressione trionfante si dipinge sui suoi lineamenti
marcati) Vedete? Mi state dando ragione! E forse nemmeno ve ne rendete
conto! Se vivere la nostra “verità” significa percepire una armonia
segreta, danzare al suo ritmo, assecondarla, allora la “sublime
spontaneità”, l’istintiva vocazione a servire le forze che si
sprigionano nell’attimo fuggente, si ottiene abbandonandosi a quello che
i greci chiamavano daimon, una entità sottile che ci abita a nostra
insaputa e che prende possesso di noi proprio nei momenti in cui abbiamo
le intuizioni più felici, pronunciamo le parole più poetiche, agiamo
senza riflettere colpendo nel segno, come un tiratore d’arco zen o un
calciatore che fa goal tirando “di prima”. Quel daimon si serve del
nostro corpo, delle nostre fattezze, persino della nostra mente come di
una maschera. Ora vi chiedo: e chi dice che il daimon che ci abita sia
uno solo?
Volto – (Con aria dotta) Vi citerò Occam: “entia non sunt multiplicanda
praeter necessitatem”: non dovremmo far ricorso a più enti di quanti non
siano strettamente necessari, per spiegare il mondo a noi stessi, e noi
stessi al mondo!
Maschera – Lungi da me l’intenzione di offendervi, ma mi avevano detto
che eravate un raffinato pensatore e invece mi sembrate… piuttosto
ingenuo. Ma avete mai visto il film “Rashomon”? E’ la storia di uno
stesso delitto raccontato da quattro persone diverse. In effetti lo
spettatore realizza che si tratta di quattro storie diverse, anche se
l’evento narrato dovrebbe essere lo stesso, perché quattro punti di
vista diversi fanno indossare alla realtà quattro diverse maschere. Nel
film i vari punti di vista appartengono a persone differenti ma, io vi
chiedo, chi impedisce a uno stesso individuo di coltivare dentro di sé
prospettive e punti di vista addirittura discordanti tra di loro? Non vi
capita mai di dubitare? E allora i vostri due “io” che coltivano due
opposti punti di vista non creano forse realtà tra loro inconciliabili?
E siamo ancora nel campo delle opinioni… la percezione è qualcosa di
assai più vasto e inesplorato, e dovete considerare i diversi caratteri
che possono convivere in una persona.
Volto – Vi faccio notare di sfuggita che voi, che dovreste essere il mio
intervistatore, state parlando assai più di me… comportamento, questo,
che certo non caratterizza un buon giornalista!
Dato che insistete sulle maschere, vorrei ricordarvi la funzione che
aveva la maschera nel teatro greco: spaventare e rivelare. Nel teatro
antico gli attori (hypokrites) nascondevano sempre il volto dietro una
maschera (in latino: persona), e gli spettatori erano convinti che
defunti, eroi e dei potessero manifestarsi attraverso chi recitava, e
prenderne possesso. La maschera, rigida e inanimata come il volto di un
cadavere, era il veicolo che consentiva alle forze celesti e sotterranee
di manifestarsi attraverso una forma riconoscibile senza annientare gli
spettatori, spaventandoli e divertendoli. Sì, vi era una forte
componente di divertimento, perché ogni maschera pietrifica, immortala,
un aspetto del carattere umano e lo mette in caricatura. D’altro canto
la maschera spaventa, perché dietro le maschere, specie se sacre, si
nasconde una entità che obbedisce a un tempo e a una logica terribili e
spietati, irriducibili al quieto scorrere della quotidianità.
Maschera – (Sbuffa e da’ vivi segni di impazienza e noia durante il
lungo discorso di Volto) Bene! Dunque avete rinunciato all’idea che il
volto sia superiore alla maschera! Nel teatro della vita, quale che sia
la nostra parte, papi o eretici, poliziotti o ladri, suore o prostitute,
conformisti o rivoluzionari, banchieri o mendicanti, cosa facciamo, se
non indossare maschere?
Volto – Un attimo di pazienza, lasciatemi terminare il mio discorso e
verrò al punto! Allora, dicevo, il dio per eccellenza che aveva a che
fare con le maschere e col teatro era Dioniso. Tanto che lo stesso
termine “tragedia” significa “canto in onore del capro” e il capro era
una delle manifestazioni di questo dio. Il mito centrale di Dioniso
raccontava come il dio fosse stato smembrato, fatto a pezzi dai Titani,
mentre contemplava la propria immagine riflessa in uno specchio. Apollo
raccolse il cuore del dio e, dal cuore, Dioniso rinacque. Lo specchio
era simbolo di illusione, perché ciò che appare nello specchio è solo il
riflesso della realtà, ma simultaneamente il mondo è riflesso dentro
quello specchio e chi lo contempla può conoscerlo. Le cifre di Dioniso
sono quindi conoscenza e illusione, inganno e sapienza. Il dio si
riflette nello specchio della nostra incarnazione, il suo riflesso è la
corporeità e l’istinto vitale che ci anima, e noi, tra necessità e
gioco, siamo ciò che il dio vede ponendosi davanti allo specchio, mentre
le nostre proiezioni e identificazioni ci smembrano, ci frammentano nei
mille volti della nostra persona.
Maschera – (Annoiato ma incuriosito) Vedo che state praticamente
ripetendo quello che dicevo io (anche se in modo assai più prolisso,
pensa)… ma concretamente cosa rappresentava questo dio delle maschere?
Quali pulsioni umane?
Volto – (Non raccoglie le provocazioni di Maschera, nel discorso
continua a seguire un suo filo invisibile, come se avesse in serbo un
“coup de théâtre”, il tono è distaccato e lo sguardo ironico)
Dioniso è un dio della contraddizione, è vita e morte, gioia e dolore,
amore e crudeltà, cacciatore e preda, Bios, la pulsione individuale di
ogni essere vivente ad autoconservarsi, e Zoì, la corrente della vita
che scorre al di là dei singoli individui che la incarnano. Gli iniziati
ai misteri del dio lo celebravano in gruppi chiusi, i cosiddetti
“backeia” , in uno stato di possessione detto “enthousiasmos”, qui
l’origine del termine, uno stato in cui gli iniziati erano pieni del
dio. Questo stato non si esauriva in uno scatenamento orgiastico degli
istinti animali, ma era anche danza, gioco, allucinazione, era uno stato
contemplativo ed estatico, una forma di conoscenza profonda della realtà
e anche una forma di controllo di emozioni travolgenti. Uno dei più
grandi studiosi della cultura greca, Giorgio Colli, sosteneva che
l’estasi non era il fine ultimo dell’orgiasmo dionisiaco, ma parlava di
una rottura contemplativa, artistica, visionaria e di un distacco
conoscitivo. “Rotta la sua individualità” – egli diceva – “l’iniziato ai
misteri di Dioniso vede quello che i non iniziati non possono vedere,
giungendo anche alla divinazione e alla profezia”.
Maschera – Mah, da quel che ne so io, questo “entusiasmo” dionisiaco
portava gli adepti a grandi ammucchiate, immagino accoppiamenti
selvaggi… e ho sempre creduto che fosse una scusa per legittimare e dare
sfogo in precisi intervalli di tempo, le ricorrenze del dio, agli
istinti più anarchici: sesso, violenza, trasgressione…
Volto – Al contrario sembra che il fine ultimo dei misteri di Dioniso
fosse una conoscenza del mondo non accessibile alla percezione
ordinaria. Questo è testimoniato dal fatto che le baccanti, le
sacerdotesse del dio, contrariamente a quanto di solito si ritiene, si
mantenevano caste e il desiderio degli invasati non giungeva a
compimento. C’era invece un distacco dalla sessualità che dava una
improvvisa e pessimistica intuizione sulla verità della condizione
umana, una sorta di follia visionaria. Attraverso l’“enthousiasmos” e il
panico il dio toglieva ai suoi iniziati ogni contatto con la “realtà
ordinaria” e con la sobrietà e la lucidità del vivere comune. Dava
invece come dono la consapevolezza che anche gli istinti più bassi ed
animali, apparentemente meno “nobili”, racchiudono una scintilla divina.
Sottraeva l’uomo dalla sua presenza nel mondo della quotidianità, ma in
compenso gli mostrava dietro quali maschere si nascondono la terribile
realtà della vita e della morte. Le maschere umane, quelle di cui vi
piace tanto parlare, e che ordinariamente chiamiamo persone, nascondono
una scintilla divina che spinge gli uomini a vivere, a riprodursi, a
crescere e a morire, ad appassionarsi con enthousiasmos ad altri esseri
umani e agli eventi del mondo. Ma questa scintilla è irriducibile alla
logica e alle norme del vivere quotidiano.
Maschera – (Sbadigliando) I miei lettori a questo punto dell’intervista
saranno già caduti dalla sedia in preda a una perniciosa forma di
narcosi. Solo un lettore su mille potrebbe interessarsi ad astrusità
quali i misteri della Grecia antica, credetemi, ed uso il condizionale,
“potrebbe”...
Lasciamo simili interessi ai topi di biblioteca! Vi pregherei, invece,
di dirmi in quale modo le considerazioni che andate facendo si
applichino alla nostra esperienza. Cos’è l’entusiasmo nel mondo
contemporaneo? E chi volesse scorgere oggi la scintilla divina di cui
parlate (posto che esista) dietro la maschera che la occulta, dietro la
nostra “personalità apparente”, se ho capito bene, come dovrebbe fare?
Volto – Perché queste idee, tratte dal mondo antico, possano gettare
luce sull’idea moderna che abbiamo dell’entusiasmo, è necessario
comprendere cosa differenziasse l’iniziato ai Misteri dal non iniziato.
Col termine “entusiasmo” intendiamo anche oggi una forma di possessione,
accade che una immagine scaturita dal nostro cuore, che può essere il
volto della donna amata, un progetto per il futuro, una ideologia
politica, l’adesione a modelli di comportamento, l’effetto di una musica
sulle nostre emozioni, abbia il potere di costellare il nostro mondo
immaginativo e si impadronisca non solo della nostra fantasia, ma anche
dei nostri comportamenti. E qui vorrei sottolineare che l’entusiasmo,
proprio come accadeva per i seguaci di Dioniso, è spesso un fenomeno
collettivo, basti pensare ai grandi totalitarismi che hanno
caratterizzato il secolo scorso, o anche a una semplice partita di
calcio o a un concerto rock e al tipo di adesione che le masse hanno nei
confronti di questi fenomeni, amplificato dai moderni mezzi di
comunicazione. Il punto è questo: gli iniziati agli antichi misteri
dovevano compiere un cammino, passare attraverso un labirinto che li
portava a confrontarsi con la loro Ombra, ad integrare il loro lato
oscuro con quello luminoso. Alla fine del cammino conquistavano quella
che potremmo chiamare “l’intelligenza del cuore”.
Maschera – (Si agita ora a disagio sulla sua sedia, trova fastidioso
l’ultimo termine utilizzato da Volto) Oddio mio! Eravate partito così
bene! E mi cadete in questi luoghi comuni New Age? L’intelligenza del
cuore? E cos’è? Il cuore ha forse dei neuroni con cui pensare? Non è che
un muscolo, una pompa! Per di più, con un mostruoso anacronismo,
attribuite questi cascami intellettuali, che hanno arricchito scrittori
come Coehlo e infiniti guru (spesso caratterizzati da una scarsa
attitudine per l’igiene personale), al mondo antico! La cosiddetta
“intelligenza del cuore” non è che una invenzione di furbi manipolatori
per far credere al prossimo tutto e il contrario di tutto, basta dire in
giro che solo gli illuminati possono “vedere” e “sentire” una certa
verità… e poi tutto procede come nella favola dei “Vestiti nuovi
dell’imperatore”… la conoscete? L’unica cosa che può aiutarci a
comprendere il mondo, credetemi, è una mente lucida! (Si picchia
energicamente la fronte con l’indice. Nell’impatto l’indice produce un
rumore secco, come se la fronte di Maschera fosse costituita da un
materiale ligneo)
Volto – (Senza scomporsi minimamente) Omero sosteneva che i sogni, così
come le immagini del cuore, che possiamo considerare sogni ad occhi
aperti, scaturivano da due porte, una di corno, da cui provenivano i
sogni sapienziali, quelli profetici, le visioni profonde sulla natura
del mondo e dell’anima, l’altra di avorio, da cui provenivano invece i
sogni mendaci, le illusioni e gli inganni del cuore. Gli iniziati che
venivano posseduti da Dioniso dovevano essere in grado di distinguere le
immagini veraci, che provenivano dal dio, da quelle illusorie, che non
potevano insegnare loro nulla. Portavano in dote il confronto con le
loro Ombre, una sorta di vaccino contro gli inganni del cuore. Potremmo
quindi dire che l’enthousiasmos degli iniziati a Dioniso recava
l’impronta del loro percorso nel mondo sotterraneo, del labirinto, della
morte simbolica che avevano vissuto, e dava loro accesso alla sapienza
del cuore, a quel livello profondo di percezione della realtà al quale
hanno accesso solo gli artisti e i poeti, dava loro la capacità di
pescare nel pozzo profondo dell’inconscio immagini capaci di gettare
luce sul passato, sul presente e sul futuro.
Maschera – (Sempre più scontento e insoddisfatto) Devo essere franco con
voi, siamo giunti praticamente al termine dell’intervista e io ho la
sensazione di aver perso il mio tempo annegando in un mare di
chiacchiere. Non mi avete minimamente risposto! Allora? Cosa mi dite sui
problemi che andate trattando in modo dotto e cattedratico, quando
questi riguardano un cittadino di Roma o di New York immerso nella
realtà del ventunesimo secolo? In che senso l’entusiasmo costituisce
ancora una forma di conoscenza? E come dovremmo comportarci con le
nostre innumerevoli maschere?
Volto – Va bene, va bene, vi rispondo. Cosa dire dell’entusiasmo così
come lo sperimentiamo oggi? E’ ancora una forma di conoscenza? La mia
risposta è che se non percorriamo un cammino autentico di conoscenza di
noi stessi non c’è modo di distinguere tra le immagini veritiere del
nostro cuore e quelle fallaci, tra quelle che ci rivelano la Via da
seguire per incontrare il nostro destino e quelle che ci portano solo in
vicoli ciechi, a disperdere le nostre energie, tra l’amore per le
persone che ci corrispondono veramente e le infatuazioni momentanee, tra
l’adesione a idee che veramente possono portare l’umanità verso un
futuro più luminoso e il lasciarci dominare da vuote ideologie e
vergognose menzogne, che mascherano la volontà di potenza altrui. Questa
è una situazione estremamente preoccupante, specie se si considera la
facilità con cui, attraverso radio, televisione, pubblicità ed altri
mezzi di comunicazione è possibile indirizzare “l’entusiasmo” della
gente verso obiettivi voluti. In questo senso, io credo, abbiamo molto
ancora da imparare dal mondo antico.
Certo, la civiltà occidentale attraversa una crisi senza precedenti. Mai
come ora è stato difficile scorgere un significato profondo nella vita
delle persone, mai come ora siamo stati afflitti dall’assenza di
capacità di “visione”, dall’impossibilità di proiettarci collettivamente
nel futuro con un intento comune. Abbiamo un disperato bisogno di
recuperare quel tipo di “enthousiasmos”, quella sapienza visionaria che
Dioniso portava in dono ai suoi iniziati.
Maschera – D’accordo, vi concedo che sull’entusiasmo mi avete risposto,
anche se quello che mi dite mi sembra assai opinabile. Ma sul problema
della maschera e del volto non mi sembra proprio. Unità e molteplicità…
allora cosa mi dite? Siamo una unità o una galassia di entità
frammentate che si manifestano attraverso molte maschere? Ammettete di
aver detto una corbelleria all’inizio della nostra conversazione, oppure
sostenete ancora di sentivi un essere unico e credete ancora che esista
una Verità con la v maiuscola?
Volto – Vorrei chiudere questa intervista portando la vostra attenzione
su una immagine piuttosto singolare, tratta dal simbolismo medioevale.
In alcune cattedrali gotiche francesi e in chiese edificate in tempi più
recenti, in Spagna o in Italia, è possibile vedere alcune statue di
santi decapitati che portano la testa sottobraccio e la tengono
all’altezza del cuore, procedendo come se fossero ancora vivi (un
esempio per tutti è dato da Saint Denis e San Miniato).Queste statue
sono una muta risposta alla vostra domanda.
Maschera – Cosa volete dire?
Volto – L’unicità di un essere umano non va né ricondotta a un solo
volto, che si celerebbe dietro ogni maschera indossata durante la vita,
né contraddetta opponendogli la molteplicità delle maschere, delle
sfaccettature della persona, e la loro irriducibilità ad adattarsi ad un
unico volto.
Può essere conquistata e riconosciuta solo da chi sappia rinunciare al
predominio della mente ed elevare il proprio cuore a sovrano giudice
dell’esistenza. Proprio come i santi che ho appena citato, che,
decapitati, portano la testa all’altezza del cuore, a significare che è
dalla luce e dal discernimento del cuore che si fanno guidare e che,
inoltre, hanno portato gli occhi all’altezza del cuore, è con il cuore
che “vedono”. La via della conoscenza passa attraverso una
decapitazione: né maschera, né volto. E chissà che la storia
contemporanea non vada letta proprio in questa chiave. L’epoca moderna
inizia con due regicidi e due decapitazioni: Carlo primo Stuart in
Inghilterra e Luigi sedicesimo in Francia. In questi ultimi tempi
dobbiamo subire quasi quotidianamente l’orrore delle decapitazioni
“mediatiche” degli sventurati occidentali che vengono catturati in Iraq
e in Afghanistan. Sia nella Storia, che nelle nostre vite individuali,
accade che le realtà interiori che non vengono comprese e incarnate
dall’anima ci vengano riproposte in modo sempre più violento e
ineludibile dall’esterno, dall’Anima Mundi. Così chi non è disposto a
trasformarsi, a danzare secondo le esigenze del tempo in cui vive, può
incorrere in un incidente ed essere costretto a percorrere forzatamente
quella via di trasformazione a cui consapevolmente si oppone, e persino
morire. Vi sembra una visione superstiziosa della vita e della Storia?
Pensateci…
Maschera – (Chiude di scatto il blocco di appunti utilizzato per
l’intervista) Ah, secondo voi mi avreste risposto? Vi auguro di
recuperare il senno perduto sulla Luna e di poter squarciare un giorno,
con i lumi della ragione, le fitte tenebre che avvolgono il vostro
intelletto! In tutta sincerità non credo che pubblicherò questa
intervista. Le ultime cose che avete detto, oltre a prescindere da
qualsiasi pensiero scientifico e razionale, rivelano in voi
insensibilità e cinismo. La prossima volta fatevi intervistare
dall’Anima Mundi!
Note:
(1) "L'autore ha svliluppato alcune delle idee esposte in questo articolo nel suo saggio "Dioniso nei frammenti dello specchio", Irradiazioni, Roma 2003