Dogma e ConoscenzaSoror A.X.E.L. |
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Fa’ ciò che vuoi, sarà tutta la Legge.
Pierre Simon de Laplace affermò: “Un’intelligenza
che, ad un istante dato, conoscesse tutte le forze da cui la natura è
animata e la situazione rispettiva degli esseri che la compongono, se
fosse abbastanza vasta da sottoporre questi dati ad analisi
abbraccerebbe nella stessa formula i moti dei corpi più grandi
dell’universo e quelli dell’atomo più leggero: per essa non ci sarebbe
nulla di incerto ed il futuro come il passato sarebbe presente ai suoi
occhi”.
Se la visione strettamente deterministica è stata parzialmente superata
e, a partire da alcuni elementi propri della fisica di frontiera,
persino criticata in alcuni dei suoi pilastri fondamentali, nelle parole
del matematico francese si continua a scorgere una fondamentale verità
circa il funzionamento dell’universo: l’olismo dei sistemi complessi.
Ciò che, forse, oggi comincia a fare davvero la differenza è
rappresentato dalla miglior percezione dell’inserimento dell’Uomo in
questo sistema: con buona pace di Pascal, potremmo spingerci ad
affermare che oggi persino l’idea in sé di Coscienza come fondamento
della Dignità dell’Uomo è qualcosa di parzialmente fuorviante, in quanto
persino l’idea in sé di Coscienza deve trovare il suo senso in un
discorso più ampio e sistematico, che includa lo sviluppo della stessa
come frutto di quell’Economia Universale - che in Thelema è
rappresentata dalla Dea Maat -
di cui l’essere umano auto-cosciente non è che una pedina in una
immensa e misteriosa scacchiera.
Ma vi è di più: in un universo sostanziato dalle leggi dell’entropia, la
Coscienza del sistema, in cui l’Uomo
è, ricerca la stabilità.
E’ proprio alla luce di questi paradossali, imprendibili e contrastanti
presupposti che il Ricercatore dello Spirito deve innanzitutto
soffermarsi nel ridefinire il senso della dicotomia apparente fra Gioia
e Dolore, il cui matrimonio/scontro genera quell’impulso vitale profondo
(e troppo spesso inconsapevole) che si pone alle fondamenta della
Volontà di Trascendenza.
Il verbo trascendere,
infatti,deriva dal latino trans – scandere, letteralmente “salire oltre”
ovvero “portarsi oltre”; perciò la reale (e Regale) Volontà di
Trascendenza, che sostanzia la Mistica più genuina, rappresenta
esattamente quella intrinseca necessità a spingere se stessi
perennemente oltre tutto ciò che viene avvertito come un limite,
ridefinendo ogni giorno i propri confini temporanei e spostando i propri
paletti sempre un passo avanti.
E’ tuttavia di capitale importanza sottolineare il fatto che questo
processo non può essere, in realtà, né insegnato, né in qualche modo
calcato a forza nella realtà individuale: la Volontà di Trascendenza
deve essere innata, assolutamente spontanea: “Ogni
uomo e ogni donna è una Stella”[1]
e segue perciò la sua traiettoria nel Gioco Universale;
crea il Suo Mondo, unico e Assoluto; fondamentale e Necessario.
Senza reale spontaneità naturale nella Ricerca, viene meno quella
caratteristica che sola contraddistingue un Vero Ricercatore, ovvero
l’Innocenza, e senza Innocenza nella Ricerca, ogni eventuale conquista
si trasforma in una degenerazione dell’Ego, poiché alla base di essa si
pone non la Gioia bensì quell’affanno del risultato che è la carogna
della paura; la Ricerca, allora, non avviene per
essere in sé, bensì per
trasformarsi nel fragile sostegno delle proprie aspettative, prima fra
tutte quella nata dalla disperata ricerca di un senso alla propria
esistenza.
“Poiché la pura volontà, non
mitigata da scopo, liberata dalla brama di risultato, è comunque
perfetta”.
[1]
La Ricerca, inoltre, deve avvenire per gradi ed i suoi risultati non
possono e non devono essere riferiti che da un autentico Maestro (ovvero
da qualcuno che abbia realmente e regalmente condotto, senza riserva e
secondo la Via a lui/lei più congeniale, la Ricerca) ad un autentico
Discepolo, a tempo debito.
L’Atto del Tacere, fondamentale nella Tradizione Iniziatica, è oggi
spesso criticato da chi non comprende più il senso racchiuso in ogni
Grande Via e, soprattutto, da chi scambia tragicamente l’individualismo
per l’Individualità ed il caos per la libertà.
Ma ogni Vera Via – ovvero ogni Via che per il Ricercatore Innocente
possieda un Cuore – necessita, per essere percorsa, di una Guida e di
una rigorosa auto – disciplina, quella stessa che sostiene ciò che la
tradizione buddista chiama “Il Retto Sforzo” oltre l’apparenza di Se
Stessi.
In assenza di Innocenza, in assenza di una comprensione del valore della
Ricerca in sé, in assenza di
gradualità dell’Insegnamento, in assenza di auto-disciplina, si finisce
inevitabilmente per cadere nel tranello della perenne dogmatizzazione
delle informazioni scambiata per consapevolezza.
Il Dogma, infatti, rappresenta il tragico epilogo di ogni falso
percorso, che si manifesta nella sterile cristallizzazione di una
conoscenza da parte di chi ha assorbito passivamente una serie di idee,
le ha fatte sue nella sovrastruttura senza comprenderle e vi si è così
ferocemente attaccato da pretendere che esista una verità oggettiva ed
assoluta circa esse.
Il dogmatizzatore è l’assassino delle idee, perciò, l’Iniziato che cade
nella fin troppo semplice pratica del dogmatismo finisce non solo per
mancare l’idea stessa che dovrebbe aver condotto la sua essenza più
profonda verso la Trascendenza, ma anche per essere un uomo o una donna
in definitiva peggiore di prima, poiché non sostanzialmente diverso o
diversa da ciò da cui avrebbe desiderato emanciparsi, ma – in più! –
sostenuto dall’idea di avere ragione.
“Also reason is a lie”.
[1]
Bisognerebbe rendersi conto che se è vera la bella storia delle maschere
pirandelliane da cui il Ricercatore del Sé deve emanciparsi (prendendone
progressivamente coscienza), è tuttavia altrettanto vero che togliere
una maschera non deve implicare il mettersene un’altra di scorta, forse
anche più appagante: esiste infatti la
Maschera dell’Iniziato e,
soprattutto, esiste la Maschera
del Saggio.
Prima si accennava alla dogmatizzazione come al “male del secolo” per
quanto concerne le tradizioni iniziatiche: è inevitabile, in un certo
senso, fa parte del gioco della contemporaneità e tutti coloro che
vivono e sentono oggi sono, di fatto, figli del loro stesso tempo e,
quindi, faticano terribilmente a sfuggire ad una serie di elementi che
sono parte integrante del senso e dell'aspetto di quello che, in
Thelema, è definito l’Eone di Horus.
Fra questi vi è innanzitutto quella massa di tendenze che Zygmunt Bauman
definì laliquidità; vi è poi
una sostanziale fragilità emozionale e psicologia del tutto nuova; una
tendenza complessiva ad evolvere una mente “usa&getta”, caratterizzata
dal finalismo esasperato, dalla impazienza, dall'individualismo,
dall'arroganza ma, soprattutto dall'eccesso di seriosità accompagnato,
paradossalmente, da una totale superficialità.
Se, perciò, il Dogma ha rovinato nei secoli la maggior parte delle
Grandi Vie Mistiche e Misteriche, è pur vero che oggi ancora più di ieri
questa tendenza si fa costante e fin troppo facilmente percorribile.
Oggi, ancora più di ieri, come detto, si sono rafforzati quei
disequilibri intrinsechi che tendono all’annichilimento del pensiero
astratto e auto-cosciente.
Troppo raramente oggi - ancor più di ieri -
avviene che Iniziati e Ricercatori dello Spirito si soffermino
con paziente profondità ad indagare il senso più completo di una
Istruzione, una Pratica, una Indicazione e ne intravedano e analizzino
tutte le conseguenze a cui la loro Coscienza riesce a portarli.
Forse, ciò avviene anche per altri motivi, più banali e squallidi; forse
il primo risiede nel dato di fatto che, purtroppo o per fortuna, oggi
l'avvicinarsi ad un Ordine Iniziatico è paradossalmente molto più facile
rispetto al passato, e questo implica tante cose, dal venir meno di una
automatica pre-selezione degli Iniziati, al venire meno (soprattutto) di
quella istintiva valorizzazione di ciò che si conquista a fatica.
Forse, il secondo motivo risiede proprio nella specifica struttura
psicologica dell'uomo contemporaneo occidentale, il quale ha purtroppo
radicato in sé anche un rigetto idiota per il concetto di auctoritas
in sé per sé…
Si è forse fatta confusione fra l’antica idea che l’Uomo possiede in sé
già tutte le caratteristiche per essere specchio dell’Infinito e la
banale e squallida idea che nessuno abbia più bisogno di niente e di
nessuno?
Si è forse rimossa l’idea che per percorrere un Sentiero di Ricerca
verso l’Integrità del Proprio Sé e della propria Essenza Trascendente,
sia possibile trovarsi a percorrere un Sentiero non raramente molto
doloroso e complesso?
Forse; e se le cose stanno così non vi è che prendere atto di quella che
potremmo definire “la banalità del caos”.
Forse. E forse non vi è che
prendere atto (anche e soprattutto) della progressiva scomparsa della
possibilità di comprensione di quella Grande Intuizione che sottende
ogni Grande Via: l’essenziale sovrapposizione dell’Idea
in Sé di Trascendenza e l’Idea
in Sé di Libertà con l’Idea
in Sé di Bellezza.
La Bellezza, in Thelema, diviene un valore etico davvero portante
se compreso nella sua profondità essenziale: la bellezza è certamente la
Virtù Mistica dello scorgere la “perfetta perfezione” del tutto, ma tale
perfezione non intende riferirsi al canone generalmente inteso di
armonia, poiché ciò implicherebbe dimezzare la proprietà del Mago di
porre all'interno di se stesso il Tutto, tendendo quindi a creare una
dicotomia fra ordine e caos, armonia e disarmonia e dando vita, di
conseguenza, alle fondamenta di un nuovo e dogmatico (appunto) dualismo
fondato sulla maschera della saggezza di cui si accanava poc’anzi.
Se, per definizione, il bello è armonia e l'armonia è l'ordine della
materia, per un Iniziato il Bello risiede esattamente nella
contraddizione perenne di ogni realtà, di ogni pensiero, di ogni verità;
il Bello è essenzialmente la costante percezione di Meraviglia
che risiede nel caos dell'armonia e nell'armonia del caos e nella
consapevolezza che tutto ciò che è ricade inevitabilmente nella
vitale tensione al non essere, e che tutto ciò che è[1]non
essere ricade parimenti nella vitale tensione ad essere,
equilibrando così un'Equazione Universale che, pure e tuttavia, possiede
le capacità di essere squilibrabile.
Ciò è realmente Meraviglia, e Meraviglia su cui poggiano le gambe della
Gioia rappresentata dall'Idea dell'Affermare
il Proprio Atto di Esistenza come Auto-Fondato nella Bellezza.
Perciò, “bello” non è il risultato, ma il meccanismo; “bello” non è il
prodotto, ma l' “azione”: è la Bellezza della Potenza e dell'Atto fusi
insieme.
“Ricordate voi tutti che
l’esistenza è pura gioia; che tutti i dolori non sono altro che ombre;
passano e sono finiti (…)”.
[1]
Una delle più importanti pratiche esistenti all’interno del percorso di
Thelema ma, a dire il vero e seppur con declinazioni differenti, in
tutte le grandi Vie Spirituali, consiste nella
cancellazione della storia
personale attraverso l’applicazione di quell’atteggiamento mentale
ed etico che, in modo straordinariamente brillante ed efficace, Carlos
Castaneda definì l’Impeccabilità.
Cito (perché è inutile cercare di ridire qualcosa che altri hanno già
detto meglio) da due fra i più noti testi castanediani:
L’Arte di Sognare
e
Il
Potere del Silenzio.
“Sii Impeccabile! (…) Essere Impeccabile significa mettere in
riga la tua vita per sostenere le tue decisioni, e poi fare molto di più
del tuo meglio per mettere in atto quelle decisioni”.
“L'Impeccabilità
è tutto quel che conta. L'impeccabilità, come ti ho detto tante e tante
volte, non è la moralità” disse don Juan “Le assomiglia soltanto.
L'impeccabilità è semplicemente il miglior uso del nostro livello di
energia. Certo, esige frugalità, sollecitudine, semplicità, innocenza,
e, soprattutto, esige mancanza del riflesso di sé. Tutto questo sembra
un manuale di vita monastica, ma non lo è”.
La cancellazione della storia personale rappresenta quella conseguenza
che viaggia parallela alla sua stessa causa quando essa è rappresentata
dalla sovrapposizione fra la Vera Volontà e l’Amore Incondizionato:
esistono svariate vie per raggiungere l’assenza della descrizione
perenne di sé e del mondo; si tratta, sostanzialmente, della concreta
assunzione dell’abbandono di quell’auto – importanza che scaturisce
dall’auto – descrizione, causata, a sua volta, dall’esigenza di
categorizzazione e di giudizio.
Ma c’è di più: l’importanza personale rappresenta l’ostacolo più
sostanzioso nella strada verso la libertà, in quanto pretende di
scandire ogni istante della vita propria (e del prossimo, per riflesso)
attraverso un rigoroso sistema di classificazione per progressiva
conoscenza, come condicio sine
qua non per l’atto dell’amore.
Se l’amore fra esseri umani – e più in generale fra esseri viventi – può
davvero rappresentare (come Thelema afferma) una via verso la
Trascendenza, allora è proprio a partire da questo amore, per sua
definizione mirato, relativo e non universale, che deve essere operata
una piccola/grande rivoluzione: è necessario apprendere a trattare
l’amore relativo e finito per gli esseri viventi come un riflesso
dell’amore indefinito e assoluto per l’esistenza in sé.
Come? Esattamente applicando il citato precetto (tanto caro a Carlos
Castaneda come a Thelema) della progressiva perdita dell’importanza
personale e della conseguente pretesa di descrizione della realtà
individuale; la conseguenza sarà la possibilità di percorrere il
sentiero dell’amore privo di attaccamento e (soprattutto!) della pretesa
egoistica ed invasiva di
comprendere il prossimo per
sottoporlo alla condizione dell’amore reciproco.
Ancora una volta, l’etimologia si rende assai utile: il termine
comprensione significa,
letteralmente, contenere in sé,
entro i propri confini, afferrare qualcuno o qualcosa.
Perciò, l’amore che scaturisce dalla comprensione porta inevitabilmente
con sé il senso del possesso: è la comprensione, allora, che deve
scaturire dall’amore; diversamente anche la comprensione si trasforma in
un condizionamento che reclama nutrimento per i propri bisogni.
Per concludere, raccogliendo i fili del nostro discorso: sembra risulti
oggi più che mai di assoluta importanza ribadire il fatto che la lunga
strada verso la Trascendenza deve sostanziarsi innanzitutto della più
assoluta coerenza fra i cardini della Via prescelta ed il vivere
quotidiano: fare – è
l’imperativo; non teorizzare nobili principi totalmente incompresi.
Come ricorda la celebre lirica di Ezra Pound, nel fare non vi è traccia
di Ego; l’azione coerente e costante rimane perciò l’unico appiglio
concreto per l’Iniziato per evitare la trappola di quelle patetiche
maschere dei saggi che oggi
più che mai funestano e minacciano la sopravvivenza – già a rischio per
la sua stessa natura elitaria – delle Antiche Tradizioni.
Crowley affermava che non era più tempo per fare filosofia; “Fa’
ciò che Vuoi” è – fra l’altro -
un imperativo realmente incentrato sulla pratica azione, sulla
reale messa in atto di quelle idee che piacciono alla mente e al cuore,
ma fin troppo facilmente si disgregano all’atto pratico.
E nuovamente:
“Sii Impeccabile! (…) Essere Impeccabile significa mettere in
riga la tua vita per sostenere le tue decisioni, e poi fare molto di più
del tuo meglio per mettere in
atto quelle decisioni”.
Per metterle in Atto.
Ogni ideale o valore che non passa mai dalla teoria alla pratica è
energia dispersa: è quella che molto trivialmente (ma efficacemente)
dovremmo chiamare una pura sega mentale, niente di più, niente di meno.
Ogni idea che non si trasforma in Atto consapevole, semplicemente, è un
evento potenziale privo della forza necessaria per verificarsi, ovvero è
Energia Dispersa: non a caso il tanto celebre Daimon Choronzon (333) è
detto – fra l’altro – Signore della Dispersione.
Affinché non si verifichi questa dispersione, e ciò in cui si crede
raccolga l’impulso per realizzarsi effettivamente, sono certamente
necessarie doti quali il coraggio o la coerenza, ma è di primaria
importanza l’effettiva interiorizzazione di un’idea, ovvero la sua
profonda e consapevole Comprensione, la quale è – si disse – l’essenza
dell’Anti Dogmatismo.
Il Dogmatico Dogmatizzatore, del tutto ignaro del senso di ciò che dice,
non realizzerà mai i propri ideali, ma solo la perversione nevrotica di
questi, ed il corteo che l’accompagna.
E così, come ricorda il Liber AL vel Legis, solo il “successo” è il
reale banco di prova di quello che i Maya chiamano il “Guerriero dello
Spirito” e che noi possiamo chiamare il Ricercatore del Sé; quel
successo che risiede puntualmente nella progressiva, innocente, limpida,
chiara scoperta delle proprie corde interne e la conseguente costruzione
della Vera Etica Interiore nell’esecuzione libera, auto-determinata,
serena e sapiente della propria Volontà, realizzando come essa sia – se
lasciata fluire – la nota che si accorda matematicamente alla Necessità
Universale.
“Quello che veramente ami rimane,
il resto è scorie
Quello che veramente ami non ti sarà strappato
Quello che veramente ami è la tua vera eredità
Il mondo a chi appartiene, a me, a loro
o a nessuno?
Prima venne il visibile, quindi il palpabile
Elisio, sebbene fosse nelle dimore d’inferno,
Quello che veramente ami è la tua vera eredità
La formica è un centauro nel suo mondo di draghi.
Strappa da te la vanità, non fu l’uomo
A creare il coraggio, o l’ordine, o la grazia,
Strappa da te la vanità, ti dico strappala
Impara dal mondo verde quale sia il tuo luogo
Nella misura dell’invenzione, o nella vera abilità dell’artefice,
Strappa da te la vanità,
Paquin strappala!
Il casco verde ha vinto la tua eleganza.
“Dominati, e gli altri ti sopporteranno”
Strappa da te la vanità
Sei un cane bastonato sotto la grandine,
Una pica rigonfia in uno spasimo di sole,
Metà nero metà bianco
Né distingui un’ala da una coda
Strappa da te la vanita’
Come son meschini i tuoi rancori
Nutriti di falsità.
Strappa da te la vanità,
Avido di distruggere, avaro di carità,
Strappa da te la vanità,
Ti dico strappala.
Ma avere fatto in luogo di non avere fatto
questa non è vanità. Avere, con discrezione, bussato
Perché un Blunt aprisse
Aver raccolto dal vento una tradizione viva
o da un bell’occhio antico la fiamma inviolata
Questa non è vanità.
Qui l’errore è in ciò che non si è fatto, nella diffidenza che fece
esitare”
Ezra Pound – Canti Pisani |
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