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Complementarietà Uomo-Donna D.P.R |
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Gentili Ospiti,
Oggi tratteremo anche della storia di un titolo.
Un titolo, che si è evoluto proprio perchè lo scritto non credeva a se stesso, e si rinnovava e si trasformava.
Il titolo non era conforme a ciò che volevo dire; non solo, ma impediva anche che lo scritto apparisse come tale.
Ed il titolo, come usualmente si dice è anch'esso un assoluto lirico, cioè ha la medesima importanza del contenuto, perchè lo racchiude e lo precede.
Il titolo di questo intervento è, ora, "Complementarietà Uomo-Donna?".
Il punto di domanda mi è parso d'obbligo proprio perchè la mia relazione vuole essere provocatoria nei confronti di un supposto ipotizzato rapporto relazionale basato su di una particolare ragion d'essere.
Quella che impone che uomo e donna siano necessariamente conducibili ad un unico tipo di unica entità, un fac-simile di un micro-gruppo di comunione.
Il titolo all'inizio avrebbe dovuto essere del tutto diverso, tanto è vero che ritenevo di eseguire una simulazione con un discorrere derivante dalle considerazioni-proposta tratte da miei altri scritti.
E' utile comunque premettere che, pur riconoscendo a quelle considerazioni il carattere della fondazione dell'analisi del problema, non si poteva tuttavia considerarle come uniche, sia come posizione sia come modalità di attuazione.
In ogni caso hanno dimostrato di avere una certa qual utilità definita dalla possibilità di approntare un metodo particolare per affrontare la questione.
Necessitava, tuttavia, di porre lo scenario comportamentale in cui si muovono l' Uomo e la Donna, i due personaggi: quasi come in cerca d'autore.
Esiste una descrizione di EDEN psico-sociologico che non ha uguali nel mondo cristianizzato occidentale ed è quella sul rapporto uomo-donna rappresentato dal Cattolicesimo olandese.
E proprio da esso si è ricavato l'inizio del nostro discorrere ed eventuale simulare.
All'inizio si pensava che ciò avrebbe consentito di dipingere un quadro in cui inserire l'idea-forza, l'idea-guida: quella dell'apparente analogia tra esseri umani e modelli fisici supportati da coerenti sviluppi matematici.
In effetti nel mio libro espongo la possibilità di porre un modello di tipo centrifugo per quanto riguarda l'uomo e di uno centripeto per quanto riguarda la donna.
Inoltre è descritta l'ulteriore possibilità della costruzione di un modello composto simulante un dipolo magnetico in cui la parte positiva e la parte negativa si uniscono per dare origine a ciò che solitamente si vede negli elementari libri di fisica in cui si nota che la limatura di ferro, per esempio, si dispone lungo delle linee preferenziali che vanno da un polo ad un altro del magnete stesso.
Questo proprio per designare quali erano le funzioni all'interno di questa struttura che si veniva a costruire.
Si è notato però che spesso non si verifica una situazione del genere così perfetta da determinare relazioni-giochi-rapporti reali, anzi il più delle volte vi è preponderanza di un aspetto (o maschile o femminile) all'interno del gioco di coppia.
Si è deciso allora di modificare il titolo in una descrizione analogica del rapporto uomo-donna; e questo, anche per far vedere che si era in presenza di situazioni che difficilmente erano descrittibili con un modello che tende alla universalità.
Durante la costruzione dei prodromi della simulazione si era constatato che i due concetti di Uomo e di Donna che si volevano costruire, non sembravano due aspetti di un unico essere neutro e che necessariamente devono unirsi.
Infatti le descrizioni di letteratura e sociologiche della coppia e dell'insieme di coppie male si adeguavano alla idealità del modello: nella realtà si riscontrava sempre una asimmetria nella coppia tanto più esagerata tanto più prevalevano caratteri specifici.
Insomma non si riusciva a costruire le due metà di un'unica mela, tanto per intenderci.
Come si poteva costruire allora un modello che si adeguava unicamente a delle eccezioni?
Avremmo dovuto fare allora come quelle discipline umane che si autodefiniscono scienze anche se difficilmente notiamo in esse la ripetibilità o la ripetitività degli avvenimenti, e che adottano pertanto solo schemi probabilistici su indagini statistiche: ciò però non sembrava rigoroso.
A ben guardare Uomo e Donna sembravano sempre più due elementi distinti che se messi insieme (e non sessualmente) davano origine ad una cellula sociale, il minigruppo per eccellenza, un qualcosa di totalmente diverso rispetto ai due primitivi elementi distinti.
Un prodotto -quella cellula- di così totalmente originale che qualcuno, errando, potrebbe considerare come essenziale per la costituzione societaria.
Insomma, e ritornando a noi e chiedendo venia relativamente alla banalità di un'asserzione ai limiti della decenza scientifica, sembrava che i due sessi si comportassero come se fossero due RAZZE diverse e ben distinte che venivano messe in relazione o che usualmente si mettono in relazione.
E probabilmente anche la parola "razza" non rende appieno la definizione di diversità che ne scaturiva.
In ogni caso però si poteva notare che la trasformazione per ognuno avveniva attraverso la con-presenza.
Da un punto di vista esoterico si poneva il problema dell'androgine, perchè ovviamente la questione della coppia sfociava nel concetto della comunione.
Si ci accorgeva però che l'androgine da una parte doveva essere costruito cioè non ne scaturiva spontaneamente e dall'altra si pensava (ma a sproposito) che non poteva derivare da una trasformazione interiore di un unico essere, se per esempio l'altro, pur essendo compresente, non era particolarmente attivo.
Inoltre data la teoricità del modello si notava fisicamente la coniugazione dipolare solo ad una certa qual distanza ravvicinata tra i due poli del dipolo, cioè tra il centrifugo o sorgente ed il centripeto o pozzo.
Infatti a grande distanza non vi era parvenza visibile di nessuna sorgente o pozzo: si notavano unicamente delle potenzialità che sembravano diventare in atto solo quando si riconoscevano.
Si è optato allora per costruire un' IPOTESI DI LAVORO DI TRANSIZIONE su cui discutere e non per costruire un modello: diventava infatti troppo rischioso.
Ed alla fine ho scelto un titolo il più possibile adeguato anche se incompleto, un titolo che per lo meno ponesse a me una domanda: è vero che l'uomo e la donna sono complementari l'uno dell'altro?
E se si in che misura?
E se no?
Sul no vi erano allora due domande ulteriori: perchè finora si è parlato di complementarietà?
E, seconda, quali sono le conseguenze di questa non complementarietà?
Naturalmente questo mio discorrere di oggi non vuole essere esaustivo, ma come facevo intendere all'inizio, unicamente provocatorio proprio per sviluppare in ognuno di noi una tensione nuova, una tensione verso un argomento strano.
Un argomento che finora è stato trattato come se così dovesse essere e quindi che appare come frutto di concezioni anche politiche, ideologiche particolari, oserei dire settoriali e quindi limitate e limitanti che hanno portato da troppo tempo a considerare che a base dello Stato vi sia la famiglia, e non il "single".
Non solo ma che lo Stato funzioni proprio in base all'esistenza dell'insieme delle famiglie coesistenti e funzionanti come tali e che quindi, in ultima analisi, lo Stato tuteli la famiglia perchè a sua volta ne è tutelato.
Un po' come il cane che si mangia la coda.
A base di tutto quel bel discorso ve n'è un altro che è quello della concezione dello Stato come Entità biologica, e non invece, come dovrebbe essere, come entità amministrativa.
Naturalmente, e qui si potrebbe procedere molto avanti, una posizione di questo genere è di tipo, fra i tanti tipi derivati, marxista a cui fa riferimento però anche una posizione cattolica.
Ma non sono questi nè il tempo nè il luogo per un dibattito politico e quindi su una ipotizzata convivenza o connivenza fra posizioni marxiste e un certo cattolicesimo massimalista ed integralista che tanto assomiglia nei modi e nelle forme del porgere ed anche per certi contenuti, all'ebraismo ed all'islamismo.
Sta di fatto comunque che le due concezioni, marxista e cattolica, nel mondo occidentale portano alla costruzione di uno Stato come Entità viva in cui la famiglia funziona da asse portante come base e come protettore.
Come si comprende facilmente la crisi è iniziata proprio all'inizio... e con il brano che avevo scelto a base del discorrere.
Ed è quello che ora leggerò.
Il brano è tratto da: "Il Nuovo Cattolicesimo Olandese" - Editrice Elle Di Ci -Torino Leumann - 2° edizione - ottobre 1969.
Vi prego di ascoltarlo con la solennità e l'attenzione che merita.
"Tutta la condizione umana è un dare ed un ricevere.
Servire ed essere servito, ispirare ed essere ispirato, amare ed essere amato.
Dove non è così, c'è morte.
Dove così è, comunque sia, nascono nuova vita, nuovi pensieri, nuove forme.
Tutto ciò che è umano, dal lavoro solitario alla conversazione piacevole od al salvataggio di un'altra vita, è sempre, in un modo o nell'altro, dare e ricevere, e quindi sorgente di vita e di fecondità.
Indipendentemente dal fatto che sia sposato o no, l'uomo partecipa a tutte queste cose che fanno vivere.
La condizione di Uomo o di Donna è una peculiarità specifica di questo ritmo grandioso.
"Uomo e Donna" non è, a rigore, una distinzione assoluta, tuttavia nei due sessi l'atteggiamento del dare e del ricevere è diverso.
L'atteggiamento maschile è piuttosto attivo e dispensativo, quello femminile piuttosto passivo e ricettivo.
Queste caratteristiche sono profondamente contessute in tutta la persona umana.
E' perfino possibile notarle nella figura fisica.
Ecco perchè anche il dare e ricevere fisico, è gioia e felicità, e a misura piena: tutto l'essere umano può esservi implicato, dal più profondo del suo intimo sino alla sua sensibilità più terrena.
Questo reciproco dare e ricevere è fecondo e suscitatore per eccellenza di nuova vita umana.
L'umanità, così come ogni individuo, scopre in sè questa forza con stupore e trepidazione.
Noi compiamo infatti qualcosa che supera tutto quello che siamo capaci di seguire coscientemente con la nostra intelligenza.
Se dicessimo: la sessualità (nella sua totalità dei suoi aspetti, fisici, psichici, etc) è buona, sarebbe dir troppo poco.
Essa è sacra.
E' in noi, una forza meravigliosa e creatrice.
Ma nello stesso tempo anche una forza che ci spaventa.
Quando l'attrazione sessuale viene astratta dal complesso dei valori umani e in modo particolare quando il suo lato più fisico (la sessualità genitale) viene astratto dal complesso della sessualità umana, possono allora manifestarsi insospettati abissi di male, proprio là dove
prima tutto sembrava delicato e gentile.
Solo quando venga assunta nella somma di tutte le caratteristiche dell'uomo, la sessualità rivelerà tutta la sua bontà e bellezza.
Ognuno sa per esperienza quanto una persona diventi cara al cuore di chi l'ama.
Il fascino dell'altro lo si vede e lo si suscita.
Nella persona amata traspare qualcosa di infinito.
Qualcosa che ti spinge a darti totalmente a lui o a lei.
Non è un'illusione: l'occhio si apre ad una bellezza reale.
Nella nostra valutazione del mondo intervengono ben più inclinazioni sessuali di quanto possiamo sospettare.
Vertice e sorgente di queste tendenze è l'amore fra l'uomo e la donna...(omissis)….
Due esseri umani, uomo e donna, che vogliono appartenere totalmente l'uno all'altro".
Come dicevo all'inizio, raramente si è osservato nel mondo cattolico occidentale una descrizione così pregnante e dal punto di vista psicologico e dal punto di vista sociologico.
Pare però di notare qualcosa di molto particolare.
Il testo in questione sembra basare la sua descrizione principalmente sul rapporto in cui la divisione per sesso pare diventi essenziale.
Non solo ma il brano stesso pone nella sessualità e poi nel frutto della sessualità la forza principale più o meno occulta dell'avvicinamento fra uomo e donna.
E' forse questa la complementarietà?
Ma la complementarietà si ha solo sul sesso?
E se si, è sufficiente per erigerla ad assoluta?
Ecco la prima molla della riflessione.
A molte persone differenziate per sesso, età, tipo di lavoro, grado intellettuale, località ho fatto chiedere se si sentivano effettivamente complementari a qualcuno e quando ed in che cosa, e perchè.
Ebbene la quasi totalità ha individuato l'apparire della complementarietà solo nella differenza del sesso e nel momento di massima intimità.
L'indagine a cui mi riferisco è stata da me effettuata in tre riprese: per conto di un giornale e di una emittente privata nel 1969 e nel 1981 e poi per il mio periodico nel 1993, con modalità di stretta analogia (per esempio con un linguaggio adatto al tempo) e soprattutto con una stessa domanda a risposte aperte e preconfezionate.
Alla domanda per me ora fondamentale: "quale è la situazione esistenziale che non sopporti in assoluto?, la stragrande maggioranza femminile ha risposto "la solitudine", mentre la stragrande maggioranza maschile ha risposto "sentirmi preso in giro".
A leggere solo questi due tipi di risposta, Il costruire un rapporto a due non sembra fondarsi su, nè avere il significato della complementarietà.
C'è da chiedersi allora quali altri bisogni esistenziali a parte quello sessuale intervengano per appagare il desiderio di comunione, e che quindi inneschino il processo fondato appunto sulla complementarietà.
A ben riflettere nessun altro bisogno vitale o intellettuale si presenta mediato dalla presenza dell'altro da sè.
I dare ed i ricevere dipendono dall'appagamento in proprio.
E con questa seconda molla di riflessione siamo arrivati al vero problema che appare alla luce.
Cioè: dalle conclusioni per il momento parziali che otteniamo appare che nella costruzione della coppia non ci si basa tanto sulla complementarietà tra il maschio e la femmina ma su una reciproca sussidiarietà che ha nella complementarietà sessuale (etero ma anche omo) il momento fondante.
Ciò a significare che nella complessiva costituzione di coppia sembra che non si instauri un modo di aiuto reciproco affinchè l'unione proceda come un tutt'uno: da cui, la complementarietà rispetto ad una nuova unità esistenziale ottenuta.
Pare invece che si instauri un modo di aiuto reciproco affinchè ognuno dei due, attraverso la virtualità esistenziale offerta dal rapporto di relazione, possa progredire nella sua propria e piena libertà intellettuale e spirituale: da cui, la sussidiarietà di ognuno verso l'altro.
E se mi si permettete, a questo punto un ringraziamento al Papa Giovanni Paolo II° per avere riportato in vibrazione solenne questo principio, proprio nella sua Enciclica "Centesimus Annus".
Sarebbe anche interessante, a questo proposito, indirizzare una ricerca sulla traduzione sociologica di questi due principi per vedere in che modo ed in che misura portano al concetto di Stato assistenziale ovvero di Stato sociale o di una mediazione di entrambi.
Come del resto anche i concetti di Stato derivanti dalla Dea-Madre e dal Dio-Padre.
Prima di procedere, ricordo che ho usato l'espressione: "etero ma anche omo".
E l'ho usata proprio a significare che ciò che importa essenzialmente nel mio discorrere è la condizione interiore e l'autoconcezione vissuta ed anche sofferta.
Che comunque non dovrebbe mai essere punita o dileggiata.
Ma ritorniamo al punto.
Notato che esiste una differenza sostanziale, si nota anche che l'uomo possiede una mancanza, una marcia in meno, e cioè la possibilità di causare in proprio l'immortalità.
Mentre la donna, come si sa, genera, e non solo genera ma anche solitamente, nutre e poi anche regola.
Queste costituiscono in sintesi la vera unica grande differenza tra Uomo e Donna che si esterna in differenze comportamentali nell'intimo, nel privato, nel sociale, nel pubblico.
E quindi, con buona pace di certa psicologia, non è tanto l'invidia del pene da parte del femminile che assume un aspetto fondamentale nel gioco dei ruoli, ma quanto è l'impotenza a generare in proprio e poi a nutrire e poi a regolare, da parte del maschio.
Ovviamente sono cose risapute.
L'uomo con la sua reazione a questa situazione ineluttabile ha determinato quel ribaltamento sociologico di migliaia di anni fa (di circa seimila simbolici anni fa) che viene perpetuato ancora ai nostri giorni con giustificazioni più o meno puerili.
Dal punto di vista di questa unica differenza, il modello simulativo iniziale poteva assumere ora un ruolo portante, però ora appare molto complicato determinare le conseguenze perchè non vi è sufficiente letteratura adatta in proposito.
La Donna, che nega la solitudine, che tende ad implodere, che si costituisce come nido che accoglie, pozzo che riceve, ma che a sua volta genera e nutre e regola, è realmente la Terra, secca ed umida.
l'Uomo, a caratteristiche esterne, che odia il dileggio nel sociale, che tende al pubblico, che è sorgente verso l'esterno di sè, che tende ad esplodere, è proprio la non Terra, ma è solo Acqua.
Assieme sono in grado di costituire un'unica Aria per poi diventare, isolatamente, Fuoco.
Mi scuso con chi, non Massone, non è avvezzo a termini non comuni: Terra, Acqua, Aria e Fuoco sono simboli letterari e sostanziali che sottoposti ad un'indagine rigorosamente razionale possono dare anche fruttuosi risultati di pensiero.
Sono simboli soprattutto della Libera Muratoria, ma se qualcuno si ricorda dei primi rudimenti di Filosofia del Liceo essi possono fargli scaturire rinnovate energie meditative su indimenticabili concezioni cosmogoniche.
Quel ribaltamento di anni fa, cui si accennava prima, è avvenuto e tuttora permane, per dare aspetto sociale alla diversità fondamentale e fondante di tutte le strutture societarie.
Ma non è stato eliminato il primo elemento cioè l'elemento fondante della diversità: non è stata eliminata la diversità dell'unione con il Sacro.
Nella ciclizzazione degli elementi, la Terra cosciente è unita al Fuoco del Sacro, ed è proprio il ri-torno al Fuoco che ri-porta al Sacro della Terra che ri-accoglie e ri-propone.
Almeno fino alla propria ri-produzione.
E' nella ripetitività che trovano giustificazione l'essere e l'esserci.
E' nella ripetitività che trovano anche giustificazione il produrre ed il ri-produrre, il prodursi ed il ri-prodursi.
Insomma la Donna proprio per sua costituzione e capacità e seppure in modo inconsapevole, è unita al Sacro: l'Uomo al contrario, no.
Ma può essere messo nella condizione di dirigersi verso il Sacro.
Siamo al nocciolo del nostro cercare, terza ed ultima molla del riflettere.
E siamo in vista delle conclusioni; e ci siamo arrivati effettuando magari in modo elementare, delle scomposizioni logiche su di un problema complesso.
La difficoltà dell'odierno porgere era quella di effettuare appunto le scomposizioni mantenendo nel contempo intatto il rasoio di Occam, così da far vedere sempre la complessità ma anche le autentiche articolazioni strutturali del problema.
Le conclusioni sono formulate a mo' di domanda e l'intendimento è che servano da catalizzatore per altrui riflessioni.
Allora, date tutte le premesse possiamo chiederci:
- ha senso la presenza della donna in massoneria?
- ha senso la coesistenza uomo-donna nella stessa loggia?
- può un uomo iniziare una donna?
- può la donna iniziare una donna e soprattutto un uomo?
Alla luce di quanto detto sopra direi intanto che sono tutte domande oziose perchè tutte assieme costituiscono un falso problema.
Si potrebbe invece dire che è proprio la presenza del femminile a dare un senso alla ricerca del sacro da parte dell'uomo non fosse altro perchè è proprio con la sua presenza che l'uomo viene immesso correttamente nella direzione salvifica.
Anzi è proprio la sua presenza attiva che continua a tenere sveglia e ad assicurare all'uomo la sua ansia di immortalità.
Ed è poi per questo che avviene in continuo il ritorno dell'uomo alla donna.
L'iniziazione, nel mentre serve alla donna per risvegliare in lei la consapevolezza della sua appartenenza al sacro, nel contempo serve all'uomo per dargli la possibilità per inoltrarvisi.
Ed ecco ancora il principio di sussidiarietà che ricompare: si perchè non bisogna dimenticare che la ricerca della luce non è mai di coppia o comunitaria, è invece singola.
Si tratta infatti, come molti sanno, di un viaggio "sui generis" tutto in salita ed in solitudine, però gioioso.
La lettura dei simboli, l'appropriarsene quasi geloso, la particolare concezione del rito che ognuno si costruisce nel segreto del proprio interno, del proprio intimo, afferiscono ad ognuno significati mediati solo dalle sue proprie mentalità e capacità.
E la con-presenza uomo-donna aiuta anche inconsapevolmente la realizzazione di ognuno: nascono infatti intuizioni per ognuno di altro tipo che, rese palesi, invitano a riflessioni a tutto campo seguendo la pista analogica e del pensiero laterale.
Le conclusioni ovviamente parziali della ricerca di ognuno scaturiscono per salti di qualità, di interesse, di contenuti.
Per illustrare il modo di percorrere e di ottenere potremmo dire che siamo in presenza di una rappresentazione che non è costituita da una curva di tipo continuo ma a denti di sega a varia distanza ed a varie altezze.
Un'ultima riflessione.
Ci si potrebbe domandare che se anche fosse possibile dare risposte positive alle quattro domande che mi sono appena posto (e cioè la presenza e la coesistenza della donna e l'iniziabilità reciproca uomo-donna) non occorrerebbe poi anche utilizzare simbologia e rito appropriati e distinti per l'uomo e per la donna.
Ebbene sempre alla luce di quanto esposto, data l'universalità dei simboli e della ritualità, universalità dovuta alla loro "traducibilità" in ogni linguaggio ed in ogni dove ed in ogni tempo, non pare che esistano controindicazioni per l'uso in comune.
Quello che infatti importa nella lettura del rituale è l'atmosfera che si viene a creare e l'esaltazione della propria immaginazione e creatività.
Basterebbe a questo proposito ricordare solo una cosa: molti di noi hanno letto il Farina che riporta TUTTI i rituali.
Chiunque (uomo o donna), se vuole, li può leggere; anche il profano scientificamente curioso, anche chi (vedi certi politici e assimilati) osteggia la Massoneria, anche chi (vedi sopra) nulla comprende della Massoneria ma ne parla comunque, magari a sproposito, magari in malafede, magari con fini più o meno reconditi.
Ebbene ritengo che chiunque di noi (uomo o donna) abbia riscoperto come nuovo, un rituale già letto, vivendolo però in prima persona.
L'ansia di parlarne, il desiderio di partecipare, la volontà di esprimersi e di cercare spiegazioni comuni o consensi in genere risultano sempre più evidenti e necessari man mano che ci si inoltra nella ricerca del proprio sè.
Allora si sviluppano concezioni razionali o spirituali o irrazionali o animiste o altro, si ricerca il confronto, il conforto, l'appoggio.
E l'uomo desiderando la visione del sentiero verso il Sacro, è costretto a chiamare intimamente e inconsapevolmente chi nel Sacro è già inserita: la donna nuovamente generatrice, nutrice e regolo dell' esistenza nuova.
Insomma il rituale si presenta come assoluto ed universale, ed è proprio la visione femminile cioè l'interpretazione di quegli stessi simboli e di quella stessa ritualità da parte della donna che riscopre le sue potenzialità primigenie, che farà sorgere nell'uomo la nuova conoscenza, la nuova coscienza, la vera coscienza della conoscenza.
La trasformazione in unum-universum-deum.
Ecco la potenza della coincidenza donna-sacro, della trasformazione uomo-sacro.
Ecco come nasce la complementarietà delle risvegliate parti maschile e femminile e nell'uomo e nella donna.
Ma solo nel Sacro, cioè attraverso l'iniziazione di ciascuno.
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