INRI, Aikido e Pensieri in Libertà

Carlo Caprino

La realtà è come un viso riflesso sulla lama d'un coltello:

le sue proprietà dipendono dall'angolazione con cui la osserviamo.

(Hsing Yun, "Descrivendo l'indescrivibile")

Premessa

Ho avuto la fortuna di poter frequentare, anche se per i pochi anni della mia fanciullezza, la fumosa e antica officina da fabbro maniscalco in cui il mio nonno paterno esercitava quell’arte che suo padre, e il padre di suo padre avevano fatto prima di lui. Tanti sono i ricordi che conservo, tra questi l’importanza che lui dava agli attrezzi della sua professione. Egli sosteneva che la Maestria si esprime appieno solo tramite un adatto strumento e che – di contro – solo chi possieda capacità e conoscenze sufficienti può sfruttare al meglio un attrezzo.

Se quanto sopra era vero per la forgia ardente e per la massiccia incudine accanto a cui noi bambini ci estasiavamo, lo è altrettanto anche negli altri campi in cui la nostra quotidianità si svolge, con la (apparente) differenza di dover magari individuare gli "attrezzi" più utili alla nostra bisogna. Tra questi possono a buon diritto rientrare passi ed estratti di scritti vari, moderni e antichi, orientali ed occidentali. L’interpretazione che se ne può dare diventa "strumentale" alla pratica in corso e quindi – per certi aspetti - tanto corretta, esatta e "reale" quanto potrebbe essere quella completamente opposta. Ognuna di queste opere è uno specchio, ognuno vi vede ciò che è in grado di proiettarvi, magari qualcosa che, per i più svariati motivi, l’autore stesso non immaginava neppure ma che, comunque, la rende "reale" quanto le innumerevoli altre interpretazioni.

Va detto, a mia anticipata discolpa, che molti dei brani impiegati nelle mie riflessioni sono particolarmente propizi ad una molteplicità di interpretazioni e che anche per questo ho superato il timore di compiere un delitto di "lesa maestà" nel piegarli al mio fine e nell’impiegarli come strumenti al pari di un martello o un cacciavite. Guardo insomma, in maniera cosciente, il dito, senza preoccuparmi se colui che me lo mostra volesse in verità indicarmi la luna, anche perché, per dirla alla Nietzsche "non esistono fatti, ma interpretazioni".


Alla teoria non può non accoppiarsi la pratica, pena la quasi l’inutilità dell’una senza l’altra, ed è proprio la pratica praticata, preceduta o seguita dalla teoria, che spesso ha un effetto maieutico, stimolando e favorendo intuizioni o collegamenti a mo’ di ponte tra argomenti che fino a prima sembravano distanti come le rive di un ampio fiume.

Questa premessa spero possa in qualche modo spiegare come – quasi d’improvviso – nella notte di Ognissanti, mi si è presentato un parallelo tra l’Aikido e uno degli acronimi più noti (ma non per questo conosciuto...) nel mondo occidentale, un parallelo che avrei giudicato assolutamente strampalato solo il giorno prima, evidentemente evocato da alcuni scambi in una lista di discussione su Internet e dalle riflessioni favorite dal seminario di Aikido condotto da Paolo N. Corallini a La Loggia a fine ottobre.

INRI, acronimo o altro

Mi prendo la libertà di citare e assemblare ampi stralci di alcune e-mail pubblicate sulla lista di discussione collegata al sito internet www.fuocosacro.com sperando di non stravolgerne il senso.

Filippo Goti, Il moderatore della lista ha posto, tempo fa, una interessante questione:

Non ritenete opportuna l'introduzione di una questione metodologica, legata proprio alla discussione del significato di INRI?

Vogliamo considerare INRI come "parola sacra", "parola di potere", o "mantra"; e quindi da utilizzarla durante pratiche invocative o evocative.

Oppure considerare INRI un acronimo legato ad operatività alchemica ?

Ancora.... Vogliamo contestualizzare INRI al periodo storico del primo secolo cristiano, o traslarla durante il rinascimento (periodo più consono all'alchimia) ?

Quasi tutti noi abbiamo appreso tramite il catechismo della Chiesa cattolica che il monogramma INRI nella sua forma profana significa: Jesus Nazarenus Rex Iudaeorum (Gesù di Nazareth Re dei Giudei ) ed è la condanna dispregiativa che i soldati romani affissero in testa alla Croce su cui Gesù visse la sua Passione.

Il cartiglio con tracciate le quattro lettere ricorre in tantissime opere pittoriche che ritraggono questo momento ma la prima perplessità sorge proprio ammirando la quantità di immagini che vogliono ritrarre questo evento... alcune riportano un cartiglio con la scritta orizzontale, in altri le lettere sono disposte a quadrato con un senso di lettura orizzontale, su due righe:

IN

RI

mentre in altri ancora la lettura è in senso verticale, su due colonne:

IR

NI

Se possibile, le perplessità aumentano quando ci si rende conto che l’acronimo è probabilmente una "licenza pittorica, dato che gli evangelisti canonici (quale che sia il valore che si voglia dare alla loro testimonianza) riportano il titulus (tavola in cui di norma si indicava il nome del condannato alla crocifissione) fatto affiggere da Ponzio Pilato con versioni diverse tra loro:

Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: "Questi è Gesù, il re dei Giudei".

(Matteo 27,37)

E l'iscrizione con il motivo della condanna diceva: Il re dei Giudei.

(Marco 15,26)

C'era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei.

(Luca 23,38)

Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei».

(Giovanni 19,19)

Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove fu crocifisso Gesù era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco.

(Giovanni 19,20)

E’ facile immaginare i motivi che resero "famosa" questa frase nel corso dei secoli, e come queste quattro lettere divennero le iniziali di parole veicolo di ben altri significati. Così tale monogramma servì nel corso del XIX secolo come segno di riconoscimento dei Carbonari, e corrispondeva a Iustum Necare Reges Italiae (È cosa giusta uccidere i re d'Italia), mentre per gli Alchimisti il significato è Igne Natura Renovatur Integra, ovvero "Con il Fuoco si ritrova il Nitro, l'Azoto".

Riguardo a questa interpretazione, il già citato moderatore della lista di discussione di "Fuoco Sacro" afferma:

Igne Natura Renovatur Integra nella sua valenza esoterica, e nello specifico alchemica. La miapersonale interpretazione è legata alla posizione predominante del FUOCO in questo acronimo. Il Fuoco divino che purifica, rinnova la natura, mondandola da ciò che divino non è, e ristabilendo eguaglianza sostanziale, fra la fonte e la manifestazione.

Un fuoco che prende le mosse dal fisico, che divampa nella mente, e che plasma l'anima, disgregando ogni grumo e macchia.

A quanto sopra un altro corrispondente offre una alternativa:

Io preferisco: la natura originaria rinasce nel fuoco (come la Fenice).

Azoth = A + Alpha e Aleph, e poi Zeta + Omega e Thau.

A puro titolo di cronaca, è opportuno dire che alla lista di possibili interpretazioni dell’acronimo possiamo ancora aggiungere:

Igne Nitrium Roris Invenitur

Jamaim, Nor, Ruach, Jabashah

Justitia Nunc Reget Imperia

Ineffabile Nomen Rerum Initium

Intra Nobis Regnum Jehovah

Indefesso Nisu Repellamus Ignorantiam

Infinitas Natura Ratioque Immortalitas

Justum Necare Reges Impios

Ignatii Nationum Regumque Inimici,

elenco in cui, cogliendo fior di fiore, ciascuno potrebbe trovare quella che più si confà al proprio sentire o che meglio si presta alle proprie "simpatie" (l’ultima citata non è propriamente un complimento ai Gesuiti di S. Ignazio...)

Aikido e grammatica

Visto l’ampio ventaglio di possibili interpretazione, e stante quanto detto in premessa, appare un po’ meno peregrino il dividere INRI in due sillabe, ovvero IN e RI ed esaminarle separatamente.

IN è un prefisso presente in parole di origine latina, indicando per lo più un cambiamento di stato, un divenire. Inoltre – come preposizione - introduce determinazioni di spazio, specialmente di stato in luogo, mentre in unione con verbi che indicano movimento, avvicinamento e simili introduce una determinazione di moto a luogo ed, in unione con verbi che esprimono un cambiamento o un mutamento indica il punto di arrivo, lo stadio finale.

RI – come la sua variante "re" – è un prefisso che indica ripetizione, movimento in senso contrario, ritorno a uno stato precedente o anche intensificazione, in verbi e sostantivi o aggettivi specialmente di origine latina.


Per la sua caratteristica di cambiamento di stato e di moto al luogo, ad IN associo l’idea di una freccia, sia come arma dalla traiettoria dritta e immodificabile, sia come strumento di indicazione di un punto; dalla freccia al triangolo il passo è breve e altrettanto lo è quello per giungere ai concetto di Omote e Irimi dello Aikido.

Il Triangolo rappresenta Iku musubi, ovvero il "fondamento della vivificazione" o lo stato dello scorrere del Ki, ci ricorda una catasta di legna che arde con una fiamma che sale verso il cielo e rappresenta quindi il principio focoso, che si collega al principio maschile, spesso raffigurato, dal Priapo latino al lingam indiano, da un fallo eretto, pronto a "penetrare" nel principio femminile per "vivificarlo" col proprio seme. Come la fiamma sale dritta verso il cielo, le tecniche omote entrano dritte nella guardia dell'avversario e quindi tecnicamente il triangolo è la chiave per "entrare" e rappresenta l'irimi e le traiettorie diagonali delle tecniche omote. Nella forma piana il triangolo richiama la postura ortogonale dei piedi in hamni (quello posteriore corrisponde alla base e quello anteriore all’altezza) e ricorda i tre imprescindibili componenti della pratica ovvero Uke (colui che attacca e "riceve" la tecnica), Tore (colui che si difende ed esegue la tecnica) e la tecnica che i due partner eseguono, tre elementi che non hanno senso e compiuta attuazione se manca anche uno solo di loro. Nella forma solida il triangolo si trasforma in piramide, che racchiude e richiama la figura del praticante in sankaku-tai (letteralmente: "corpo triangolare") sia in seiza (postura in ginocchio) che in tachi-ai (postura in piedi), con il baricentro che corrisponde al centro della base, in una postura stabile, "dentro" (altro significato possibile di "IN") il kamae.

L’idea di circolarità evocata da RI si presta a richiamare invece il cerchio o la spirale, e di conseguenza, nello Aikido il principio Ura.

Come il triangolo rappresenta il principio maschile, il Cerchio rappresenta il principio femminile nelle sue varie espressioni, a partire da quella fisica: sin dalla notte dei tempi i seni ed i fianchi abbondanti, ovvero le "curve" prosperose, erano nelle donne segno di opulenza ed indice di buona salute e di sicura discendenza. Il cerchio è Taru musubi, ovvero il "fondamento del completamento", come l'Eva biblica creata per "completare" Adamo e simboleggia il regno vegetale, la Madre Natura rigogliosa rappresentata dai miti di Cerere e Demetra. Ancora il cerchio è la bocca di un pozzo o il profilo di una coppa che contengono l'Acqua che assicura la vita e che scende verso il basso e scorre in orizzontale così come il fuoco maschile sale verticale. Tecnicamente il cerchio rappresenta la chiave per "unire", il tenkan, il tai-sabaki e le traiettorie delle tecniche ura, che "accolgono" e contengono l'impeto dell'aggressore. Nella forma piana il cerchio è il Do, la Via del Budo, il cammino infinito di studio e conoscenza che per crescere e svilupparsi deve tornare periodicamente sui suoi passi per approfondire e migliorare quanto già appreso, traendo nutrimento da sé stesso come un ouroboros. Nella forma solida è la "sfera di energia" in cui l’aikidoka racchiude e avvolge l’avversario, delimitata degli arti superiori ed inferiori, come nella celeberrima rappresentazione dellUomo Vitruviano del Da Vinci.

Triangolo e Cerchio, Maschile e femminile, Fuoco ed Acqua che uniti producono vapore. In Giappone questo elemento è rappresentato da un insieme di linee ascendenti che, in unione al grafema "Kome" avente il significato di riso, origina l'ideogramma del termine Ki. Questo è intraducibile letteralmente, si può parlare di energia vitale, di un forza che trascende il fattore muscolare, o di varie altre definizioni, nessuna completa ed esaustiva. Nessun termine occidentale si avvicina come significato, se non nel latino e nel greco classico ("spiritus" e "pneuma"). In Giappone esso è al centro di molti ideogrammi, che contemplano rapporti tra gli uomini, tra loro e le cose e così formato il simbolo ha in sé l'idea di nutrimento, che deriva dal riso, e di energia, che scaturisce sotto forma di vapore. Ma non solo: il grafema "Kome" può anche indicare le varie direzioni in cui la potenza si espande nello spazio. Il termine "Ki" rappresenta quindi l'invisibile energia vitale che si origina dall'unione del principio maschile con quello femminile e che si estende in ogni direzione ed è parte fondamentale ed imprescindibile della pratica di Aikido.

Se le due parti dell’acronimo richiamano rispettivamente triangolo e cerchio, la loro unione, rappresentata come sopra detto su due righe o due colonne realizza un Quadrato, forma geometrica che rappresenta tamatsume musubi, ovvero il "fondamento del riempimento", lo stato solido, la materia concreta. I quattro lati corrispondono al quaternario degli elementi mentre tecnicamente in Aikido il quadrato è la chiave del "controllo", il fine a cui tende una tecnica, omote o ura che sia: quadrata è la forma che assume il busto del Tore che controlla il braccio di Uke dopo ikkyo, la metà di un quadrato è raffigurata dal braccio e dal busto dell'Uke controllato dallo stesso ikkyo. Controllare significa verificare ed accertare l'esattezza o la correttezza di qualcuno o qualcosa, quindi se il cerchio è perfetto, il quadrato è giusto, tanto da essere stato adottato dai pitagorici quale simbolo della Giustizia; rappresenta quindi la Legge, nel senso estensivo del Dharma sanscrito, che è normatività interiore, codice esteriore ed ordine concettuale. Controllare è anche inteso come vigilare o sorvegliare l'accesso ad una zona sacra o riservata, per accogliere solo chi ne sia degno; in questa accezione il quadrato nella forma piana rappresenta sia il recinto sacro che il tatami che attutisce le cadute del praticante e "vigila" sulla sua incolumità mentre nella forma solida richiama il Tempio, in cui sancta sanctorum è custodito e protetto, come il Dojo, il luogo in cui si pratica l’Arte marziale, sacro per la presenza del Shinza (letteralmente: "luogo dove risiede il Cuore - Spirito") e del Kamiza (letteralmente: "luogo dove risiedono gli spiriti del Fuoco e dell'Acqua").

Oltre a quanto sopra, le tre forme rappresentano anche i tre mondi dell'uomo: il mondo materiale, composto da quattro elementi, è rappresentato dal quadrato; il cerchio rappresenta il Divino, l'Uno che tutto contiene e che non ha ne' inizio ne' fine mentre il triangolo, che nella tradizione pitagorica si manifesta come Tetraktys, simboleggia l'ascesa dal molteplice all'Uno e secondo il Wirth, collocandosi tra il cerchio ed il quadrato, rappresenta il mondo spirituale, il tramite tra la Materia e il Divino, la modalità in cui l'uomo tenta di raffigurare l'inconoscibile, come nei casi della Trinità cristiana o della Trimurti induista.

Conclusioni

In chi consideri Aikido come mera pratica fisica queste note susciteranno reazioni oscillanti tra l’ironia e lo sgomento, ed altrettanto avverrà per chi ritenga che la pratica consista in un isolamento quanto più ampio possibile dalle cose del mondo. Chi invece ritenga che ogni atto della vita ed ogni momento del quotidiano possa essere strumento e teatro della sadhana personale riuscirà ad andare aldilà della mia povertà d’espressione e potrà trovare, nelle sue esperienze, altrettanti "collegamenti" tra pratiche a prima vista senza nulla in comune.

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