La Sublimazione Alchemica e Le Aquile
di Alessandro Orlandi
Gli Animali Simbolici
Messaggero di Zeus nella mitologia greca e di Vishnu, col nome di Garuda, in
quella induista, nella mitologia asiatica e
nordeuropea l’aquila è l’unico animale che può fissare impunemente il
sole.
Adottata più volte come emblema da potenze imperiali (ad esempio dalla Persia
achemenide, dalla Roma dei Cesari, dalla Francia di Napoleone e dall’America
moderna) il re degli uccelli
diviene nel Cristianesimo anche
simbolo angelico e designa uno dei quattro evangelisti. L’aquila simboleggia il
sole sia nella mitologia asiatica che presso gli aztechi, i quali ritenevano che
sia gli uomini caduti combattendo, che quelli sacrificati ritualmente, avessero
la funzione di nutrire
In questo articolo ci interesseremo in modo particolare all’aquila in alchimia,
con particolare riferimento alla fase dell’Opus cosiddetta delle “aquile”. Prima
di occuparci direttamente della sublimazione e delle “aquile”, è necessario
richiamare brevemente in quale momento dell’Opus alchemicum vada collocata
questa fase e ciò che viene detto
sul Vaso su cui si opera.
Nell’Opus alchemicum, dopo l’importantissima fase della congiunzione degli
amanti (del Sole e della Luna nel bagno alchemico, dello Zolfo e del Mercurio,
del fisso e del volatile), c’è quella della loro putrefazione, cui fa seguito la
nascita di un Bambino Filosofico che è “più vecchio dei suoi genitori”.
Questo bambino deve, secondo gli alchimisti, essere continuamente nutrito con un
alimento appropriato. Santinelli[1],
ad esempio, sostiene che tale alimento deve consistere in un "debole mestruo"
finché il bambino si trova ancora nel ventre materno, cioè nel Vaso Alchemico, e
di "latte di Vergine" dal momento in cui viene alla luce uscendo dal Vaso.
Accanto all'immagine del Bambino Filosofico, il germe che deve svilupparsi
nell'Oscurità del Vaso, altre
immagini ed allegorie costellano questa Fase dell'Opera e, tutte, alludono alla
necessità di purificare la "Terra Filosofale" contenuta nel vaso, liberandola
dall'Ombra e dalla Morte.
Prima di indagare sulle operazioni necessarie per ottenere tale "depurazione",
soffermiamoci per un istante sulla natura
del Vaso.
[2]
Tutti i testi concordano sul fatto che il Vaso deve restare ermeticamente chiuso
fino a quando la materia che contiene non sia stata completamente "lavata e
sbiancata"e siano state "eliminate le fecce che la insozzano" .
Chi non si curasse di prendere questa precauzione rischierebbe il fallimento
dell'intera Opera[3],
e il risultato sarebbe l'esplosione del Vaso e la conseguente proiezione
violenta del suo contenuto sull'ambiente circostante.
A proposito del Vaso, Santinelli[4]
così mette in guardia i suoi lettori: "Ma
tu, o lettore, quando a tempo debito vorrai porre nel vaso la tua opera, cura
che sia Sigillato il vaso dalla tua accortezza, in modo che possa trattenere al
suo interno la virtù in tutto il suo vigore e non escano dal vaso quelle acque
salutari e preziosissime: in questo infatti consiste il pericolo. Perciò unisci
la tua opera a quella della natura, in modo che essa sia
la tua maestra, ed osserva come essa con tale sigillo operi o non, ma abbi
sempre in mente 1'arcana della natura, sia ponendo nel vaso, sia sigillando nel
vaso; infatti la conoscenza dell'una cosa, insegna l'ordine dell'altra. Se vuoi
togliere il freddo alla casa accendi il fuoco, se vuoi trattenere in patria
l'errabondo, circonda le
mura di nemici; per non cadere, evadendo, nelle mani dei
nemici, rimarrà in patria. Sii prudente".
Tre cose devono però essere note all'alchimista, dice ancora Santinelli, se egli
vuole portare a termine con successo la sublimazione[5]
della materia prima e purificarla completamente: 1) II fuoco[6];
2)
Queste tre cose sono distinte ma anche inseparabili e se si vuole ottenere una
di esse devono essere note anche le altre due.
Tale Vaso, ci dice Santinelli[7]
, "deve essere del vetro più puro
estratto dalle ceneri con sagacissimo ingegno, vaso pulitissimo e della natura
del fuoco". Nel suo commento alle Visioni di Zosimo Jung[8]
riporta numerose citazioni tratte da testi alchemici, riguardanti l'arcano del
Vaso. Riportiamo qui quelle per noi più significative.
Dal Rosarium philosopharum: "Unus est
lapis, una medicina, unum vas, unum regimen, unaque dispositio".
Dalle Allegoriae sapientum: "Anche la
nostra pietra, ossia l'ampolla del fuoco, è creata dal fuoco".
Dalla Philosophia reformata di Mylius: "II
vaso è la radice e il principio dell'arte nostra".
Da Eracleone: "Io sono un vaso più
prezioso della creatura femminile che vi ha generato. Giacché, mentre vostra
madre non conosce le proprie radici, io ho nozione di me stesso e conosco da
dove provengo, e invoco la imperitura sapienza che è nel Padre, e che è madre
della vostra madre; ella che non ha madre alcuna e neppure si accompagna ad
alcun uomo".
Infine, ci ricorda Jung, Michael Mayer attribuisce
a Maria l'Ebrea (una mitica sorella di Mosè) 1'opinione che tutto il segreto
stia nella conoscenza del vaso ermetico.
Quest'ultimo sarebbe infatti divino e sarebbe celato agli uomini dalla sapienza
del Signore. Jung riporta anche l'opinione di Dorneus, secondo il quale il vaso
dovrebbe venir prodotto dalla quadratura del cerchio.
Cerchiamo ora di indagare sull'operazione descritta dagli Alchimisti con il nome
di Sublimazione, Purificazione, Lavaggio, Preparazione delle ceneri,
Sbiancamento della Materia, Scremazione del Latte e che Trismosin nel "Toison
d'or" descrive attraverso l'immagine delle lavandaie che fanno il bucato alla
biancheria sporca[9]
e con l'impresa di Ercole consistente nel pulire le stalle di Augia deviando dal
suo corso il fiume Alfeo.
Filalete invece in “L’entrata aperta al palazzo chiuso del Re” afferma che: "Qui
la madre sigillata nel ventre del suo bambino si innalza e si purga, cosicché di
fronte alla tanto grande purezza in cui è
mantenuto il composto, la putrezione se ne allontana".
In Lambsprinck[11],
nel commento all'ottava figura, ritroviamo invece un motivo comune alla maggior
parte dei testi alchemici, quello cioè dei due principi opposti ed in lotta tra
loro che devono essere fusi in un unico principio:la figura mostra due uccelli
che si dilaniano a vicenda ed il commento dice: "I
due uccelli, Corpo e Spirito, si divorano l'un l'altro, così deve essere".
Ritroviamo questa stessa contrapposizione agli albori dell'alchimia in Zosimo,
il quale ha la seguente visione[12]:
". . .. Dicendo queste cose mi
addormentai e vidi un sacrificatore in piedi davanti a me , sopra un altare a
forma di Vaso. Per salire su questo altare c'erano quindici gradini. Il
sacerdote vi si teneva in piedi ed io udii una voce dall'alto che mi diceva: "ho
compiuto l'azione di discendere i quindici gradini camminando verso 1'oscurità e
l'azione di salire sui gradini andando verso la luce. E' il sacrificatore che mi
rinnova rispettando la natura pesante del corpo. Così, consacrato sacerdote per
necessità,
divengo uno spirito".
Più oltre Zosimo ha un'altra visione:
"Vidi un altare a forma di Vaso; uno
spirito igneo in
piedi sull'altare presiedeva all'effervescenza al ribollire
ed alla calcinazione degli uomini che si elevavano. Mi
informai a proposito di quelle persone e dissi: "Vedo con
stupore l'effervescenza ed il ribollire; come possono essere ancora vivi questi
uomini in ignizione? " E, rispondendomi, egli mi disse: "Questa effervescenza
che tu vedi
è
il luogo ove si esercita la macerazione. Gli uomini che
vogliono ottenere la virtù entrano qui. Essi perdono i loro corpi e divengono
spiriti ... rigettando la pesantezza del corpo, divengono spiriti.”
La dualità spirito-corpo ritorna spesso nei testi alchemici come opposizione tra
il Fisso, assimilato al Corpo, ed il volatile, caratteristica attribuita allo
spirito.
La pietra degli alchimisti dovrà infine avere in sé entrambe queste due qualità:
la stabilità e la solidità del corpo (l'apertura prematura del vaso associata
alla fuga degli spiriti vitali dal compost che lasciano nelle mani dell'adepto
solo la materia inerte e morta) e la vitalità e la luce che lo spirito porta con
sé.
Per ottenere questa fusione tra i due principi, l’alchimista
deve, più e più volte, compiere due operazioni opposte: la discesa dello
spirito, del volatile, nelle regioni più “basse” condizionate ed oscure del
corpo e l'ascesa delle parti corporee verso la sommità del vaso, ove regnano i
"vapori spirituali"
Albert Poisson[13]
così descrive questa fase : "La
distillazione è talvolta scissa in due tempi o operazioni:
1)ascensione dei vapori o sublimazione, simbolizzata da un uccello che si eleva,
la testa diretta verso l'alto della figura;
2) condensazione dei vapori in liquido:
precipitato o discensione, simbolizzata da un uccello che scende, la testa
diretta verso il basso della figura. Nel grande Rosario, un bambino che si
slancia nell'aria uscendo dal sepolcro ove era racchiuso l' ermafrodito chimico,
raffigura la sublimazione"
.
La lotta drammatica tra il Fisso ed il Volatile è spesso rappresentata come
conflitto tra due animali simbolici, uno dotato di ali e l'altro no (due draghi,
un leone alato ed un serpente, Aquila e serpente, aquila e leone.)[14]
Se l'esito del combattimento è quello sperato lo spirito viene "fissato" dal
corpo ed il corpo purificato e sublimato dallo spirito. A questo proposito così
si esprime il "Viridarium chemicum"[15]:
"Qui sul sarcofago giace il nostro corpo
venerabile. Accanto gli è lo spirito, ma
Due principi dunque "abitano" il vaso alchemico e la lebbra che affligge
Ognuno di noi conosce, nel corso della sua vita, periodi che si possono
ascrivere all'una o all'altra fase di questo processo alchemico. E ' importante
riconoscere che nessuna delle due fasi
è scevra da pericoli e che la tentazione di "aprire il vaso" e porre fine
alle terribili sofferenze dell'Opera che, secondo alcuni alchimisti, si
manifestano con "un odore nauseabondo che, però, non si percepisce con il naso",
può farsi fortissima, sia quando si tratta di distaccarsi da tutto ciò che ci è
caro liberandosi da ogni attaccamento materiale per poter ascendere verso
regioni più elevate dell'essere, sia quando si viene costretti e delimitati e ci
si sente soffocati persi e imprigionati dai legami e dai vincoli, dai problemi
pratici della vita.
D'altra parte senza la fase della "Discensione" nelle mani dell'alchimista non
resterebbe che l'inutile astrattezza dei suoi buoni propositi, delle sue
petizioni di principio e delle nozioni accumulate, ma la sua "materia prima" non
subirebbe nessuna vera trasformazione.
Secondo Filalete[16],
questa fase di integrazione tra princìpi opposti prende il nome di "Regime di
Giove" ed è contraddistinta dall'apparizione di tutti i colori dell Iride[17],
man mano che l'Opera si avvia verso la purificazione della Materia, fino a che
il colore bianco non domina incontrastato su ogni altro colore.
Uno dei primi testi alchemici, redatto in ambienti gnostici nell'Egitto
Alessandrino nei primi secoli dopo Cristo, noto come "Libro di Comarius ,
filosofo e gran sacerdote che insegna a Cleopatra l'arte divina e sacra della
Pietra Filosofale", già contiene questa associazione tra la sublimazione
alchemica ed i colori dell'iride. Nel libro Ostane ed i suoi compagni si
rivolgono a Cleopatra con queste parole[18]:
"In te è nascosto tutto il mistero strano
e terribile. Rischiaraci diffondendo la tua luce a lungo sugli elementi. Dicci
come il più alto discende verso il più basso e come il più basso salga verso il
più alto[19]
…come le acque benedette discendano dall'alto per visitare i morti distesi,
incatenati, schiacciati nelle tenebre e nel1'ombra all'interno dell'Ade, come il
rimedio vitale giunga
loro e li risvegli traendoli dal loro sonno nel loro soggiorno particolare, come
penetrino le acque nuove prodotte dall'inizio e durante il loro giacere e giunte
per l'azione del fuoco. La nube le sostiene: si eleva dal mare sostenendo le
acque" e Cleopatra così risponde
loro: “Le acque giungendo risvegliano i
corpi e gli spiriti imprigionati ed impotenti. In effetti, disse ella, essi di
nuovo giaceranno e di nuovo saranno rinchiusi nell'Ade. Ma a poco a poco si
sviluppano, si rialzano e si rivestono di colori vari e gloriosi, come i fiori a
primavera e la stessa primavera è gioiosa e si rallegra della loro bellezza"
.
I vapori sprigionati dalla Materia Prima sottoposta all'azione del fuoco devono
ascendere e precipitare varie volte nel vaso prima che l'opera di purificazione
della materia possa dirsi conclusa.
Le illustrazioni del "Mutus Liber" di Altus mostrano l'Alchimista e la sua Soror
Mistica mentre preparano lo zolfo ed il Mercurio presentati con le immagini di
un fiore e di una stella.
Prima di entrare nel vaso sigillato, il fiore e la stella[20]
vengono accuratamente pesati e paragonati con una
bilancia a due piatti, forse per controllare che i loro pesi siano eguali.
Anche Fulcanelli, nelle "Dimore Filosofali", parla dell'alternarsi di un fiore e
di una stella durante l'Operazione di Sublimazione Alchemica: "Quando
il mercurio giunge a bagnare lo zolfo non dissolto questo scompare ed appare
L'agitarsi della Materia durante le sublimazioni è talvolta accostato al
cataclisma universale che precederà la fine del mondo o alle cataratte del
Diluvio Universale.[21]
La colomba, che riporta a Noè[22]
il ramo d'ulivo il settimo giorno rappresenta allora la pace raggiunta tra i
contrari.
Dice Canseliet che ogni volta che la Colomba[23]
si invola lascia una parte di sé alla materia greve che contribuisce ad agitare.
Alla fine il letto di piume che si viene a formare sarà il giaciglio di Re e
Regina o… "il nido del " pollo di Ermogene" , da dove risorgerà la fenice
eterna.
L'operazione della Sublimazione alchemica riceve talvolta il nome di "Aquile ".
Fulcanelli così commenta l'origine di questa strana denominazione: “Lo
Spirito non può abbandonare completamente il corpo, ma si riveste di un abito
più consono alla sua natura, più obbediente alla sua volontà e fatto con le
particelle nette e purificate che può raccogliere intorno a sé per servirsene
come nuovo veicolo.”
Tale separazione o sublimazione del corpo e manifestazione
dello spirito deve ripetersi tante volte quante si riterrà necessario. Ogni
ripetizione si dice "aquila" . Filalete afferma che la quinta aquila scioglie la
Luna, ma che per ottenere lo splendore del Sole ne occorrono da sette a nove .
La parola greca’άιγλη significa “splendore, viva chiarezza, luce, torcia” e
quindi far volare l’aquila equivale a far brillare la luce portandola alla
superficie e sottraendola dal suo scuro rivestimento.
Lo spirito, aggiunge Fulcanelli, è però in piccola proporzione rispetto al corpo
e l'artista prudente deve far sì che ciò che è in fondo venga in superficie, se
si vuol vedere la luce metallica interna irradiare all'esterno.
Altrove lo stesso autore sostiene che alle Aquile si allude nell'inno a Delo di
Callimaco: " … I cigni girarono sette
volte attorno a Delo e non avevano ancora cantato l’ottava volta che nacque
Apollo " e nella processione che Giosuè fece fare, sette volte, attorno alle
mura di Gerico prima della loro caduta. Secondo Filalete (op. cit.) le aquile
sono una “pulitura del Mercurio” che risulta tanto più purgato “mediante
l'aggiunta dello Zolfo che è il vero oro” quanto più numerose sono le Aquile.
Sul finire delle "Aquile" si assiste alla nascita del Leone Rosso, generato dal
sangue di quello Verde. Le Aquile devono prima divorare il Leone Verde e quanto
minore è il loro numero, più aspra e lenta sarà la vittoria. II loro numero
ideale è sette o nove (ogni Aquila indicando una sublimazione del Mercurio dei
Filosofi):
"Mentre la luna è splendente nel suo
plenilunio, fornita di ali l’Aquila volerà via lasciando dietro di sé le Colombe
di Diana morte, se esse non fossero morte al primo incontro non potrebbero
servire; ripeti questo sette volte, fino a che finalmente avrai raggiunto la
quiete e ti resterà soltanto da fare la semplice decozione, che è cosa
perfettamente tranquilla, gioco di fanciulli e lavoro di donne”.
Tutti gli autori sono d'accordo nel sostenere che, al
termine della Sublimazione, la
materia assume un colore bianco splendente “simile a quello della Luna”. Zosimo[24]
raccomanda di “ripetere il lavaggio sette
volte in un Vaso di Ascalonne, questo lavaggio è il primo imbiancamento e la
sparizione della colorazione nera” e ci spiega che “l’imbiancamento
consiste nell'atto di bruciare; ora bruciare è rivivificare con il fuoco, perché
delle simili materie si rivivificano da se stesse, esse si fecondano da se
stesse e generano così l' animale cercato dai Filosofi".
II modo migliore di concludere questo breve viaggio attraverso la Sublimazione
Alchemica e le “Aquile” ci sembra quello di citare il
seguente brano, tratto dal "Desiderio Desiderato" di Nicolas Flamel[25]:
"Prendi ciò che è precipitato in fondo al
vaso, puliscilo bene al calore del fuoco, fino a farne sparire il colore nero e
ad eliminarne la densità e la sporcizia. Fanne anche volatilizzare e dissolvere
ogni aggiunga di umidità, finché il tutto diventi come Calce bianchissima,
essendo scomparsa ogni macchia ed ogni scoria. Allora
[1]
Cfr Fra Marc’Antonio Crassellame Chinese
(Francesco Maria Santinelli), Lux Obnubilata, ed. Mediterranee
1980
[2]
Sullo stesso argomento, nei passati numeri di Lex Aurea cfr. “
[3]
Dice
Clovis Hesteau de Nuysement nel "Poema filosofico Sull'Azoth dei
Filosofi": "Se l'avara mano dell'avido mercante dal ventre materno va il
figlio a strappare prima dei primi anni destinati al loro estro, è un
frutto abortivo che muore prima di nascere".
[4] Cfr. Francesco Santinelli, op. cit.
[5]
Definita, per opera di Geber,
come “elevazione della cosa secca
per mezzo del fuoco con le cose che aderiscono al suo Vaso".
[6]
Afferma Santinelli (op. cit.): "Tuttavia
come si deve massimamente lavorare alla ricerca del vaso, così nella
costruzione del fuoco”.
[7] Anche Canseliet in “L’Alchimia” (ed. Mediterranee 1985), si dilunga sulla necessità di una chiusura ermetica del vaso durante la sublimazione, vaso che, dice Canseliet, "è costituito dalla stessa materia che contiene".
[8]
Cfr. Jung, studi sull’alchimia, Boringhieri 1988
[9]
Un'altra opera alchemica
prende proprio il
nome di "Tractatus opus mulierum et ludus
puerorum dictus".
[10]
Op. cit.
[11]
Cfr Lambsprinck, “
[12]
Cfr. Berthelot et Ruelle: “Collections des anciens alchimistes grecs,
test set traductions”, Paris 1887-88, Vol III, pp. 117-118
[13] Cfr. A. Poisson, “Theories et symboles des alchimistes”, ed. Traditionelles, 1986
[14] L'aquila nel combattimento deve perdere le ali ed il leone la testa.
[15]
Nella parte dedicata alla Fissazione (14)
[16] Op. cit.
[17] La fase precedente di Nigredo e Mortificazione era contraddistinta dal dominare del colore nero.
[18] Berthelot et Ruelle, op. cit. Vol. III pag. 281
[19] Si veda anche, a questo proposito, il testo della "Tabula Smaralgdina"
[20] Fulcanelli afferma nelle Dimore Filosofali vol. I, che ogni alchimista obbligato ad intraprendere il cammino dei pellegrini di San Giacomo, detto Sentiero di San Giacomo o Via Lattea. Si tratterà di un cammino simbolico e non reale. Compost-Stella "non è affatto situata in terra spagnola, ma nella stessa terra del soggetto filosofico. Sentiero aspro, gravoso pieno di imprevisti e di pericoli" ... "L'operazione (di estrazione del Mercurio) è compiuta quando appare alla superficie una Stella brillante, formata da raggi provenienti da un centro unico, prototipo dei grandi rosoni delle nostre cattedrali gotiche".
[21] A
questo proposito i filosofi dicono anche di “fare
passare sulla terra tutte le acque del diluvio” o che “occorre
abbondanza d’acqua” (Arnaldo Da Villanova)
[22]
Noè
che fa volare il corvo, poi la colomba una prima volta, che torna perché
non sa dove posarsi, poi la seconda volta, dopo sette giorni, è
l’'emblema dell'Alchimista che mette mano all'Opera.
[23]
Ireneo Filalete (op. cit.)
parla invece di due colombe, da lui dette "Colombe di Diana", che "devono
essere applicate con l'arte della ninfa Venere".
[24] Cfr. Berthelot et Ruelle, op. cit. Vol III, pag. 204
[25]
Cfr: “Il libro delle figure geroglifiche;
Il desiderio desiderato; Sommario filosofico”; ed. Mediterranee
1978
Articolo pubblicato nella rivista
LexAurea42,
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