Il Tempio
di Marcello Vicchio
I rituali di consacrazione ed
elevazione del luogo di culto, eseguiti secondo precisi canoni che avevano la
funzione di trasfigurarlo e isolarlo dallo spazio profano, portavano insiti in
essi anche il concetto della “pericolosità” dell’area per chi vi si inoltrava
senza un’adeguata preparazione, perché non
tutti potevano sopportare impunemente la visione della divinità .
Qualsiasi delimitazione di uno spazio sacro, comunque,
parte da un “centro”, che rappresenta il centro dell’universo, e attorno
a esso si delinea l’ambito della jerofania.
Romolo, nel fondare Roma, dapprima indaga se gli auspici sono favorevoli, poi
scava una buca profonda (chiamata
mundus) che riempie di frutti e vi costruisce
sopra un’ara. In ultimo procede a tracciare il solco della città, fossato
che nessuno può più violare impunemente, neppure suo fratello.
Lo svolgimento di queste operazioni risponde ad criteri simbolici molto potenti.
Il recinto, per esempio, è
tracciato non con un linea ma con un solco fatto con un aratro, con qualcosa
cioè che entra decisamente dentro nella terra; e ciò avviene soltanto dopo che
si è osservato e diviso idealmente lo spazio celeste
sopra l’area sacra. La delimitazione del luogo, dunque, avviene prima in
cielo, poi sulla terra e infine
anche sotto di essa, in modo da unire lo zenit al nadir. L’ara
eretta da Romolo, inoltre, assomiglia in tutto e per tutto al paletto che
il Maestro costruttore piantava al centro dello spazio sacro, per fissare il
punto in cui le correnti di forza sotterranee
venivano a fluire o incrociarsi. Si bloccava in questo modo la testa del
serpente tellurico e lo si costringeva a
convogliare l’energia sotterranea
nelle strutture edificatevi
sopra. Una volta fissate le linee
di forza, il Tempio era eretto
secondo precisi rapporti numerici e geometrici. Le proporzioni dei
templi, delle cattedrali e di ogni edificio sacro rispondevano così a
particolari rapporti armonici e le costruzioni erano strutturate in modo da
risuonare alla stessa lunghezza d’onda
delle energie telluriche locali.
I fondatori delle città antiche, i sacerdoti egizi, i Maestri
delle corporazioni conoscevano la
giusta forma e dimensione da attribuire all'opera, i perfetti rapporti
tra le sue parti, le vibrazioni delle sue strutture e le forze che di
conseguenza vi operavano. Si dice,
ad esempio, che i monaci benedettini amplificassero ed esaltassero le forze
della terra sfruttando le vibrazioni prodotte dai suoni. La musica gregoriana, i
canti, i cori potenziavano l’armonia
dell’edificio sacro e permettevano a coloro che si trovavano in punti
particolari l’elevazione a più alti livelli di coscienza.
Gli scalpellini, gli artigiani, i muratori dei tempi antichi, da parte loro,
avevano un rispetto religioso per i materiali che
lavoravano. La pietra, i marmi, il legno e
tutto quanto fosse necessario per l’opera non era semplicemente materia
inerte, bensì una cosa viva da plasmare secondo canoni o esigenze superiori.
Poiché tutta la terra era sacra, anche i prodotti di essa lo erano; e la
lavorazione dei materiali era un
atto di culto da affrontare con
tutta la perizia e l’amore di cui si era capaci.
In epoca moderna tutto questo
patrimonio e questo modo di intendere l’Arte
è stato purtroppo stravolto e perduto, sicché sono sotto gli occhi di
tutti gli esempi di tecnica industriale, senz’anima e vita, applicati
all'architettura sacra: chiese in calcestruzzo, vetro e cemento dalle forme
bizzarre, senza cuore e anima.
Nel Rinascimento gli architetti ritornarono a studiare
le antiche teorie musicali
pitagorico-platoniche, con l’intento di ritrovare nell’antica saggezza i
canoni perché i loro progetti potessero ben inserirsi nel contesto dell’Armonia
Universale. Irregolarità nelle
proporzioni architettoniche erano viste come dissonanze che
alteravano la euritmia
divina. Nella cacofonia non poteva
esistere nessuna elevazione dello spirito, perché “ le linee geometriche
parlano il linguaggio della fede, di una fede forte e incrollabile. In esse le
leggi eterne della proporzione e della simmetria regnano sovrane”[1]
E poiché la geometria sacra è un
linguaggio universale, essa si
rivolge sempre allo stesso modo al
cuore degli iniziati, senza limiti di tempo o di spazio. Quando la frequenza
delle vibrazioni sottili che emana
dalla pietra è in sintonia con quella dell’osservatore, accade che il tempo si
annulli e le distanze rimpiccioliscano. Ci si capisce e ci si intende
a distanza di secoli e gli
occhi esercitati vedono al di là
delle semplici pareti murarie.
Ecco, per esempio, come Eduard Schuré
descrive alla fine dell’800 il tempio di Dendera, in Egitto : “ Quelle
colonne enormi, dalle quadruplici teste femminee, danno un’impressione di
maestosità e di terrore. Sembra di
sentire le prodigiose forze della
natura nella sua potenza di procreazione terminata nell’umana effigie e
tirannicamente dominata dalla linea orizzontale dell’architrave come dal peso
dell’eternità. Ma discendiamo la scala
che, dall’alto del cumulo di rovine, si sprofonda nell’interno del Tempio
disgombrato. Eccoci nella sala ipostila. Gli enormi capitelli della facciata si
disegnano ora sul cielo e formano, al di sopra delle murate, sette cornici di
luce. Gli iniziati del primo grado penetravano in questa sala, che porta
il nome di Sala di Nut, dea del cielo e dello spazio, e corrisponde al mondo
delle forze elementali. La pavimentazione del tempio rappresenta la terra.”
Il Tempio, dunque, è lo spazio di raccoglimento ed elevazione spirituale,
punto d’incontro fra l’uomo
e la divinità, e come tale è un catalizzatore di energie. Tuttavia, poiché in
natura l’alchimia della
trasfigurazione individuale si possa compiere, è necessario che
la materia prima entri in sintonia con l’Armonia alla quale abbiamo
accennato. Se non c’è materia prima, ogni catalizzatore diventa inutile.
Il 'lasciare fuori i metalli dal tempio' del linguaggio massonico assume
un significato ben preciso se si tiene conto di tali premesse e, a ogni nuovo
neofita che si appresta a varcarne la soglia, dovrebbe da subito esser reso
chiaro tale concetto.
Poiché i metalli sono custoditi nel seno della terra, per svellerli da essa
occorre scendere nelle sue viscere, abbandonare la luce del sole e calarsi nelle
profondità. Per chi è offuscato dal
potere dei metalli, la vita che scorre sulla superficie della terra non ha più
alcuna attrattiva. Non ne ha il sole, non ne ha la luce, sicché non si vive più
in sintonia con la Natura ma si cerca di violentarla per togliere da essa ciò
che soddisfa le ambizioni e i desideri. Al metallo per eccellenza, il ferro, un
tempo erano stati attributi poteri infernali
poiché con esso erano fabbricate le armi, portatrici di distruzione e
morte. Nelle “Gesta di re Carlo” si
parla di un “mare di ferro che inondò la
città con i suoi neri flutti” e si elevano lamentazioni che marchiano di
dolore questo terribile metallo : << Oh, il ferro! Ohimè il ferro!>>.
Il potere oscuro dei metalli è messo bene in evidenza anche dal Guénon,
che scrive : “Occorre non
dimenticare che dal punto di vista tradizionale i metalli e la metallurgia sono
in diretta relazione col <<fuoco sotterraneo>>, la cui idea si associa sotto più
di un aspetto a quella del <<mondo infernale>> … Quando si tratta esclusivamente
dell’uso profano dei metalli, e tenuto conto del fatto
che il punto di vista profano
in sé ha di necessità l'effetto di tagliare ogni comunicazione coi
principi superiori, l’unico che possa agire effettivamente sarà soltanto il lato
<<malefico>> degli influssi corrispondenti[2],
il quale, inoltre, tanto più si svilupperà quanto più si troverà in tal modo
isolato da tutto ciò che potrebbe contenerlo e controbilanciarlo”[3].
E' un compito difficilissimo rinunciare volontariamente ai metalli. Può farlo
chi ha maturato davvero dentro di sé un percorso iniziatico; anzi, questa forse
è la prova più dura che aspetta l'iscritto alla massoneria (il quale, a quel
punto, diventa veramente adepto). E' anche vero che a indicare la strada,
aiutando nel cammino, sia necessaria la presenza di un Maestro, e i Maestri nel
senso pieno del termine non si rendono facilmente visibili, ma il pericolo è che
i metalli oggi sembrano abbagliare più di ieri, stravolgendo le società
iniziatiche fino a ridurle ad altre cose (non necessariamente negative, ma
altre). E allora solo ritrovando la sacralità del Tempio, solo essendo
intimamente conviti che in esso
l'ultra-umano si cristallizzi per trasumanare la materia-uomo si potrà
rinvigorire la Tradizione e sanare,
quando c'è da sanare, o rinvigorire, quando c'è da rinvigorire, una luce che
rischia malinconicamente di spegnersi, lasciando l'uomo che desidera e anela
senza più desideri e brame interiori. Il metallo più vile e potente è
l'insinuarsi nell'anima e togliere subdolamente da essa la concupiscenza
dell'alto, abbagliandola con i falsi luccichii di inutili gingilli. Si può dire
che sia una lotta quotidiana, e le sconfitte sono di molto superiori ai
successi... ma solo dal punto di vista quantitativo.
[1]
Hermon Wood - Ideal Metrology.
[2]
Si tratta degli influssi dei pianeti
correlati ai metalli.
[3]
René Guénon – Il regno della quantità e i
segni dei tempi, pag.151
Articolo pubblicato nella rivista
LexAurea44,
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