Il Tempio
Di Dante Federici
- 1. Etimologia -
Etimologicamente, la parola “TEMPIO” discende dal latino “TEMPLUM”, a sua volta derivato da “TEM-LO”, un antico termine di radice indoeuropea che significa “tagliare”.
“TEM-LO” è affine al greco “TéMNO”, avente identico significato, da cui “TéMENOS”, che significa “recinto sacro”.
In sintesi, l’etimologia della parola “TEMPIO” sta a designare un’area, una porzione di spazio ri-tagliata dal mondo, recintata e destinata ad ospitare una presenza sovrumana, un luogo speciale consacrato al culto di Entità divine.
Nel Tempio Massonico il “recinto sacro” è delimitato dalla “catena d’unione” recante 12 nodi, sulla trattazione della quale ci si riserva di fornire ampia disamina, nel contesto di un apposito studio dedicato ai simboli .
- 2. Orientamento –
Fondamentale significato assume l’orientamento geografico dell’asse longitudinale del Tempio, quello lungo il quale sono allineati l’ingresso e la parete di fondo. Questo asse è coincidente con la direttrice geografica Est-Ovest.
L’estremità situata ad Oriente è il luogo privilegiato del Tempio, luogo di emanazione degli influssi spirituali e di culminazione dell’azione sacra, nonchè centro eletto dal principio superiore, personificato nella figura dello Jerofante o Sommo Sacerdote, per manifestarsi.
Nell’ottica di una geografia metafisica, l’Oriente rappresenta la sorgente di irradiazione della Luce e della Sapienza Divina, simboleggiata dal sole nascente.
Nel Tempio Massonico l’Oriente è il punto in cui è ubicato stabilmente il seggio del Maestro Venerabile, designato esso stesso Oriente.
In Massoneria la dimora ultraterrena presso la quale migrano i Fratelli disincarnati, dopo aver assolto alla missione terrena ad essi affidata, assume la designazione di Oriente Eterno.
- 3. L’asse geografico Oriente Occidente –
I flussi migratori che si sono avvicendati attraverso le varie Epoche e che hanno determinato la fondazione della Grandi Civiltà Antiche, hanno seguito percorsi tracciabili idealmente lungo l’asse geografico Oriente-Occidente.
L’antica Lemuria dispiegava la sua civiltà in un vasto continente che si ipotizza situabile nella porzione di Oceano Indiano compresa fra l’India ed il Madagascar. La scomparsa di questa originaria dimora del primordiale abbozzo di Civiltà umana, comportò un primo flusso migratorio da Oriente a Occidente.
Il culmine di questa immane trasmigrazione fu raggiunto con la fondazione della mitica Civiltà di Atlantide.
La catastrofe che provocò l’inabissamento sotto le acque dell’attuale Oceano Atlantico del glorioso ed evoluto continente di Atlantide, spinse l’umanità civilizzata superstite a migrare nel senso inverso degli antenati della Lemuria, da Occidente a Oriente fino alle sponde del Gange.
La culla della più antica delle culture arie indoeuropee, quella dalla quale furono partorite mirabili opere di saggezza come i Veda, dimorò nell’attuale India.
A partire da quei tempi remoti, il nucleo vivente della Civiltà subisce un progressivo spostamento, invertendo ancora il suo senso migratorio da Oriente a Occidente: Antica Persia, Civiltà Caldea, Assiro-Babilonese, Egizia, Greca, Romana, fino all’attuale Ciclo Nord-Americano, punto estremo dell’Occidente civilizzato ed evoluto, quell’Occidente che intravede nel ritorno ad Oriente il ravvivarsi della fiamma spirituale dell’Umanità, ridottasi ad un fioco barlume tremolante nell’oscurità del Kali Yuga.
L’avanguardia del nucleo umano spiritualmente più nobile ed evoluto ha abbandonato l’Europa, quando ogni speranza di rinascita spirituale è naufragata nel bagno di sangue della Guerra dei Trent’anni, nella prima metà del XXVII° secolo e quando, successivamente, ha dovuto constatare il fallimento del tentativo di rigenerazione dell’Umanità sotto l’egida del programma enucleato nel motto “Libertà – Uguaglianza – Fratellanza” e la sua degenerazione nel Terrore. Questa avanguardia è migrata in Oriente e là attende la maturazione di tempi propizi e più favorevoli ad un Risveglio delle coscienze. Questa avanguardia è la leggendaria “Fraternitas” dei Rosacroce.
- 4. Parti costitutive ed elementi architettonici –
Si possono individuare nel Tempio le seguenti parti costitutive:
Il Vestibolo, luogo di raduno dei profani aspiranti all’accesso nel “recinto sacro”, solitamente ubicato all’aperto o protetto da un portico.
L’area propriamente sacra destinata all’azione rituale e delimitata dal “recinto sacro”.
La porzione di spazio che accoglie l’ara o altare dei sacrifici, assimilabile al “presbiterio” delle Chiese cristiane.
Il Santissimo o “Sancta Sanctorum”, il cuore del Tempio che accoglie l’oggetto più sacro, quello che testimonia della presenza divina e che funge da vero e proprio supporto alla sua discesa sulla Terra. Nella Tradizione Ebraica, il Santissimo assume la denominazione di Tabernacolo e la presenza divina, detta Shekinah, pervade l’Arca dell’Alleanza che custodisce le Tavole della Legge. Nella Tradizione Cristiana esso è assimilabile all’urna nella quale è custodita l’Eucarestia, il Corpo stesso di Cristo.
Gli elementi architettonici principali del Tempio, presenti nella quasi totalità dei luoghi destinati al culto, sono la rappresentazione microcosmica, fissata nell’elemento minerale terreno, delle armonie celesti e delle supreme leggi che governano il Macrocosmo. Questi elementi, di valore universale, traducono al livello dell’esistenza umana, le Realtà creatrici e viventi in una sfera di esistenza superiore a quella umana. Possiamo individuare i principali elementi componenti la struttura architettonica del Tempio nelle parti seguenti:
Il Portale di accesso al “recinto sacro”. Due colonne d’ingresso sorreggono l’architrave la cui proiezione verticale sul pavimento coincide con la soglia del Tempio, demarcazione del limite che separa nettamente lo “spazio sacro” dal “mondo profano”. Sulla soglia del Tempio di Eleusi, a sottolineare questa netta demarcazione, campeggia il monito “Conosci te stesso”. Nel Tempio Massonico le due colonne d’ingresso sono di colore diverso e recano impresse due lettere. Sulla colonna di destra è impressa la lettera “J”, iniziale della parola “Jakin”, il cui significato può tradursi con “stabilità. Sulla colonna di sinistra è impressa la lettera “B”, iniziale della parola “Boaz”, alla quale si può associare l’idea di “forza”. Questo assieme architettonico del Portale, trova una delle molteplici interpretazioni di cui è suscettibile, nel postulato di superare il dualismo nella conoscenza, simboleggiata dalle colonne, nella suprema sintesi della visione unitaria della Realtà, sovente raffigurata nella forma triangolare assunta dalla parte superiore del portale. Nella trasformazione che da questa mutata cognizione della realtà si produce nell’interiorità umana, deriva il conseguimento dello stato di Verità, vale a dire il requisito che rende degni all’accesso nel Tempio.
La Volta è solitamente a cupola. La forma circolare della cupola, richiama l’idea di compiutezza e di perfezione che dominano nel Mondo Spirituale Superiore. Nel Tempio Massonico sulla volta è raffigurato il cielo stellato. Il riferimento al Cielo delle Stelle Fisse di dantesca memoria è immediato. Spesso la Cupola principale è sormontata da una Cupoletta di dimensioni ridotte, che alluderebbe al vertice più alto del Cielo: l’Empireo. L’attrezzo atto a disegnare il profilo della Cupola è il Compasso. La Cupola sovrasta la base del Tempio, solitamente di forma cubica o parallelepipeda e ad essa si associa la Squadra, quale strumento nelle mani dell’Architetto nell’atto di tracciarne le linee maestre. Il Compasso che sovrasta la Squadra oltre a stilizzare la struttura tipica del Tempio ed a costituire uno dei simboli fondamentali della Massoneria, si presta a fornire la chiave di accesso dell’enigmatica operazione a cui sono intenti gli Adepti dell’Ermetismo Alchemico: la Quadratura del Cerchio.
Immediatamente sotto la Cupola si può distinguere la fascia intermedia, occasionalmente avente la forma ottagonale. L’ottagono è la figura geometrica che non è più quadrato, ma che non è ancora cerchio e, per tale sua caratteristica, meglio di tutte le altre figure geometriche, si presta a rappresentare la regione intermedia idealmente ubicata fra la Terra ed il Cielo. Simboleggia, infatti, quella Regione del Cosmo occupata dallo Zodiaco. Ed è questa la ragione che spiega la frequente presenza, in tale fascia, dei segni zodiacali o delle costellazioni principali.
Il Colonnato. I canoni del Tempio classico, prevedono la coincidenza del numero delle colonne che occupano le fiancate del tempio, a distanze regolari, con quello dei Pianeti principali. Questa corrispondenza implica la differenziazione della materia prima dalla quale, ognuna di esse è ricavata: se scolpite nel legno, da essenze vegetali differenti; se fabbricate con metallo, fuse con metalli diversi. I materiali sono comunque in rapporto di magica analogia con gli influssi spirituali dei Pianeti ai quali corrispondono (l’Oro al Sole, l’Argento alla Luna, il Ferro a Marte, il Rame a Venere, lo Stagno a Giove, il Piombo a Saturno, ecc). In virtù della magica corrispondenza delle Energie Spirituali Planetarie, di cui le colonne sono l’architettonica espressione, con gli Archetipi Spirituali del Regno Animale, si può riscontrare la presenza di figure di animali, sovente mitologici, scolpite nei capitelli situati sia alla sommità, sia alla base delle colonne.
Il Pavimento rappresenta il piano dell’esistenza terrestre contrassegnato da precisi riferimenti, connessi con la Vita del Cosmo (epopee, vicende mitologiche, dinamiche dell’Universo, movimenti dei corpi celesti) riflesso sulla Terra dell’attività delle sfere superiori. A testimonianza dell’armonico collegamento del Tempio con le dinamiche celesti, prevalentemente con i movimenti del Sole, sovente sul pavimento sono tracciati, sotto forma di segnacoli, o lettere di un alfabeto misterioso, punti illuminati dai raggi solari o lunari filtrati attraverso apposite aperture praticate nel corpo di fabbrica, in coincidenza con particolari e notevoli momenti dell’anno. Il pavimento del Tempio Massonico si presenta come una scacchiera i cui quadrati bianchi e neri, stanno a rappresentare il dualismo delle qualità contrapposte tra le quali incessantemente oscilla l’esistenza terrestre umana: il bene ed il male, la virtù ed il vizio, la luce e la tenebra, la gioia ed il dolore, la vita e la morte.
Sul Pavimento del Tempio, il piano della realtà terrestre, troneggia il Seggio del Gran Sacerdote o del Maestro. Esso è sopraelevato rispetto al piano di calpestìo e ad esso si accede attraverso una scala il cui numero di gradini può variare da tre a sette. Collocato dinanzi al Santissimo, il Trono è il punto del Tempio sul quale converge l’attenzione di tutti coloro che sono convenuti nel “recinto sacro”, entrando da Occidente. Nel percorso ideale intrapreso da Occidente ad Oriente per incontrare la Luce, si devono necessariamente imbattere nella figura di colui che solo ed esclusivamente possiede la qualificazione che lo rende atto ad accedere nel Cuore del Tempio, nel Santissimo, di apprendere la Parola Rivelata e di annunziarla con bocca umana. Sul Trono avviene la trasmutazione della natura meramente umana dello Jerofante in strumento di comunicazione e di mediazione con la Trascendenza. Colui che siede sul Trono ha lasciato fuori dal Tempio la sua identità umana per rivestire la funzione del Servo di Dio, che in quanto tale, si immola anche al servizio degli uomini che a lui accorrono e che da lui anelano ascoltare parole di verità.
L’Altare dei Sacrifici o Ara è il luogo ove si rinnova il patto con la divinità, il luogo deputato alla purificazione ed alla espiazione per mezzo dell’azione sacrificale. Nell’antichità pre-cristiana, quest’azione sacrificale postulava lo spargimento di sangue animale o, nelle forme degradate ed empie di culti più remoti, di sangue umano che veniva asperso sull’Ara. L’Altare è la mensa della divinità, che ivi si nutre dell’essenza sottile compenetrante gli alimenti donati in olocausto e di cui l’uomo si priva sul piano materiale. E’, quindi, il luogo ove l’offerta viene consacrata ed in virtù di questa consacrazione, diviene mezzo per stipulare un patto, un legame con l’Ordine Divino. Una corrente spirituale risalente ad epoche metastoriche di molto anteriori a quelle che sono documentabili tangibilmente, il sacrificio veniva consumato per mezzo del pane e del vino. Si tratta di una Tradizione che si smarrisce nelle nebbie del tempo e che trova un riferimento in quello che nelle Sacre Scritture viene designato come “Sacerdozio secondo l’ordine di Melkisedec”. Alla luce di questo indizio, è logico dedurre che il sacrificio celebrato dal Cristo nell’Ultima Cena, l’Eucarestia, non avrebbe fatto la sua prima apparizione nella storia umana, in quella sera del Giovedì Santo, ma quest’ultimo sarebbe la riedizione di un rito che trova la sua origine in tempi molto anteriori alla nascita del Cristianesimo, che su quel sacrificio edifica il suo credo. La presenza di questi due prodotti della Terra, il pane ed il vino nel rituale che si celebra in occasione della Festa del Solstizio d’Estate, rimanda a quest’ordine di Misteri, le cui origini si perdono nella notte dei tempi e testimonia del tramandarsi e del conservarsi di un retaggio primordiale, in forma di frammenti residuali, nell’ambito della Massoneria.
Tralascio di addentrarmi nell’esame di ulteriori elementi di carattere ornamentale ed estetico, presenti nel Tempio: paludamenti, drappeggi, decorazioni, sculture, mosaici, affreschi, candelabri, rosoni, arredi, ecc., che per vastità di temi in essi rappresentati e per ricchezza di significati di cui si fanno espressione, esigerebbero una trattazione che esorbita i limiti assegnati al presente elaborato. All’uopo, basti solo accennare che la fonte ispiratrice a cui attingono questi elementi secondari ed accessori, fluisce entro domini di pertinenza della religione e dell’arte, cioè nella sfera che attiene a ciò che si suole designare come exoterismo. Per quanto concerne, invece, ciò che del Tempio ricade nel dominio del sapere esoterico, in quanto precede, sono stati forniti sufficienti orientamenti.
- 5. Cenni sul Tempio di Salomone -
Numerosi sono gli Illuminati, anche di estrazione non massonica, che hanno additato nel Tempio di Salomone, il Tempio per antonomasia, l’eminente modello di Tempio apparso nel contesto storico in seno al quale si è venuto a sviluppare il ciclo di Civiltà più prossimo all’Occidente.
Alcuni di loro hanno attribuito al Tempio di Salomone la dignità di simulacro che racchiude e riepiloga, in una mirabile ed armoniosa sintesi, tutta la Scienza Sacra tramandata nei millenni all’Umanità dal Supremo Centro Originario e Primordiale.
In quanto espressione eminente della Tradizione Primordiale, il Tempio edificato da Salomone è l’archetipo del Tempio di riferimento della Massoneria che, dal ceppo principale della sopraddetta Tradizione Primordiale, si dirama. In virtù degli accostamenti di cui si è detto, si può dedurre, altresì, che il Tempio di Salomone traduce sul piano della realtà visibile e tangibile, la Realtà che invisibilmente si sottende alla Creazione, quella Realtà che dal Mondo Spirituale presiede alle leggi che governano il Cosmo e ne dirige le dinamiche superiori.
-6. Il Rito –
All’interno del “recinto sacro”, segretamente, solennemente, si svolge un’azione, un insieme di atti che, in virtù del contesto in cui si dipanano, non possono non avere un crisma di sacralità.
Questa Azione Sacra è il Rito.
Il Rito è la ripetizione o imitazione, nella dimensione spazio-temporale, in forma di gesti, atti, movenze e formule, di azioni ed avvenimenti che si snodano e si sviluppano nello scenario grandioso ed invisibile dei Mondi Superiori a quello umano.
Il Rito, per assolvere alla sopraddetta funzione, deve obbedire a precise ed inflessibili modalità che sono in analogia con le leggi che governano il Mondo dello Spirito.
In esso nulla è affidato al caso, ma circoscrivendosi nel rigore e nella precisione matematica che informa le proporzioni delle linee architettoniche, riproduce nello spazio-tempo del “recinto sacro”, i misteri della Creazione. Come si accennerà in seguito, l’esecuzione di un Rito autentico all’interno di un Tempio costruito secondo regole sacre, determina la temporanea sospensione della modalità di esistenza terrena, sottoposta alle categorie di spazio e di tempo.
-7. Universalità del Tempio –
Il Tempio costituisce la più elevata manifestazione di universalità attribuibile a creazione umana.
Il valore universale che esso possiede si esprime nelle molteplici modalità in cui si traduce quando, emergendo dalla sostanza increata nella quale risiede la Sapienza Divina ed irradiandosi sui diversi piani di esistenza dell’Essere, esso si materializza nelle forme contingenti e condizionate dalla sfera dell’umana esistenza quali l’ubicazione geografica, l’appartenenza ad una confessione religiosa, il retaggio culturale, la discendenza razziale, le convenzioni sociali e collettive.
Ed ecco che dal modello ideale ed universale del Tempio, pur riproponendosi in essi, inalterati, costanti e ricorrenti gli originari elementi costitutivi e prescindendo da secondarie varianti costruttive, derivano gli Ashram, le Cattedrali, le Sinagoghe, le Moschee, le Pagode.
Il valore universale del Tempio, contrariamente all’opinione corrente, non è circoscrivibile nel ristretto ambito dei culti religiosi.
La sua universalità si manifesta anche attraverso stereotipi che solo nel ciclo più recente delle epoche storiche, sono stati sradicati dal suolo delle tradizioni sacre da cui scaturivano, per approdare a forme secolarizzate e desacralizzate.
Nell’antichità queste forme, attestando della presenza di influssi divini, assumevano una valenza sacra equivalente a quella posseduta dai presidi del culto, così come la mentalità moderna è abituata a concepirli.
Nell’antichità, Tempio era l’Arena, luogo di svolgimento dei Giochi dedicati alle divinità olimpiche, o alla commemorazione degli Eroi, culminanti nella discesa sul campo della Vittoria quale Entità Superiore evocata dalle gesta eroiche dei combattenti o dall’àgone dei campioni. L’Azione Sacra o Rito in tal caso si ispirava al principio della FORZA.
Nell’antichità, Tempio era l’Anfiteatro, la sede d’elezione dell’Arte nella sua accezione più elevata, in tutte le sue articolazioni, dalla Poesia, alla Musica, alle Arti Figurative, al Dramma o Tragedia, evocatrice di Entità Divine individuabili nelle Muse. L’Azione Sacra o Rito in tal caso si ispirava al principio della BELLEZZA.
Nell’antichità, Templi erano le Sedi dei Misteri Iniziatici, sito di convegno per la trasmutazione della coscienza dei candidati all’Iniziazione, luogo di convocazione delle Deità Superiori e di pronunciamento della loro volontà suprema attraverso la parola dell’oracolo. A Menfi, Eleusi, Delfi, solo per citare i più noti alla nozione comune, parlavano gli Dei e gli iniziati ascoltavano i responsi scaturenti dal principio della SAGGEZZA.
FORZA – BELLEZZA – SAGGEZZA: i tre capisaldi che sostengono le fondamenta del Mondo Sacro, ma anche le tre luci che risplendono nel Tempio Massonico.
8. Il Tempio immagine del Macrocosmo
In quanto precede si è rimarcata la corrispondenza esistente fra il Macrocosmo e le principali parti costitutive del Tempio.
In virtù di questa magica analogia, nel Tempio è riprodotto, sul piano dell’esistenza terrestre, l’ordine cosmico con le sue leggi, ossia le leggi che governano le dinamiche celesti.
Si sia accorti nella retta interpretazione di ciò che qui si deve intendere per Cosmo, giacché è errato, come si usa fra i nostri contemporanei, considerarlo alla stregua di un sistema dominato da una cieca casualità, da un determinismo meccanicistico che si esaurisce in un gioco disanimato di fenomeni fini a sé stessi.
Per Cosmo devesi intendere un organismo vivente, pulsante di vita spirituale, della vita di Entità Divine che con la loro volontà ne guidano le vicissitudini ed il destino.
E’ saggio, tuttavia evidenziare che il Tempio, per come è strutturato, non si pone in sintonia solo con il Macrocosmo Spirituale e non costituisce esclusivamente il compendio di esso.
Il Tempio, in conformità della legge di analogia che permea gli stati molteplici dell’Essere, che pervade il Creato ed in virtù del principio di universalità che si sottende ad essa, enucleato nella formula “Quod est superius, est sicut quod est inferius”, è anche la riproduzione su scala ampliata del Microcosmo umano.
E’ proprio grazie a questa legge di analogia, che l’individuo ammesso a fruire del “sacro recinto”, entra in sintonia e diviene partecipe delle sublimi Realtà dei Mondi Superiori di cui questo “spazio” è sede d’azione: ne diviene egli stesso parte attiva.
A prescindere dal grado di consapevolezza maturato in lui in ordine alle forze sottili che pervadono il mondo materiale e dalla sensibilità sviluppatasi nella percezione delle realtà spirituali operanti nel predetto spazio sacro, che egli sia intenzionato a saperlo o meno, è comunque coinvolto nelle vicende che invisibilmente si svolgono oltre il velo delle apparenze sensibili.
Renè Guenon asserisce che l’appartenenza ad una catena iniziatica regolare ed autentica, sotto la protezione di quella che si conviene definire Gerarchia, e la partecipazione desta ed attiva al Rito, introduce il profano in una condizione esistenziale che trascende la sua individualità meramente contingente e lo mette in contatto con un Ordine di cose superiore a quello su cui riposa il piano della realtà terrestre.
Questo giudizio, al di là delle misere opinioni che affollano caoticamente le concezioni del vivere moderno e nonostante l’egemone scetticismo dei nostri contemporanei, conserva imperitura la sua inoppugnabilità.
Altrettanto meritevole di credito è l’idea di coloro che sostengono che la potenza promanante da un Rito ben eseguito, esercita nell’interiorità un’irresistibile azione trasformatrice, ribadiamo, se ne sia consapevoli totalmente, parzialmente o menomamente.
Resta comunque innegabile che nella nostra interiorità qualcosa si muove e modifica equilibri consolidati, a prescindere da ciò che presumiamo di essere o da ciò che informa i nostri intimi convincimenti, il nostro credo.
- 9. Lo Spazio Sacro –
A siffatto postulato se ne collega un altro, quale sua immediata concausa. All’interno del “recinto sacro”, lo spazio ed il tempo assumono una qualità radicalmente diversa da quella che domina il fluire della realtà del mondo profano.
Lo spazio non è più misurabile con i criteri valevoli per il mondo fisico.
Le dimensioni di un Tempio possono essere le più disparate possibili, ma la distanza o la vicinanza fra gli elementi in esso presenti è stimabile in funzione, non di proporzioni quantitative, ma di differenziazioni qualitative dello spazio.
Lo spazio occupato dall’Ara potrebbe distare, secondo le dimensioni dell’ordinario sistema di misurazione, pochi metri dal Vestibolo; ma la sua distanza spirituale potrebbe essere paragonabile agli anni luce che separano due galassie.
Così come sono le leggi di simpatia e di antipatia animica, di sintonia e di distonia interiore a fissare la distanza che separa due Fratelli a contatto di braccia, riuniti nel Tempio, non certo la loro contiguità fisica.
Le stesse leggi condurrebbero una Loggia di Fratelli in perfetta armonia d’intenti e che abbiano stabilito un accordo imperturbabile, ad abolire tutte le distanze, fino alla totale fusione di anime: una sola anima palpitante all’unisono nel cuore del Tempio.
Ma, si badi bene, che questa la si deve ritenere non già la premessa realizzata a priori, bensì l’ardua meta finale di ogni comunità di “aspiranti alla Luce” ed il coronamento di un lungo e difficile cammino spirituale.
10. Il Tempo Sacro
Stesso concetto per il tempo. All’interno del Tempio avviene una sorta di sospensione dell’incedere ordinario del tempo fisico.
A dimostrazione del fatto che non si sta sostenendo un’assurdità, si rifletta su di un aspetto ben preciso dell’azione rituale.
Condensata nell’intervallo di una breve durata, nel Rito i concelebranti rivivono una vicenda che, in alcuni casi, potrebbe essersi snodata in un arco di tempo molto esteso. L’azione rituale che si consuma nel Tempio dilata il tempo.
Si rammenti, in proposito, il Rituale di Terzo Grado in Massoneria, quello di Maestro. Esso altro non è se non la drammatizzazione, concentrata nell’arco di un’ora, delle vicende della vita di Hiram, connesse con la costruzione del Tempio di Salomone.
Nello spazio sacro racchiuso nei ristretti limiti dimensionali del Tempio, è contenuto tutto l’Universo.
Parimenti sotto la volta stellata del Tempio la successione in sequenza cronologica degli eventi si tramuta in simultaneità.
L’incedere incalzante del tempo, che nel mondo profano tutto assoggetta all’inflessibile legge della caducità, subisce un arresto, una sospensione che prelude a ciò che Renè Guenon ha designato il “senso dell’eternità”, conquistato grazie all’iniziazione reale.
11. Sintesi Macrocosmo-Microcosmo: il Sigillo di Salomone
Dunque il Tempio come luogo di convergenza e di sintesi indissolubile fra Macrocosmo e Microcosmo.
Questa convergenza, questo magico compenetrarsi dell’infinitamente grande e dell’infinitamente piccolo, del fisico e del metafisico, dell’immanenza e della trascendenza, dell’alto e del basso, del superiore e dell’inferiore è attestata dalla presenza nel Tempio stesso, del simbolo che della sopraddetta sintesi è l’assoluta esplicazione.
Questo simbolo è l’Esagramma Magico, la stella a sei punte, detta anche Stella di Davide o Scudo dell’Arcangelo Michele. Ma la designazione che, meglio di ogni altra, lo associa all’Archetipo del Tempio, è quella che ne attribuisce la filiazione al Suo insigne Costruttore, Salomone. Appunto, Sigillo di Salomone è la sua designazione esoterica.
Non è quella presente, la sede appropriata per uno studio sistematico ed esaustivo di questo simbolo, all’approfondimento del quale bisognerebbe dedicare l’adeguato sviluppo, che un forse un futuro imminente non disdegnerà di riservarci. Tuttavia, alcune anticipazioni aventi qualche attinenza con il tema che stiamo trattando, contribuiranno ad arricchirne il contenuto.
Il Sigillo di Salomone è formato da due triangoli equilateri disposti in maniera tale che la base di ognuno dei due, interseca i due lati obliqui dell’altro nel loro punto medio. Ne risulta che i vertici formati dalla congiunzione di questi due lati obliqui, costituiscono le estremità opposte della figura.
E’ ricorrente raffigurarli con due distinti colori, frequentemente in bianco ed in nero. In tal caso, la differenza di colore permette di far risaltare un intreccio perfetto fra i sei lati e, per tale motivo, oltre a suggerire l’idea di contrapposizione, la figura rende il senso dell’indissolubilità e dell’inseparabilità dei contrari. Voler procedere oltre nello sviluppo di quest’ultimo spunto, ci porterebbe lontano dall’argomento principale.
Dunque, il Sigillo di Salomone è il simbolo dell’unione fra Macrocosmo e Microcosmo, dell’intreccio e della fusione fra ciò che è in basso ed ascende alle regioni superiori e ciò che, quale ineffabile realtà superiore, discende nei mondi inferiori.
Ed essendo la raffigurazione dell’intreccio di forze e di direzioni contrapposte, è il simbolo dell’equilibrio cosmico perfetto.
Innumerevoli sono le raffigurazioni, di elaborazione anche recente, che inscrivono il Tempio perfetto in un assieme proporzionato di linee geometriche integrate armoniosamente nel Sigillo di Salomone e, l’impiego del simbolo quale base progettuale delle linee maestre dell’edificio, non è raro.
Ma gli elementi che accostano il Sigillo di Salomone al Tempio, non si esauriscono alle concordanze geometriche, ma richiamano consonanze di altro tipo.
Infatti, ad un osservatore acuto e sagace, non sfuggirà certamente che il simbolo fondamentale risulta dalla composizione di altri simboli di stretta pertinenza della Tradizione Ermetica ed Alchemica.
Li elenchiamo di seguito:
Il triangolo con il vertice rivolto in alto è il simbolo del Fuoco;
Il triangolo con il vertice rivolto in basso è il simbolo dell’Acqua;
Il triangolo con il vertice rivolto verso l’alto, tagliato da una linea mediana orizzontale è il simbolo dell’Aria;
Il triangolo con il vertice rivolto verso il basso, tagliato da una linea mediana orizzontale è il simbolo della Terra.
Sono i simboli dei quattro Elementi fondamentali della Natura.
Essi sono raggruppati nel Sigillo di Salomone a significare che il Creato, sintesi suprema del Macrocosmo e del Microcosmo, è generato dall’equilibrata combinazione dei quattro Elementi della Natura, operata dalla sapienza del Grande Architetto dell’Universo.
E siccome si vuol dimostrare che il Sigillo di Salomone, in una delle sue infinite valenze, altro non è se non la rappresentazione omologa del Tempio, come nel primo sono contenuti i quattro Elementi, le prove che il candidato deve superare per essere ammesso all’Apprendistato, attesta della presenza degli stessi Elementi anche nel secondo.
Questo ulteriore accostamento, apporta un contributo supplementare alla fondatezza dell’anzidetta idea del Tempio come immagine dell’Universo.
12. Il Tempio immagine del Microcosmo
Ma, in ragione dell’accennata legge di analogia, che lega indissolubilmente ciò che è superiore a ciò che è inferiore, il Tempio, oltre ad essere immagine dell’Universo, è anche immagine dell’uomo.
Ricorrente è l’insegnamento, tratto dall’antica saggezza, che ammonisce a non disprezzare il corpo, a dedicarvi cura ed attenzione a stimarne la preziosità in quanto Tempio in cui alberga lo Spirito.
Anche il corpo umano, nel suo valenza di Tempio, racchiude il Santuario, il luogo sacro per eccellenza, ove ha eletto la sua sede il principio trascendente e divino dell’entità umana. Questo luogo santo, nel corpo umano, coincide con il cuore.
Molteplici sono i riferimenti che assurgono il cuore umano alla dignità di un centro supremo ed eminentemente sacro. Fra i tanti rammentiamo la nota e suggestiva sentenza pronunziata da Dante e rinvenibile nella “Vita Nova”, l’opera iniziatica del Sommo Vate. Essa recita: “Dico veracemente che lo spirito della vita dimora nella secretissima camera de lo cuore”. In effetti, è all’interno del cuore che la coscienza, elevatasi ad un superiore stato di consapevolezza, compie le operazioni spiritualmente più importanti.
Inoltre la forma di vaso tipica dell’organo cardiaco, lo accosta all’Atanor, il vaso “ermeticamente” chiuso, nel quale i Filosofi dell’Arte Regia, compiono le trasformazioni del vile metallo in oro.
Infine, è nel cuore che viene rinvenuta la Pietra Filosofale, il “Lapis Niger”, la pietra occulta, ovvero la materia prima della “Grande Opera”, dopo la discesa alle infere regioni dell’Essere, conformemente alle istruzioni contenute nella sigla V.I.T.R.I.O.L., cioè il “Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem” ermetico.
Altro paragone suscettibile di ulteriori e fecondi sviluppi è quello che si può stabilire fra questa pietra occulta, nella quale il candidato all’iniziazione si imbatte al termine della sua discesa nelle profondità del suo essere, nell’antro segreto ed oscuro, nella cripta del Tempio, con la “pietra d’inciampo”, la “pietra” che, secondo la parabola evangelica, i “costruttori” hanno scartato, ma che è destinata a diventare “testata d’angolo”.
Ebbene, questa pietra, inizialmente grezza, informe e negletta dai “costruttori”, dopo essere stata lavorata, diventa “testata d’angolo”, viene collocata nella “chiave di volta” e si trasforma nella pietra più importante di tutto il Tempio.
Ebbene, se si considera che la “chiave di volta” è il punto nevralgico del Tempio, quello che sorregge il tutto e sul quale il tutto poggia, sarà possibile instaurare una corrispondenza di funzioni fra il centro vitale dell’uomo, situato nel cuore, e questo punto in cui è concentrata tutta la vitalità del Tempio.
Questa similitudine, richiama un’altra nozione collegata ad un insegnamento segreto noto ai “maestri” delle corporazioni muratorie del Medioevo. Essa allude ad un “punto sensibile” collocato nelle Cattedrali. Si tratta di un punto ben preciso, che analogamente alla vulnerabilità del centro vitale cardiaco, risulta essere il “nodo vitale” della Cattedrale che, se percosso, comporta, simbolicamente, il crollo di tutto l’edificio. Ne riferisce R. Guénon in un Suo articolo pubblicato nel Gennaio del 1927 sulla rivista di studi iniziatici “Il Velo d’Iside”.
Altre analogie degne di interesse sono quelle che si possono stabilire fra altre parti costitutive del Tempio ed i sistemi principali della fisiologia umana, di cui diamo solo brevi accenni:
- Il portale di accesso al “sacro recinto”, costituito da 5 lati (la soglia, le due colonne, i due lati dell’architrave sorretto da queste) e gli organi di accesso delle percezioni dal mondo esteriore nell’interiorità, cioè nell’interno del tempio umano, individuabili nei sensi fisici, anch’essi pari a 5. Identica è l’analogia fra la forma pentagonale del portale ed il simbolo eminente dell’Uomo Cosmico o Microcosmo, rappresentato dal “Pentagramma” o Stella a Cinque Punte;
- La volta cranica, sede dell’organo deputato alle facoltà superiori dell’uomo e la volta sferica del Tempio che rappresenta le regioni superiori del Macrocosmo;
- L’apparato digerente, quale sistema deputato alla consumazione ed alla combustione degli alimenti fisici e l’Ara, luogo del Tempio sul quale si consuma il sacrificio, e dove avviene la combustione del banchetto di cui si ciba la divinità.
I limiti entro i quali ci siamo imposti di far rientrare la presente trattazione, non ci consentono un ulteriore ampliamento dell’ordine di idee nel quale ci siamo inoltrati e che meriterebbe di essere portato a compimento, date le feconde implicazioni di cui è suscettibile. Pertanto, nel ritenere sufficienti questi brevi cenni, introduciamo l’ultima prospettiva, non certo per importanza, per mezzo della quale ci proponiamo di completare la nostra visione panoramica sul Tempio.
13. Il Tempio come luogo di salvezza
Quest’ultima prospettiva verte su di una particolare funzione accreditata al Tempio: quella terapeutica.
Si è detto prima che il Tempio di Salomone custodisce nel suo centro più profondo, nel cuore pulsante di vita spirituale, nel Santissimo, l’Arca dell’Alleanza, il luogo congeniale alla Shekinah, la Presenza Divina.
Per un equivoco ingenerato da identità terminologica, spesso la conoscenza superficiale del sacro induce a far confusione fra l’Arca dell’Alleanza e l’Arca di Noè, ritenendo trattarsi della medesima cosa.
Ebbene, questo è il classico caso di un errore foriero di abbinamenti tutt’altro che arbitrari. Perché se l’Arca di Noè salvò l’Umanità dell’estinzione per sprofondamento nelle acque materiali, analogamente, l’Arca dell’Alleanza, Testimonianza del Patto stipulato con le Tavole della Legge ivi custodite, assicura la salvezza da un naufragio parimenti iniquo: quello che precipita l’anima umana nelle acque del caos spirituale.
La funzione del Tempio, dunque è anche una funzione di salvezza e di salute, sia fisica che spirituale.
In virtù di questa duplice funzione salvifica, talvolta il Tempio costituisce rifugio contro le tempeste che minacciano l’integrità spirituale degli esseri e protezione contro le insidie del Mondo Elementare, cioè quel Mondo popolato, tra le altre, anche da Entità che bramano possedere e dominare, in forma di passioni, ossessioni, incubi e paure l’anima dell’uomo.
Per quanto, invece, attiene al dominio propriamente contingente e sensibile, l’esercizio della funzione salvifica del Tempio si esplica nella terapia delle infermità che affliggono il corpo fisico.
Infatti l’esercizio della funzione a cui erano deputati molti templi dell’antichità, ne faceva un’espressione precorritrice dei moderni ospedali.
Numerosi, segnatamente nell’area greco-romana, erano i templi innalzati in onore di Asclepius o Esculapio, omologo a Mercurio, il Dio guaritore che brandiva il Caduceo di Ermete, vale a dire la verga attorno alla quale si attorcigliano a spirale due serpenti: simbolo prescelto dalle moderne discipline farmaceutiche ad emblema dell’esercizio della professione.
Non si deve però trascurare di considerare la matrice egizia del simbolo suddetto, sotto l’egida del quale si praticava l’Arte Medica di cui i sacerdoti del Faraone furono maestri.
Frammenti sopravvissuti all’oblìo, di questa antichissima Scienza Medica, li ritroviamo sparsi negli innumerevoli Santuari disseminati a tutte le latitudini della Terra e che, sul versante cristiano, sono prevalentemente dedicati alla Vergine.
14.Conclusioni
Concludo queste brevi note e, nell’accingermi a farlo, non azzardo certo la pretesa di aver esaurito il tema.
In virtù della sua indefinibile vastità, esso è suscettibile degli ampi e fecondi sviluppi, per i quali nell’esposizione fatta ci si è limitati a fornire solo gli impulsi iniziali.
Un lavoro interiore proficuo presuppone che le tematiche spirituali intorno alle quali si medita, non vengano relegate in trattazioni chiuse, sistematiche e definitivamente compiute, ma lascino aperti spiragli alla luce che lasciano trasparire oltre le soglie della coscienza ordinaria.
La ricerca interiore deve essere sempre protesa ad aprire varchi su territori non ancora esplorati con gli strumenti della conoscenza razionale, ad inoltrarsi in regioni familiari all’uomo antico, ma sulle quali è calata la più fitta oscurità all’indomani della perdita della vista spirituale.
Compito dell’iniziato non è solo quello di descrivere i paesaggi di queste regioni nelle quali egli può accedere, grazie alle facoltà interiori sviluppate, bensì quello di ridestare i sensi interni dell’uomo divenuto spiritualmente cieco, onde possa averne una percezione chiara e permanente oltre i contorni incerti e le immagini sbiadite dei sogni dell’uomo dormiente, in attesa del Risveglio.